SOMMARIO N. 75

Il mare colore del vino (ph. Valeria Pierini)

Il mare colore del vino (ph. Valeria Pierini)

PRIMO PIANO

EDITORIALE, Stefano Allievi, Occidente; Francesco Azzarello, Quattro Maddalene di Georges de La Tour in “pratica”; Alberto Giovanni Biuso, De Historia; Massimo Canevacci, La morte di Wiki e la sapienza del dr. Righetti.  Verso una paideia inimmaginabile; Iain Chambers, Black Soil Poems: Wangechi Mutu alla Galleria Borghese; Paolo Cherchi, Girare un sonetto. Acrobazie e glorie del sonetto; Salvina Chetta, Per non dimenticare Tullio De Mauro; Roberto Cipriani, Sociologia e fotografia; Pietro Clemente, Ferdinando Fava nel ricordo del profumo dell’elicriso;  Continua a leggere

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EDITORIALE

Lampedusa (ph. Nuccio Zicari)

Lampedusa, cimitero di barconi, 2015 (ph. Nuccio Zicari)

Lampedusa e Gaza sono due puntini quasi invisibili nel mappamondo, due toponimi abbastanza distanti nelle carte geografiche, due luoghi apparentemente dissimili per i molti aspetti della configurazione fisica. Eppure la cronaca di ogni giorno s’incarica di unire i due puntini nel destino comune di una tragedia senza fine, di una oscena e ininterrotta sequenza di stragi e di crimini contro l’umanità, di una ostinata e feroce violazione dei diritti elementari e universali, di una strutturale latitanza che dissimula la complicità delle organizzazioni politiche internazionali. Lampedusa è da più di trent’anni teatro di una guerra contro i migranti e contro chi li soccorre, una guerra di respingimenti, ostracismi, boicottaggi, e di raffiche di mitra sparate dalle motovedette della Guardia costiera libica (donate dal governo italiano) contro le navi delle Ong, contro gli operatori disarmati dell’equipaggio e contro gli stessi profughi colpevoli di essere stati salvati. L’ultimo attacco pochi giorni fa, contro la Ocean Viking. L’ultimo ennesimo naufragio poche ore fa.

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Occidente

1670481019-pota-1-142188di Stefano Allievi 

Quando è successo, che l’Occidente ha smesso di essere quello che diceva e credeva di essere – l’avamposto della democrazia e dei diritti universali – generalizzando un regime di doppia verità, per cui ciò che vale per noi e al nostro interno (a cominciare dal rispetto del diritto alla vita e alla dignità della persona umana) non può e non deve valere per gli altri? Continua a leggere

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Quattro Maddalene di Georges de La Tour in “pratica”

La Tour, La Maddalena Penitente, Los Angeles

De La Tour, La Maddalena Penitente, Los Angeles

di Francesco Azzarello 

¿Qué es la vida? Un frenesí.

¿Qué es la vida? Una ilusión,

Una sombra una ficción,

Y el mayor bien es pequeño:

Que toda la vida es sueño, y los sueños, sueños son.

Pedro Calderón de la Barca, La vida es sueño, 1636 Continua a leggere

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De Historia

erodoto_tucididedi Alberto Giovanni Biuso 

La nascita della storia 

Naturalmente è la storiografia a nascere, non la storia, è la Historie e non la Geschichte. Mentre in tedesco però le due parole sono foneticamente diverse, in italiano lo stesso suono indica entrambi i concetti.

Storia sono gli eventi che accadono, è la lunga processione degli avvenimenti che costituiscono l’esistere, il permanere e l’incessante mutare delle comunità umane, del loro organizzarsi, convivere, confliggere; è il consolidamento, la trasformazione e il crollo delle istituzioni, delle strutture di potere, dei rapporti tra le classi, dei cicli economici. Continua a leggere

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La morte di Wiki e la sapienza del dr. Righetti. Verso una paideia inimmaginabile

wired_placeholder_dummydi Massimo Canevacci 

1. Parte teorica

Wikipedia è in crisi irreversibile. Invece di cercare un sapere enciclopedico, acceso dalla luce della ragione illuminista, Wiki ha cercato di chiarire concetti o meglio di schiarirli nella loro spezzata indeterminazione. Se gli illuministi ambivano a un sapere politico-culturale condiviso e formativo nel senso pubblico della paideia, i wikis scendono nei singoli lemmi per connetterli a una audience generale e invisibile, anzi da non conoscere. Continua a leggere

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Black Soil Poems: Wangechi Mutu alla Galleria Borghese

03-gb-wangechi-mutu-web-logo_02_02-scaleddi Iain Chambers 

Nel caldo luglio romano, abbiamo discusso della mostra “Black Soil Poems” (brillantemente curata da Cloé Perrone) dell’artista keniota Wangechi Mutu alla Galleria Borghese che è aperta fino a 14 settembre. Una certa dissonanza era inevitabile nella conversazione con Igiaba Scego e Andrea Viliani. Da un lato, eravamo lì per riconoscere il posto di Mutu nel mondo dell’arte. Dall’altro, però, dovevamo anche affrontare la sfida di rispondere all’invito a parlare di “culture africane e decolonizzazione”. Come si può parlare di arte nel contesto dell’Africa e della decolonizzazione? Il solo porre la domanda fa a pezzi le definizioni e le conclusioni facilmente disponibili. Continua a leggere

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Girare un sonetto. Acrobazie e glorie del sonetto

coberdi Paolo Cherchi [*] 

Una volta era di prammatica: una persona di cultura media doveva essere in grado di “girare un sonetto”, perché è la forma composizione poetica più diffusa, la più semplice, la più adatta a celebrare feste, amicizie, urbanità, anniversari e festività simili. Per i matrimoni si organizzavano “corone di sonetti”; per le dediche di un libro si scriveva un sonetto; per un compleanno si imbastivano i convenzionali quattordici versi endecasillabi, e sono sicuro che così facevano anche i padrini per ricordare un battesimo o una prima comunione. Continua a leggere

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Per non dimenticare Tullio De Mauro

Tullio De Mauro

Tullio De Mauro

di Salvina Chetta 

L’11 marzo scorso è stata pubblicata sul sito internet del Ministero dell’Istruzione e del Merito la bozza del nuovo testo delle Indicazioni nazionali per il curricolo Scuola dell’infanzia e Scuole del primo ciclo di istruzione [1], frutto del lavoro di una Commissione composta da studiosi di area pedagogica esperti di didattica e di curricolo scolastico e di studiosi esperti disciplinari. La pubblicazione della bozza del documento ha avuto come fine quello di avviare una fase di dibattito pubblico e di consultazione con associazioni professionali e dei genitori, con le rappresentanze degli studenti, le organizzazioni sindacali, le istituzioni scolastiche statali e paritarie. Continua a leggere

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Sociologia e fotografia

Bateson, Gregory, and Margaret Mead. 1942, Balinese character: A photographic analysis. New York: The New York Academy Sciences),

da: Bateson, Gregory, and Margaret Mead. 1942, Balinese character: A photographic analysis. New York: The New York Academy Sciences)

di Roberto Cipriani 

Mi interesso quasi da sempre dei problemi dell’immagine, sia a livello fotografico che cinematografico ed ovviamente televisivo: https://www.ciprianiroberto.it/videoricerca/. Il mio approccio al discorso che ci interessa e ci accomuna è scientifico più che tecnico. Lavoro con strumenti anche abbastanza semplici; sono gli stessi strumenti disponibili per un ampio pubblico. Ma non è l’aspetto tecnologico che vorrei affrontare, bensì quello conoscitivo.

Il tema è così interessante che potrebbe costituire l’oggetto di un intero corso universitario od anche più. Mi limito, invece, a fornire delle riflessioni iniziali, perché le esperienze di noi tutti non convergono per vari motivi e però ritengo pure che proprio questo possa essere l’inizio di uno scambio da cui tutti possiamo trarre utili vantaggi. Continua a leggere

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Ferdinando Fava nel ricordo del profumo dell’elicriso

Ferdinando Fava

Ferdinando Fava

di Pietro Clemente 

Ferdinando Fava è nato a Milano il 12 agosto 1960. Viveva nel Parmense, a Bianconese, lungo la via Provinciale di Busseto. È stato professore ordinario presso l’Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità (SSD: M-DEA/01), per l’insegnamento di antropologia urbana e altre discipline.

Era membro del Laboratoire Architecture Ville Urbanisme Environnement (LAVUE) dell’École Nationale Supérieure de l’Architecture de Paris-La Villette e del Dottorato Interuniversitario in Ingegneria dell’Architettura e dell’Urbanistica. Il suo curriculum è davvero straordinario, con incarichi di visiting professor e docente in Europa e in America Latina. Continua a leggere

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La Sindone del Risorto. Una ricapitolazione contro il pregiudizio

La Sindone nel sepolcro vuoto

La Sindone nel sepolcro vuoto

di Leo Di Simone

Può risuonare senz’altro incredibile alle orecchie dell’intelligenza culturale del nostro tempo l’affermazione di Pavel Florenskij proferita più di cent’anni fa, e cioè che «la cultura, come risulta chiaro anche dall’etimologia, è un derivato del culto». Nello specifico: «la fede determina il culto e il culto la concezione del mondo, da cui deriva la cultura» [1]. Chi non conosce bene Florenskij può pensare si tratti di un’uscita fideistica di un prete ortodosso martire del bolscevismo sovietico [2]; ma si deve tener conto della vastità e profondità delle sue competenze come matematico e fisico, filosofo, teologo, ingegnere elettrotecnico, studioso di filosofia del linguaggio, di semiologia e semiotica, di mistica e liturgia e tanto altro. Continua a leggere

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L’opera di Ciprì e Maresco tra marginalità e censura. Dal palinsesto Rai al divieto cinematografico

da Cinico TV, di Ciprì e Marenco

da Cinico TV, di Ciprì e Maresco

di Stefania Donno 

Introduzione 

L’arte, in tutte le sue forme, è costellata di episodi in cui la potenza espressiva e l’innovazione stilistica sono stati oggetto di resistenza da parte delle istituzioni. Giusto per fare un esempio, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è stato uno degli artisti più conosciuti a subire, in vita, un duro attacco a causa del suo modo di fare arte.  La sua “maniera”, il realismo crudo di cui era capace e il modo in cui ha rappresentato il sacro, provocarono tentativi di censura da parte dei committenti ecclesiastici del XVII secolo: reazioni estreme, sfociate spesso nel tentativo di impedire l’esposizione delle sue opere. I soggetti e i concetti rappresentati da Caravaggio andavano contro il senso comune imposto dalla religione e dalla politica dell’epoca. Continua a leggere

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“Io, io, io, e gli altri?”. Goffredo Fofi: esperienze siciliane

Goffredo Fofi

Goffredo Fofi

di Aldo Gerbino 

La mia nascita è quando dico un tu. / Mentre aspetto, l’animo già tende.

/ Andando verso un tu, ho pensato gli universi. / Non intuisco dintorno

 similitudini pari a quando penso alle persone. / La casa è un mezzo ad

 ospitare. / Amo gli oggetti perché posso offrirli. 

[Aldo Capitini, da Colloquio corale, Pisa 1956] 

Della voce di Goffredo Fofi ‒ e in particolare della sua insistita richiesta degli “altri” ‒ ne conservo, in un certo senso, l’intimo suono. Voce dalla quale s’è sempre irradiato quel suo singolare e commosso sentimento sociale. Continua a leggere

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Il paradigma storicistico di Ernesto De Martino. L’ethos del trascendimento

483103204_671020425276664_3826798167614829383_ndi Sonia Giusti [*]

Introduzione                                                  

Il materiale raccolto da Ernesto De Martino nella sua opera postuma, La Fine del Mondo, si concentra sul tema della crisi dei valori del mondo contemporaneo che sembra incarnare una incipiente apocalisse culturale. Particolare attenzione è posta sui temi dell’esistenzialismo e della fenomenologia, nell’ottica di uno storicismo critico e di un neoumanesimo che vede nella memoria storica la costruzione di mondi, appaesati, resi tali dagli sforzi comunitari per una domesticità del mondo in cui rientra il rapporto natura-cultura che rinvia al pensiero di Croce, Gramsci, Heidegger [1]. Continua a leggere

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Ombre di neve. Una rilettura della storia delle teorie razziali sugli indigeni della Svezia

Foto Amnesty Sápmi

Biologia razziale, materiale didattico (ph. Amnesty Sápmi)

di Masoud Hooshmandrazavi

Introduzione

Nel cuore delle foreste di pini del nord della Svezia, riposa nel silenzio e nel mistero un cimitero chiamato Akamella. In un angolo, una fossa appena scavata con cura speciale è pronta ad accogliere i resti di corpi che più di un secolo fa furono portati via da questo luogo. Uomini e donne hanno percorso chilometri per essere presenti: un pastore venuto a tenere un discorso e a porgere scuse ufficiali, autorità locali, ricercatori, storici e persone di diverse generazioni. Continua a leggere

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Un grande drammaturgo nella storia del teatro gesuitico in Sicilia: padre Stefano Tuccio

Stefano Tuccio

Stefano Tuccio

di Giovanni Isgrò 

Il troppo a lungo mancato riconoscimento dell’importanza della pratica scenica dei successori di Ignazio di Loyola nel panorama della storia del teatro, è stata una delle cause determinanti la marginalità della Sicilia nel quadro complessivo del teatro europeo [1]. Per comprendere questo “strano” manque, bisogna partire da alcuni pregiudizi di base, secondo i quali quello dei Gesuiti non poté essere considerato “teatro” nel senso di fenomeno artisticamente definito come fu quello dei professionisti. A monte di tutto c’è la natura scolastica del teatro della Compagnia di Gesù che, in quanto espressione della vita del collegio, sembrò relegato ad una condizione di preteatralità, se non di amatorialità. Continua a leggere

