SOMMARIO N. 76

Berlino, Song Center (ph. Bruno Madeddu)

Berlino, Sony Center (ph. Bruno Madeddu)

PRIMO PIANO

EDITORIALELinda Armano, Metaphors in narratives on the ethical certification of diamonds and gold: Anthropological perspectives on effects on consumption; Francesco Azzarello, Sul sistema valoriale del nostro tempo, da un’esortazione di Massimo Cacciari e su alcune opere di Piero della Francesca; Alberto Giovanni Biuso, Londra al termine della notte; Massimo Canevacci, Spilli indisciplinati. Per un’antropologia critica della divisione del lavoro; Leo Di Simone, Le aporie della pace. I fondamentalismi e la cultura di guerra; Stefania Donno, Semiotica dei meme e iconografia del dissenso nell’era digitale. Il caso Luigi Mangione;  Continua a leggere

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EDITORIALE

Palermo (ph. Anna consilia Alemanno)

Palermo (ph. Anna Consilia Alemanno)

Gaza al centro delle cronache del nostro incerto presente rimane anche in questo numero nodo complesso e doloroso di ragionamenti, di testimonianze e di dibattiti. Gaza martoriata e distrutta, braccata e spolpata come un osso, sequestrata e colonizzata, consegnata al destino di una tregua infida e precaria. Gaza lungamente ostaggio di una guerra fratricida tra gente di origine semita, vittima, al cospetto del mondo e della Storia, dello scandalo più sconcertante e paradossale, che ha trasformato il più perseguitato dei popoli nel persecutore più feroce. Continua a leggere

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Metaphors in narratives on the ethical certification of diamonds and gold: Anthropological perspectives on effects on consumption

1-daniel-miller-material-culture-and-mass-consumption-1987di Linda Armano [*] 

Introduction 

From the mid-1980s to the early 1990s, anthropology became increasingly interested in the study of consumption, and a growing number of scholars analysed its cultural dimensions. Goods and services were no longer understood solely in material or economic terms, but also as carriers of symbolic meanings and expressions of identity. Scholars such as Arjun Appadurai (1986) in The Social Life of Things, Jonathan Friedman (1994) in Consumption and Identity, and especially Daniel Miller have theorised extensively about the meaning of consumption in a series of books beginning with Material Culture and Mass Consumption (1987). Miller in particular has laid the foundation for an anthropological interpretation of consumption that goes beyond viewing the consumer as a rational subject, instead emphasising the moral, affective, and relational systems that shape consumption habits and decisions (Moraes et al. 2017). However, David Graeber (2011) has highlighted that although each of these authors has developed their own theoretical framework on consumption habits, the more important problem is that they have helped to produce a standard narrative that has begun to shape classes, seminars and informal conversations between professors and students. Continua a leggere

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Sul sistema valoriale del nostro tempo, da un’esortazione di Massimo Cacciari e su alcune opere di Piero della Francesca

978880624085higdi Francesco Azzarello 

[] les capacités propres à nostre espèce et les richesses qu’elle a pu déployer depuis ses origines, le développement de la conscience dans toute sa potentialité, c’est-à-dire la connaissance précise de la distance qui sépare sa propre existence de tout ce qui l’entoure.

(Marcel Otte, L’âge d’or de l’Europe, Paris 2024, a proposito di un pensiero di A. Damasio) 

Premessa contestuale (prendendola alla lontana ma non troppo) 

Il filosofo Massimo Cacciari, da una decina d’anni almeno, si è fatto promotore, insieme ad altri validi studiosi, di un rilancio dell’Umanesimo italiano [1]. Continua a leggere

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Londra al termine della notte

celinedi Alberto Giovanni Biuso 

Come Marcel Proust desiderava che accadesse al lettore della sua Recherche, anche a Louis-Ferdinand Céline possiamo dire: ‘Sì, la vita è veramente così. Le cose accadono come tu le descrivi’. Il viaggio al termine della notte non è soltanto il titolo del primo romanzo di Céline (1932) ma è una formula che descrive l’intero suo itinerario. Un percorso che negli ultimi anni si è arricchito della pubblicazione dei manoscritti trafugati nel 1944 dall’abitazione dello scrittore e avventurosamente ritrovati: Guerre, Londres, La Volonté du Roi Krogold suivi de La Légende du Roi René.  Continua a leggere

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Spilli indisciplinati. Per un’antropologia critica della divisione del lavoro

cover cover1di Massimo Canevacci [*]

«La causa del progresso nelle capacità produttive del lavoro, nonché della maggior parte dell’arte, destrezza e intelligenza con cui il lavoro viene svolto e diretto, sembra sia stata la Divisione del Lavoro» (Smith, 1975: 66) Continua a leggere

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Le aporie della pace. I fondamentalismi e la cultura di guerra

ciclo-lezioni-2025-ok_pages-to-jpg-0001-e1736357517368di Leo Di Simone 

Noi c’eravamo illusi che la lezione dell’inutile strage delle due guerre mondiali, dell’orrore inumano della Shoah, dell’ecatombe epocale di Hiroshima e Nagasaki avesse ricondotto a più miti consigli non solo l’Occidente, titolare, causa e poi vittima per nemesi di quei crimini, ma il mondo intero, entrato nominalmente, dopo quella conflagrazione d’odio dissennato, in quell’era di “civilizzazione” che avrebbe dovuto garantire una nuova stagione di pace. E invece non è stato così. Innumerevoli guerre fredde e calde si sono impunemente succedute fino al presente con una crescita esponenziale favorita dalla tecnologia, con il presentarsi sempre uguale dell’aporia, della strada mancante, sabotata, divelta, senza uscita che ha reso impossibile il percorso verso quella “pace perpetua” di kantiana memoria, per il trionfo della ragione sull’istinto animale, del diritto sull’arbitrio del sopruso, della vita sulla morte, della speranza sulla disperazione. Continua a leggere

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Semiotica dei meme e iconografia del dissenso nell’era digitale. Il caso Luigi Mangione

coverdi Stefania Donno

Introduzione 

Nel mattino del 4 dicembre 2024, un uomo incappucciato uccide a sangue freddo Brian Thompson, il CEO dell’azienda assicurativa sanitaria United Healthcare, davanti a un hotel di Manhattan. Il colpo viene sparato con un’arma realizzata, in parte, con una stampante 3D [1]. L’assassino viene identificato dalla polizia newyorkese qualche giorno dopo: si tratta del giovane ventiseienne italo-americano Luigi Mangione. Su di lui si sa pochissimo: nato nel Maryland, a Towson, da una famiglia benestante di lontane origini siciliane, Mangione non ha precedenti penali e i suoi post sui social media lo indicano come un uomo apparentemente tranquillo, anche se disilluso e critico nei confronti delle disuguaglianze sociali. Continua a leggere

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Antropologia culturale ed etologia. Affinità e convergenze

. I primatologi giapponesi Kinji Imanishi (al centro) e Jun'ichiro Itani (a sinistra) alla ricerca di gorilla selvatici in Uganda, 6 marzo 1968. Fonte: Archivi di Itani Jun'ichiro, Primate Research Institute, Kyoto University.

I primatologi giapponesi Kinji Imanishi (al centro) e Jun’ichiro Itani (a sinistra) alla ricerca di gorilla selvatici in Uganda, 6 marzo 1968. Fonte: Archivi di Itani Jun’ichiro, Primate Research Institute, Kyoto University

di Annalisa D’Orsi 

«I have always found small mammals enough like ourselves to feel that I could understand what their lives would be like, and yet different enough to make it a sort of adventure and exploration to see what they were doing» (D. Griffin, 1959, Echoes of Bats and Men: 2).

«[…] la popolarità dei libri e dei programmi televisivi sugli animali nei loro habitat naturali attesta un appetito insaziabile per panoramiche zoologiche più ampie. Questa curiosità forma tutt’uno col desiderio di capire popoli di culture diverse, la cui vita differisce dalla nostra. In entrambi i casi si tratta di un impulso fondamentale, e secondo me significativo, a cercare di mettersi nei loro panni, o nella loro pelle» (D. Griffin, 1986, Cosa pensano gli animali: 24-25, ed. or. 1984).  Continua a leggere

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Dal Mare Nostrum a Te Moana-nui-a-Kiwa: viaggi sacri e fondazioni a confronto

– Nave romana nella Villa Romana del Casale Mosaico pavimentale della Villa Romana del Casale (Piazza Armerina, Sicilia), parte del ciclo della “Caccia grossa”. Raffigura una nave romana a vele e remi.

Nave romana nella Villa Romana del Casale
Mosaico pavimentale, Piazza Armerina

di Selene Feltrin

Il mare increspato è il primo orizzonte dell’uomo, confine fluido in perpetuo movimento e promessa di un altrove. Due viaggi lontani nel tempo e nello spazio – quello di Enea che, lasciata Ilio in fiamme, con i sopravvissuti veleggia per il Mediterraneo, e quello dei navigatori polinesiani che, in fuga da guerre di carestia, secondo alcune narrazioni Maori, solcano Te Moana-nui-a-Kiwa, il grande oceano [1] – raccontano la stessa urgenza: salvare la memoria e rifondare il loro mondo. Continua a leggere

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Zone umide, zone critiche. Etnografia di un convegno: dal rituale alla riparazione a Castel Volturno

01_locandina_soglitelle_2024di Giovanni Gugg 

Antefatto

Un convegno può essere molte cose insieme. Nell’ottobre del 2024, quando con Vanessa Manceron abbiamo convocato due giornate di studi alla Scuola Forestale dei Carabinieri di Castel Volturno (Caserta) sulle zone umide del litorale domizio, l’intento dichiarato era quello di aprire uno spazio di confronto scientifico e pubblico sul ripristino ambientale, in linea con il nuovo quadro europeo delineato dal Regolamento (UE) 2024/1991 sul ripristino della natura. Continua a leggere

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Piovono lupi. Una prospettiva antropologica sulla teoria della reintroduzione del lupo

good-luck-lupo-appenninicodi Nicola Martellozzo 

Introduzione 

In Italia e in Europa, lupi e orsi sono al centro di un duro dibattito sociale sempre più polarizzato dalla politica e dai media su due posizioni contrapposte: da una parte le “comunità locali”, rappresentate (e auto-rappresentate) come gruppi uniformi e solidali, legati ai valori della tradizione, dell’autonomia e della ruralità, spesso identificate tout court con allevatori, pastori e cacciatori; dall’altra gli “animalisti”, etichetta genericamente attribuita tanto ad associazioni ambientaliste (inter-)nazionali, quanto a movimenti anti-specisti e intersezionali locali. Per quanto caricaturale, è così che la società italiana viene sbrigativamente spacchettata quando si parla di convivenza con i grandi carnivori. Continua a leggere

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“Refugee Rentierism”: l’esternalizzazione delle frontiere come nuova economia politica dell’asilo

1_introduzionedi Antonio Ricci 

Introduzione

Il sistema internazionale di protezione dei rifugiati nasce dalle macerie della Seconda guerra mondiale e trova il suo pilastro nella Convenzione di Ginevra del 1951. Alla base vi era un principio inequivocabile: garantire il diritto universale di asilo a chiunque fuggisse da persecuzioni, guerre e violenze. L’idea di fondo era che la protezione non dovesse essere oggetto di negoziazione politica, ma un obbligo giuridico e morale della comunità internazionale. Continua a leggere

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Per un modesto contributo alla teoria del giudizio politico nel tempo dei genocidi e delle guerre

Luca Signorelli, Giudizo universale, part.,1500 ca, Duomo di Orvieto

Luca Signorelli, Giudizo universale, part.,1500 ca, Duomo di Orvieto

di Roberto Settembre 

La constatazione della nostra mortalità è così ovvia da sembrare banale, ma l’ovvietà non è sinonimo di banalità, tanto quanto la notte che segue il giorno non è equiparabile alla putrefazione che segue la morte: tanto quanto la prima è pacifica e scontata, tanto la seconda è sgradevole e avvilente. Così la consapevolezza della nostra morte futura non è equiparabile alla percezione della nostra morte in fieri. Continua a leggere

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Una voce libera contro lo schiavismo nell’Agro Pontino

9791259792228_0_0_0_0_0di Lauso Zagato 

È uscito alla fine dello scorso anno il volume dal titolo Il mio nome è Balbir scritto a quattro mani – nel senso che poi si approfondirà – dal sociologo Marco Omizzolo e dall’operaio agricolo ed ex-schiavo sikh Balbir Singh (edizioni People, 2024). Il libro è stato ampiamente commentato e discusso, ed i resoconti di tali dibattiti, come anche recensioni ad opera di riviste o siti on-line, sono facilmente consultabili in rete. Di recente (settembre 2025), il volume ha anche ottenuto un significativo riconoscimento con il conferimento del premio Di Vittorio [1]. Rimandando al seguito alcune osservazioni critiche sui limiti di tali commenti, credo vada preso atto del fatto che nessuno ha messo in dubbio la realtà di quanto denunciato, senza bisogno di attendere gli esiti del processo svoltosi a Latina. Ciò è senz’altro dovuto alla giusta fama di rigore scientifico che avvolge la figura di Omizzolo, ma nel contempo ci dice molto sul tempo e sulla realtà in cui ci stiamo vieppiù addentrando, come sulla celata consapevolezza che ne trapela, e si cerca di nascondere. Continua a leggere

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Evidenze sul campo e nel tempo. L’Archeologia in Palestina in un libro di Nadia Abu El-Haj di oltre venti anni fa

9780226001951di Fulvio Cozza

Una premessa

In una lunga e dettagliata intervista al magazine indipendente +972, realizzata da Dikla Taylor-Sheinma (2025)[1], l’archeologo Raphael Greenberg [2] ha dichiarato che: «La maggior parte delle antichità che puoi vedere in Israele non sono ebraiche. Se si passeggia per la campagna e si vedono i resti di un edificio in rovina o di un castello è molto probabile che questo sia islamico, cristiano o di altro tipo» [3].

Più avanti Greenberg aggiunge che: 

«Se si prende un qualsiasi frammento della storia di Israele-Palestina, in qualsiasi momento, non si troverà una cultura univoca e omogenea in tutto il territorio. In questo paese non c’è mai stata un’epoca in cui tutti fossero ebrei, musulmani, cristiani o altro. L’archeologia essenzialmente non fornisce questo tipo di certezza e purezza che i ministri etnocratici di destra vorrebbero. Quindi devono inventarsela. E poi [si inventano] che i palestinesi stanno danneggiando quel [patrimonio esclusivamente ebraico] e poi useranno questa motivazione per impadronirsi di altra terra».  Continua a leggere
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Gaza: i giornalisti, difensori indifesi dell’informazione

Persone in lutto e colleghi con cartelli “press” circondano il corpo del giornalista di Al Jazeera Arabic Ismail al-Ghoul, ucciso insieme al suo cameraman Rami al-Refee in un attacco israeliano durante la loro copertura del campo profughi di Al-Shati, a Gaza, il 31 luglio 2024. Omar Al-Qattaa – AFP / Getty Images.