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Sulle origini del vitigno Grillo che il barone Mendola non creò

1di Rosario Lentini 

In passato la descrizione morfologica delle piante e in particolare dei vitigni, nonché lo studio delle attitudini di adattamento al clima, al terreno, alla resistenza alle malattie e alle intemperie erano il risultato della raccolta di numerose informazioni che il naturalista, il botanico, lʼerudito acquisivano contando solo sulla loro capacità di indagine sensoriale; erano frutto, quindi, di unʼattenta analisi del maggior numero di dettagli possibili. Questa attitudine (dedizione e passione) spesso si accompagnava alla capacità di rappresentazione grafica, per meglio evidenziare le differenze tra gli esemplari osservati, alla formazione di collezioni delle varietà in appositi campi e a creare erbari con il materiale vegetale (foglie, maglioli, semi, ecc.) [1]. Continua a leggere

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Gli arabismi nella lingua catalana: vie di contatto, adattamenti e persistenze culturali

Terme arabe, Palma di Majorca

Terme arabe, Palma di Majorca

di Alessandro Perduca 

Ara mateix enfilo aquesta agulla / amb el fil d’un propòsit ben clar:

que la paraula sigui l’eina / per construir un futur més humà [1] 

La dominazione araba in Catalogna, sebbene storicamente circoscritta tra l’VIII e l’inizio del IX secolo, costituisce un capitolo rilevante di storia culturale del Mediterraneo occidentale e merita di essere rivalutata alla luce delle sue implicazioni culturali e linguistiche. Gli studi sull’influenza linguistica araba si sono tradizionalmente concentrati sul castigliano, a causa della lunga durata e dell’estensione territoriale della presenza islamica in Andalusia. Questa centralità ha tuttavia oscurato il valore dell’influsso arabo sul catalano, che, pur derivando da un contatto temporaneamente più breve, si rivela altamente significativo se considerato all’interno di una cornice mediterranea più ampia. Continua a leggere

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Repertorio lessicale e antropico delle Madonie. L’universo linguistico-dialettale di Roberto Sottile

9788896312490di Vincenzo Pinello [*] 

Tra l’autunno del ‘95 e la primavera del ‘96 il giovane dialettologo Roberto Sottile è impegnato nella campagna di raccolta di dati linguistici e antropici sui pastori dell’area delle Madonie. Sottile si muove con disinvoltura in quei luoghi: perché vi è nato e soprattutto perché ci vive intensamente, fin da ragazzo impegnato in associazioni culturali e comitati civici [1], promotore di convegni, mostre, spettacoli teatrali, concerti e rassegne: gruppi di iniziativa spontanea nei quali ha avuto sempre un ruolo di protagonista insieme ad un gruppo di amiche e amici dei comuni circostanti. Allora, il giovane dialettologo operava già da un po’ nelle cure del cantiere dell’ALS, seguito in particolare da Giovanni Ruffino suo maestro predestinato e con cui firmerà, oltre ad alcuni importanti testi di manualistica e divulgazione, studi scientifici destinati a rimanere nella storia della letteratura di settore. Continua a leggere

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Oltre la linea: frontiere, potere e mobilità nello spazio euro-mediterraneo

intro-1_litalia-paese-di-frontiera_ai-generateddi Antonio Ricci 

Introduzione: riconcettualizzare la frontiera nel mondo contemporaneo 

La frontiera, nel contesto globale odierno, si manifesta come un concetto intrinsecamente dinamico e profondamente sfaccettato, ben oltre la sua tradizionale interpretazione di semplice demarcazione geografica. Essa è, in realtà, una figura complessa, una soglia e una discontinuità, che si configura simultaneamente come un dispositivo mobile, uno spazio ibrido e una zona grigia. Questa fluidità e la sua natura intrinsecamente contesa pongono le basi per un’indagine critica e multidimensionale che di seguito cercherò di sviluppare, esplorando come la frontiera operi non solo come barriera o punto di controllo, ma anche come luogo di negoziazione identitaria, di produzione di disuguaglianze e di reinscrizione continua di poteri, norme e soggettività. Continua a leggere

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Decolonizzare lo sguardo. Le donne di Shirin Neshat

Figura 1 Shirin Neshat Allegiance with Wakefulness, 1994 Black & white RC print & ink (photo taken by Cynthia Preston) 46 3/4 x 37 1/4 inches (118.7 x 94.6 cm) © Shirin Neshat Courtesy of the artist and Gladstone Photography by David Regen

Figura 1 Shirin Neshat Allegiance with Wakefulness, 1994 Black & white RC print & ink (photo taken by Cynthia Preston) 46 3/4 x 37 1/4 inches (118.7 x 94.6 cm) © Shirin Neshat Courtesy of the artist and Gladstone Photography by David Regen

di Giorgia Rubera  

Ogni artista iraniano è in un modo o nell’altro politico. […] Abbiamo criticato l’Occidente, la percezione che l’Occidente ha della nostra identità, le immagini che costruisce di noi, delle nostre donne, della nostra politica, della nostra religione. […] Allo stesso tempo stiamo combattendo un’altra battaglia: contro il nostro regime, il nostro atroce governo, che ha commesso ogni crimine pur di rimanere al potere.

Shirin Neshat, 2011 1 

Premessa 

Ogni discussione sulla condizione femminile in Iran richiede di confrontarsi con un doppio campo di forze: da un lato, le narrazioni orientaliste e colonialiste prodotte dall’Occidente, dall’altro, le restrizioni patriarcali e repressive imposte dall’attuale regime. In generale nei Paesi di fede islamica, nei quali la questione centrale si configura nel dualismo tra modernità (Occidentale) 2 e tradizione, diventa urgente elaborare un femminismo islamico indipendente, svincolato dalle pressioni coloniali e dalle narrazioni occidentali egemoniche che riducono le donne musulmane a figure sottomesse o esotici oggetti del desiderio (Rubera 2003; 2022). Continua a leggere

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Soy antropologo, soy cristiano. Contraddizione insanabile?

Cristo scaccia i mercanti dal tempio, Giovanni Francesco Barbieri detto Il Guercino, 1634-1638, Genova Musei di Strada Nuova

Cristo scaccia i mercanti dal tempio, Giovanni Francesco Barbieri detto Il Guercino, 1634-1638, Genova Musei di Strada Nuova

di Sergio Todesco 

Due recenti contributi di Augusto Cavadi e di Roberto Cipriani apparsi nel precedente numero di “Dialoghi Mediterranei”, di diversa impostazione ma entrambi convergenti nel riflettere sul fatto religioso, mi inducono ancora una volta a ripercorrere pubblicamente (a mò di outing…) la mia personale equazione rispetto alla scelta, maturata posso affermare nel corso di un’intera vita, di aderire a una visione religiosa dell’esistenza. Ebbene si. Attenendomi (ma solo per un attimo…) allo stile del nostro Presidente del Consiglio (per me, à la Truffaut, la Signora del Fascio Accanto) potrei aggiungere alle mie svariate schegge d’identità anche quelle sopra menzionate. La seconda di queste però è a tal punto embricata nel mio percorso esistenziale che spesso mi sono posto a riflettere su come essa possa coesistere senza contraddizioni con tutte le altre, e specialmente con la prima. Continua a leggere

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Di cosa parliamo quando parliamo di sesso

tema-su-sesso-sessualita-e-l-identita-di-genere-origdi Pietro Vereni 

Nell’autunno 2023 ha suscitato una certa perplessità la cancellazione di un panel di discussione che si sarebbe dovuto tenere a Toronto, in Canada, durante la conferenza Transitions organizzata dai comitati congiunti della American Anthropological Association (AAA) e della Canadian Anthropology Society (CASCA) (Weiss 2023). Il simposio era stato organizzato da Kathleen Lowrey, antropologa dell’Università di Alberta, e aveva come titolo “Let’s Talk About Sex Baby: Why biological sex remains a necessary analytic category in anthropology” (Weiss 2023). Il panel era stato accettato a luglio dopo la review positiva di AAA e CASCA, ma il 25 settembre le panelists avevano ricevuto una lettera, firmata da Ramona Pérez e Monica Heller, presidenti, rispettivamente, di AAA e CASCA in cui veniva comunicata la decisione di ritirare il panel dalla conferenza con questa spiegazione:  Continua a leggere

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Lampedusa, isola miraggio. Leggere le pagine di Albera ripensando i classici

71qioeoiyil-_sy385_di Franca Bellucci 

Pagina per pagina, ho sostato sul libro di Dionigi Albera per Lampedusa. Una storia mediterranea, trovandomi di fronte a un unicum: perlustrati i quadri, naturali e antropici, dell’isola–ponte tra Italia e Africa.

Quasi un viaggio planetario – temporale, mentre scorrevano le situazioni e le forme marcatamente diverse, pur se concernenti la medesima isola, lungo gli otto capitoli, cui si aggiungono l’iniziale Ouverture. L’isola– mondo, il finale Teatro della frontiera, e l’aggiornamento apposito per l’edizione italiana. Continua a leggere

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Lampedusa, Ellis Island del Mediterraneo

Lampedusa

Lampedusa

di Antonino Cusumano

Ci sono luoghi del mondo che la natura, i paesaggi, la storia, il caso convertono in simboli, metafore, icone, significanti di significati “altri” rispetto al semplice dato topografico e geografico. Sono luoghi che evocano, suggestionano, incantano o inquietano. Dove si concentrano bellezze e tensioni, energie centripete e spinte centrifughe, exodus e nostos, avventura e radicamento. Alfa e Omega del tempo e dello spazio, come l’Aleph di Borges «ove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli» [1]. Continua a leggere

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Una volta sognai di essere una tartaruga gigante

La Porta d'Eurpa (ph. Angela Alaimo)

La Porta d’Europa (ph. Angela Alaimo)

di Vincenzo Guarrasi 

Hanno ragione i migranti 

Hanno ragione i migranti. Essi rivendicano il diritto ad abitare la terra, l’unica patria di tutti gli umani. La patria che condividiamo con gli altri esseri viventi, animali e vegetali. Quella patria che le piante hanno reso, e rendono ogni giorno, ospitale per tutti grazie alla sintesi clorofilliana. Senza guardare al colore della pelle o altri accidenti insignificanti. Le piante non hanno creato barriere, elevato steccati, marcato confini (Mancuso, 2019).

Eppure non perdoniamo ai migranti l’arroganza di scegliere dove abitare, dove crescere i propri figli, dove mettere radici. Una libertà di scelta che per noi stessi pretendiamo come un diritto inalienabile, aggravato dalla presunzione di poter decidere noi sul destino degli altri, anche a costo della loro vita. Come le Parche della mitologia greca, ci arroghiamo l’arbitrio di decidere chi deve vivere e di chi deve morire, recidendo lo stelo che connette la vita degli altri alla madre terra. Continua a leggere

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Un’isola-ponte nel cuore del Mediterraneo. Lampedusa tra Africa ed Europa

9788829027361di Dario Inglese 

Homo sapiens cammina sulla Terra da circa trecento mila anni. Cammina, letteralmente, giacché, come ricorda Matilde Callari Galli (2005), la sua storia è essenzialmente una storia di migrazione. Questa epopea di nomadismo è avvenuta per lo più a piedi e lungo la terra ferma: l’archeologia, infatti, ci dice che, per quanto molte testimonianze indirette collochino le prime navigazioni intenzionali nel periodo compreso tra il tardo Pleistocene e l’avvio dell’Olocene, le prime tracce certe di scafi monossili appositamente ricavati per solcare il mare risalgono grossomodo a soli diecimila anni prima di Cristo, un battito di ciglia temporale rispetto all’oggi e innumerevole tempo dopo la comparsa della nostra specie sul pianeta (Medas, 2024: 5-47). Continua a leggere

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L’Angelo del dolore. Percorsi

Roma, cimitero acattolico, 1894

Roma, cimitero acattolico, 1894

di Claudia Calabrese 

C’è un solo viaggio possibile. Quello

che facciamo nel nostro mondo interiore.

Andrej Tarkovskij 

L’Angelo del dolore è la sintesi di un capitolo tratto da un’opera più ampia e dalla forma ibrida dal titolo Viaggio con Pasolini, a metà tra romanzo e saggio, all’interno della quale questo frammento acquista il suo pieno significato. Continua a leggere

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Battaglia contro la guerra. Anche i cardinali profetizzano

Mons Battaglia, arcivescovo di Napoli

Mons Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli

di Leo Di Simone 

Sembra quasi coniare un ossimoro titolare “Battaglia contro la guerra”. In realtà si tratta della lettera aperta che il cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, ha scritto l’8 luglio scorso contro gli artefici delle guerre, delle troppe guerre che come un virus letale stanno ammorbando la vita del nostro pianeta. E lo ha fatto non usando blande affermazioni moraleggianti che di solito gli uomini delle istituzioni usano per non compromettersi troppo con equilibri diplomatici e politici, denunciando tutto sommato il nulla, non identificando in concreto i responsabili delle situazioni che fanno finta di denunciare. Il cardinale Battaglia invece, lo ha fatto in maniera circostanziata, non solo rilevando la gravità dell’epidemia bellica, ma indicandone decisamente la causa, con il dito puntato contro i potenti di questo mondo, che da anni non fanno che riunirsi in inconcludenti circoli chiusi, blaterando di pace con la retorica del non senso dalla quale sono incapaci di uscire perché incapaci di vedere oltre i loro biechi interessi corporativi e la loro oscena brama di potere. Continua a leggere

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Israele e il rifiuto Arabo, tra Archeologia e Politica

11di Bruno Genito [*] 

Introduzione 

Mi è stato gentilmente chiesto di fare, in questo numero di Dialoghi Mediterranei, un commento sull’articolo di Dikla Taylor-Sheinman [1] relativo all’archeologia in Israele e al ruolo che essa starebbe assumendo in quel Paese alla luce dell’ennesimo e tragico conflitto con i Palestinesi. In realtà, ciò che appare più significativo nell’articolo è l’intervista che la stessa Dikla Taylor-Sheinman fa a Rafi Greenberg, archeologo, professore della Tel Aviv University. Ho accettato volentieri di proporre alcune considerazioni sul tema, tuttavia, prima di entrare nel dettaglio delle interessanti, significative e anche provocatorie riflessioni contenute sia nell’articolo, che nell’intervista, mi sembra, opportuno fare alcune premesse di metodo e di merito sulla storia del rapporto, alquanto problematico, tra politica e archeologia. Continua a leggere

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Pietre contese. Uso politico del passato e pratiche di legittimazione archeologica

01_lieux-de-memoire_pierre-noradi Giovanni Gugg

I luoghi della memoria e la costruzione culturale del passato

Come ha mostrato Pierre Nora (1984) nella sua celebre opera Les Lieux de Mémoire, la memoria collettiva non è soltanto una faccenda di ricordi, ma una questione di spazi simbolici. I luoghi della memoria – siano essi rovine, monumenti, musei, paesaggi, oggetti rituali o date commemorative – non emergono naturalmente, ma sono prodotti storici e culturali, che nascono quando la memoria vissuta si interrompe. È proprio in quel momento che le società cercano di fissare il passato, monumentalizzandolo, conservandolo, spettacolarizzandolo. In altre parole: memorializzano ciò che temono di perdere. Continua a leggere

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Il glossario degli orrori del nuovo disordine mondiale. Affamare e annettere

Gaza

Gaza

di Enzo Pace 

Il nuovo disordine internazionale è come il vaso di Pandora:  una volta aperto, vomita fuori parole orribili che speravamo non sentire di nuovo. In un articolo precedente mi ero soffermato su deportazione e caccia all’uomo. Oggi mi concentrerò su affamare e annettere.

Usare la fame come arma in funzione di un piano di annichilimento del nemico per annettersi la terra dove abita e le risorse naturali che eventualmente essa custodisce in superficie o nel sottosuolo fa parte del repertorio delle guerre in corso. Continua a leggere

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La crisi di Gaza e il nichilismo dell’Occidente

israele_1948_960x0_3ca91a308a39267c8111d84a15924552di Giuseppe Savagnone 

Le lacrime di coccodrillo dei governi e dei media occidentali

Dopo quasi due anni dall’inizio dell’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza, la maggior parte dei governi occidentali – finora fermissimi nel rifiuto di ascoltare le voci che venivano dalle università e dalle piazze in favore della Palestina – stanno finalmente cominciando a modificare la loro linea, se non altro ponendosi il problema di riconoscere l’esistenza di uno Stato palestinese, come aveva previsto la risoluzione dell’ONU del 1947. Continua a leggere

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Uso coloniale dell’archeologia e archeologia del colonialismo

Scavi di Sbeitla, Tunisia, (ph.Soumaya Bourougaaoui)

Scavi di Sbeitla, Tunisia (ph. Soumaya Bourougaaoui)

di Chiara Sebastiani 

«… o io sono fuori di me, o la loro città ha fondamenta sopra un misfatto.… quando io arrivai qui, profuga nella scintillante città … pensai con invidia: costoro non hanno segreti. E loro stessi ne sono convinti, è questo che li rende così persuasivi, ti trasmettono quest’idea con ogni sguardo, con ciascuno dei loro movimenti misurati: ecco, esiste un luogo al mondo dove l’essere umano può essere felice, e solo in seguito mi resi conto che se la prendono molto se metti in dubbio la loro felicità».

Christa Wolff, Medea 

1. Archeologia e eredità coloniale 

Come in un processo psicoanalitico, la “guerra di Gaza” in corso ormai da quasi due anni obbliga la coscienza collettiva dell’Occidente a risalire al colonialismo, il suo “peccato originale” come lo ha definito una intellettuale di vecchia famiglia italiana, residente in Tunisia da generazioni, ebrea di origini, araba per alleanze, il “figlio canaglia dei Lumi” secondo la psicoanalista algerina Karima Lazali (2018), il “rimosso della coscienza europea” per lo storico Gustavo Gozzi (2021). Continua a leggere

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Tra guerre, memorie, e piccoli paesi

Zuppi e Del Praz

Il cardinale Zuppi e Del Praz, presidente della Comunità ebraica di Bologna

CIP

di Pietro Clemente 

Fermi tutti 

Nel dolore continuo del mondo in guerra, ci sono parole che lasciano un segno, che aprono gli animi pur senza fermare i conflitti. Parole come quelle che ascoltai nei primi anni Sessanta e che mi diedero la consapevolezza della volontà di lottare per la pace. Formare coscienze non fa finire le guerre subito, ma forse, alla lunga, può avere effetto. Lo dico con un misto di sconsolatezza ma anche di speranza. Continua a leggere

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“Cu nesci arrinesci” e restanza

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CIP

di Salvatore Palidda 

L’opera di Vito Teti è indiscutibilmente fondamentale per il patrimonio di conoscenze critiche delle scienze politiche e sociali [1]. Condivido tante sue riflessioni ma sono alquanto scettico per non dire assai poco d’accordo con la sua enfasi sulla restanza che ribadisce ancora di più nel dialogo con La Cecla pubblicato il 21 luglio 2025 da Avvenire con il titolo provocatorio e discutibile “Contro Ernesto de Martino”.

Nella recensione di Pietre di pane. Un’antropologia del restare [2] si scrive che «racconta magistralmente la complessità della “restanza”, facendoci scoprire che “l’essere rimasto, non è atto di debolezza né atto di coraggio, è un dato di fatto, una condizione, ma anche l’esperienza dolorosa e autentica dell’essere sempre fuori posto”». Ma perché restare sarebbe “una esperienza dolorosa e autentica dell’essere sempre fuori posto”? E perché migrare è stato spesso considerato come anche “essere sempre fuori posto”?, al punto di farne una “tara” o causa di una “patologia” talvolta persino grave tipica dello “spostato” (che non a caso in siciliano si dice di chi è fuori di testa o affetto da disagio psichico, come del resto hanno teorizzato alcuni criminologi e psicologi istituzionali e palesemente reazionari). Continua a leggere

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La “restanza” come dispositivo politico-concettuale per le aree interne

Il paesaggio delle “terre di mezzo” della Sicilia centrale, 2025 (ph. Enza Maria Macaluso)

Il paesaggio delle “terre di mezzo” della Sicilia centrale, 2025 (ph. Enza Maria Macaluso)

CIP

 di Enza Maria Macaluso 

Un ortolano di poco cervello

seminò nel suo orto la parola ravanello.

Una risposta da voi si vuole:

crebbero poi ravanelli o parole?

Gianni Rodari, Grammatica della fantasia  Continua a leggere

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Forme e politiche del restare

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CIP

di Vito Teti [*] 

 1. La “restanza”: una parola antica e nuova per indicare la modalità dinamica del restare

Dal paese della mia fanciullezza non si faceva che andare. Le partenze somigliavano a un lutto, con i pianti, gli abbracci e le valigie e le persone e le cose che si stipavano in una delle prime utilitarie arrivate fin lì. Partivano grandi, donne e i miei piccoli compagni, e non sapevano bene dove andavano. Partivano e dicevano che presto sarebbero tornati, di badare alle loro case, di parlare ai muri e alle porte, in attesa del loro ritorno. Era una catastrofe, un terremoto devastante, anche se da bambino non me ne rendevo conto. Un mondo si frantumava in mille schegge e non si sarebbe mai più ricomposto. Continua a leggere

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Lo spopolamento dei paesi delle aree interne, l’abbandono dell’agricoltura contadina e le chimere del turismo rurale

Paese e paesaggio agrario collinare molisano (ph. Antonello Ciccozzi)

Paese e paesaggio agrario collinare molisano (ph. Antonello Ciccozzi)

CIP

di Antonello Ciccozzi 

La via della cantina e la via della vigna [1], dal coltivare i campi al coltivare il passato 

 Antonio e Nicoletta sono due vecchi contadini molisani che vivono quelle che, per forza di cose, si annunciano essere le loro ultime estati di lavoro. Resistono come possono ai loro ottant’anni, incalzati dall’artrite e perseguitati da una lunga e crescente serie di altri acciacchi più o meno gravi che cercano di lenire affidandosi a una selva di medicinali. Si fanno silenziosamente coraggio ogni giorno: mentre il tempo che scorre tramuta inesorabilmente le forze in dolori, seguitano a coltivare i loro terreni, sfidando quotidianamente l’avanzare del limite della loro fatica. E, semplicemente, ciò significa che ogni stagione che passa i due seminano e coltivano sempre meno qualità e quantità di prodotti (recentemente mi hanno riferito con una punta di rammarico l’ultima inevitabile decisione di piantare solo tre file di pomodori). Continua a leggere

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Big Bench Theory. L’iperbole e il paesaggio

La panchina e il castello. Veduta dal Colle Felicetta

La panchina e il castello. Veduta dal Colle Felicetta

CIP

di Francesco Della Costa 

La panchina e il castello

Di recente salivo a piedi con mio padre e mio figlio per un greppe appenninico a me assai noto dall’infanzia e poco prima della “chiesetta degli alpini”, intorno a cui ricordo le corse e le arrampicate di quand’ero bambino, abbiamo trovato una panchina gigante verde e gialla. Non che ne ignorassi l’esistenza: ne ho viste diverse, in giro per l’Italia, e sapevo che ne era stata inaugurata una anche nel mio paese, sul colle che si appoggia come un gradino alla montagna. Eppure trovarmi davanti a quell’oggetto sproporzionato in un luogo familiare mi ha suscitato un’impressione di straniamento Continua a leggere

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Patrimoni (interculturali) quotidiani: sperimentazioni laboratoriali a Tor Pignattara tra placemaking e worlding

locandina in italiano del laboratorio Conoscere le pratiche festive intergenerazionali cinesi. Patrimoni interculturali quotidiani: il Capodanno cinese e la Festa delle lanterne, realizzato il 12/02/2025 a Roma.

locandina in italiano del laboratorio Conoscere le pratiche festive intergenerazionali cinesi. Patrimoni interculturali quotidiani: il Capodanno cinese e la Festa delle lanterne, realizzato il 12/02/2025 a Roma

CIP

di Alessandra Broccolini, Michela Buonvino, Daria De Grazia, Xiaoyan Zhou 

1. Patrimoni “quotidiani” a Tor Pignattara: il progetto 

Queste prime riflessioni si situano a margine del progetto di Terza Missione “Patrimoni (interculturali) quotidiani: per un inventario partecipato del patrimonio interculturale delle comunità di origine straniera a Roma Est” [1]. Si tratta di un progetto sperimentale di ricerca – azione, di cui si è da poco conclusa la prima fase, che “utilizza” i patrimoni culturali quotidiani (Broccolini 2025) come leva per l’inclusione culturale e sociale e il cui scopo è una negoziazione partecipativa della messa in valore di pratiche immateriali espresse da gruppi migranti. Attraverso la valorizzazione delle complessità locali e il protagonismo delle “comunità” migranti nella ridefinizione di un immaginario – anche momentaneamente – condiviso, si è tentato di attivare processi di risignificazione degli spazi sociali (Low, Lawrence-Zúñiga 2003) e di costruzione di nuove narrazioni del territorio, mettendo allo stesso tempo in discussione il binomio margine – centro (Das, Poole 2004; Pozzi 2019). Continua a leggere

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“Orizzonti d’arte”: il centro in periferia tra visioni artistiche e resilienza culturale

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CIP

di Simone Pazzaglia, Settimio Adriani

Nei giorni 8, 9 e 10 agosto 2025, a Fiamignano, nelle storiche sale di Palazzo Martelli, recentemente recuperato e in (difficoltosa) fase di valorizzazione, si è svolta la mostra collettiva Orizzonti d’arte, organizzata dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune e il contributo volontario di cittadini e cittadine. L’iniziativa ha visto la partecipazione di otto artisti: Adriana Renzi, Andrea Della Valle, Andrea Lancianese, Moreno Colasanti, Marcello Mari, Piero Orlando, Edoardo Maria Giordani e Federico Pedetti – in un confronto generazionale e stilistico che ha coinvolto pittura, fotografia e tecniche miste. Una sala è stata interamente dedicata ai dipinti di Marcello Mari, ispirati agli scorci ormai silenziosi e dimenticati di Fontefredda, una frazione di Fiamignano, abbandonata da oltre un secolo e oggi immersa in un silenzio che l’arte ha saputo trasformare in voce. La letteratura antropologica sottolinea come la valorizzazione di luoghi marginali attraverso pratiche artistiche partecipate possa rafforzare il senso di appartenenza e la coesione sociale (Macdonald & Cheong, 2014; Waterton & Watson, 2015). Continua a leggere

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La “dolce morte” dei paesi

Mistretta (ph. Salvina Chetta)

Mistretta (ph. Salvina Chetta)

CIP

di Nicola Grato 

È primo pomeriggio e il mare ha il colore verde e denso della calmeria di scirocco. Passa un motoscafo veloce che sommuove, ma per poco, la superficie compatta delle acque, rondinelle in ordine apparentemente sparso punteggiano il cielo biancastro, le Isole Eolie da giorni sono scomparse dall’orizzonte ottico. Siamo a Finale, ultimo paese ad est della provincia di Palermo. Ci ha affittato la casa Isidoro, originario di qui ma residente nell’hinterland torinese. D’estate tornano i suoi figli “ovunque dispersi” e la famiglia si riunisce a Finale. Grazie allo smart working alcuni ragazzi sono ritornati in paese, in questo strano paese costiero ma tanto somigliante a un paese dell’entroterra. Continua a leggere

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Contratti di fiume ed ecomusei

Polla di sorgiva del rio Gelato (ph. Graziano Soravito)

Polla di sorgiva del rio Gelato (ph. Graziano Soravito)

CIP

di Maurizio Tondolo

«Un bacino idrografico è un territorio i cui limiti non sono i confini politici, ma quelli geografici degli ecosistemi e sociali delle comunità umane insediate: abbastanza ampia per tutelare l’integrità degli ecosistemi e abbastanza piccola perché le comunità la considerino casa propria» (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente).  Continua a leggere

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L’abbandono che sostiene la conoscenza. Modi e mezzi della tradizione costruttiva abruzzese

Sperone (Aq). Resti dell’antico borgo (ph. Luciana Serafini)

Sperone (Aq). Resti dell’antico borgo (ph. Lucia Serafini)

CIP

di Lucia Serafini [*] 

Entrare in confidenza con le case abbandonate

e intraprendere un viaggio (…).