Persone in lutto e colleghi con cartelli “press” circondano il corpo del giornalista di Al Jazeera Arabic Ismail al-Ghoul, ucciso insieme al suo cameraman Rami al-Refee in un attacco israeliano durante la loro copertura del campo profughi di Al-Shati, a Gaza, il 31 luglio 2024. Omar Al-Qattaa – AFP / Getty Images.

di Masoud Hooshmandrazavi 

Introduzione

Nel corso della storia – e in particolare negli ultimi decenni turbolenti – i giornalisti e gli operatori dell’informazione hanno sempre svolto un ruolo vitale in prima linea nei fronti di guerra e nelle situazioni di crisi, contribuendo in modo essenziale all’acquisizione della verità e alla rappresentazione della sofferenza umana. In tale impegno molti giornalisti hanno lasciato tracce tangibili del proprio sacrificio, affrontando la violenza, la censura e il rischio costante della propria vita. Continua a leggere

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Gaza e noi. Il post-conflitto in Palestina tra retoriche belliche e costruzioni identitarie

Gaza (ph. Mustafa Hassona, Anadolu/Getty Images)

Gaza (ph. Mustafa Hassona, Anadolu/Getty Images)

di Dario Inglese

Se non fosse irrispettoso per le decine di migliaia di vittime e persone mutilate, per i morti di inedia e per l’indicibile devastazione ambientale, architettonica, sociale, culturale, economica cui il mondo ha assistito impotente (o quasi) negli ultimi due anni, quanto perpetrato a Gaza ad opera del governo israeliano potrebbe essere definito, senza andare troppo lontano dal vero, come una vera e propria “guerra per le parole”. Uno scontro senza quartiere per il controllo del linguaggio, propedeutico a quella che il sociologo William Thomas ha chiamato «definizione della situazione»: una battaglia che, mentre il territorio della Striscia grondava sangue e macerie, a seguito di bombardamenti incessanti e di un embargo a tenuta stagna, ha inteso in primis dettare la forma in cui si poteva dire quanto stava avvenendo, dunque costruire la realtà dei fatti. Continua a leggere

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Lettera di un popolo condannato a morte

Rua, un giorno di ordinaria occupazione militare, una madre in attesa del ritorno del figlio a Nablus, luglio 2025

Un giorno di ordinaria occupazione militare, una madre in attesa del ritorno del figlio a Nablus, luglio 2025

di Muin Masri 

Da piccolo, la mamma ogni tanto mi diceva: “Quando pensi a me, a noi, sorridi sempre, così mi ricordi sempre giovane!”. Da grande, al momento dell’addio, dissi a mia madre: “Non aspettarmi più come quando ero bambino, non tornerò, a Nablus non c’è niente, è una prigione a cielo aperto”.

Ogni tanto, quando piango, quando sorrido, penso a mia madre e mi sembra di vederla giovane, in attesa che la prigione apra le sue porte. Non potendo scrivere a mia madre, a mio padre, ai miei fratelli né agli amici d’infanzia, di gioco e di studi, visto che tutti stiamo marciando e in ordine sparso verso il patibolo, non mi rimane che scrivere a chi mi ha sorriso, abbracciato, aiutato e incoraggiato in questa mia lotta di liberazione. Continua a leggere

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“Bayt/Bayit”, una Casa da condividere tra Palestinesi e Israeliani. Con un’intervista a Nabil Bey Salameh

bayitbdi Francesco Medici, Alessandro Perduca 

La guerra di Gaza, scoppiata a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023 pianificato da Hamas contro Israele, ha drammaticamente (ri)portato all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la complessa e annosa questione del conflitto israelo-palestinese, e più in generale di quello arabo-israeliano. Negli ultimi due anni, anche in Italia, si è registrato pertanto uno straordinario incremento di pubblicazioni sull’argomento afferenti ai generi più disparati: dalla saggistica alla letteratura, dagli instant book ai reportage.

In ordine cronologico, tra i titoli di maggiore risalto, si distingue Hamas della giornalista Paola Caridi [1]. Continua a leggere

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Appunti sul cinema palestinese e il recupero dei documenti d’archivio

978-1-4780-2045-5_prdi Aldo Nicosia

L’uso di immagini d’archivio nel cinema palestinese o sulla causa palestinese, il cosiddetto found footage [1], è cruciale nella creazione di ciò che può essere considerato un urgente processo di decolonizzazione iconografico. Attingendo a un’ampia gamma di materiali visivi storici e contemporanei, prodotti sia da fotografi o cineasti arabi o occidentali, si cerca di ricostruire una memoria visiva che è stata spesso saccheggiata dallo Stato di Israele, nel tentativo di cancellare le prove della presenza e cultura palestinese nei territori sotto occupazione militare.

In questo articolo mi sono limitato alla ricerca di elementi di documenti d’archivio in opere cinematografiche di fiction, prodotte nel mondo arabo, sulla Palestina, e non su documentari. Mi sembra interessante interpretare le motivazioni che stanno alla base della scelta di sostenere la materia di fiction con scene o immagini reali, partendo dagli anni settanta del secolo scorso, fino ad un interessante esperimento di utilizzo di materiale sonoro in un dramma appena uscito nelle sale. Continua a leggere

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Parole d’ordine nuove: la guerra nel nome di Dio

91vg8yzuvyl-_uf10001000_ql80_di Enzo Pace 

Nel glossario degli orrori del nuovo disordine internazionale meritano attenzione due parole collegate: guerra dei guerrieri.

Sono state pronunciate con enfasi dal Sottosegretario della Guerra degli USA, Pete Hogseth, il 30 settembre 2025, a Quantico in Virginia davanti a una platea di generali e ufficiali dell’esercito.

Pubblicato integralmente in vari quotidiani italiani [1], ne riporto un brano: 

«Il presidente Donald Trump ne parla sempre. Si chiama “pace attraverso la forza”. E, come insegna la storia, le uniche persone che meritano davvero la pace sono quelle disposte a combattere per difenderla. Ecco perché il pacifismo è così ingenuo e pericoloso: ignora la natura umana e ignora la storia umana. O proteggi il tuo popolo e la tua sovranità, o sarai soggetto a qualcosa o a qualcuno. È una verità antica quanto il tempo. E poiché combattere una guerra costa sangue e denaro, dobbiamo alla nostra repubblica un esercito capace di vincere qualsiasi guerra che scegliamo o che ci venga imposta. Se i nostri nemici dovessero scioccamente sfidarci, saranno schiacciati dalla violenza, dalla precisione e dalla ferocia del Dipartimento della Guerra. In altre parole, ai nostri nemici, FAFO [2]. Un altro modo per dirlo è: pace attraverso la forza, legittimata dallo spirito guerriero. E noi stiamo restaurando entrambi».  Continua a leggere
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“Chi può rivendicare quel sogno adesso?” Cent’anni dopo Fanon: dislocamenti, resistenze e geografie della solidarietà

Frants Fanon

Frants Fanon

di Giovanni-Clemente Rossi 

«L’architecture du présent travail se situe dans la temporalité. Tout problème humain demande à être considéré à partir du temps. L’idéal étant que toujours le présent serve à construire l’avenir»

Frantz Fanon, Peau noire, masques blancs

 Storia di vita e di lotta

Cent’anni fa nasceva nella Martinica francese Frantz Fanon (1925–1961), psichiatra, militante anticoloniale e teorico della decolonizzazione. La sua vita breve ma intensissima – dall’esperienza di medico in Algeria alla scrittura di testi fondamentali come Pelle nera, maschere bianche e I dannati della terra – continua a parlare al nostro presente. Nelle sue pagine e nella sua vita troviamo strumenti critici per comprendere le dinamiche del razzismo, della violenza coloniale e dei processi di esclusione che ancora segnano il nostro mondo. Continua a leggere

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Gaza. Un profilo della città a partire dalla letteratura geografica in lingua araba tra i secoli IX e XIV

 Frontespizio del Kitāb al-aqālīm di al-Istakhrī

Frontespizio del Kitāb al-aqālīm di al-Istakhrī

di Daniele Sicari 

Qad ġazza fulān bi-fulān wa i‛tazza bihi idhā iḫtaṣṣahu bayna aṣḥābihi.

(Un uomo mostra orgoglio per un altro e ne trae motivo di vanto quando lo distingue e lo predilige tra i suoi compagni) [1] 

Introduzione 

Questo articolo intende, prima di tutto, rispondere a una specifica istanza, che è quella – considerato che nel momento in cui si scrive è in corso il brutale genocidio operato dalle forze di occupazione israeliane nei confronti della popolazione palestinese residente a Gaza – di restituire alla Geografia i diritti che questa sembra avere perduto a causa dei soprusi della Storia. Questi stessi diritti che qui si reclamano, tuttavia, non hanno solamente a che vedere con le caratteristiche geomorfologiche di una striscia di terra di appena 360 chilometri quadrati, ma anche con le persone che vi abitano, più di due milioni fino all’ottobre del 2023, in larga parte rifugiati, “sfollati”, costretti a migrazioni interne per sfuggire alle violente aggressioni che l’intera comunità palestinese ha subìto con la Nakba, o “catastrofe”, dell’anno 1948. Continua a leggere

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L’egemonia della cartografia. Flotilla, un atto politico attraverso il mare

Gaza

Gaza

di Giuseppe Sorce 

Soltanto le buie acque del mare senza sentieri

JRR Tolkien, Il Silmarillion

Ero piccolo, ero grande. Ero un giovane dalle grandi speranze. Poi le speranze si sono allontanate, piano piano. Nessuno ha voluto rischiare, come quando, da bambini, giocavi sulla spiaggia e la palla finiva troppo lontano e la corrente del mare era troppo forte. Non la possiamo più prendere. È finita. E la vedevi allontanarsi, scivolare fra le crespe onde pochi metri alla volta ma troppi per il tuo gracile corpicino. Continua a leggere

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Sulle turpitudini dei tempi nostri

Sumud Flotilla

Sumud Flotilla

di Sergio Todesco

Che il re fosse nudo lo si era capito da tempo, ma occorreva che giungesse la Global Sumud Flotilla a mostrarci come sotto le vesti invisibili che il monarca credeva di indossare ci fosse non già un corpo vivo ma un cadavere putrefatto e brulicante di vermi. Occorreva che 497 volontari provenienti da quarantasei nazioni del pianeta avviassero la propria Odissea testimoniale per gridare al mondo intero per un verso la realtà degli orrori che a Gaza da due anni si consumano, per altro verso che rispetto a essi esistono ancora possibilità di resistenza. Continua a leggere

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Paesi morenti e nuovi re

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Vignetta di Vitaliano Fantoni, Biffe

CIP

di Pietro Clemente

Morti vecchi e nuovi a Gaza

Da tanti mesi aspettavo, al telegiornale delle sette, di sentire che le morti quotidiane a Gaza fossero cessate. Formalmente ora c’è la tregua che qualcuno chiama pace. Ora sono meno attento, ma so che ogni giorno ci sono morti e rivendicazioni di ripresa della guerra.

Non è certo un clima di pace quello in cui Stati potenti e bellicosi minacciano di “scatenare l’inferno”. Sempre in questa atmosfera di pace Trump ha addirittura modificato il nome del Ministero della Difesa in Ministero della Guerra. E pretenderebbe anche il premio Nobel per la pace. Continua a leggere

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La montagna dello spopolamento e quella del neopopolamento

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di Giampiero Lupatelli 

La breaking news del Rapporto Montagne Italia 2025

Presentando il Rapporto Montagna Italia 2025: Istituzioni Movimenti Innovazioni. Le Green Community e le sfide dei territori, pubblicato nel giugno 2025 per i tipi dell’editore Rubbettino, come secondo volume della collana Comunità Montagna che ho avuto l’onore di inaugurare pochi mesi prima con il mio Green Community Comunità verdi per abitare le Montagne, UNCEM ha gettato un sasso nello stagno. Continua a leggere

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“Un disco alla volta”. Storie di 33 giri memorabili. Cultura, territorio e resistenza comunitaria a Fiamignano

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CIP

di Settimio Adriani, Veronica Paris 

Durante la scorsa estate, nel cuore dell’Appennino laziale, Fiamignano ha dato vita a un’iniziativa innovativa: Un disco alla volta. Storie di 33 giri memorabili. L’iniziativa ha favorito esperienze sociali tramite musica, racconto e degustazione. Organizzata dalla Pro Loco con Carlo Valente (cantautore) e Laura Rizzo (attrice e autrice), la rassegna ha unito esibizioni dal vivo e racconto. Si è incentrata su quattro album simbolici della canzone d’autore italiana, ciascuno abbinato a un prodotto agricolo d’eccellenza.

L’abbinamento gastronomico: musica, gusto e agricoltura. Il connubio è stato il fulcro del progetto. È stato realizzato grazie alla Pizza rentorta (Prodotto Agroalimentare Tradizionale dal 2024 [1]), reinterpretata dalla Rentorteria, start‑up gestita da giovani locali. In ciascuna serata sono state create quattro farciture con Presidi Slow Food delle regioni d’origine dei cantautori. Continua a leggere

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Cultura per la pace: antropologia delle voci dal basso e dai margini

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CIP

di Ornella Ricchiuto 

«Questo saggio è dedicato all’uomo comune. Eroe di tutti i giorni. Personaggio diffuso. Uno dei tanti che camminano per la strada. (…) Lentamente, i rappresentanti che simbolizzavano ieri famiglie, gruppi e ordini escono dalla scena in cui regnavano al tempo del nome. È l’avvento del numero, quello della democrazia, della grande città, delle amministrazioni, della cibernetica. È il flusso continuo della folla, tessuto fitto come una stoffa senza strappi né rammendi, composto da una moltitudine di eroi quantificati che perdono nome e volto diventando il linguaggio mobile di calcoli e di razionalità che non appartengono a nessuno. Fiumi di numeri lungo le strade».