Saperci entrare non da ladro ma da esploratore,

fino a intuire quella loro particolare

propensione a ritornare alla terra.

(Mario Ferraguti, La voce delle case abbandonate) Continua a leggere

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I miracoli dei benedettini

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di Mariano Fresta 

La religiosità popolare è senza dubbio un fenomeno molto complesso da analizzare, spiegare e capire, perché in essa convivono elementi culturali diversi e spesso inconciliabili tra di loro, tanto che né la teologia né l’antropologia, quando ne cercano l’essenza, riescono a trovare risposte concordanti e accettabili per entrambe. La teologia, infatti, vorrebbe trovare nella religione popolare una tendenza alla spiritualità che nel culto abituale viene sostituita generalmente da una pratica devozionale legata sia ai bisogni sociali e materiali della gente, sia ad un rapporto con la divinità basato molto spesso sul do ut des. L’antropologia, dal canto suo, nello studiare il fenomeno non ha lo scopo di giudicarne le manifestazioni: prende atto di quello che vede e lo registra, eventualmente ne spiega le origini e ne ricostruisce i percorsi storici che hanno portato alla situazione che si presenta al momento dell’indagine. Continua a leggere

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Papa Francesco e la musica: il canto degli improvvisatori in ottava, gli artisti per la creazione e il mondo laico, la decrescita

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di Elena Bussolotti

Introduzione

Questo articolo nasce per salutare la figura di Papa Francesco e per mostrare quanto il suo contributo sia stato determinante anche per le arti: dalla poesia, al canto d’improvvisazione, alla musica, ha fatto del suo percorso, anche teologico un esempio straordinario di innovazione e lungimiranza, che ha donato ispirazione a tanti e tante e che non ha lasciato fuori nessuno/a; in una logica di inclusione senza confini, sempre più importante nel mondo contemporaneo. Continua a leggere

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Genealogie familiari e connessioni femminili nelle Vite di Sandra Puccini

Sandra Puccini

Sandra Puccini

di Antonino Colajanni 

Vite. Storie di due famiglie tra Ottocento e Novecento di Sandra Puccini (Edizioni Sette Città, Viterbo 2024) è un libro bellissimo. Una straordinaria e molto intensa composizione di memorie familiari, soprattutto remote, che ricostruiscono con grande arte scrittoria una vita e molte vite in un continuo intreccio di esperienze importanti, apprendimenti occasionali, emozioni indimenticate. Molti di questi frammenti ricordo di averli ascoltati dai racconti di Sandra, nelle numerose occasioni di incontri di fine settimana, nella terrazza della sua bella casa romana, nella meravigliosa e panoramica casa di Maratea, negli intervalli di alcuni incontri e congressi universitari. Continua a leggere

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Sandra Puccini: dalla storia dell’antropologia alle memorie familiari

2di Zelda Alice Franceschi 

Lo scorso gennaio all’Università di Bologna abbiamo presentato Vite. Storie di due famiglie tra Ottocento e Novecento (2024, Sette Città), l’ultimo testo di Sandra Puccini (1945-2024): con la sua allieva Fabiana Dimpflmeier e con Pietro Clemente e Gianni Dore, che con lei hanno condiviso gli anni di formazione con Alberto M. Cirese. Da Viterbo sono arrivati la figlia Marta Gandiglio e i tre nipoti: Emilio, Enrico e Viola. L’auletta seminari di San Giovanni in Monte al Dipartimento di Storia Culture Civiltà era stracolma di studenti e studentesse dei corsi di magistrale di Storia dell’antropologia e di Tecniche della Ricerca Etnografica del triennio. Volevo che i più giovani conoscessero il lavoro di Sandra Puccini, perché la maggior parte sa ben poco sulla Storia della disciplina – direi anzi che provano ad evitarla. D’altra parte, il corso Magistrale di Storia dell’Antropologia è fra quelli opzionali e questo non aiuta. Mi piacerebbe che i più giovani, aspiranti antropologi e antropologhe capissero quanto può essere un’avventura straordinariamente piacevole conoscere la storia dell’antropologia italiana anche attraverso traiettorie poco conosciute, inedite ed originali. Continua a leggere

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Pensieri di una figlia

Sandra col padre

Sandra col padre

di Marta Gandiglio

Per scrivere di mia madre, Sandra Puccini, emerita Professoressa Universitaria, ho bisogno di avvalermi del distacco dell’antropologo e, per farlo, devo recuperare le lontane memorie e ricordi dei miei studi universitari.

Come Malinowski esaminava i suoi indigeni, con il famoso metodo dell’osservazione partecipante, e ne scriveva in modo distaccato ed ufficiale, così proverò a fare con Puccini. D’altra parte, è pur vero che io stessa, nel tempo, ho lasciato ai miei familiari il compito di accogliere i miei malumori verso Sandra come mamma, come fossero loro il mio diario antropologico di campo intimo e vivente. Continua a leggere

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Pensieri di un nipote

Sandra con i nipoti

Sandra con i nipoti

di Emilio Vitali

Nel cominciare a scrivere qualche riga per commentare Vite, l’ultimo libro – autobiografico – pubblicato da mia nonna, l’antropologa Sandra Puccini, mi passano davanti agli occhi numerose immagini, ricordi, che risalgono a galla dalla memoria magmatica e confusa dei miei primi anni di vita. Continua a leggere

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Monaci, Kami, Robot: Antonio Marazzi antropologo

1di Riccardo Putti e Rossella Ragazzi 

Introduzione 

Il venti di gennaio del duemilaventicinque in una Milano piovosa, eravamo in tre Rossella Ragazzi, Rossella Schillaci e Riccardo Putti a casa di Antonio Marazzi in via Donizetti. Per motivi e in tempi diversi ognun di noi aveva frequentato Antonio. Senza dubbio Rossella Ragazzi aveva avuto la conoscenza più approfondita, invece quello che lo conosceva da più tempo, dagli anni ottanta era Riccardo Putti. Ci eravamo riuniti on line qualche vota per preparare questo incontro che avrebbe dovuto essere il primo di una piccola serie. Cercavamo di costruire un piccolo omaggio per la VAR (Visual Anthropology Review) su suggerimento di Faye Ginsburg. Questo incontro si ricollegava ad una serie di conversazioni sulla piattaforma Zoom tra Antonio Marazzi Rossella Ragazzi e Riccardo Putti avvenute al tempo del Covid. Continua a leggere

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Un ricordo di Antonio Marazzi

Antonio Marazzi

Antonio Marazzi

di Pietro Clemente

 Provo a tirare

Un sasso nello stagno

Resta la pace

(Haiku di Antonio Marazzi)

 Un collega misterioso

Antonio Marazzi è stato per me un collega un po ’ misterioso, un po ’ appartato, incontrato solo a partire dagli anni ’90, dopo la nascita dell’AISEA (Associazione Italiana di Scienze Etno-Antropologiche). La sua storia di studioso era assai diversa da quella della nuova tradizione degli studi italiani in cui mi ero formato, quella che parte da Alberto Cirese ed Ernesto De Martino, in cui io e altri studiosi italiani siamo stati inclusi e siamo cresciuti. Continua a leggere

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Antonio Marazzi e l’antropologia della visione

Antonio Marazzi

Antonio Marazzi

di Silvia Paggi

Il mio interesse per l’antropologia visiva mi ha fatto conoscere assai presto Antonio Marazzi. Dal 1983, non ancora laureata in antropologia a Siena, già seguivo a Parigi l’annuale Bilan du film ethnographique, al Musée de l’Homme; è lì che l’ho più frequentemente incontrato per diversi anni. Poi nel tempo, soprattutto dopo la scomparsa di Jean Rouch, il Bilan è diventato meno interessante per gli antropologi e la frequentazione si è diradata.

Antonio Marazzi mi ha dato attenzione e fiducia agli inizi della mia professione di antropologa-cineasta [1], affidandomi dal 1988-1989 il mio primo insegnamento annuale nell’ambito del Perfezionamento in Antropologia Culturale e Sociale che aveva creato all’università di Padova. Continua a leggere

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La galleria dei cyborg e le vetrine artificiali

Antonio Marazzi

Antonio Marazzi

di Riccardo Putti 

Antonio Marazzi pubblica nel 2012 per l’editore Carocci Uomini, Cyborg e robot umanoidi. Antropologia dell’uomo artificiale a cui segue nel 2022 sempre per Carocci Un Mondo Artificiale. Le sfide dell’uomo contemporaneo. Questi due testi hanno avuto il merito di aggiornare il dibattito dell’antropologia italiana verso una tematica che era già emersa a livello internazionale nell’ultimo ventennio del secolo passato [1], e di aprire almeno uno spiraglio su questi temi di ricerca nella antropologia accademica italiana. Continua a leggere

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Ricordi che non si sono ancora fatti memoria. Antonio Marazzi (1934-2025)

  Antonio Marazzi ritratto da Loredana Putignani, Orto Botanico a Brera, Milano 2024.

Antonio Marazzi ritratto da Loredana Putignani, Orto Botanico a Brera, Milano 2024

di Rossella Ragazzi                                         

Preambolo: Io e Antonio siamo stati colleghi e poi amici, durante una ventina d’anni. Non riesco facilmente a passare dalla modalità “parlare con lui”, che ha caratterizzato questo nostro rapporto, a quella “parlare di lui” anche se la sua persona non dovrebbe essere il soggetto di questo intervento, quanto piuttosto il suo lavoro.

Nel 2005 mi regalò il suo libro Giapponeserie riuscendo a trovarne ancora una copia, visto che era esaurito. Il 2008 è poi uno spartiacque, perché, sebbene ci conoscessimo dal 2000, è nel 2008 che Antonio condivise con me la sua mappa personale del Giappone e mi diede dei consigli per il primo dei dieci viaggi che ho poi effettuato in quel Paese da allora. Non solo luoghi, ma anche inflessioni culturali da notare e imparare, contatti, e soprattutto fiducia che avrei potuto muovermi in un ambiente così formale. Continua a leggere

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La Sardegna che brucia, tra realtà e rappresentazione

Incendio nell'Oristanese, luglio 25

Incendio nell’Oristanese, luglio 2025

di Aldo Aledda 

Lo scenario delle foreste annerite dal fuoco che anno dopo anno si presenta in Italia e nel resto del mondo in forma sempre più drammatica incomincia a preoccupare anche chi un tempo riteneva questo fenomeno di importanza poco più che locale, pedaggio da pagare al progresso in quanto conseguenza inevitabile di un mondo che aveva appena scelto di sacrificare la campagna all’avanzata dell’urbanesimo. Viceversa per gli amanti della natura poteva apparire consolatorio che gli incendi giovino, come talvolta accade, alla rigenerazione della vegetazione, in testa il caso della foresta amazzonica. Continua a leggere

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Giocare con la morte per raccontare la vita

Todde

Giorgio Todde

di Costantino Cossu 

Sono passati cinque anni dalla morte di Giorgio Todde. È stato uno degli scrittori più importanti della nouvelle vague letteraria sarda dei primi anni Duemila. Ma è stato anche un militante ambientalista che ha lottato contro i tentativi, sempre vivi, di devastare la bellezza del paesaggio sardo. Continua a leggere

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«Ogni strumento mi ricorda un ricordo». Sguardo sui musei etnografici della Sardegna

Museo Sa domu de is ainas (Armungia)

Museo Sa domu de is ainas, Armungia (ph. Gabriella Da Re)

di Maria Gabriella Da Re, Giannetta Murru Corriga 

Quanti sono?

In un incontro, in vista del nostro contributo sui musei etnografici sardi, con Gianna Saba, la responsabile del Patrimonio Demoetnoantropologico della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna [1], ci ha icasticamente rappresentato la situazione della Sardegna: prima del 2019 circa un comune sardo su due ospitava un museo etnografico; dopo il Covid solo il 40% dei musei esistenti risulta attivo o riesce a garantire adeguate aperture al pubblico. Ciò significa, dato che i comuni sardi sono 377, che dei circa 188 musei del periodo pre covid ne sono rimasti circa 75-80 [2]. Continua a leggere

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“Biddamanna”.Vita di un magistrato sardo

copertina-biddamanna-stampa-7-luglio-1di Mariano Fresta 

La magistratura, prima ancora che Montesquieu l’avesse identificata come potere, è stata uno dei pilastri su cui si è mantenuta la società umana, perché ha sempre rappresentato quella parte del sistema politico che deve garantire l’osservazione delle leggi. Ovviamente, nei sistemi politici antichi, prima che si arrivasse alla concezione dell’autonomia e dell’indipendenza dei tre poteri, legislativo esecutivo e giudiziario, la funzione della magistratura era quella di fornire un supporto a coloro che detenevano il potere più che a garantire una prassi giudiziaria uguale per tutti. Continua a leggere

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Tunisi nella memoria degli italiani. Appunti

Tunisi, porte de France

Tunisi, porte de France

di Khouloud Kharrat 

Spesso si parla dell’emigrazione italiana in Tunisia come fenomeno che segna profondamente il secolo scorso. Numerosi studi analizzano gli aspetti storici, sociali ed economici di questa presenza. Oggi, però, il fenomeno si rovescia: è la Tunisia a guardare verso l’Italia, con un flusso migratorio che percorre la rotta opposta. Nel Novecento, molti italiani scelsero la Tunisia non solo per la vicinanza geografica, ma anche perché quel piccolo Paese del Nord Africa appare dinamico, accogliente e ricco di opportunità. Continua a leggere

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Don Nicolao, l’ultimo puparo siciliano di Tunisi?