(Michel De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Edizioni lavoro, Roma, 2012: 25-26)  Continua a leggere

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L’aria della campagna: esodo e ritorni. Spunti dall’opera di Nuto Revelli

Colline toscane

Colline toscane

CIP

di Rossano Pazzagli 

L’aria della città rende liberi. Così si pensava nell’antica Grecia e così recitava un proverbio tedesco del medioevo, ripreso ancora ai primi del ‘900 da Max Weber che alludeva alla conquista della libertà tramite la cittadinanza [1]; così si è creduto fino al grande esodo rurale dell’età contemporanea. In una società prevalentemente rurale, i contadini che si trasferivano in città potevano liberarsi dai vincoli di subordinazione del mondo feudale. Si andava in città per evadere da un mondo duro e ingiusto, per cercare fortuna, per sperare in un destino migliore, spesso trovando in realtà altro disagio e solitudine. Continua a leggere

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Il paesaggio che cambia: le Alpi al tempo dei cambiamenti climatici

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CIP

di Chiara Dallavalle

Di tutte le manifestazioni del cambiamento climatico, la lenta agonia dei ghiacciai è forse quella che mi tocca maggiormente, perché si collega al senso di perdita di paesaggi a me familiari, che hanno a che fare con i ricordi della mia infanzia e la storia dei miei nonni e bisnonni. La zona in cui sono nata si situa nell’alto Piemonte, al confine tra Italia e Svizzera, e per me è stato naturale frequentare la montagna sin dalla tenera età. I ghiacciai erano presenze costanti, la loro massa visibile anche da quote inferiori. Riserve idriche fondamentali, che soprattutto in primavera, andavano ad alimentare fiumi e torrenti delle vallate sottostanti con acque dal caratteristico colore grigio-azzurro. Impossibile non provare sconforto leggendo gli studi recenti promossi da Arpa Piemonte, secondo cui la maggior parte dei ghiacciai ancora presenti sulle Alpi Lepontine siano in fase di arretramento (ARPA 2024). Continua a leggere

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Impronte, segni, territori. Tra semiotica, antropologia e politica

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CIP

di Alessandra Broccolini, Daria De Grazia 

L’impronta come soglia epistemologica e fenomeno relazionale: sapere per tracce 

Nel suo Pour une anthropologie de l’empreinte. Approche cognitive et phénoménologique d’une forme (edizioni Mimésis, 2024), l’antropologo Philippe Pesteil mette a punto, adottando uno sguardo diacronico, sincronico e transculturale, un dispositivo teorico in grado di attraversare i confini tra approccio naturalista e fenomenologia, assumendo l’“impronta” come figura-soglia e oggetto di studio multidimensionale tra corpo, conoscenza e ambiente-mondo (cfr. Pesteil 2024). L’impronta è oggetto, segno e relazione: testimonianza di un passaggio e, insieme, immagine paradigmatica della vita nella sua caducità. Traccia, indice o segno: nell’impronta coesistono le logiche del naturale e del simbolico, del fisiologico e del culturale. La traccia, in quanto residuo materiale e figura interpretativa, rappresenta il luogo di convergenza fra causalità fisica e immaginazione: «un microfenomeno fisico elementare» che rivela la continuità fra percezione e significato (Pesteil 2024: 9ss.). Continua a leggere

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Il ritorno del trattore, simbolo oggi delle lotte dei braccianti sikh

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di Antonella Tarpino 

Dopo il trattore è il titolo dell’indagine condotta da giovani ricercatori sul paese della bassa mantovana che fu oggetto del celebre libro di Gianni Bosio Il trattore ad Acquanegra, a quarant’anni dall’uscita (postuma). Ricevo una copia del libro dalle mani della direttrice della Biblioteca Archivio ‘Emilio Sereni’, Chiara Visentin, presso le cui collane il volume è uscito quest’anno a cura di G. Bonini, P. Clemente, R. Pazzagli, L. Sassi.

Gianni Bosio, l’“intellettuale rovesciato” fu cultore tra i primi, fin dagli anni Cinquanta, della storia orale, intesa come storia del non-scritto, perché parlare – nella lettura di Luisa Passerini – era ciò che univa, era il legame e il mezzo di trasmissione. Quella storia di parole negli anni dell’industrializzazione ad Acquanegra era colta non a caso in luoghi sociali come l’osteria e la piazza (e faranno parte del primo nucleo, insieme al Nuovo Canzoniere Italiano, del neonato Istituto Ernesto De Martino di cui Bosio fu tra i fondatori). Continua a leggere

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Il Teatro Povero, le Aree Interne e “La casa silente”

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di Mariano Fresta 

Premessa 

Di Monticchiello, piccolo centro della Val d’Orcia, e del suo Teatro Povero si è occupato a  più riprese Pietro Clemente nella sua rubrica intitolata “Il Centro in periferia” che da alcuni anni è parte integrante di «Dialoghi Mediterranei»; sempre su «Dialoghi», nel numero del primo settembre 2017, Chiara Del Ciondolo e Gianpiero Giglioni, hanno fatto un ampio resoconto sia su cos’è il Teatro Povero sia su tutte le attività nate intorno ad esso; infine me ne sono occupato anch’io per illustrare i temi discussi in cinquanta anni di spettacoli del Teatro Povero (Dialoghi Mediterranei, n. 6, 2017), l’iniziativa che ha reso famoso l’antico castello medioevale. Continua a leggere

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Il Lussu socialista e le sue lettere

Emilio Lussu

Emilio Lussu

di Giuseppe Caboni 

Sono stati tanti i ricordi di carattere politico e storico, sulla figura di Emilio Lussu, prodotti dopo la sua morte nel 1975. In Sardegna sono stati a lui dedicati anche diversi convegni, a partire da quello del gennaio 1980 a Cagliari, organizzato, con la presenza della sua compagna Joyce, dall’Istituto sardo per la storia della Resistenza e dell’Autonomia, e quello, di pochi mesi successivo, a Nuoro, a cura dell’Istituto regionale etnografico.

La relazione conclusiva del Convegno di Cagliari fu affidata a Francesco De Martino, a lungo in precedenza segretario del PSI, che parlò del socialismo di Lussu. Cinque anni dopo, a dieci anni dalla scomparsa dell’armungese, De Martino ampliò la sua riflessione in proposito, con un lungo articolo pubblicato da l’Unità. Qui lo riproponiamo. Continua a leggere

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Nuovi racconti glocali foghesi

Layout 1di Pietro Clemente 

Antefatto

Mi piace la scrittura narrativa di Giacomo Mameli. Si addentra nella Storia e nelle storie con grande capacità di rappresentare protagonisti minori, contadini e marginali. Si muove con la bussola del “foghesu” [1], ovvero del cittadino di Perdasdefogu (Pietredifuoco), il suo paese natale e di ritorno. Un paese di curve e di salite, di panorami stupendi in cui sono protagonisti i taccus [2], ma anche di grandi contraddizioni tra basi militari [3] e longevità [4]. Continua a leggere

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Il destino del Sulcis nel bivio delle riconversioni

coverdi Costantino Cossu 

Nel Sulcis, l’ex bacino minerario sardo oggi sede del più importante polo nazionale per la produzione di alluminio, la situazione è vicina a un punto di rottura. Tutti i tentativi di trovare nuovi acquirenti per le industrie in crisi sono falliti. Il ministro per le imprese Adolfo Urso propone una riconversione degli impianti per passare dalla produzione di alluminio a quella di batterie al litio, utilizzando scarti di lavorazione di natura chimica altamente inquinanti che arriverebbero in Sardegna da mezzo mondo. Continua a leggere

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Grazia Deledda ritrovata

Layout 1di Cristina Lavinio 

Grazia Deledda, Racconti e versi ritrovati. Dalla collaborazione al “Silvio Pellico”, a cura di Giancarlo Porcu (Il Maestrale, Nuoro, 2025) è un volume che amplia le nostre conoscenze sulla scrittrice, la cui fortuna editoriale cresceva anche per la sua capacità di presentarsi e proporsi alle riviste e testate più varie, a partire dal cuore (Nuoro) di quell’isola quasi sconosciuta che era la Sardegna di fine Ottocento.

Questo lavoro mette a fuoco la collaborazione (tra le meno note finora) della scrittrice con il settimanale torinese “Silvio Pellico”, avvenuta tra gli anni 1895 e 1899, quando lei viveva ancora in Sardegna, ma pubblicava già romanzi importanti come Anime oneste (1895) e La via del male (1896). Lo spoglio accurato dei numeri del “Silvio Pellico” usciti in quegli anni ha permesso al curatore, cui si deve anche un corposo e utilissimo saggio introduttivo, di scovarvi, firmati da Deledda, sei testi narrativi, tredici testi poetici e tre brevi recensioni. Continua a leggere

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Il femminile come spazio di potere e di sapere nella comunità sarda di primo Novecento

la-levatrice-bibbiana-caudi Veronica Medda 

Relazioni sociali e comunità tra solidarietà e conflitto: un’introduzione al romanzo 

Il romanzo d’esordio La levatrice della scrittrice sarda Bibbiana Cau, da tempo ai vertici delle classifiche editoriali, ha conquistato il grande pubblico con una storia di coraggio, riscatto e libertà, come sottolinea sul proprio sito ufficiale la casa editrice Nord, che ne ha curato la pubblicazione avvenuta nel maggio del 2025. Questo grande successo risiede, fuor di dubbio, soprattutto nell’intensità della proposta narrativa dell’autrice che, fin dalle prime pagine, trasporta il lettore in una Sardegna misteriosa e arcaica già nota agli affezionati del romanzo sardo di matrice deleddiana: «un concentrato delle strane meravigliose creature che hanno popolato la Sardegna tra Ottocento e Novecento» [1]. Continua a leggere

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Ritrovarsi a Casa Steri

Siddi, Cirese e gli allievi, in occasione dell'inaugurazione del Museo, 2000

Siddi, Cirese e alcuni degli allievi, in occasione dell’inaugurazione del Museo di Casa Steri, 2000

di Pietro Clemente 

5 Luglio

È il 5 luglio 2025. Ida ed io arriviamo a Siddi in auto con Felice Tiragallo e sua moglie nel pomeriggio. Il giorno prima eravamo sbarcati a Cagliari per poi raggiungere la casetta di famiglia al Margine Rosso che dà sul mare di Quartu. La giornata è caldissima, ma arrivati a Siddi siamo accolti in una grande corte alberata sorprendentemente fresca, tira perfino un po’ di vento. Il Museo sta dietro. Ci sono tante persone, volti conosciuti, alcuni che non vedevo da quarant’anni e qualcuno cui non so dare un nome. È il compleanno del museo. Compie 25 anni. Superata la maggiore età il museo festeggia le nozze d’argento. È un museo speciale per quelli tra di noi che sono stati legati a Cirese e al suo insegnamento. Nel 2000, all’ inaugurazione del Museo di Casa Steri, c’eravamo tutte/i (o quasi): eravamo allieve/i cagliaritani di Cirese e avevamo collaborato alla realizzazione del Museo stesso. Continua a leggere

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25 anni di attività

Il Museo delle tradizioni agroalimentari della Sardegna

Il Museo delle tradizioni agroalimentari della Sardegna

di Anna Maria Steri 

Il Museo delle tradizioni agroalimentari della Sardegna ha sede a Siddi, un piccolo paese di 550 abitanti, nel cuore della Marmilla, in un edificio noto come “Casa Steri”. Si tratta di uno stabile seicentesco, appartenuto per secoli alla famiglia Steri. Parliamo di una casa a corte del Campidano, con una struttura architettonica caratterizzata da lolle, e da piccole stalle per il ricovero degli animali domestici. Col termine sardo campidanese lolla si indica il loggiato delle case campidanesi, uno spazio coperto che si affaccia sul cortile interno e da cui prendono luce ed aria le stanze della casa. Continua a leggere

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Da casa a museo: tra memoria familiare e patrimonializzazione

Siddi, Museo della civiltà alimentare

Siddi, Museo delle tradizioni agroalimentari della Sardegna

di Giannetta Murru Corriga 

La casa della memoria

Ho sempre vivo il ricordo della intensa emozione provata la prima volta che nell’inverno del 1998 con Anna Maria Steri visitai la casa avita, un pomeriggio di vento e di pioggia scrosciante: nell’ampio cortile acciottolato, le basse arcate della bianca lolla secentesca mi apparvero sullo sfondo di un cielo plumbeo, solcato da lampi che illuminavano tetti cadenti e oggetti abbandonati alla rinfusa. Un mondo immoto, senza tempo e senza senso, e forse per questo, di un fascino pungente e doloroso [1]. Condotte in seguito alla luce del sole, le esplorazioni della casa avrebbero vieppiù svelato quel mondo dormiente di manufatti e di oggetti e la loro rilevanza per la documentazione e la riflessione antropologica. Continua a leggere

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Cibo e festa. I dolci della Marmilla

Pabassinas

Pabassinas

di Maria Gabriella Da Re 

Ernesto De Martino e la madeleine

I dolci non sono necessari per sopravvivere, ma lo sono per un po’ di felicità, di socialità, per alimentare gli affetti, ricordare i luoghi, le case, l’infanzia. Aiutano a far superare i momenti tristi, «quando par che il mondo si afflosci» come dice l’antropologo E. De Martino (1977: 564), il quale riflette sul famoso passo della madeleinette, citando un lungo brano in traduzione italiana dal primo volume del capolavoro di Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto: Continua a leggere

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Agricoltura e adattamento al nuraghe arcaico di Sa Conca ʼe Sa Cresia

Nuraghe Sa Conca 'e Sa Cresia

Nuraghe Sa Conca ‘e Sa Cresia

di Emily Holt, Mauro Perra, Anne Dighton, Andrew Fairbairn 

Il nuraghe arcaico di Sa Conca ʼe sa Cresia si trova nel centro-sud della Sardegna, nell’attuale Comune di Siddi, sul suo altopiano omonimo. L’Altopiano di Siddi è un piccolo altopiano basaltico, meno di tre chilometri quadrati di superficie, dove si trovano i resti di un sistema di insediamento dal periodo nuragico che include sedici nuraghi più la famosa tomba dei giganti di Sa Domu ‘e s’Orku. Continua a leggere

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Il ruolo dell’alimentazione nella longevità dei sardi

Rappresentazione della Piramide alimentare della zona longeva della Sardegna, elaborata da Gianni Pes.

Rappresentazione della Piramide alimentare della zona longeva della Sardegna, elaborata da Gianni Pes

di Giovanni Mario Pes 

Una panoramica storica

La popolazione della Sardegna centro-orientale, in particolare quella residente nell’area montuosa compresa tra le regioni storiche dell’Ogliastra e della Barbagia, è caratterizzata da un’eccezionale concentrazione di centenari. La scoperta della longevità di tale area (comunemente nota come Zona Blu) risale agli ultimi anni del secolo scorso e agli inizi del secolo presente (Pes 1999; Poulain et al 2004). La proporzione di individui che raggiungono i cento anni di età risulta essere la più elevata al mondo (circa 61 centenari ogni 100.000 abitanti). Particolarmente sorprendente è la parità di genere osservata: contrariamente alla norma internazionale che prevede più centenarie di sesso femminile, in Sardegna finora il numero di centenari uomini e donne risulta essere pressoché equivalente. Continua a leggere

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Immagini e memorie (video) della costruzione di un Museo etnografico

da Il restauro di casa Stera"

da “Il restauro di casa Steri”

di Felice Tiragallo 

Con queste note rievoco brevemente un’esperienza di documentazione in video della costituzione della casa Steri a Siddi come sede del Museo delle Tradizioni Agroalimentari della Sardegna. Dal marzo del 1998 all’ottobre del 1999 Vladimira Desogus ed io, con le nostre piccole videocamere, ci siamo recati periodicamente nel cantiere del Museo per filmare il prima, il durante e il dopo degli interventi di recupero, di risanamento e di riqualificazione sull’edificio di casa Steri e sulle sue pertinenze. Continua a leggere

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La Nostra Claudia, di noi italiani di Tunisia

Tunisi, la Goulette

Tunisi, la Goulette

di Marcello Bivona

Il 23 settembre 2025, all’età di 87 anni ci ha lasciati Claudia Cardinale. Una delle ultime icone di una stagione d’oro del cinema, densa di importanti autori e grandi storie. Il mio intento, non è parlare della Diva o della grandissima Attrice che è stata, ma di ciò che ha significato per intere generazioni di noi italiani di Tunisia. Il fatto che fosse di origini siciliane, nata in Tunisia, generalmente veniva percepito come una nota esotica per accrescerne il fascino. Claudia era parte di quella grande emigrazione italiana, soprattutto siciliana, che in Tunisia ha vissuto un’importante stagione di radicamento viscerale al Paese, interrotta verso la metà degli anni ‘60 del ‘900, per scelte politiche del governo tunisino seguite all’indipendenza dalla Francia nel 1956. Secondo i dati ufficiali, oltre centomila italiani in quegli anni lasciavamo con strazio un Paese che dopo tre, a volte quattro generazioni, era diventato il nostro Paese. Lasciavamo tutto, proprio tutto, per tornare in una Patria sconosciuta, accolti in campi profughi approntati in varie parti d’Italia. Negli stessi anni anche Claudia rimpatriava ma per spiccare il suo meraviglioso volo nel mondo del cinema. Continua a leggere

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I Montelatici dall’Ottocento: un percorso fra memoria, radici e migrazione in Tunisia

librodi Soumaya Bourougaaoui 

Tra il XIX e il XX secolo, la Tunisia divenne una meta importante per un consistente flusso migratorio proveniente dall’Italia. Molti italiani vi si trasferirono, attratti da migliori opportunità economiche e sociali rispetto a quelle presenti nel loro Paese d’origine. Numerose famiglie italiane offrirono contributi rilevanti, partecipando attivamente alla vita politica, culturale ed economica della Tunisia. Ancora oggi si possono riconoscere diverse tracce, tangibili e immateriali, della cultura italiana nel patrimonio storico, artistico e culturale del Paese.

La comunità italiana in Tunisia ha lasciato un’impronta duratura, ancora viva nella memoria dei tunisini. Grazie a una piena integrazione nella società locale, gli italiani contribuirono alla creazione di numerosi istituti e scuole, arricchendo il patrimonio culturale e scientifico tunisino. Continua a leggere

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Dipingere la memoria. La Tunisia negli occhi degli artisti italiani

1di Khouloud Kharrat                  

Nel numero precedente di Dialoghi Mediterranei ho pubblicato un articolo intitolato “Tunisi nella memoria degli italiani. Appunti” in cui ho cercato di ricostruire l’immagine della Tunisia attraverso i ricordi degli italiani che l’hanno vissuta. Il testo si basava in particolare sull’analisi di alcune opere letterarie, romanzi e memorie che raccontano esperienze personali, frammenti di vita quotidiana e nostalgie legate a un tempo ormai lontano.

In continuità con quel lavoro, propongo ora un nuovo sguardo su quella stessa realtà, spostando l’attenzione dalla parola all’immagine. Questo articolo nasce infatti dal desiderio di esplorare la Tunisia del passato attraverso l’arte figurativa italiana: dipinti, disegni e testimonianze visive di artisti italiani che hanno vissuto o visitato la Tunisia di un tempo. Continua a leggere

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Naj Mahdaoui, artista poliedrico e maestro calligrafo

:Calligramma (19)83, 1983, inchiostro di china e oro su pergamena Fonte: mutualart.com

Naj Mahdaoui, Calligramma (19)83, 1983, inchiostro di china e oro su pergamena Fonte: mutualart.com

di Roberta Marin

Fin dagli esordi dell’Islam la calligrafia araba ha giocato un ruolo essenziale sia nella produzione di testi sacri sia nella decorazione di oggetti per uso quotidiano. Nel corso dei secoli ha subìto una profonda evoluzione, divenendo un elemento artistico a tutti gli effetti e modificandosi in base al gusto personale dell’artista e all’uso che intendeva farne nella sua pratica. Molti l’hanno posta al centro della loro produzione e uno dei più rappresentativi è senza dubbio il tunisino Naj Mahdaoui, che l’ha declinata in tutte le possibili varianti e l’ha resa protagonista in opere realizzate utilizzando i più disparati materiali, dalla carta alla pergamena, ai tessuti, al vetro, soltanto per citarne alcuni. La caratteristica più pregnante della produzione di Mahdaoui è l’aver tolto la ‘voce’ alla calligrafia, puntando non sul messaggio veicolato dalle parole, ma esclusivamente sulla forma delle lettere arabe, a cui ha dato vita in una sorta di movimento perpetuo.  Continua a leggere

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Dal Bou-Ghasse al Mediterraneo. Nota a “Magie d’Islam” di Elisa Chimenti

Elisa Chimenti

Elisa Chimenti

di Marcello Bivona

Elisa Chimenti nasce a Napoli nel 1883. Ha sei mesi di vita quando con la madre e la balia Raffaella sbarca a Tunisi per ricongiungersi col padre medico.  Secondo l’usanza del tempo è in fasce. Il padre, esiliato da Napoli per motivi politici. La famiglia, ricongiunta nella città magrebina, ben presto lascia la zona europea e quando Elisa ha l’età di quattro anni si trasferisce in uno dei quartieri arabi più tradizionali: Halfaouine. È qui che attinge a piene mani ai ricordi per ricostruire la memoria di un’infanzia magica vissuta tra lingue, culture, religioni diverse: «i luoghi conosciuti della mia infanzia hanno conservato nella mia memoria solo i nomi che gli davo, quindi: il campo di rose, la strada dei cactus, la collina dei papaveri, la città morta, l’occhio dell’acqua…» (Magie d’Islam: 284). Continua a leggere

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Marinette Pendola, la voix d’une Tunisie plurielle sous le protectorat

la-rivadi Rawdha Bouguerra [*]

De nombreux chercheurs s’intéressent aujourd’hui aux Italiens de Tunisie durant l’époque coloniale, mais les œuvres de Marinette Pendola me semblent constituer un filon encore plus spécifique et singulier. Elles offrent une représentation fidèle et rare de la vie rurale, à la différence d’autres écrivains comme Cesare Lucio ou Mario Scalesi, qui se concentrent principalement sur la capitale et la vie urbaine. Ces auteurs écrivaient durant la période coloniale, alors que Pendola, elle, donne à voir une époque de transition, ce qui est historiquement très peu représenté dans la littérature italophone consacrée à la Tunisie. Elle parvient ainsi à transmettre, depuis une position non tunisienne, une mémoire précieuse de notre terre. Continua a leggere

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Benedetto Pino e le “bambochades tunisiennes”

1000017554di Rosy Candiani [*]

Bambochades tunisiennes è il titolo di una delle raccolte di Benedetto Pino, scrittore siciliano di Tunisia che spesso si firma con lo pseudonimo di Sicca Venier, sottolineando dunque la sua nascita nel 1922 a Le Kef, la città della Venere sensuale vicina al confine con l’Algeria. Le notizie sulla sua origine le apprendiamo da riferimenti sparsi qua e là nella sua fertile produzione in prosa e in versi [1]: la bisnonna arrivata al Kef [2], la famiglia di condizioni modeste, l’infanzia e gli studi in seminario, l’insegnamento, l’adesione al fascismo e la brusca frattura nella sua vita, con il confinamento a sud di Oran prima, e in seguito l’espulsione dal Paese per Palermo, dal ’45 al ’49, voluta dai Francesi, i vincitori del conflitto. Poi il rientro in Tunisia, l’insegnamento dell’italiano tra il Kef, Sousse, Tunisi, e gli studi, dal Bac all’agregation d’italien, che accompagnano la scelta di assumere la nazionalità francese e in seguito il trasferimento in Francia, tra Evian e Thonon les Bains, fino alla morte nel 2005. Continua a leggere

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La Tunisia di Elisa Chimenti

Elisa Chimenti, anni 30

Elisa Chimenti, anni 30

di Camilla M. Cederna [*]

In questo articolo mi soffermerò su alcuni aspetti dell’esperienza tunisina vissuta negli anni della sua infanzia da Elisa Chimenti, scrittrice, giornalista, insegnante e antropologa di origine italiana, che ha dedicato tutta l’opera allo studio e alla valorizzazione delle culture e delle tradizioni del Mediterraneo, in particolare del Marocco.

L’analisi di alcuni documenti d’archivio e di qualche suo testo autobiografico, ci ha permesso di ricostruire alcuni aspetti finora sconosciuti del periodo tunisino. È in particolare nel racconto inedito Magie d’Islam. Khadidja de l’île sarde [1], che l’autrice ripercorre le varie fasi della sua vita, tra le quali quella corrispondente agli anni dell’infanzia passata in Tunisia. Si tratta di un testo palinsesto in cui la lingua francese è disseminata di termini stranieri, e in cui si sovrappongono diverse tradizioni, leggende e racconti da lei raccolti e poi rielaborati tramite un’operazione da mediatrice e traduttrice. Continua a leggere

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Mario Scalesi, un “bâtard” légitimé par la poésie

Mario Scalesi

Mario Scalesi

Yvonne Fracassetti Brondino [*]

Nous allons voir défiler, durant ces trois journées consacrées à la migration et à la mémoire de la migration entre les rives de la Méditerranée, plusieurs cas de figures, souvent très différents, mais qui ont en commun la dimension identitaire. En effet, ils répondent différemment, selon leur origine, leur personnalité, leur culture etc., à une appartenance multiple. Il y a la multitude des plus démunis, le «nude braccia» [1] de Nullo Pasotti, la majorité des italiens qui ont vécu côte à côte avec les Tunisiens, mais qui se situent entre colonisateurs et colonisés, et qui – pour reprendre les mots de Albert Memmi, «s’ils sont misérables, les petites miettes qu’on leur accorde sans y penser, contribuent à les différencier, à les séparer des colonisés, ce sont les candidats à l’assimilation» [2]. Continua a leggere

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Giuseppe Sicurella, poeta e antifascista siciliano in Tunisia

Giuseppe Sicurella

Giuseppe Sicurella

di Sonia Gallico [*]

Giuseppe Sicurella è un poeta siciliano, nato il 25 maggio del 1891 ad Agrigento, dove è anche morto nell’estate del 1958. Migrato negli anni Trenta a Tunisi, qui visse per circa dieci anni. Anche se oggi è da molti dimenticato, è indubbio che in quel tempo abbia avuto una certa notorietà anche per aver fatto parte del gruppo degli antifascisti italiani di Tunisia con cui svolse un’intensa attività politica. Una decina di sue poesie sono state pubblicate tra il 1937 e il 1939 sul giornale l’Italiano di Tunisi, firmate con lo pseudonimo di Peppe oppure Nardo d’Agrigento [1]. Una piccola raccolta di suoi componimenti è stata edita nel 1958 e ve ne sono, a quanto risulta, soltanto tre copie: una alla biblioteca Nazionale di FI, un’altra alla biblioteca Nazionale di Palermo e una terza all’Istituto Cabral di Bologna. Continua a leggere

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La letteratura degli italo-tunisini

548165061_1217429280431413_7511418611278308952_ndi Danielle Laguillon Hentati [*]

La 4° edizione di Matabbìa 2025 si è svolta a Marsiglia con una tematica letteraria: «Scritture migranti italiane nel Mediterraneo». In questo ambito, su invito della Professoressa Silvia Finzi a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti, il mio contributo si propone di parlare della letteratura degli italo-tunisini, argomento di grande interesse ma poco approfondito finora, Lo scopo è quello di fissare un quadro generale che permetta di situare gli scrittori di cui parleranno in seguito i miei colleghi. Generalmente misconosciuti dal pubblico, questi autori fanno parte di una collettività originale, nata e sviluppatasi in Tunisia durante il Protettorato francese, poi in seguito alla decolonizzazione dispersasi tra Italia e Francia. I loro scritti dimostrano una forte appartenenza mediterranea, una vivida memoria plurale, come pure l’affrontare le sfide delle migrazioni, dell’identità e della trasmissione. Continua a leggere

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L’autobiografia come spazio di scrittura militante

 coverdi Rym Lajmi [*]

L’autobiografia è sempre stata considerata un genere letterario dedicato all’indagine del sé, un viaggio introspettivo nella memoria individuale. Tuttavia, quando la storia personale di un individuo si intreccia indissolubilmente con la storia di una collettività oppressa o in lotta, l’autobiografia trascende il suo scopo originale e si trasforma in un potente strumento di militanza. Non è più un semplice racconto del passato, ma un atto politico consapevole, una testimonianza che dà voce agli invisibili e che sfida le narrazioni storiche dominanti.