Tunisi, Bottega del puparo Sammit (ph. Elio Montefiore, 1939)

Tunisi, Teatro del puparo Sammit (ph. Elio Montefiore, 1939)

di Jacopo Lentini 

Tra le migrazioni italiane nel Mediterraneo a cavallo tra Ottocento e Novecento, ha avuto particolare rilievo quella in Tunisia, a maggioranza siciliana, che raggiunse le oltre centomila presenze intorno al 1930. Da alcuni anni c’è un rinnovato interesse per questa comunità, anche da parte di semplici appassionati che hanno raccontato le origini della propria famiglia, un tempo emigrata a Tunisi. Si annoverano documentari, romanzi ed eventi dedicati, oltre ai saggi accademici: quasi tutti hanno in comune uno sguardo privilegiato verso la componente siciliana.  Continua a leggere

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Khaled Ben Slimane. A tunisian artist and ceramist, between sufism and spirituality

Ceramics, 2018, source: islamicartsmagazine.com

Ceramics, 2018, source: islamicartsmagazine.com

di Roberta Marin [*]

Tunisian ceramics are internationally known for the complexity of the patterns, the brightness of the colours and the beauty of the shapes, ranging from simple everyday objects to the most sophisticated ones, often chosen to furnish the interior of a house. The development of ceramics dates back to ancient times, with archaeological sherds coming from the Phoenician, Roman, and Islamic periods (Salloum, ‘The Wonderful World of Tunisian Ceramics’, 2016). Traces of these influences can be found in the techniques and styles borrowed over the centuries, which have made Tunisian ceramics easily recognizable, even to those who are not experts in the field. The objects are often adorned with scenes from everyday life, nature and mythology, and the selection of bright colours mimics Tunisia’s lush natural beauty and the shades of the Mediterranean Sea. Ceramic works, with their long tradition, are still produced in large numbers today and are expressed in the most varied ways, drawing from the deep roots of ancient practices to a more innovative and contemporary approach, both in patterns and techniques. The best pieces are probably those that are made showing a technically perfect and stylistically balanced combination of past and present. Continua a leggere

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“Qāfilat aṣ-Ṣumūd”: breve storia di un convoglio umanitario e del suo eterno nome

Tunisia Caravan

Tunisia – Palestina Caravan (@Tunisan land convoy)

di Francesca Spinola 

In questa lunga estate tristemente caratterizzata dal perdurare del genocidio nei confronti della popolazione che vive nella Striscia di Gaza, abbiamo sentito nominare spesso dai mass media di tutto il mondo la parola “sumud” legata a “convoy”, convoglio in inglese, in arabo Qāfilat aṣ Ṣumūd, variamente tradotto come “Convoglio della Resistenza” o “Convoglio della Resilienza del Maghreb”. Questo è il nome che si è data la parte tunisina del più ampio movimento della Global March to Gaza (GMTG), la Marcia Globale in favore di Gaza, che ha cercato, lo scorso giugno, di portare aiuti umanitari alle popolazioni affamate e allo stremo di quella striscia di territorio ridotta ormai a un deserto di macerie. Continua a leggere

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Attraversare, leggere, scrivere, sperimentare, vivere: tra Eros ed Elpis

Etty Hillesium

Etty Hillesium

di Flavia Schiavo 

Nel 1933 il filosofo ebreo tedesco, Ernst Bloch, a causa dell’avvento del nazismo, emigrò in Svizzera, giungendo poi negli Stati Uniti dove fu pubblicato, dal ’53 al ’59, Il principio speranza, considerato il suo lavoro più rilevante.

Per Bloch speranza e utopia, principi che a mio parere permeano il pensiero e l’agire di Etty Hillesum, sono fulcri fondamentali. 

Nella prefazione del volume Bloch scrive: 

«L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli. Non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di quest’affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando a cui essi stessi appartengono».  Continua a leggere

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Etty Hillesum: tante vite in una

Etty Hillesum

Etty Hillesum

Anna Flora Amato 

Ma lei non ha colpa di tutto questo. No, ma le cose si ripetono.

Io vedo che è tutto una terribile ripetizione!

Garcia Lorca F., La casa di Bernarda

Alba, 1936 

La storia non è un susseguirsi lineare di fatti. Alcuni fatti e il pensiero che li sostiene si addensano e raggrumano in nuclei insolvibili di pensieri che si ripresentano dopo anni, consistenti, duri, inaccessibili e inspiegabili. Immagini lucide ci scorrono davanti, immagini di prigionia, di deportazioni, i volti privi di speranza, oscuri… corpi alienati all’anima, emaciati e destinati alla dissoluzione senza nome, ciotole di metallo che battono su recinzioni spinate e vorrebbero vivere, grandi occhi che chiedono risposte, che le cercheranno sempre e che sono uguali, in ogni ripetizione, per ogni sopraffazione, per ogni guerra, per ogni prevaricazione, a ricordarci l’angoscia e il lutto disperato. Uno di questi corpi fu quello di Esther (Etty) Hillesum. Continua a leggere

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Il cuore pensante di Etty Hillesum: la vita dentro ogni istante

i__id3041_mw600__1xdi Anna Maria Costantino

Una ‘dura scorza’ non è il mio genere:

 resterò disarmata e aperta a tutto

 (Hillesum 1941-1942: 723)

Prima di entrare nel tema del cuore pensante, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti che rendono il Diario di Etty Hillesum particolarmente interessante dal punto di vista psicologico. L’influsso del pensiero di Jung è chiaramente riconoscibile negli iscritti di Hillesum. Con il suo Diario Etty [1] ci consegna non solo una testimonianza biografica, ma un vero e proprio metodo di lavoro interiore: leggere e scrivere diventano per lei pratiche di ascolto profondo, di autoanalisi e trasformazione.   Continua a leggere

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L’archetipo dell’eroina in Etty

9788833531939_0_0_536_0_75di Francesca Picone 

“Dobbiamo essere disposti a lasciare andare la vita

che abbiamo pianificato per poter avere

la vita che ci aspetta”.

Questa citazione, attribuibile a Joseph Campbell, tramite le annotazioni di Diane K. Osbon raccolte in Reflections on the Art of Living (1991), esprime una verità profonda sul cambiamento, la flessibilità e la fiducia nella vita. Campbell, noto per il suo lavoro sul “viaggio dell’eroe”, ci invita ad accogliere l’ignoto e ad abbandonare l’illusione del controllo totale sul nostro destino. Spesso costruiamo aspettative rigide su come dovrebbero andare le cose: la carriera perfetta, la relazione ideale, il percorso di vita “giusto”. Ma la realtà raramente segue quel copione. Quando ci aggrappiamo troppo ai nostri piani, rischiamo di chiudere la porta a opportunità impreviste, a incontri significativi, o a versioni di noi stessi più autentiche. Continua a leggere

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La relazione d’amore tra Etty e Julius: una finestra tra il male e Dio

alexandra-nagel_etty-hillesum-e-julius-spierdi Ferdinando Testa 

La giovane ragazza Etty Hillesium in bicicletta per le vie di Amsterdam, percorreva la strada per andare allo studio di J. Spier. La sera si faceva sempre più tardi, eppure quell’incontro, il loro primo incontro, aveva suscitato in lei emozioni contrastanti. Accade questo quando si incontrano Anime affini, personalità particolari in situazioni storiche uniche. Sullo sfondo di Amsterdam, c’era la sofferenza, il dolore e la repressione degli ebrei, marchiati con la stella gialla. Angoscia, perdita della libertà, soprusi e vagoni umani verso campi di concentramento. Ma sui cumuli di dolore, ai crocicchi delle strade, inaspettatamente, era nato il fiore dell’Amore tra loro due: una giovane donna, scrittrice, affetta da ‘costipazione spirituale’ e lui, lo psicochirologo junghiano, una personalità magica e affascinante, lettore della Bibbia che leggeva con gli occhi della visione psichica: Continua a leggere

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Penelope e un’oncia di bellezza

itaca-ebbradi Biagio Accardo

Nel panorama della poesia italiana, nel quale va prendendo sempre più piede una parola ad alta densità concettuale, allo stesso tempo oscura, che rimanda alla lezione ermetica, si situa, in modo del tutto singolare, la poesia di Bia Cusumano, che con Itaca Ebbra compie un’opera preziosa di raccordo con quelle che sono le radici mediterranee di una poetica che non rinuncia agli apporti della tradizione classica né all’ancoraggio a una espressività vivida e pulsante. 

Nei versi di questa raccolta, Itaca ebbra (Interno Libri 2025), la materia poetica sembra prossima al suo stesso sgorgare; essa, infatti, non risulta affatto raffreddata, disponendosi sul foglio ancora incandescente, fiammeggiante vitalità e verità dal sapore arcaico e oracolare. Si tratta di una parola volutamente compromessa col magma delle emozioni e delle contrastanti percezioni, e dunque, come ci ricorda la Zambrano:” fedele alle cose, fedele a una prima meraviglia estatica” [1]. Continua a leggere

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Pietro Ajroldi tra pittura e architettura nel clima artistico degli anni Trenta

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Pietro Ajroldi, Autoritratto, 1930 ca.

di Cesare Ajroldi 

Espongo in questo scritto l’attività pittorica di un architetto, Pietro Ajroldi, svolta soprattutto negli anni trenta del Novecento, prolungando la trattazione fino alla decade successiva. Si tratta di un’attività confinata soprattutto nel privato, che ha una consistente ripercussione anche nel lavoro professionale attraverso la produzione di dipinti di progetti di architettura che ha contraddistinto tutta la sua carriera, e di cui presenteremo solo un paio di esempi.

Ritengo necessario inquadrare questa storia all’interno di un contesto più generale e, non essendo uno studioso particolarmente esperto della materia (ma coinvolto per ragioni familiari nella presentazione delle opere), ho scelto il sostegno di qualche testo specifico, e in particolare il libro Arte in Sicilia negli anni Trenta, a cura di Sergio Troisi, che scrive: Continua a leggere

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Pensando ai Nebrodi di Consolo (e non solo)

Nebrodi (ph. Ada Bellanova)

Nebrodi, 2019 (ph. Ada Bellanova)

di Ada Bellanova 

La pretesa di ritrovare perfettamente nella realtà le ambientazioni letterarie è rischiosa, avverte Eco [1]. La sovrapponibilità è sempre imperfetta. D’altra parte cercare nella realtà i luoghi letterari può essere utile per comprendere i meccanismi della finzione e aprire nuovi orizzonti interpretativi. Inoltre una riflessione sui luoghi reali, geografici, a partire dalla letteratura permette di interrogarci sulla relazione che noi intessiamo con questi. Continua a leggere

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Le attività economiche della Comunità Ebraica di Roma nel Secondo dopoguerra

Roma, Ghetto, antica veduta

Roma, Ghetto, antica veduta

di Stefano Bellu 

Caratteristiche demografiche dell’ebraismo romano

Prima di procedere con l’analisi qualitativa e quantitativa degli aspetti economici caratterizzanti l’ebraismo romano nell’immediato dopoguerra, è opportuno delineare alcune premesse fondamentali. Questo arco temporale, che precede il boom economico ed è spesso definito nella storiografia come fase di “ricostruzione” o “ritorno alla vita”, richiede una riflessione preliminare sulle fonti disponibili. I dati qui utilizzati per la descrizione dei profili economici si riferiscono esclusivamente agli iscritti alla Comunità Ebraica di Roma e non rappresentano, pertanto, l’intera popolazione ebraica romana. Ne risulta un quadro parziale, limitato a quella parte della comunità formalmente registrata. Continua a leggere

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La Madonna di Nagasaki ad ottant’anni dalla bomba atomica (1945-2025). Il racconto di Olimpia Niglio

La cattedrale di Urakami a Nagasaki durante le celebrazioni del 9 agosto 2025 (foto di Olimpia Niglio)

La Cattedrale di Urakami a Nagasaki durante le celebrazioni del 9 agosto 2025 (ph. Olimpia Niglio)

di Cristina Caricato 

Nagasaki, 9 agosto 2025 presso la Cattedrale di Urakami, chiesa cristiana e sede della cattedra episcopale. In questo luogo proprio nel giorno delle celebrazioni commemorative per gli ottant’anni della bomba atomica sulla città di Nagasaki (1945-2025), ricordiamo la presenza di Maria e di una scultura che ha lasciato una forte testimonianza.