In questa prospettiva, Nadia Gallico Spano impiega l’autobiografia come mezzo per una causa collettiva. La sua memoria non è solo un ricordo, ma un dovere etico. Per Paul Ricoeur, la memoria del singolo non è mai isolata, ma è intrisa delle memorie degli altri [1]. L’autobiografia militante incarna perfettamente questa idea, perché trasforma il ricordo di un’esperienza soggettiva – la clandestinità, la persecuzione – in un’azione di memoria per una comunità più ampia, spesso priva di una voce propria. Continua a leggere

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Di qua e di là dal mare: realtà e immaginario della migrazione nella letteratura degli italiani

2di Marinette Pendola [*]

Può sembrare paradossale il fatto che un paese come l’Italia, che ha contribuito in modo così impressionante alla storia dell’emigrazione (26 milioni di partenze in un secolo), non abbia prodotto un grande romanzo dell’emigrazione, il capolavoro letterario che ci si aspetterebbe. Varie possono essere le cause. In linea generale, si potrebbe dire con Sebastiano Martelli [1]: «Vi è una complessiva carenza di sguardo e di ascolto della letteratura italiana rispetto a un fenomeno sociale di così vaste dimensioni». Che senso ha quindi parlare di letteratura italiana ed emigrazione? Sebbene i testi di cui tratterò siano marginali rispetto alla produzione dei vari scrittori, esprimono tuttavia aspetti della realtà che si coniugano con l’immaginario e danno una visione dell’emigrazione che pone alcuni temi al centro dell’attenzione. Continua a leggere

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Marsiglia e l’emigrazione italiana di andata e ritorno dall’Africa attraverso i documenti d’archivio del XVIII-XX secolo

Marsiglia, il porto, 1890

Marsiglia, il porto, 1890

di Salvatore Speziale  [*]

Le migrazioni sul lungo periodo 

Qualsiasi discorso sulle migrazioni, dall’analisi storica sul passato al dibattito politico sull’attualità, suscita immancabilmente l’interesse di una grande percentuale di uditori e di lettori, certamente perché a differenza di altri processi storici, quello migratorio, in maniera diretta o indiretta, tocca in profondità sia la memoria collettiva che quella familiare e individuale. Contesti diversi, pertanto, dal punto spaziale e temporale, sembrano evocare ai medesimi uditori e lettori caratteristiche comuni, paiono avere insite necessità simili, mostrare strategie ricorrenti in un altro altrove, denunciare problemi condivisi tra il passato remoto e il passato prossimo e, di riflesso, tra il presente e il futuro. Continua a leggere

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Breve guida alla narrativa di Giuseppe Fava

Giuseppe Fava

Giuseppe Fava

di Giuseppe Davide Di Mauro 

La notte del 5 febbraio 1984, Giuseppe Fava viene assassinato dalla mafia. La stampa locale e nazionale riporta la notizia, la matrice mafiosa dell’omicidio appare evidente. Eppure, il sistema di potere allora imperante a Catania avvia un depistaggio talmente efficiente che serviranno oltre dieci anni e le rivelazioni di un pentito per far riconoscere, anche a livello giudiziario, la realtà di quanto avvenuto.

La lunga battaglia per la verità ha reso necessario porre l’attenzione su quanto Pippo Fava ha compiuto come giornalista, su come il disvelamento delle connivenze tra criminalità organizzata, imprenditoria e politica operato sul mensile da lui fondato, “I Siciliani”, costituisca il movente per il quale è stato ucciso. Continua a leggere

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Dalle inchieste ai romanzi: l’orizzonte “profetico” di Giuseppe Fava

Giuseppe Fava

Giuseppe Fava

di Salvatore Greco 

Vi sono intellettuali del nostro tempo, che, non di rado, sono accomunati da uno strano destino, fatto di misconoscimento o anche di sottovalutazione, in tutto o in parte delle loro opere. È il caso, a tutt’oggi, anche di Giuseppe Fava, a proposito del quale, se scorriamo i contributi critici che lo riguardano come scrittore e autore di romanzi, argomento di cui ci si occuperà nel presente articolo, ci accorgiamo, senza alcun dubbio, che risultano esigui o comunque tali da non rendergli pienamente quei meriti, che ancora oggi, a distanza di più di quarant’anni dal barbaro omicidio di cui cadde vittima per mano mafiosa, appaiono, solo in parte, rispondenti alla varietà stessa della sua produzione letteraria e che, comunque, non sembrano sufficienti a favorirne una precisa collocazione nel composito panorama letterario del secondo Novecento italiano [1].   Continua a leggere

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I disegni di Giuseppe Fava nel suo multiforme archivio

Abbraccio tra donna e uomo], AGF-06.2-037.04

Abbraccio tra donna e uomo, AGF-06.2-037.04

di Simone Lisi 

Le peculiarità del complesso documentario 

È piuttosto inusuale riscontrare in un archivio di persona una varietà tanto ampia quanto quella custodita nell’Archivio di Giuseppe Fava, ancor più se si pensa che la mole di materiali realizzati direttamente per mano del soggetto produttore supera di gran lunga la documentazione acquisita a vario titolo.

Dall’archivio traspare con efficacia il carattere poliedrico dell’intellettuale che fu Giuseppe Fava, capace di veicolare idee, storie ed emozioni con plurime forme espressive dai tratti peculiari. Analogamente il complesso documentario restituisce un quadro articolato e composito del contesto di riferimento, osservato e rappresentato da svariate prospettive. Continua a leggere

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Ci vediamo a Montauk:perché l’Amore romantico ci rende infelici

Eternal Sunshine of the spotless mind di Michel Gondry

da Eternal Sunshine of the spotless mind di Michel Gondry

di Davide Accardi

In Eternal Sunshine of the spotless mind di Michel Gondry, poco prima di vedere cancellati tutti i ricordi a lei collegati, Joel incontra Clementine nella spiaggia di Montauk, la stessa in cui si erano conosciuti due anni prima. È sempre lì che si ritroveranno nel giorno di San Valentino di quell’anno, ma ancora non possono saperlo. L’ultima frase di Clementine prima di sparire dalla mente di Joel è un piccolo, ma significativo, manuale di come funzionano le relazioni oggi:  Continua a leggere

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La matrice antropologica del pensiero di Karol Wojtyla: rilettura del primo ventennio post-conciliare

Karol Wojtyla

Karol Wojtyla

di Antonio Albanese 

Introduzione

Gli anni iniziali del ministero apostolico del papa polacco si trovano collocati in un momento peculiare del post-concilio: essi rappresenterebbero il punto di svolta, all’interno di un percorso che documenta oscillazioni tra un entusiasmo, forse eccessivo, e difficoltà e momenti di crisi piuttosto palesi. Tenendo conto del valore particolare che questi primi anni di Giovanni Paolo II rappresentano, segnando il passaggio da una fase ad un’altra, si comprende l’esigenza che se ne faccia una lettura particolarmente accurata e guidata da una duplice prospettiva. Si tratta, infatti, di mettere in luce l’elemento di novità che essi introducono, tanto da rappresentare una svolta decisiva nel cammino di realizzazione del concilio, ma nello stesso tempo essi possono essere ben compresi solo se si tiene conto dei loro immediati antecedenti. Continua a leggere

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Invecchiamento, spopolamento, immigrazione. Le sfide dell’Occidente

screenshot-2024-05-23-180145di Aldo Aledda

Siamo davvero a un passo da buttare nel Mediterraneo il bambino con l’acqua sporca? Fuori dalla metafora tutto ciò forse significa che il mondo occidentale si è liberato una buona volta del problema delle immigrazioni che tanto ha ossessionato parte della sua popolazione e dei governanti in questi ultimi anni? Potranno finalmente tutti costoro tirare un sospiro di sollievo o dovranno aspettarsi ulteriori rigurgiti da un mondo sempre più popolato? Continua a leggere

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Diego Carpitella, un maestro, un amico

Diego Carpitella

Diego Carpitella

di Alfredo Ancora  

Il 7 agosto di 35 anni fa moriva Diego Carpitella, uno dei pionieri In Italia dell’etnomusicologia (e non solo). Era conosciuto soprattutto per aver preso parte alla “spedizione” di De Martino negli anni sessanta nelle ricerche del tarantismo pugliese [1]. Rimando alla sua ricca produzione per avere un’idea del suo spessore scientifico. Egli infatti spaziò dalle ricerche in Sardegna, Calabria ed altre regioni italiane, in collaborazione anche con Alan Lomax, l’uomo che registrò il mondo. come veniva chiamato il noto etnomusicologo americano. Continua a leggere

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La poetica della forgia. La scultura di Salvatore Cuschera

Scultura sdraiata, Gibellina, 1992-1994, lamiera verniciata a fuoco, cm 615x225x500

Scultura sdraiata, Gibellina, 1992-1994, lamiera verniciata a fuoco, cm 615x225x500

di Giuseppe Appella                                                                                                Sempre                                              accade con fuoco            con stridore di ruggine, con rancido                                      sentore di salsedine.                                                                                                                               Bartolo Cattafi 

La scultura di Salvatore Cuschera [1] nasce nella bottega di un fabbro siciliano, all’insegna della semplicità e della spontaneità, sul ritmo esercitato tra incudine e martello, e luci colorate, scintille volanti, vapori acri, dove i problemi della pratica dell’arte sono strettamente legati all’antropologia, all’immutato bisogno di un rinnovamento poetico espresso attraverso la creazione di oggetti d’uso, giocattoli con chiodi arrugginiti o pezzi di legno e, nel primo confronto con la classicità, raccontato attraverso gli sguardi casualmente buttati sulle riproduzioni di John Constable, il più vicino alle tentazioni dell’en plein air e alle costanti tensioni di un ritorno a un permanente revival etnico. Continua a leggere

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Claudia Cardinale, un’aura che sa di Mediterraneo (e forse di sabir)

81dlelec16l-_uf10001000_ql80_di Franca Bellucci 

 “Riflessioni a margine”, devo precisare, accingendomi a comporre. Perché? È per me atto dovuto premettere che qui, come commentatrice, ricorro a una cultura lato sensu, non di critica cinematografica: nell’affaccio sul cinema mi riconosco fuori da ogni standard; per altro, fruitrice, solo in sala, di pellicole, comunque limitata dalla miopia. È l’emozione alla notizia della morte di Claudia Cardinale che mi ha stimolato a reperire le due pubblicazioni firmate, o co-firmate, da lei, che segnalo in nota [1], e che sono motivo di riflessione. Con queste, incontro una tipologia di scrittura che rientra nelle mie prove, interessata come sono a dare ascolto alle voci testimoniali, e in particolare a quelle delle donne, che coadiuvano a formulare sintesi storiche più comprensive e credibili dello standard abituale. Forse questi interessi che coltivo, posso definirli “progressivi”: non per la loro consistenza – “progresso” è parola tendenziosa – ma in quanto testati come riconoscibili e volti all’incremento, pur tra oscillazioni: anche se tutt’altro che stabilizzati, almeno tratti da documenti. Continua a leggere

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Islam e carcere: problemi e prospettive

locandina-defdi Alessandro Bonardi, Mounia El Fasi

Premessa

In un precedente articolo apparso su questa rivista [1] abbiamo presentato e descritto il funzionamento del progetto dell’Associazione Donne di Qua e di Là di Parma per l’ingresso di guide islamiche appartenenti alla Comunità Islamica locale presso gli Istituti Penitenziari della città ducale e altre attività.

Vi è stato un intervento delle “autorità di vertice” per un primo accordo quadro tra Comune, II.PP. Parma, Garante dei detenuti di Parma, Ucoii e Associazione ma si tratta del primo progetto bottom up, nato dall’impulso di una Associazione tutta al femminile della società civile parmigiana, culminato con l’ingresso di una Murshidat. Recentemente la convenzione di Donne di Qua e di Là con gli Istituti Penitenziari ed il FIDR Forum Democrazia e Religioni è stata rinnovata per i due anni a venire: il servizio di assistenza spirituale per i detenuti offerto dalla Murshida e nuovi gruppi di lavoro sulla spiritualità con i detenuti, le consegne dei pasti Ramadan e materiali di conforto per i detenuti, l’ingresso dell’Imam per la preghiera del venerdì continueranno.  Continua a leggere

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L’architettura, la città e la libertà

New York

New York

di Alessandro Brandino 

Difficile quesito in un tempo caotico come l’attuale che tende, con accelerazioni sempre più frenetiche, a consumare tutto e superare idee in nome, spesso, di una concezione estetizzante del progresso inteso come superficiale sviluppo e superamento non meditato di acquisizioni determinate precedentemente. In questo contesto definire quale sia il ruolo dell’architettura e della città nel terzo millennio è arduo; ma non va disatteso considerando, anche, che le previsioni a livello planetario prefigurano una percentuale sempre maggiore di popolazione collocata in contesti urbani. Continua a leggere

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Viaggio con Pasolini. “Vogliamo altro”

521954139_25001735526083599_5470898218102195118_ndi Claudia Calabrese [*] 

Passaggio da Roma a Tivoli

1° novembre 2025

E così mantengo la mia promessa e parto per Villa Adriana. Mentre guido penso che non ho neppure fatto colazione, sono in perenne lotta con la bilancia ed è ancora presto per il mio digiuno intermittente, mi fermerò fra un po’ per il caffè e i giornali… Ma continuo a rimandare la sosta, sarà perché non mi posso permettere il mal di pancia da eccesso di bugie e propaganda che arriva sempre con la lettura dei quotidiani. Certo, è un po’ difficile oggi, a meno che non mi rifugi in un eremo e chiuda i contatti con il mondo. Penso ai giornalisti seri e mi viene in mente Sigfrido Ranucci che evidentemente con le sue inchieste disturba qualcuno di troppo… Continua a leggere

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Come Yahvé è diventato il dio dei monoteisti

linvenzione-di-dio-2190di Augusto Cavadi

Come tutti i testi molto antichi la Bibbia è di difficilissima comprensione. Mentre nella tradizione ebraica (soprattutto in epoca ellenistica, a cavallo tra l’era pre-cristiana e l’era post-cristiana, quando i libri più antichi sono stati tradotti in greco) la si è accostata con molta libertà nelle ‘letture’ praticate in sinagoga, non così è avvenuto man mano che si sono strutturate le Chiese cristiane: soprattutto nella Chiesa cattolica, dubbi, equivoci, contraddizioni, obiezioni logiche sono stati troncati per secoli dalla mannaia: “È Parola di Dio!”.

Ma da Spinoza (XVII secolo) ad oggi il silenziatore delle autorità ecclesiastiche funziona sempre meno: credenti o non-credenti (in senso confessionale), gli studiosi del settore vogliono capire con tutti gli strumenti della storia, dell’archeologia, della filologia, della letteratura comparata, dell’antropologia culturale e così via, come si sono formate le Scritture ebraiche e cristiane. Continua a leggere

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Tra la legge e il diritto la giustizia tradita

coverdi Antonino Cusumano

«Chi tocca un libro tocca un uomo». L’affermazione di Walt Whitman vale per tutti i libri che costitutivamente sono fatti di umana essenza, di memoria formalizzata, dell’intima e consustanziale esperienza di incontri, relazioni, colloqui tra l’autore e il lettore. Né leggere né scrivere sono soliloqui, esercizi individuali, processi in sé conclusi. Sono atti che nel presentificare l’assente certificano il dialogo invisibile e lo scambio possibile. A leggerne bene le pagine tutti i libri sono autobiografici e tutti sono «l’equivalente scritto della propria persona in quanto essa ha di più interiore, prolungamento della propria individualità, manifestazione della propria esistenza unica e irripetibile». Così scrive Italo Calvino (2002:133) la cui intera opera è stata una profonda e ininterrotta ricerca volta a interrogare e sfidare i confini tra le parole e le cose, tra l’io e gli altri, tra “mondo scritto” e “mondo non scritto”. Continua a leggere

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Identità e lotta per la libertà nella produzione letteraria di Younis Tawfik

Younis Tawfik

Younis Tawfik

di Alaa Dabboussi

Non c’è dubbio che il tema dell’identità è uno di quei temi che occupano molto spazio nei libri degli scrittori migranti in Italia e molto prima nelle altre letterature della migrazione europee le quali hanno avuto a che vedere con tale fenomeno data la lunga esperienza del colonialismo. Così nella società britanniche e francesi multietniche il tentativo di alcuni migrant writers e degli écrivains beurs è di dare voce all’umiliazione, al disagio e ai bisogni di quei soggetti con identità sospese, spesso emarginate ed escluse. Continua a leggere

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Figli di un libro minore: le biblioteche dei musei

32_copertina-frammenti-scuderidi Mariza D’Anna 

Biblioteche nei/dei musei, queste semi-sconosciute. Forse si sta utilizzando un’espressione eccessiva e non proprio esaustiva ma se si vuole ragionare dalla parte del “grande pubblico” potrebbe avere un suo senso logico. Il patrimonio librario custodito nei Musei siciliani gode di una sua certa vita propria, ha un alto valore storico e culturale ma dialoga poco con l’esterno. Ancor più meritevole è allora il primo passo per farlo uscire dal limbo del tempo moderno e renderlo conosciuto e conoscibile (e accessibile). E proprio da qui si avvia il proposito del lavoro dell’architetto Giuseppe Scuderi: Genii locorum. Le biblioteche dei/nei musei (Upi università press italiane, 2024), sondare un terreno ricco e fecondo ma poco esplorato, un rapporto stretto e inscindibile, in taluni casi, tra le istituzioni biblioteche e le “camere delle meraviglie” siciliane, così definite dallo studioso Ninni Giuffrida nella prefazione del libro. Continua a leggere

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Neocolonialismo europeo e criminalizzazione della solidarietà: un breve contributo teorico-antropologico

We are not dangerous, we are in danger!”. Striscione dell’Associazione Baobab Experience di Roma per la manifestazione contro il DDL Sicurezza. 2025. Fonte: https://www.baobabexperience.org/

We are not dangerous, we are in danger!”. Striscione dell’Associazione Baobab Experience di Roma per la manifestazione contro il DDL Sicurezza. 2025. Fonte: https://www.baobabexperience.org/

di Eleonora Di Renzo 

«La maggior parte delle nazioni che si sono liberate dalla colonizzazione hanno teso a formarsi attorno all’idea di potenza, come pulsione totalitaria della radice unica, e non in rapporto fondante con l’Altro. Il pensiero culturale di sé era duale, giacché opponeva il cittadino al barbaro. Mai niente fu più lontano dal pensiero dell’erranza, di questo periodo della storia dell’umanità in cui le nazioni occidentali si sono costituite diffondendo poi il proprio modello nel mondo» (Glissant, 2007: 32).  Continua a leggere

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Dalla “piccola città” di Ferrarotti al presente: un intreccio di antropologia e politica

Marina di Stabia

Castellammare di Stabia

di Annalisa Di Nuzzo 

«Due aspetti, l’industriale e il turistico, determinano la “tipicità” della cittadina campana, a cui le statistiche assegnano il quarto posto nella regione per popolazione e il terzo come importanza industriale, turistica e commerciale, dopo Napoli e Salerno. Si intende non una “tipicità” esteriore, ma un insieme vivo di gruppi che, in modo costante, si appoggiano all’una o all’altra caratteristica della città, si differenziano per modi di pensare, per legami che li uniscono, per un insieme di principi morali e di complessi e radicati pregiudizi. Ma se “industria” e “turismo” sono le caratteristiche che colpiscono l’osservatore, è presente un’altra caratteristica non meno importante: la fertilità della terra, che fascia a semicerchio Castellammare e sulla quale per ragioni storiche, politiche ed economiche, sono cresciute in questi ultimi anni nuove strutture sociali con loro particolari interessi, contrasti e legami»

Franco Ferrarotti, 1960 Continua a leggere

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La Danzamovimento Terapia: una pratica educativa inclusiva in contesti di emarginazione sociale

Palermo, laboratorio di danzaterapia

Palermo, laboratorio di danzamovimento terapia (ph. Nina Ferruzza)

di Nina Ferruzza Marchetta

Premessa 

Il seguente articolo verterà intorno ad un intervento realizzato presso la parrocchia S. Lucia, sita nel quartiere popolare di Borgo Vecchio (nella città di Palermo), durante il mese di giugno 2022, nel contesto di un Grest estivo, rivolto a due target: gruppi di bambini dai 6 al 12 anni e di ragazzi dai 13 ai 16 anni. All’interno delle attività proposte – di carattere ludico-ricreativo – tra cui figuravano sport all’aria aperta (ginnastica, basket, calcio), laboratori di pittura e disegno, teatro, è stata inserita la disciplina della danzamovimento terapia, di cui ho facilitato personalmente alcune sessioni esperienziali, sia con i gruppi del più piccoli che con quelli degli adolescenti. Continua a leggere

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Lettura e lettori: filosofia e critica dell’arte della letteratura

 i__id16617_mw600__1x-copiadi Irma Galgano 

Che cosa vuol dire vedere la letteratura come un’arte? Perché solo alcuni romanzi, poesie e drammi possono essere considerati opere d’arte? Che valore viene attribuito a un testo quando diviene letteratura? Sono tali interrogativi a dare l’avvio all’analisi condotta da Peter Lamarque in Filosofia della letteratura (Mimesis, 2024), in cui particolare attenzione viene data alla natura e all’ontologia delle opere letterarie, alle modalità d’interpretazione, al ruolo della cognizione nella fruizione dei testi e alle basi per la loro valutazione [1].

L’interrogativo principale riguarda l’effettiva possibilità di studiare la letteratura da un punto di vista estetico: si può ancora parlare di esperienza estetica e di piacere estetico quando si legge un’opera letteraria? Continua a leggere

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Di Sicilia, di libri e altre cartoline. Conversazione con lo scrittore Michele Burgio

61ddwwxlnvl-_sl1500_di Alberto Genovese

Ama scrivere “Cartoline dall’Isola”, isola innominata per vezzo letterario, nella quale ognuno ravvisa la Sicilia. Ora la Sicilia dell’interno, la petrosa, la disadorna, l’immota, la sequestrata alla storia, la generosa di letterati. Dicono qui le cartoline di sentieri di adolescente avventuroso percorsi nelle campagne, di dimore cadenti visitate dall’immaginazione, dell’oro della nostalgia, dell’affetto di figlio. Foto di un album felice, di promesse di vita non tradite. Poi la Sicilia della costa, metropolitana, alma mater del sapere di adulto, splendida, sgarrupata, terragna, nell’insieme vera, ma come incompleta, come una somma di spiccioli alla quale ne manca sempre uno perché la si possa degnamente spendere. Continua a leggere

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Toccati nello Sguardo. Silhouette siciliane del secondo Novecento

1-secondo-novecento-in-sicilia-copertinadi Aldo Gerbino 

La risolutezza critica di Giovanni Bonanno ha avuto spesso un preciso bersaglio: esporre, ‒ nel suo costruire da decenni la tessera del Novecento, ‒ il volto nascosto del popolo dell’arte; pulsione che lo ha già impegnato in un attento e ampio ventaglio di declinazioni. D’altronde Giovanni è, come sappiamo, uomo tenace, e la tenacia sostiene il suo probante rovello di scientificità.

Perché questo suo continuo dragaggio del tessuto artistico siciliano? Facciamo uso del termine ‘dragaggio’ in quanto riteniamo che esso pertenga alla natura estetica della ricerca di Bonanno legata all’uso che egli ne fa a tutto vantaggio di un’aura generale di questo suo geografico ‘laboratorio Sicilia’, e che idealmente si sposa alla poetica di un intellettuale e poeta del Novecento d’alto lignaggio, Ghiorgos Seferis, il quale per comprendere nel suo insieme l’umana esistenza avverte che bisogna saper dragare “La Cisterna”, così è titolata una sua lirica confezionata nel 1932. Continua a leggere

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Dal paradosso morale alla costruzione dell’identità

22760577855di Claudio Gnoffo 

La commedia: Il piacere dell’onestà

Il 1916 e il 1917 sono due anni cruciali per il teatro pirandelliano. Nel 1916 arrivano finalmente le prime soddisfazioni: l’attore Angelo Musco recita con successo sia la commedia in tre atti che Pirandello ha estratto dalla novella Pensaci, Giacomino!, sia la commedia pastorale Liolà, questa particolarmente gioconda e vivace, sebbene lo scrittore viva la doppia angoscia della prigionia del figlio in mano agli austro-ungarici e delle crisi di follia della moglie. Continua a leggere

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La città anomala e la peste del presente nel canto di Mario Luzi

img-20251019-wa0174di Nicola Grato 

Guardate le storture, le occulte leggi che vanificano

Quella della morale e dello Stato

E a cui è forza soggiacere.

Tutto ne è corrotto e avvelenato.

  (Mario Luzi, Corale della città di Palermo per S. Rosalia) 

Come vive Palermo la sua anomalia?

(Mario Luzi, Il fiore del dolore) 

La collana I “Quaderni di poesia” diretta da Giorgio Devoto della casa editrice “San marco di Giustiniani” ha recentemente ripubblicato Corale della città di Palermo per S. Rosalia del grande poeta e drammaturgo Mario Luzi.[1] Continua a leggere

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Ferdinando Galiani “filosofo e buffone”: ritratto di un genio dimenticato

Busto bronzeo di Ferdinando Galiani

Busto bronzeo di Ferdinando Galiani

di Massimo Jevolella 

Potessimo passare una serata in compagnia di Democrito, oppure di Eraclito, a quale dei due filosofi andrebbe la nostra preferenza? Non so voi, ma io non avrei dubbi: sceglierei Democrito, inventore dell’atomo e filosofo del riso. Con tanti rispettosi saluti al grande Eraclito, inventore della dialettica e filosofo del pianto. Forse perché di sera l’anima vuole sollievo dalle pessime notizie delle cronache quotidiane, e cerca nel cielo le nuvole rosa come nei versi di Pascoli: la nube nel giorno più nera/ fu quella che vedo più rosa/ nell’ultima sera…E forse è per questo che, quando il pensiero s’invischia nei gravi e insolubili temi della filosofia, una voglia di leggerezza e di riso può insorgere con impertinenza, e invitarci perfino allo sberleffo, alla dissacrazione, come fu per il saggio Panurge di Rabelais, quando rivolse allo sfibrante filosofo Spaccapeli la formidabile osservazione: «Mi par che sia più facile cavare un peto da un asino morto che una verità da un filosofo». Continua a leggere

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La ridicolizzazione della Natura. Contestazione e ontologia estetico-geografica del paesaggio

"Il paesaggio rovina il soggetto", Villaseta (AG), 3 giugno 2017 (ph. Dario La Mendola)

Il paesaggio rovina il soggetto, Villaseta (AG), 3 giugno 2017 (ph. Dario La Mendola)

di Dario La Mendola 

Il calcolo etimologico 

La scelta della divinizzazione e personificazione della Natura è probabilmente una delle cose più bizzarre della cultura occidentale. E di cose bizzarre, in questa antica e vasta cultura, non ne mancano affatto (il liberismo? il nazionalismo? il diritto bellico?). Ma tale scelta, cioè rendere la Natura (sostantivo che, in sé, ha una vicenda etimologica tortuosa) una divinità personificata, è, tra tutte, quella che maggiormente rende giustizia all’aggettivo bizzarro (il quale, a sua volta, è etimologicamente tortuoso). Tuttavia questa bizzarria è anche quella che maggiormente può affascinare chi della Natura è, a modo suo, interessato. Perché chi alla Natura dedica il suo tempo, ammirandola o studiandola, avrà compreso quanto essa sia concettualmente inimmaginabile e conseguentemente indicibile. Continua a leggere

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“Paternal leave” ovvero genitorialità e responsabilità

paternal_leave_film_posterdi Sabina Leoncini 

Introduzione

Cosa significa essere genitori e genitrici in questo periodo storico? Quali strumenti di sostegno ci vengono messi a disposizione da parte delle istituzioni? Perchè l’Italia è uno dei Paesi con più basso tasso da natalità al mondo? Come si può essere buoni genitori se si è cresciuti e si vive in un contesto di fragilità e di disagio?