Il racconto di Olimpia Niglio, professore dell’Università di Pavia e membro dell’Arcidiocesi di Lucca, esperta di storia del cristianesimo in Giappone, in una intervista di pochi giorni fa.   Continua a leggere

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L’arte di restaurare i film e di amare il cinema. Tra Filologia e Tecnologia

incendio-al-bazar-de-la-charite_3di Lucia Cassarà

Pellicole salvate, pellicole perdute

Il restauro dei film è un’arte che si muove al confine tra tecnica e pensiero critico, abbracciando discipline diverse, dalla filologia alla teoria del restauro, per dare forma a una ricostruzione che non è mai neutra, ma sempre interpretativa. È un gesto che interroga il tempo, che ascolta i frammenti, che ricompone memorie disperse per restituire dignità a un’opera e al suo contesto. Restaurare significa entrare in dialogo con il passato e con le sue assenze, assumendosi la responsabilità di decidere cosa tramandare e in quale forma. Continua a leggere

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L’ironia come oggetto di psico-analisi (Freud) e strumento di psico-terapia (Frankl)

Victor Frankl e Sigmund Freud  Sigmund Freud e Victor Frankl

Sigmund Freud e Victor Frankl

di Augusto Cavadi 

Mentre il riso sembrerebbe un movimento “naturale” (nel senso che scaturisce spontaneamente dall’animo umano, sin dalla notte dei tempi, così che noi ridiamo e piangiamo ora come si è riso e si è pianto dai primordi dell’umanità sino ad oggi, i motivi e le modalità del riso sono condizionati dai «movimenti e i rinnovamenti epocali di ogni società» [1]: sono, insomma, fenomeni culturali. Continua a leggere

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Come muoiono le maestre

coverdi Sergio Ciappina 

Schiaffi e pugni. Al volto e, soprattutto, alla testa. Pugni su pugni, fino a stordire l’insegnante. Fino a farla stramazzare al suolo senza forze e quasi priva di conoscenza. Fino a mandarla in ospedale dove è ancora ricoverata (al San Paolo) per un trauma cranico contusivo. Continua a leggere

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Una riflessione sul cambiamento maschile

progetto-senza-titolo-16-1024x576-1di Stefano Ciccone

Vorrei partire da un’immagine. Io non sono credente, non ho una storia religiosa alle spalle, ma ho una storia familiare, contadina. Mi torna spesso in mente una scena del paese d’origine di mio padre, in Abruzzo: le donne che entrano in chiesa, mentre gli uomini restano fuori, a chiacchierare sulla piazza o seduti al bar. Questa immagine mi ha sempre colpito, perché sembra rappresentare un certo tipo di socialità maschile.

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Orizzonti culturali e identità dei luoghi. Musiche e culture popolari in una realtà museale del nord-est Sicilia

9791221084450di Alessandro D’Amato 

L’attenzione per la musica popolare siciliana ha radici piuttosto datate, risalenti ai primissimi anni del XIX secolo. In tale epoca, infatti, sono attestate le prime testimonianze di «viaggiatori, letterati e musicisti che includono esempi musicali all’interno di opere quali antologie di canti popolari, resoconti di viaggio, trattati di versificazione comparata» (Hoffmann 2025: 10). Non è un caso se le prime trascrizioni di musiche tradizionali siciliane siano state realizzate da appassionati provenienti dall’estero, più che altro attratti da una sorta di interesse per gli elementi del folklore locale interpretati in una chiave stereotipata ed esotizzante. Tra essi, vanno rapidamente citati il prussiano Jakob Salomon Bartholdy, il compositore tedesco Giacomo Meyerbeer, l’aristocratico francese Auguste de Sayve e il filologo tedesco Gustav Parthey. L’interesse “interno”, da parte di studiosi isolani, per il tema dei canti e della musica popolare va fatto risalire a una stagione immediatamente successiva, nel corso della seconda metà del secolo, quando studiosi come Lionardo Vigo, Giuseppe Pitrè, Salvatore Salomone Marino, Corrado Avolio e Serafino Amabile Guastella iniziarono a pubblicare raccolte di canti popolari siciliani, limitandosi prevalentemente alla trascrizione di testi raccolti dalla viva voce dei rispettivi esecutori [1]. Continua a leggere

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La Sicilia nei settanta anni di attività fotografica di Giuseppe Leone

img_7003di  Mariza D’Anna  

Il fotografo Giuseppe Leone è morto il 17 aprile dell’anno scorso a Ragusa, la città dove era nato 88 anni prima. Con i suoi occhi in tanti, tanti anni di professione ha svelato il volto vero della Sicilia, un volto sospeso tra il passato e il presente. Leone aveva iniziato a fotografare negli anni Cinquanta e presto i suoi scatti in bianco e nero sono divenuti testimoni e interpreti della vita pulsante e della vita silenziosa di tante città e paesi siciliani, di antichi angoli svelati, delle campagne brulle e dei cieli distesi, dei loro abitanti, dei loro sogni e del presente. Un percorso naturalistico e antropologico nel medesimo tempo, umano. Dai luoghi di ieri alle trasformazioni avvenute nel tempo, i suoi scatti sono diventati copertine di giornali illustri e i sessanta libri fotografici che il fotografo ha lasciato, corredati da testi firmati da grandi autori della letteratura, testimoniano questa sua inesauribile passione per la sua terra.  Continua a leggere

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Pier Paolo Pasolini e lo sguardo antropologico oltre l’Europa: tra l’Africa, lo Yemen e l’India

Pasolini in Mali, 1970

Pasolini in Mali, 1970

di Mohammed Fatnassi

Osservatore dei mutamenti storici, sociopolitici e culturali del suo tempo, Pier Paolo Pasolini si presenta quasi come un “antropologo” del popolo italiano, segnalando il modo in cui l’influenza del capitalismo e del benessere, attraverso consumismo edonistico, tolleranza modernistica e omologazione culturale, tende a corrompere la purezza dei valori tradizionali, promuovendo un processo di uniformazione degli individui. Non focalizza lo sguardo solo sul popolo italiano: Pasolini era anche appassionato di ‘culture altre’, osservandole e persino vivendole, per poi tentare di penetrare nelle tracce più remote di altre civiltà al fine di ricavare analogie e fenomeni che sembrano costruire un vero e proprio laboratorio di sineciosi pasoliniana. Continua a leggere

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L’Africa, i giovani, l’Italia

piano-mattei-9788862509381-600x900di Irma Galgano 

Che cos’è l’Africa per l’Italia e per l’Europa? La si dipinge alternativamente come terra delle opportunità o come mostro demografico pronto a schiacciarci, giacimento a cielo aperto o antro di malattie e pandemie, partner per gli aiuti internazionali o socio nel commercio internazionale, lions on the move  [1] o bottom billion [2].  Cosa sono l’Italia e l’Europa per l’Africa? Di fronte ai mutamenti indotti dalla deglobalizzazione e dalle guerre in corso, l’Africa è alla ricerca di un’autonomia che le permetta di fare le proprie scelte in maniera indipendente. Il modello di sviluppo occidentale sembra stia portando tutti in un vicolo cieco ecologico. Il continente africano, che non ha ancora intrapreso tale percorso, è forse nella posizione migliore per inventare un nuovo modello [3]. Continua a leggere

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L’insegnamento dell’italiano all’estero e l’utilizzo della traduzione nella didattica: il caso Uruguay

 Ingresso principale dell'IPA in Avenida Libertador Brig. Gral. Lavalleja 2025, Montevideo


Ingresso principale dell’IPA in Avenida Libertador Brig. Gral. Lavalleja 2025, Montevideo

di Alvaro Gargiulo

Introduzione

L’Italia è giustamente orgogliosa nel constatare che la sua lingua è la sesta più studiata nel mondo dopo l’inglese, il francese, lo spagnolo, il cinese, e il tedesco secondo la famosa graduatoria predisposta dal sociolinguista tedesco Ulrich Ammon nel 2015 e, seppure con aggiustamento numerici, tuttora valida.

L’Uruguay, pur essendo un piccolo Paese di appena 3 milioni di abitanti, contribuisce al mantenimento di questa posizione di prestigio. Continua a leggere

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Esplorazioni ed epifanie intorno ad un toponimo

9007di Liviana Gazzetta 

Filologa esperta e appassionata, nel suo ultimo lavoro Dalla Lavra a Loreto. Inseguendo una parola travisata. Acqua, Pietra, sacralità diffusa (ETS Pisa 2025), Franca Bellucci ci propone un percorso breve ma articolato intorno ad una parola tanto diffusa quanto in parte misteriosa: la parola ‘laura’ (e derivati), assunta non nella sua più evidente etimologia latina, che la ricollega alla pianta dell’alloro, ma nella meno nota – purtuttavia non meno importante – origine greco-bizantina, che invece indica una forma di vita monastica semicenobitica. Il tutto a partire da un’indagine specifica sulla cappella del palazzo comunale di San Miniato, detta il Loretino, indagando oltre l’apparente ovvietà l’origine del termine in questione. Continua a leggere

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Gli amici geniali

coverdi Alberto Genovese 

Un museo domestico 

La storia dell’editoria non riferisce di una pubblicazione capostipite nel genere dei cataloghi illustrati di mostre [1]. All’anagrafe dei libri manca il certificato di nascita del primogenito. Se la primazia cronologica rimane ignota, certo è invece il periodo storico di debutto di questa fortunata stirpe di libri. Lo attestano oggi i bibliofili e le librerie antiquarie (comodamente raggiungibili in internet), oltre che qualche illustre testimonianza del tempo. Continua a leggere

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Lo scrittore come sociologo implicito: Pirandello e “il fischio fuori dalle gabbie”

1000256891di Claudio Gnoffo 

La novella: Il treno ha fischiato

Vita e Forma sono elementi riscontrabili praticamente in tutte le opere di Pirandello, come due danzatori costantemente fissati l’uno sull’altro nelle loro voluttuose acrobazie, senza però mai unirsi veramente. Il contrasto tra la Vita e la Forma è uno dei temi centrali nell’opus pirandelliano, frutto sì della sua indagine sulla problematicità dell’essere umano (tanto dell’identità di ogni individuo quanto della sua percezione della realtà) ma anche del suo sofferto vissuto, a partire da un matrimonio lacerato e lacerante a causa dell’odio di una moglie malata che vedeva in Pirandello, innamorato devoto, un traditore seriale: un altro che non era lui. Continua a leggere

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“Italiani veri”. Marcell Jacobs, Jannik Sinner, Paola Egonu e la politica dell’identità

3di Dario Inglese 

Se ripenso alle più grandi imprese sportive italiane degli ultimi lustri, un periodo non sempre ricco di trionfi agonistici per il «bel paese là dove ‘l sì suona», me ne vengono subito in mente due: la vittoria olimpica di Marcell Jacobs a Tokyo dell’agosto 2021 sui 100 metri piani, che insieme al primo posto di Gianmarco Tamberi nel salto in alto e all’oro della staffetta 4×100 segnava un momento probabilmente irripetibile per l’atletica azzurra, e il trionfo di Jannik Sinner a Wimbledon datato 13 luglio 2025, a suggellare la sua prima posizione nel ranking mondiale. Difficili anche solo da immaginare per una “nazione” tradizionalmente refrattaria all’alta velocità nella corsa e al tennis su erba (anzi, al tennis tout-court) – con le eccezioni, quasi perse tra le nebbie del mito, di Pietro Mennea, Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta –, queste vittorie hanno proiettato Jacobs e Sinner nella leggenda azzurra e saranno, lo sono già, foriere di narrazioni epiche nei decenni a venire [1]. Continua a leggere

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Quando Don Chisciotte parlava la lingua franca mediterranea degli schiavi, dei pirati e dei mercanti

1230001362664_0_0_536_0_75di Massimo Jevolella

Non potrò mai dimenticare l’incredibile personaggio che molti anni fa conobbi durante il mio primo viaggio in Tunisia. Andai in una torrida mattina d’estate a visitare le rovine di Cartagine, e mi si parò davanti un omaccione scuro e tarchiato, una specie di orco barbuto, esuberante e gentile, che in modo imperativo mi si offrì come guida turistica degli scavi. Rimasi travolto dalla sua loquacità enfatica, incontenibile, ma anche assai spassosa. Lo ascoltavo in estasi, ma soprattutto, dopo un po’, restando colpito dalla lingua bislacca in cui quell’uomo si esprimeva. Che diavolo di lingua era mai? Arabo? Berbero? Francese? Spagnolo? Italiano? Siciliano? Napoletano? Greco? Turco? O che altro ancora? Ma la cosa più assurda e inspiegabile è che quella gustosa macedonia di tutti gli idiomi e i dialetti mediterranei non suonava affatto oscura, ma era del tutto chiara e comprensibile. Continua a leggere

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Kuwait, Iraq: ombre lunghe di una guerra breve

Museo dei Martiri di Al Qurain, Kuwait.

Museo dei Martiri di Al Qurain, Kuwait

di Paola Laviola

La bandiera del Kuwait sventola sulla Casa dei Martiri di Al-Qurain, memoriale che ricorda un gruppo di giovani kuwaitiani caduti nel 1991 durante un tentativo disperato di opporsi alle truppe irachene. L’occupazione irachena aveva scardinato l’equilibrio di una regione già fragile. Quel dolore, invece di trovare giustizia, divenne il motore di un’escalation globale e aprì la strada a un’ondata di sofferenza e distruzione ancora più lunga e sanguinosa, trasformando il Golfo in uno spazio di pressioni e decisioni esterne. Continua a leggere

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Goliarda Sapienza ritrovata e ripensata

Goliarda sapienza

Goliarda Sapienza

di Sabina Leoncini 

Introduzione

Goliarda Sapienza (1924–1996) rappresenta una figura atipica e affascinante nel panorama letterario italiano del Novecento. La sua opera, frutto di una dedizione assoluta alla scrittura, si caratterizza per lo sviluppo di una tecnica narrativa profondamente personale, che trova la sua massima espressione in L’arte della gioia. Il titolo stesso della sua opera più celebre sintetizza efficacemente un metodo estetico ed esistenziale elaborato nel tempo: un raffinato strumento di emancipazione soggettiva e creativa, volto a sottrarsi a ogni forma di dominio esterno. Continua a leggere

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Dietro l’ovatta un disegno. In dialogo con Daniela Brogi

Daniela Brogi

Daniela Brogi

di Ivana Margarese 

Daniela Brogi è scrittrice, critica, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università per stranieri di Siena. Si occupa con sguardo rigoroso e al contempo originale di forme della narrazione in letteratura, nel cinema, nelle arti visive e di scritture femminili. Leggere i suoi libri è sempre stata occasione di arricchimento e riflessione per ripensare e far luce su argomenti anche noti, senza darli per scontati ma aprendoli a nuovi orizzonti interpretativi per disarticolare gli stereotipi e le ideologie, rovesciarli, sottrarli alla loro pretesa di assolutezza, esporli all’esperimento del viceversa.  Continua a leggere

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Language of instruction and student achievement in Moroccan High Schools: perspectives towards trilingual education

Rabat

University Ibu Zohr di Agadir 

di Mina Moudden, Lalla Asmae Karama [*] 

Introduction

In Morocco’s multilingual educational system, the language of instruction has a crucial role in the success of students and their academic performance. Colonial and Arabization policies have historically affected Moroccan teaching guidelines and the language instruction. However, Moroccan education is not only a multilingual now, based on the strategic vision 2015-2030, but also a trilingual education system. This system integrates English as a language of science. Morocco presents a complex landscape of languages that includes Arabic, French and English as a developing foreign language (Ennaji, 2005). Learners’ attitudes toward these languages vary between seeing them as bridges or obstacles (Pennycook, 2001). Students’ achievements depend not only on the context but also on the language of instruction. In the Moroccan settings, numerous students face challenges when transitioning among languages across subjects. Therefore, this study investigates the effect of the language of instruction on the achievement of Moroccan high school students by surveying students, science teachers, and teachers of languages. Continua a leggere

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“Goodbye Julia”: il Sudan allo specchio

julia-locandina di Aldo Nicosia 

-   Perché mentire invece di dire la verità?

-   Alle persone non piace sempre sentire la verità.

-   E se qualcuno facesse lo stesso con te, non ti arrabbieresti?

-   Dipende dalle sue intenzioni. 

Verità e bugia (o verità taciuta), insieme alla loro relazione col perdono, sono i poli su cui si giocano alcune delle dinamiche esistenziali del maturo film di Muhammad Kordofani [1] “Goodbye Julia” (2023), una coproduzione di Sudan, Egitto, Germania, Francia, Arabia Saudita e Svezia. Continua a leggere

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“Legni” francescani in alcuni centri del territorio trapanese

Crocifisso chiesa di S. Francesco Marsala

Crocifisso, chiesa di S. Francesco, Marsala

di Lina Novara 

All’interno dell’ordine francescano e soprattutto presso i Cappuccini è ampiamente documentata la presenza di un nutrito numero di frati scultori del legno, che furono protagonisti di una feconda attività artistico-artigianale e, nello stesso tempo, divennero «diffusori» del messaggio controriformista. Sono frati che, in nome della povertà e della semplicità dell’ordine, scelgono il legno al posto dei marmi pregiati: usano i legni più resistenti e quelli più confacenti al colore dell’opera da realizzare, come noce, cipresso, bosso e melarancio [1].  Ma soprattutto, per evitare commissioni esterne e conseguenti spese, «imparano essi stessi il mestiere dell’intaglio, mettono a profitto della comunità i loro talenti e la loro infinita pazienza, si fanno artisti per servire l’Ordine» [2]. Continua a leggere

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“Earth’s Cry Heaven’s Smile”. Alcune notazioni su Europa e geopolitica

todd_deifaitedi Enrico Palma 

Occidente e nichilismo 

Per quanto concerne la storia del mondo – quella che già Hegel in modo filosofico-ricostruttivo, alla luce dell’appropriazione dello Spirito di sé, aveva chiamato Weltgeschichte – non risulta solo importante il luogo, lo spazio, dai quali essa viene raccontata. Decisivo è il come della narrazione, o per meglio dire il punto di vista adottato. È questo il caso di un libro già divenuto giustamente di riferimento, La Défaite de l’Occident di Emmanuel Todd, che rappresenta, se nella sua lettura lo recepiamo dal côté occidentale (che è il nostro, nonostante tutto), un esempio chiarissimo di quelle che Eco o la socio-linguistica definirebbero una contro-narrazione, almeno in un paio di sensi, entrambi convergenti tra di loro. Continua a leggere

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Malinda in Pizzuto

_57di Antonio Pane

Sul ponte di Avignone, il primo libro pubblicato, sia pure sotto pseudonimo, da Antonio Pizzuto, si vuole, nel suo sottotitolo, «Romanzo» [1]. Ripartito in quattro «quaderni» e condotto nella prima persona che verso la fine del quarto (p. 252) vediamo coincidere, l’unica volta che ne viene pronunciato il nome, con quella del presunto autore, Heis, il racconto si affretta a dichiararsi «confessione che tenda oltre la semplice penitenza», dettata da «un impulso così complicato che rinuncio ad esaminarlo», ma «proponendomi che altri non legga» (p. 6). Più avanti, l’incipit del secondo quaderno integra, come a superare ogni remora: «Ebbene, continuerò. Sarà detto tutto; il bisogno di fissare narrando, vince sul sentimento che mi ha tenuto una estate intera indeciso» (p. 25). Ma il peccato da redimere e il lutto da elaborare con una scrittura portata a restituirne ‘sotto copertura’ le vestigia non rientrano nella classe degli espedienti diegetici: sono materia ancor ‘presente e viva’, sebbene inesorabilmente in archivio, passata in giudicato. Continua a leggere

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La mamma di San Pietro: leggende, detti e proverbi

finamoredi Amelio Pezzetta 

Introduzione 

In Italia esiste un vero e proprio campionario di leggende riguardanti la figura di San Pietro Apostolo che spesso in compagnia di Gesù va in giro per il mondo a diffondere la buona novella e principi di saggezza popolare destinati ad acquisire un’origine divina e sacra. A questa categoria appartiene una di esse riguardante la mamma di San Pietro che con diverse varianti e similitudini, ad avviso di Sanfilippo si narra nei seguenti Stati: Bielorussia, Bulgaria, Brasile Canada, Cile, Cina, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Russia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ucraina [1].  Thompson (2004), a sua volta, ha scritto che la leggenda in esame è diffusa con diverse varianti in quasi tutta l’Europa e persino tra i Mongoli della Siberia. Continua a leggere

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Goethe: la vita, le opere, la concezione dell’amore

Goethe

Goethe

di Franco Pittau, Juergen Schleider 

Introduzione 

Johan Wolfgang von Goethe fu una figura molto complessa e influente nel XIX secolo. Le motivazioni che ci hanno spinto a studiarlo e a scrivere di lui e l’approccio seguito speriamo che suscitino interesse anche nei lettori.

Goethe fu grande non solo come poeta e drammaturgo ma anche come scienziato in vari ambiti: scienze naturali, mineralogia, ottica. Fu anche un anticipatore della teoria evolutiva e di quella linguistica. Continua a leggere

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“A cù afferra un turco è sò”. Pirati antichi e moderni nel mare trapanese

Tempesta a mare a San Vito lo Capo (ph. Ninni Ravazza)

Tempesta a mare a San Vito lo Capo (ph. Ninni Ravazza)

di Ninni Ravazza 

La tempesta da greco e tramontana si scatenò con tutte le sue forze quella lontana mattina d’inverno nell’anno 1526. Era febbraio e faceva freddo. Le quindici galeotte saracene alla fonda davanti alla spiaggia dorata di Santo Vito la Punta alzavano la prua davanti a quelle onde enormi che frangevano a bordo col rumore di una cascata. Capitani e schiavi cristiani alla catena erano pronti a salpare le ancore per fuggire ma dovevano aspettare i compagni che in quel mentre stavano saccheggiando la chiesa dedicata al santo giovinetto fuggito da Mazara del Vallo milletrecento anni prima per avere difeso la nascente fede cristiana e approdato qui sul Capo che allora si chiamava Egitarso e ora prende il suo nome [1]. Continua a leggere

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Il Manifesto di Ventotene: uno specchietto per le allodole?

ristampamanifesto800445di Elio Rindone 

Una piazza per l’Europa, la manifestazione del 15 marzo 2025 lanciata da Michele Serra, è stata un successo, e da allora sembra che sia nato, o si sia rinnovato per qualche mese, un grande interesse per l’Unione Europea e per il Manifesto di Ventotene che l’ha ispirata, anche se è lecito nutrire qualche dubbio sulla percentuale di entusiasti che quel testo l’hanno letto davvero. Continua a leggere

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Bonhoeffer in America

Bonehfeur tra i pastori protsetanti

Bonhoeffer con giovani pastori protestanti

di Andrea Russo 

Mentre si celebra l’ottantesimo anniversario dell’assassinio del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer (9 aprile 1945 – campo di concentramento di Flossenbürg), la sua opera continua ad essere distorta per fini ideologici. Dal dopoguerra ad oggi non è la prima volta che ciò accade. Molteplici sono stati i tentativi di appropriazione della sua figura e della sua eredità. L’uso che infatti è stato fatto della sua opera è quello di un archivio da cui estrarre citazioni e concetti da esibire a conferma delle proprie teorie. Continua a leggere

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Cronistoria di un rito urbano: il Festino della Santuzza

Palermo: il Festino della Santuzza

Palermo: il Festino della Santuzza

di Valeria Salanitro 

Anche quest’anno la città di Palermo si è adornata per celebrare il rituale urbano dedito alla Santa Patro­na Rosalia. La 401° edizione dei festeggiamenti si è inserita in una macrocornice antropologica densa di concreta e simbolismi di ogni sorta: prodotti culturali, macchine sceniche, figuranti, colori, musiche e rappresenta­zioni di icone ed elementi votivi, emblemi e luminarie rievocanti lo spirito baroccheggiante del ‘600. Continua a leggere

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Giovani come Export & Import made in Sud: scenari e prospettive attuali

Palermo (ph. Rossana Salerno)

Palermo (ph. Rossana Salerno)

di Rossana Salerno 

«… Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…». Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta 

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Guerra, pace, e Severino

dianichdi Mario Sarica 

Dismisura, eccesso, tracotanza, dominio sui propri simili, ed altre attitudini inconfessabili, sono caratteri distintivi antropologici costitutivi del genere homo sapiens, imprinting di natura, dunque ontologici. I Greci, fra i primi ad avere piena consapevolezza di queste attitudini umane pericolose, dagli effetti nefasti per la comunità di appartenenza e di quelle che ne subivano le azioni violente, le hanno racchiuse nell’etimo hybris. Continua a leggere

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La “libertà restituita”: qualche notazione e qualche proposta

quaderni-satyagraha-43-e1702373576561-765x1024di Caterina Scaccianoce 

Nella Prefazione al volume a più mani Processo al carcere, a cura di A. Donadio (Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2023)  Mauro Palma ci invita a una riflessione sulla pena detentiva che investa sia la dimensione interna della penalità, guardando al bisogno di prevedere progetti proiettati al domani, e al fuori, sia la dimensione esterna, che chiama in causa aspetti diversi, come il linguaggio utilizzato dai media e l’attenzione sociale verso temi di marginalità, di assenza di istruzione, di microillegalità che espongono al rischio di commettere reati. In sostanza l’approccio suggerito da Mauro Palma obbliga a chiederci come riannodare i fili recisi dalla commissione del reato e ricostruire quel tessuto relazionale che è alla base della convivenza sociale. Questa domanda, secondo Palma, apre lo spazio per una sanzione penale che si risolve in un “contesto progettuale” in cui sia garantita la piena dignità della persona, in cui la privazione della libertà conservi una funzione residuale, e, soprattutto, in cui la titolarità di diritti della persona non sia messa in discussione. Continua a leggere

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“La poesia regola aurea della comunità che cambia”. Intervista a Giuseppina Biondo, poeta

743a58f3-86ed-428e-993a-6719904426a1di Fabio Sebastiani 

Leggendo le poesie di Giuseppina Biondo, soprattutto quelle della raccolta Lingua di mezzo, si ha sempre netta la sensazione di una eterna “tela di Penelope”. Già di per sé la tela della regina di Itaca, sappiamo, era in un qualche modo eterna. E tuttavia lei sapeva benissimo che l’inganno era del tutto contingente, legato alla pazienza dei Proci e al possibile ritorno di Ulisse. Ecco perché abbiamo voluto aggiungere a una immagine già carica di significati, una qualificazione di infinità per dare una declinazione il più possibile veritiera del “versificare” di questa giovane docente che sta cercando di rendere la sua poesia sempre meno una occupazione dell’autore/intellettuale e sempre più un patrimonio della comunità parlante. Continua a leggere

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Ischia: dalle attività agricole e marinare al loisir

Ischia, veduta con pescatori nel lago , Hacker, 1792, Caserta Reggia

Ischia, veduta con pescatori nel lago, Hacker, 1792, Caserta Reggia

di Maria Sirago

La feudalità di Ischia (dal Cinquecento al Settecento)

Costanza d’Avalos, nipote del Gran Camerlengo Iňico, nel 1503 aveva ottenuto da re Ferdinando il Cattolico la conferma del possesso di Ischia “in castellania” concesso al fratello Iňico e il feudo di Francavilla in Abruzzo con titolo ducale (poi trasformato in principesco da Carlo V, Mutini, 1964). I beni erano stati concessi a Costanza d’Avalos per il suo eroico comportamento nella strenua difesa dell’isola dopo la morte del fratello (1503) durante la guerra tra francesi e spagnoli.   Continua a leggere

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Quando in Sicilia arrivarono gli Arabi

Architettura arabo normanna, stampa

Architettura arabo normanna, incisione

di Ahmed Somai 

Eufemio vs Assad ibn al-Furât

Sicilia. Per gli arabi è Siqillìa o Sisilia.  Terra di prede e di bottino. Dall’avvento del califfo Mu’awia che spostò la sede del califfato da Medina a Damasco, e dopo la conquista dell’Ifriqia, del Marocco e della Spagna numerose furono le incursioni degli Arabi, dei Berberi e degli Andalusi di Spagna in Sicilia e nei territori italiani che si affacciano sul mare. Erano per lo più scorrerie a scopo di prede e di bottino che talvolta si inoltravano nel retroterra inseguendo i fuggiaschi o attaccando i borghi non troppo lontani dalla costa dove avevano lasciato le loro imbarcazioni. Continua a leggere

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“Boujloud” e lontani cugini: maschere mediterranee tra rito, mito e spettacolo contemporaneo

Boujloud interpretati da ragazze (FemBoujloud) durante il Carnevale di Agadir tra il 2023 e il 2024 (ph. hananetastphotography)

Boujloud interpretati da ragazze (FemBoujloud) durante il Carnevale di Agadir tra il 2023 e il 2024 (ph. hananetastphotography)

di Latifa Talbi

Introduzione

Subito dopo le celebrazioni dell’Eid al-Adha [1], in alcune regioni del Marocco le strade si riempiono di suoni, grida e di un’energia che profuma di arcaico. Tra la folla compare una figura avvolta in pelli di capra o di montone, il volto nascosto da maschere improvvisate, campanacci al collo e bastone in mano: è il Boujloud — o Bilmawne, o Herma — letteralmente “padre delle pellicce”. La sua missione è chiara e implacabile: inseguire uomini, donne e bambini, frustandoli simbolicamente per trasmettere forza, fertilità e fortuna.