Questo contributo si interroga su questioni culturali eticamente “scomode” e considerate non prioritarie in questo momento, partendo da queste domande per riflettere principalmente sulle riflessioni scaturite dalla lettura del film “Paternal leave” e dalla serie “Shameless” e da alcuni casi di cronaca che hanno scosso le nostre menti benpensanti. Ovviamente l’obiettivo di questa analisi non è certo essere esaustivi ma cercare di far riflettere i lettori e le lettrici su temi che sono spesso messi da parte dai media o affrontati solo per creare audience.  Continua a leggere

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Dai ricettari alla tavola. Per un archivio della cultura alimentare in Sicilia

01-a-copertina-del-libro-di-paolo-monelodi Luigi Lombardo 

I ricettari storici, si sa, hanno trasmesso il sapere alimentare nei secoli, consentendoci di gettare luce sui costumi alimentari delle varie epoche storiche. Tutti conoscono il ricettario “padre” qual è l’Apicio romano, che è alla base di tutto e ci consente di chiarire i rapporti tra la cucina greco-romana e quella arabo-persiana, che da quella discende con l’importante mediazione della cultura bizantina, scarsamente tenuta in considerazione, ma che fu l’anello di congiunzione e trasmissione tra le mode alimentari romane e il mondo arabo, venuto in contatto con la più progredita civiltà della fiorente e civilissima Baghdad. Da questo mondo, variamente intrecciato, discende il primo ricettario dell’Occidente cristianizzato: il Liber de coquina, di epoca normanno-sveva (alla corte di Federico II convennero i cuochi più famosi provenienti da occidente e da oriente). Questo testo, pervenuto a noi in un latino “parlato”, pare presupporre un amissus (il “Meridionale”), ricettario in lingua siciliana delle origini [1]. Continua a leggere

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Il Canto dell’Urbe

9791255711933-main_di Marco Maccari 

Fa irruzione una Nuova Realtà. E lo fa con la lingua del poeta romano Fabio Sebastiani, sperimentata sulla pelle delle battaglie fuori tema degli anni Settanta, meditata nel confronto con l’estetica pratico-critica del Realismo Terminale di Guido Oldani. L’irruzione di Sebastiani è contenuta nel suo nuovo libro Se non torna il canto, pubblicato a maggio 2025 dall’editore Ensemble. Trentuno poesie ambientate in una città, l’attuale Urbe romana, oggi completamente spaesata e impraticabile, poiché riconvertita nell’irriconoscibile entità che Sebastiani denomina l’«ultra-market».  Continua a leggere

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Polionimia nella Sicilia spagnola

Graffiti disegnati dai prigionieri dell’Inquisizione spagnola sulle pareti delle celle delle carceri, Palazzo Steri, Palermo

Graffiti disegnati dai prigionieri dell’Inquisizione spagnola sulle pareti delle celle delle carceri, Palazzo Steri, Palermo

di Pier Luigi José Mannella 

In età Moderna, il cambio di nome e l’assunzione di diversi antroponimi furono una consuetudine diffusa, soprattutto tra i letterati, e tale da produrre una significativa densità onomastica (cfr. Graziani 2021, Mannella 2025). L’alterazione nominale, il conseguente nascondimento della propria identità e la relativa interpretazione più o meno conscia di un altro sé non interessarono soltanto l’ambito letterario. Un cambiamento di condizione, status o ruolo sociale conduceva inevitabilmente a un mutamento anche onomastico: pensiamo ai nomi ecclesiastici acquisiti da preti, frati e prelati una volta presi i voti. In questo caso il chierico abbandonava insieme alla vita anche il nome secolare, per intraprendere un nuovo percorso spirituale e terreno con una nuova identità personale e onomastica. Medesimo fenomeno si verificava in caso di conversione religiosa: il neofita adottava un nome consono alla sua nuova veste spirituale. Continua a leggere

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La letteratura come strategia di sopravvivenza. In dialogo con Serenella Iovino

cover_ecologia-letteraria_iovino_connessioni-1di Ivana Margarese 

Serenella Iovino insegna Environmental Humanities alla University of North Carolina at Chapel Hill e dirige il dottorato in Italian Studies. Voce di riferimento nel dibattito ambientale internazionale, ha pubblicato, tra gli altri studi, Paesaggio civile. Storie di ambiente, cultura e resistenza (2022), Gli animali di Calvino. Storie dellAntropocene (2023; vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica – Sezione Scienze umane, e del Premio letterario Green Book). Scrive per il quotidiano la Repubblica e per il suo supplemento culturale Robinson. Per il suo contributo alle scienze umane per l’ambiente nel 2025 ha ricevuto il Premio “Seres Puentes” dello Humanities for the Environment North American Observatory, attivo alla Arizona State University sotto il patrocinio dell’Unesco. In occasione della ripubblicazione per Edizioni Ambiente del suo Ecologia letteraria: una strategia di sopravvivenza ha accettato di dialogare con me per lo spazio dedicato alle interviste che da qualche mese curo su Dialoghi Mediterranei.  Continua a leggere

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Essere è apparire. Rileggendo “Metafisica concreta” di Massimo Cacciari

1di Federico Nicolosi 

Alètheia 

L’essere è. Etwas ist gegeben: qualcosa, anziché il nulla, si dà. Da questa constatazione ingenua, dal thâuma di fronte al ‘qualcosa’, ha inizio ogni filosofare metafisico. Cioè ogni filosofare. Se «sofern der Mensch existiert, geschieht in gewisser Weiser das Philosophieren» 1, è anche perché ‘metafisica’ non è (soltanto) una disciplina universitaria ma è anzitutto l’atteggiamento originario dell’umano di fronte al reale. Prendere atto nel modo più profondo delle parole di Heidegger vuol dire, dunque, assumere una certa postura nell’indagine sull’essere; vuol dire fare già metafisica e farla in un determinato modo. Continua a leggere

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Pessoa e gli eteronimi. Un poeta che avvertì la catastrofe

8fe10ba0-7957-4392-9101-608233bc425bdi Sara Ortoleva

Non si può parlare di Fernando Pessoa senza passare attraverso Antonio Tabucchi che lo importò in Italia facendone un maestro, un alter ego, un miraggio, un amico da ritrovare e proteggere. E diventandone, a sua volta, una sorta di suo eteronimo fra il centinaio e oltre che il grande autore portoghese fece germogliare dal suo inchiostro.

I due furono legati a distanza, condivisero idee e aneliti. Tabucchi nel suo Gli ultimi giorni di Fernando Pessoa ci racconta le ore finali del poeta portoghese, morto a 47 anni, con ogni probabilità per una cirrosi epatica, il lettore è lì seduto, accanto al letto, mentre sfilano ad uno ad uno i suoi eteronimi. Alberto Caeiro da Silva, poeta contadino, considerato il maestro degli alter ego, con uno stile semplice e diretto, vicino alla natura; l’ingegnere navale Álvaro de Campos, artista dandy del tempo e grande viaggiatore, anche mentale; le sue opere riflettono le sue esperienze di viaggio e di vita nelle grandi città con uno stile modernista e sperimentale; Ricardo Reis appare nel libro di ritorno dal suo Brasile immaginario; è un medico che simpatizza per la monarchia, latinista e grecista che scrive con uno stile classico e ispirato all’antichità; Bernardo Soares, impiegato come lo stesso Pessoa, autore de Il libro dell’inquietudine, un’opera in prosa che riflette la malinconia e l’inquietudine del poeta. Continua a leggere

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Tra polemiche e sodalizio di studi: Roberto Llaryora e Salvatore Costanza sulle origini della mafia

buch-erschienen-im-springer-verlag-5-1-2024-4_page-0001di Dieter Paas

Intorno al 1972, Roberto Llaryora annotó nei suoi manoscritti che Salvatore Costanza, nonostante i risultati della sua eccellente ricerca sulla Rivolta contro i Cutrara a Castellamare del Golfo (1862) [1], sosteneva la teoria che la mafia emerse solo negli anni ‘60 dell’Ottocento, cioè dopo l’Unità d’Italia. Al contrario, Roberto riteneva che la “clientela violenta”, componente centrale della mafia, fosse un prodotto del XVI secolo.

Come giunse Llaryora a questa valutazione storica? Dal 1965 al 1968, si dedicò a ricerche sociologiche-etnografiche a Partanna, nella Sicilia sud-occidentale. Nel farlo, ripercorse anche le radici storiche dei fenomeni sociali e culturali da lui studiati, in particolare il patronaggio e il sistema clientelare. Trovò ciò che cercava nell’Archivio di Stato di Palermo: negli atti processuali e nelle relazioni del XVI e XVII secolo, scoprì non solo notevoli riferimenti al patronaggio e al clientelismo, ma anche numerose forme di esercizio violento del potere nelle città del Vicereame di Sicilia, che, a suo avviso, presentavano una sorprendente somiglianza con la mafia del XIX e XX secolo. Continua a leggere

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Cucinare la nostalgia di casa: il kacchi biryani come patrimonio (interculturale) quotidiano

Kacchi Biryani preparazione di Liput  (ph. Mattia Pagano)

Kacchi Biryani preparazione di Liput (ph. Mattia Pagano)

di Mattia Pagano 

Storia, varianti e ridefinizioni del Biryani: il caso del kacchi

Il Biryani è un piatto a base di riso e carne (ma in alternativa anche pesce e verdure) fortemente speziato che occupa un ruolo di primaria importanza nella tradizione culinaria dell’Asia meridionale. Più che un semplice piatto, incarna una narrazione storica di mobilità, scambi culturali e stratificazioni identitarie. Continua a leggere

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Nel segno di Mejerchol’d e Majakovskij: il teatro satirico dei primi anni della rivoluzione sovietica

copertina-in-principio-era-il-balagandi Antonio Pane

«Come vuoti boccali si allineano ormai le regie sul bancone del tempo, esse sono il Dimenticato». La morandiana figura che inaugura la sesta e conclusiva frazione di Ritorno e morte del figliol pròdigo, l’ultima rapsodia di Il trucco e l’anima, Everest delle arrampicate teatrali di Angelo Maria Ripellino [1], potrebbe fare da esergo al recente lavoro di Antonella d’Amelia (In principio era il balagan. Alle origini del teatro satirico russo (1917-1924), Salerno, Europa Orientalis, 2025), modestamente erogato, nella dedica al Maestro, come «appendice al suo studio sulla regia del Novecento, per ricostruire altri innovativi allestimenti dell’epoca, accennati da Ripellino, ma successivamente cancellati dal panorama sovietico». Continua a leggere

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San Cristoforo tra rovine e Fenici

Etna, Eruzione, 1669

Fig. 1 Etna, Eruzione, 1669

di Cristina M. Pantellaro [*] 

 Sorgere dalle ceneri

Per raccontare il quartiere San Cristoforo di Catania vorrei proporre alcune immagini [1] piuttosto eloquenti che ci supportano nel porre le premesse storiche che ne hanno determinato la genesi e condizionato le fasi di sviluppo. Queste immagini illustrano l’eruzione vulcanica del 1669 una delle più devastanti degli ultimi secoli e, a uno sguardo attento, ci forniscono molte informazioni sugli eventi accaduti (Abate, Branca 2016). Alla fine del XVII secolo infatti le notizie venivano diffuse attraverso ‘avvisi’ e ‘bollettini’ stampati periodicamente e distribuiti anche a livello internazionale. Politica, fatti di cronaca ed eventi naturali che, se sono di particolare rilevanza, vengono descritti attraverso incisioni e stampe illustrate, circolano velocemente tra le elitè ma anche tra la gente comune. Continua a leggere

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Il culto e le tradizioni di San Pietro in alcuni Comuni della valle dell’Aventino

Taranta Peligna

Taranta Peligna, Panorama

di Amelio Pezzetta [*]

Introduzione 

Nel presente saggio si prende in considerazione l’evoluzione storica che hanno avuto le tradizioni di San Pietro nella valle dell’Aventino, un ambito geografico della provincia di Chieti più volte discusso in articoli della presente rivista e a cui appartengono 11 Comuni: Palena, Lettopalena, Colledimacine, Taranta Peligna, Lama dei Peligni, Torricella Peligna, Montenerodomo, Gessopalena, Fara San Martino, Civitella Messer Raimondo e Casoli [1]. Continua a leggere

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Rileggere “Die italienische Reise” di Goethe

914ffddqoldi Franco Pittau, Jürgen Schleider

Introduzione all’opera 

Goethe pervenne solo nel 1816 alla redazione definitiva del primo volume del diario sulla esperienza italiana (intitolato Italienmische Reise), mentre nel 1817 fu pubblicato il secondo volume (intitolato Zweiter Roemischer AUfenthalt): in questo secondo periodo, da giugno 1787 a marzo 1788, egli non scrisse giornalmente ma all’incirca una volta al mese, in forma riassuntiva. A questi due volumi fu aggiunta in seguita un’appendice, per un totale di oltre 700 pagine.  Continua a leggere

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Il Premio Nobel per l’Economia: un’invenzione neoliberista che ha cambiato il mondo!

9788807105548_0_0_536_0_75di Elio Rindone 

Lo sapevate che il Nobel per l’economia non è… un vero premio Nobel? Io no. L’ho scoperto leggendo Dominio, un libro, davvero interessante, di Marco d’Eramo [1], che racconta come è perché questo premio abbia avuto origine. In realtà, basterebbe dare un’occhiata su Wikipedia alla voce Premio Nobel per l’economia per essere informati del fatto che Alfred Nobel (1833-1896), che si era arricchito con le sue scoperte, tra cui la dinamite, destinò nel testamento la maggior parte del suo patrimonio all’istituzione di un premio per personalità che si fossero distinte nei seguenti campi: fisica, chimica, medicina, letteratura, pace. Tra i premi, assegnati per la prima volta nel 1901, non ce ne era affatto uno per l’economia, perché Nobel dichiarava di non avere alcuna formazione in quella disciplina e di odiarla dal profondo del cuore. Continua a leggere

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Il sacro rito nello spazio urbano: la Madonna della Mercede al Capo di Palermo

Palermo, festa della Madonna della Mercede (ph. Rossana Salerno)

Palermo, festa della Madonna della Mercede (ph. Rossana Salerno)

di Rossana M. Salerno 

Introduzione 

Il territorio palermitano porta i segni del passaggio di molteplici civiltà, dalle culture dell’antichità classica fino a quelle medievali, che ne hanno modellato il paesaggio, le architetture e le pratiche sociali. Da secoli, scrittori, filosofi attraverso i loro viaggi ed il Grand Tour hanno colto nella cultura festiva siciliana una dimensione profonda, capace di coniugare il civile e il religioso in un’unica trama simbolica. Ridurre queste manifestazioni alla loro componente spettacolare sarebbe tuttavia limitante: le feste e i riti che animano le piazze e le strade di Palermo rappresentano veri e propri dispositivi di trasmissione culturale, attraverso i quali la comunità rinnova e tramanda la propria identità alle generazioni successive. Continua a leggere

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Perù-Italia: appunti storici per una riflessione sull’integrazione degli immigrati

Peru and Italy flag together realtions textile cloth fabric texturedi Pilar Saravia 

Introduzione 

Arrivata in Italia dal Perù da oltre 40 anni, mi sono sempre occupata della tutela degli immigrati, con un’attenzione del tutto particolare al sostegno delle donne. Nello svolgimento dei miei compiti ho avuto spesso modo di maturare la convinzione che il Perù e l’Italia non sono due Paesi così lontani sotto l’aspetto socio-culturale. Tra di essi vi è un intreccio nella storia degli ultimi secoli, specialmente dopo la fine dell’era coloniale e la conquista a partire dal bene così caro dell’indipendenza. Continua a leggere

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La lezione di Simone Weil oggi

9788846930392_0_0_0_0_0di Mario Sarica 

Di fronte all’ipertrofia informativa che invade gli spazi relazionali e sociali del nostro quotidiano; alla bulimica irruzione di immagini che sovrappone il reale e il virtuale; alla sovrapposizione distopica fra cronaca e immaginario, da cui siamo soggiogati, subendo uno stordimento mediatico, dal quale facciamo fatica a riprenderci, perché sempre più sfuggenti ed incerte sono le “vie di fuga”, io credo si imponga un radicale, ma certamente problematico, ripensamento dello stare al mondo. Gli scenari di vita dalle tinte fosche che il terzo millennio consegna all’umanità intera, entro i quali ci muoviamo disorientati, richiamano profeticamente le drammatiche stagioni dei decenni bui dei primi del Novecento. Continua a leggere

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Il miraggio dello sviluppo: geografie del Mezzogiorno tra illusioni industriali e nuove possibilità

Porto di Saline Joniche (Fonte: Assomarinas)

Porto di Saline Joniche (Fonte: Assomarinas)

di Martina Sgro 

Introduzione e metodologia

Il presente saggio, attraverso una lettura storico-geografica, ripercorre le tappe fondamentali della costruzione e del fallimento del modello di sviluppo meridionale, soffermandosi in particolare sui grandi progetti industriali calabresi degli anni Settanta, simboli di un rapporto distorto tra territorio, potere e politica. L’analisi integra un approccio qualitativo basato sulla consultazione di fonti storiche e documentarie (atti legislativi, rapporti SVIMEZ, letteratura scientifica) e sull’osservazione diretta dei luoghi. L’impostazione segue la prospettiva della geografia critica italiana (Turco, 2012; De Rubertis, 2013), che considera il paesaggio come archivio materiale della memoria collettiva e come dispositivo interpretativo dei processi territoriali. Continua a leggere

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Gli spassi di Posillipo o Posillicheate

Posilicheate, Pietro Fabris, Napoli, Museo di San Martino

Posilicheate, Pietro Fabris, Napoli, Museo di San Martino

di Maria Sirago [*] 

Dalla metà del Cinquecento cominciò a diffondersi la moda degli “spassi di Posillipo”, una delle feste marine più importanti (Sirago, 2022), che duravano per tutto il periodo estivo, dalla festa di San Giovanni, 24 giugno, a quella di Piedigrotta, 8 settembre, e talvolta, se il tempo lo consentiva, anche in altri periodi dell’anno, il giovedì e la domenica, dal tramonto a mezzanotte.