A un osservatore esterno, questa scena potrebbe sembrare un frammento di caos festivo; in realtà è il residuo vivo di un sistema simbolico antichissimo, dove il confine tra uomo e animale si fa poroso e la maschera diventa strumento di passaggio e rinnovamento. Continua a leggere

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Caro Nenè. Lettera d’auguri ad Andrea Camilleri per il suo compleanno

 Nuccio Zicari e Andrea Camilleri, Osteria Al Timone da Enzo Sacco, Porto Empedocle. 10 Giugno 2015


Nuccio Zicari e Andrea Camilleri, Osteria Al Timone da Enzo Sacco, Porto Empedocle. 10 Giugno 2015

di Nuccio Zicari [*]

Caro Nené, 

come stai, che si dice?

Io benone, solo un po’ stanco.

Per me come per te, e molti siciliani della nostra specie, ferragosto è come capodanno, finisce l’estate e inizia l’anno nuovo. Sai, è stato un anno impegnativo per andar dietro alle presentazioni del mio nuovo libro e a tutte le mille cose che faccio, che non bastano ventiquattro ore al giorno; figurati che Giovanna l’altra sera, non riuscendo più a starmi dietro dopo un mese senza mai mangiare a casa, mi ha lanciato un ultimatum e mi disse – O stasera restiamo a casa o se no domani ti lascio – … u sa comu su i fimmini. Continua a leggere

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L’Arcano senza nome: “Morire a Palermo”, di Caterina Pasqualino

Da "Morire a Palermo" di Caterina Pasqualino

Da “Morire a Palermo” di Caterina Pasqualino

di Flavia Schiavo 

Un’iniziale sequenza, che riprende dall’alto una porzione urbana, offre un’immediata lettura simbolica, una metafora dell’intera città (vd. Sorgi) che mette in relazione due aspetti, l’autenticità e l’impenetrabilità: la trasparenza dell’acqua tersa e azzurra e la dura densità di una terra opaca, brulla e inespugnabile. Continua a leggere

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La fine del mondo. “Morire a Palermo”, di Caterina Pasqualino

da "Morire a Palermo" di Caterina Pasqualino

da “Morire a Palermo” di Caterina Pasqualino

di Pietro Clemente 

Mi mancano le competenze tecniche per parlare adeguatamente di un film “etnografico”, soprattutto per quel che riguarda il lessico dei “piani”, del montaggio, del suono. Se si fosse trattato di un libro redatto da un giornalista o da un sociologo, avrei detto che si era di fronte ad un lavoro di denuncia sociale e civile oltre che politica ma la visione antropologica che lo guida mette in campo molti variegati elementi, elementi che non vengono spiegati o interpretati, ma raccontati da persone e personaggi che producono emozioni e creano climi “estetici”. Continua a leggere

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Le bare senza sepoltura e il culto dei morti a Palermo

Cimitero dei Rotoli a Palermo, emergenza sepoltura

Cimitero dei Rotoli a Palermo, emergenza sepoltura

di Giulia Panfili 

«La morte è come l’amore, ne riusciamo a parlare solo se ne siamo avvolti». Con queste parole Caterina Pasqualino, antropologa e regista, ci introduce al suo ultimo documentario Morire a Palermo (2024), prodotto da Bibi Films e il Museo Internazionale delle Marionette, con la fotografia di Danny Biancardi e Alessandro Drudi, il montaggio di Silvia Miola e Massimiliano Lanza. Continua a leggere

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Biopolitica dei corpi e sepolture mancate

Da "Morire a Palermo" di Caterina Pasqualino

Da “Morire a Palermo” di Caterina Pasqualino

di Valeria Salanitro 

Investigare la dimensione della morte in Sicilia e, soprattutto a Palermo, non è semplice. I tessuti narrativi che costellano il viaggio patemico narrato nel racconto etnografico “Morire a Palermo” di Caterina Pasqualino, che va dalla percezione della morte per i parenti del defunto sino al rito funebre in tutte le sue declinazioni, rimandano ad uno scenario complesso e stratificato in cui immergersi per cogliere gli aspetti reconditi e, al contempo, manifesti, relativi alla messa in scena del culto dei morti. Continua a leggere

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Palermo e l’attesa di sé. “Morire a Palermo” e l’immaginario popolare

Palermo, Fontana Pretoria

Palermo, Fontana Pretoria, part.

di Giuseppe Sorce 

C’è chi dice che saper attendere è un’arte. Quella dimensione temporale, che è quindi anche spaziale, di sospensione in cui, per qualche ragione, ciò che deve o potrebbe accadere non succederà per una qualche misura. Spesso l’attesa è qualcosa che ci viene imposto da qualcun altro, dalla contingenza delle cose, dal caso, dalla vita che semplicemente accade e non dipende da noi. Alle volte, per esempio si aspetta una persona e sembra che la si aspetti da sempre. Alle volte si aspetta un esame, oppure una partenza, l’arrivo, un grande evento, o semplicemente si aspetta che il tempo scorra nel modo meno dannoso possibile e che quel giorno, quel mese, quell’anno, quel momento finisca il più presto possibile. Alle volte si aspetta qualcuno che sappiamo mai verrà. Continua a leggere

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Cimiteri, memoria e disuguaglianze sociali

481822494_665922826091971_7750408701191084722_ndi Rossana Salerno 

Introduzione 

La morte ha sempre rappresentato un momento di passaggio cruciale, non solo nella vita individuale, ma anche in quella collettiva. Al di là del dolore personale, essa attiva processi condivisi di elaborazione del lutto, memoria e simbolizzazione. Come osservava Émile Durkheim, «la società non può tollerare che un suo membro sparisca senza che venga organizzata una cerimonia». In questo senso, i riti funebri e i luoghi di sepoltura assumono un ruolo essenziale per la coesione sociale e la continuità simbolica. Continua a leggere

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A Palermo i morti non muoiono, restano ancora fra i vivi

Pupi di zucchero per la festa dei morti

Pupi di zucchero per la festa dei morti

di Orietta Sorgi 

La morte, in qualunque modo avvenga, resterà sempre un mistero ineluttabile al quale nessun uomo può dare una risposta sul piano razionale, se non, al contrario, mettendo in atto una serie di miti e credenze la cui efficacia simbolica serve a garantire la continuità della vita in una dimensione ultraterrena.

Ernesto de Martino ha studiato a lungo nel Meridione d’Italia queste tecniche culturali del lutto e del cordoglio che considerava, in ultima analisi, forme di “destorificazione del negativo”, dimostrando come i riti funebri abbiano avuto una funzione protettiva e compensativa di fronte al vuoto e allo smarrimento che la perdita di un familiare comporta. Continua a leggere

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“Morire a Palermo”. Note e ringraziamenti

da "Morire a Palermo" di Caterina Pasqualino

da “Morire a Palermo” di Caterina Pasqualino

di Caterina Pasqualino

Vorrei esprimere la mia sincera gratitudine agli studiosi e agli amici cari che hanno condiviso riflessioni e contributi sul mio documentario. Tra loro, ringrazio in particolare Pietro Clemente, a cui sono molto legata: è stato un grande stimolo e un motore fondamentale nei miei primi passi alla ricerca. Ringrazio anche Flavia Schiavo, con cui ho un’amicizia e una stima di lunga data, e la cara collega Orietta Sorgi. I loro commenti e quelli dei colleghi Giulia Panfili, Valeria Salanitro, Rossana Salerno, Giuseppe Sorce sono per me preziosi, per questo progetto che sto sviluppando anche nella forma di un libro. Il loro interesse è per me una importante attestazione del valore e dell’urgenza di questa ricerca.  Continua a leggere

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Fotografare non è forse raccontare?

Fotografare non è forse raccontare (ph. Giuseppe Cacocciula)

Fotografare non è forse raccontare? (ph. Giuseppe Cacocciola)

di Giuseppe Cacocciola

Raccontare è forma della comunicazione umana primaria e naturale. Anche fotografare è tecnica del raccontare, nel momento stesso del testimoniare e del documentare.

La strada a cui guardo con affetto e con partecipazione è quotidiano teatro di storie di vita, racconti, eventi. Continua a leggere

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I portatori dei fercoli: devozione e passione

Aidone, La processione per San Filippo (ph. Andrea Lattuca)

Aidone, San Filippo (ph. Andrea Lattuca)

di Andrea Lattuca

In Sicilia non c’è borgo, cittadina, grande o piccola che sia, che nn abbia una sua personale rappresentazione sacra, da quelle più celebri, come i Misteri di Trapani, il venerdì Santo di Enna, la festa di San Paolo a Palazzolo Acreide, S. Agata a Catania, a quelli più sensazionali, come il “ballo dei diavoli” a Prizzi, fino ai rituali a metà tra sacro e pagano, come la “festa di li schitti” a Terrasini o i “Diavulazzi” di San Fratello. Continua a leggere

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Giocare con lo sguardo

Giocare con lo sguardo (ph. Valeria Laudani)

Giocare con lo sguardo (ph. Valeria Laudani)

di Valeria Laudani

Ci sono mattine, durante certe colazioni, in cui i pensieri iniziano a viaggiare e in quei momenti la mente sembra svuotarsi per poi riempirsi di domande. Così affiora un’idea. Cosa succede se osservo le mie fotografie da un altro punto di vista? Non si tratta solo di ruotare fisicamente un’immagine, ma di assumere una nuova postura mentale.

È una curiosità che nasce piano, senza forzature, ma che si trasforma in un’esigenza creativa. Riapro così il mio archivio fotografico, un luogo abituale e familiare, ma che cerco sempre di attraversare con occhi nuovi. Quelle immagini che conosco bene, le ho scattate e rivisitate tante volte. Continua a leggere

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Attraverso gli occhi

Augusta (ph. Maddaleni)

Augusta (ph. Romolo Maddaleni)

di Romolo Maddaleni 

In un angolo di Sicilia sospeso tra il sale del mare e il cemento del porto, questi scatti accolgono i volti e le storie di uomini, donne e bambini, ritratti nell’istante fragile e potente dello sbarco ad Augusta.

Dopo giorni di viaggio, segnati da paura, fame e silenzio, i migranti appaiono avvolti in tessuti dai colori vividi: rossi intensi, blu profondi, verdi brillanti, gialli caldi. Continua a leggere

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Tutti diversi, tutti uguali

Tutti diversi, tutti uguali (ph. Massimo Minglino)

Tutti diversi, tutti uguali (ph. Massimo Minglino)

di Massimo Minglino 

“All different – All equal” era il titolo di una campagna indetta dal Consiglio d’Europa nel 1995 per combattere il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo e l’intolleranza.

La regione dei Balcani presenta, nelle popolazioni che la abitano, profonde differenze e frammentazioni per storia, nazionalità, lingua, cultura, religione e i concetti di convivenza, tolleranza, scambio di culture, sono molto radicati e storicamente consolidati. Continua a leggere

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I Carbonai di Serra San Bruno e la Restanza

I carbonai di Serre (ph. Ljdia Musso)

I carbonai di Serra San Bruno (ph. Ljdia Musso)

di Ljdia Musso 

Il carbone vegetale, nero e leggero, è un materiale che racconta una storia millenaria. 

Cuore energetico delle economie pre-industriali, dalla cucina alla metallurgia, nelle Serre Calabresi, il carbone di leccio è ancora prodotto con tecniche fenicie, un processo che richiede venti giorni di lavoro paziente. Continua a leggere

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I Greci non conoscevano il blu

Mare Ionio (ph. Valeria Pierini)

Mare Ionio (ph. Valeria Pierini)

di Valeria Pierini 

Sto realizzando un progetto sul Mediterraneo utilizzando la manipolazione della fotografia attraverso l’uso degli acquerelli. Lo scopo è portare le immagini nell’immaginario. Parto sempre da un dato reale ma l’intenzione è varcare la soglia di una geografia immaginale, quindi sempre inedita, a ogni sguardo, di ognuno. Continua a leggere

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