Si svolgevano nel tratto di mare tra Mergellina e le pendici della collina di Posillipo, un teatro naturale con una splendida scenografia, dove i romani avevano costruito superbe ville. Veniva allestito un vero e proprio festival musicale acquatico a cui partecipava il viceré con la sua corte su imbarcazioni allestite in modo superbo, che suscitavano l’ammirazione della popolazione festante, un modo concreto per rafforzava l’immagine del potere spagnolo (Fernàndez Cortés, 2016: 273). Continua a leggere

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Da Susa a Mazara del Vallo: la spedizione di Assad ibn al-Fûrat

 Al-MaʾMūn


Al-MaʾMūn

di Ahmed Somai 

Conclusa la riunione della “Djamā’a” [1] a Qairawan con la decisione di inviare un’armata sotto il comando del Qadhi Assad ibn al Fûrat, iniziarono i preparativi della spedizione armata. Con un discorso che ricordava il Jihad del primo secolo dell’Islam, Assad chiamò i musulmani alla guerra santa: al suo appello risposero le varie tribù ed etnie che componevano il mosaico della popolazione dell’Ifriqia: arabi, berberi, andalusi, khurassaniti [2], e avventurieri in cerca di bottino. Nel frattempo Eufemio aveva raggiunto la città porto Susa e rimase lì ad aspettare l’arrivo di Assad ibn al-Fûrat con il suo esercito. Era il mese arabo rabi’i primo 212 dell’Egira, corrispondente al giugno dell’ 827. Continua a leggere

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Dialogo tra le parole del Vangelo e gli articoli della Costituzione

9791256142194_0_0_536_0_75di Orietta Sorgi          

Cosa succede quando la parola del Vangelo incontra quella del diritto? Quando il pensiero laico si trova a ripercorrere lo spesso cammino dell’orizzonte religioso, nel tentativo di porre soluzioni – sul piano astratto e concreto – ai temi della disuguaglianza sociale e di tutto ciò che ne consegue e che affligge il nostro Millennio? In altre parole – ci si chiede – esiste realmente una giustizia per i poveri nel senso di una legge davvero uguale per tutti? O è divenuta piuttosto uno stratagemma per mantenere la ricchezza e il potere nelle mani di pochi eletti a fronte di una massa di esclusi dal “banchetto della vita”? Qual è allora il senso di una democrazia? Esiste di fatto e non a parole uno Stato di diritto capace di esplicare le sue politiche a favore dei cittadini, mettendo in pratica ciò che dice la Costituzione? Continua a leggere

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Islamofobia e antisemitismo: due facce di una stessa medaglia?

202312eca_uk_anti_racism_rallydi Francesca Spinola 

Criticare l’operato di Israele è essere antisemita? Temere i musulmani nel mondo e considerarli estremisti è essere islamofobico?  Come è cambiata la percezione del mondo dopo l’attacco del 7 ottobre e il genocidio a Gaza? 

Con l’attacco di Hamas contro il popolo israeliano del 7 ottobre 2023 e la successiva risposta militare di Israele, rivolta non contro uno Stato ma contro la popolazione civile palestinese già provata da anni di occupazione, il Medio Oriente è precipitato nuovamente nel caos e il mondo intero in un clima di allarme e instabilità. Continua a leggere

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Tra trance e presenza: una lettura etnomusicologica del rito Hamadsha

Marocco, Momenti del rito

Marocco, Momenti del rito Hamadsha

di Latifa Talbi

Introduzione

Questo articolo si propone di analizzare, attraverso un approccio di antropologia comparativa, due realtà sociali separate geograficamente ma unite da un medesimo linguaggio simbolico: quello della musica come terapia.

Il primo riferimento sarà l’opera dell’antropologo italiano Ernesto De Martino, in particolare i suoi studi sulle tarantate del Sud Italia; il secondo sarà l’osservazione di Vincent Crapanzano dedicata alla confraternita sufi degli Hamadsha di Meknes, in Marocco. Continua a leggere

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Nel mondo contadino friulano tra campagna e fabbrica

coverdi Luca Vinciguerra

Sono i protagonisti dei racconti di Cesare Pavese, Giorgio Bassani, Beppe Fenoglio, Guido Piovene, Pier Paolo Pasolini. Uomini e donne schiacciati dalla miseria, dall’angoscia, dal dolore, che hanno bruciato l’esistenza in mondi marginali di sfruttamento e disperazione. Sono i contadini-operai, quel soggetto sociale dai confini vaghi e indefiniti in perenne andirivieni tra campagna e fabbrica che nella storia è stato il grande, oscuro artefice del decollo economico in quegli angoli del mondo dove uno sviluppo industriale lento e tardivo è stato sostenuto dalla forza lavoro di estrazione rurale: dall’Europa all’America Latina, dal Sudest Asiatico al Maghreb. Continua a leggere

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Melilli: l’antica officina del miele e dello zucchero

- Stemma scolpito sull’architrave del portale maggiore della Basilica di San Sebastiano a Melilli (ph. Angelo Zimmiti)

– Melilli, Stemma scolpito sull’architrave del portale maggiore
della Basilica di San Sebastiano a Melilli (ph. Angelo Zimmitti)

di Angelo Zimmitti 

Arroccata sui Monti Iblei, in provincia di Siracusa, Melilli, una cittadina di circa settemila abitanti, custodisce un passato prospero e operoso, inciso non solo nella memoria popolare ma anche nella pietra. Sul portale maggiore della sua imponente Basilica di San Sebastiano, uno stemma inusuale sfugge alle logiche araldiche, narrando la storia di un borgo la cui identità fu plasmata dal miele e dallo zucchero. Continua a leggere

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Un castello come gioco, cura e luogo del reincanto

504404891_18389584084143804_5623451188261595586_ndi Giulia Panfili 

“Il castello indistruttibile” (2025) è un film di Danny Biancardi, Virginia Nardelli e Stefano La Rosa, prodotto da ZaLab e co-prodotto con la francese Société Du Sensible. I protagonisti del film sono tre bambini, Angelo, Mary e Rosy, che vivono a Danisinni, quartiere di Palermo, poco distante dal centro della città. Intorno alla loro amicizia, i loro giochi e i loro sogni si sviluppa l’intero film documentario. I tre autori infatti li hanno conosciuti durante laboratori di cinema partecipativo che hanno tenuto con la comunità del quartiere nel corso di due anni. Il documentario, con significativi tratti di finzione, nasce e cresce con loro nel gioco e nell’avventura di esplorare un asilo abbandonato nel cuore del loro quartiere. Qui tra le macerie di uno spazio abbandonato e sospeso, provano a costruire uno spazio tutto per loro, intimo, dove potersi sottrarre agli sguardi degli altri. Continua a leggere

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Il Castello indistruttibile: un binocolo per vedere il nuovo mondo oltre il muro

da "Il castello indistruttibile"

da “Il castello indistruttibile”

di Valeria Salanitro 

Il docufilm, Il Castello indistruttibile è la rappresentazione emblematica di un microcosmo che sviscera, gradualmente, e attraverso le narrazioni biografiche dei protagonisti, una dimensione macro in cui devianza, criminalità organizzata, sofferenza sociale, luoghi degradati fanno da cornice ad una polifonia dissidente e resiliente nel quartiere periferico di Palermo Danisinni Il rione comprende il territorio tra le vie Cipressi, Cappuccini, Colonna Rotta e Piazza indipendenza. Il nome deriva dalla sorgente che si chiamava in arabo Ayn Sindi che fu in seguito storpiato in Denisinni o Danisinni. Continua a leggere

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I legami sociali in un castello indistruttibile: una prospettiva sociologica

Da "Il Castello indistruttibile"

Da “Il Castello indistruttibile”

di Rossana M. Salerno 

Introduzione 

Il documentario “Il Castello Indistruttibile” (2025), diretto da Danny Biancardi, Stefano La Rosa e Virginia Nardelli, può rappresentare le dinamiche sociali che si creano nei contesti periferici, offrendo così una interessante prospettiva sociologica. Ambientato nel quartiere dei Danisinni a Palermo, il film narra le vicende di quattro bambini che, attraverso la trasformazione di un asilo abbandonato in un rifugio segreto, costruiscono un vero e proprio “castello” immaginario e simbolico. Questo spazio diventa per loro un luogo di resistenza e speranza, un microcosmo in cui è possibile esperire autonomia, creatività e protezione in un contesto segnato da marginalità, degrado e limitazioni strutturali. Il processo di riappropriazione spaziale è fondamentale per la costruzione dell’identità e della comunità, come evidenziano gli studi attuali sulle periferie urbane. Continua a leggere

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Un’utopia al margine, un atto di resistenza poetica

maxresdefault-1di Nuccio Zicari 

Il Castello Indistruttibile diretto dal trio di registi – Danny Biancardi, Virginia Nardelli, Stefano La Rosa – non è un semplice documentario sull’infanzia, ma un viaggio intimo e toccante nella geografia emotiva di un quartiere spesso dimenticato di Palermo: Danisinni. Attraverso gli occhi e le parole di quattro undicenni – Angelo, Mery, Rosy e Giada – i registi creano un racconto di straordinaria autenticità che mescola abilmente la verità del documentario e la pura forza della finzione infantile. Continua a leggere

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Lettera dei registi

castello_1080x1350px-1di Danny Bianciardi, Stefano La Rosa, Virginia Nardelli

Carissimi,

Grazie di cuore a chi ha dedicato tempo e pensiero a Il Castello Indistruttibile. Per noi il bello del cinema è proprio questo: un film non finisce con i titoli di coda, ma apre conversazioni e attraversa saperi – sociologia, psicologia, pedagogia, urbanistica, studi visuali… Ogni spettatore ne fa esperienza in modo diverso: c’è la vita dell’incontro in sala, la vita emotiva di chi il film l’ha vissuto da vicino, e poi le vite delle riletture critiche che lo rilanciano in nuove chiavi. Noi il film l’abbiamo fatto divertendoci, stando dentro un mondo; ora cammina da solo, e ciascuno si prende un pezzo di viaggio per costruirci sopra il proprio piccolo cosmo di pensiero. Questa è, per noi, la magia del cinema e il senso della cultura come strumento di tutte e di tutti. Continua a leggere

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La strega bianca

La strrega bianca (ph. Anna Consilio Alemanno)

La strrega bianca (ph. Anna Consilio Alemanno)

di Anna Consilia Alemanno 

È nata su un’isola (e questo, come scrisse Marguerite Yourcenar, è già un inizio di solitudine), a Caltanissetta, nel cuore della Sicilia. Gli occhi grigi azzurri socchiusi in stringhe di cielo per sfuggire alla luce penetrante di un mattino di un’estate qualsiasi, nel cuore del centro storico di Palermo, sembrano scolpiti tra le pieghe di una pelle bianchissima. Continua a leggere

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Il caso e il surreale

Il caso e il surreale (ph. Marco Cajazzo)

Il caso e il surreale (ph. Marco Cajazzo)

di Marco Cajazzo 

Cos’é la fotografia di strada? È il genere fotografico che vuole rivelare l’umanità nella vita quotidiana di tutti i giorni, non solo nelle vie dei centri urbani, ma in qualsiasi contesto pubblico: lo fa svelando i gesti, le emozioni, le interazioni fra le persone e gli elementi del tessuto urbano, talvolta con occhio critico, altre volte con ironia, ma sempre con lo scopo di provocare emozioni o domande. Continua a leggere

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Oliveto Lucano: il Maggio in agosto

Il Maggio di Oliveto Lucano, 2013 (ph. Massimo Cutrupi)

Il Maggio di Oliveto Lucano, 2023 (ph. Massimo Cutrupi)

di Massimo Cutrupi 

Il Maggio di Oliveto, un rito arboreo di antichissima tradizione, si svolge ogni anno in occasione dei festeggiamenti di San Rocco, venerato al pari di San Cipriano, patrono del paese.

Nel 1977 la festa è stata spostata da settembre, giorno del Santo protettore, a poco prima di Ferragosto, per permettere a chi non abita più in paese di sfruttare le ferie e partecipare alle celebrazioni così da rendere più collettivo e coinvolgente l’evento. Continua a leggere

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Alla cieca, tra immagini e parole. Claudio Magris tra letteratura e vita vissuta

Alla cieca, tra immagini e parole (ph. Danilo De Marco)

Claudio Magris, al Caffé San Marco (ph. Danilo De Marco)

di Danilo De Marco 

Vivono in me, inesauribili, le risonanze degli echi di due persone, diciamo tra letteratura e vita vissuta. La prima eco è preziosamente incastonata nella stessa mia esistenza fin dall’infanzia: quella del partigiano Sergio Cocetta.

La seconda, incontrata più o meno nello stesso periodo delle mie prime frequentazioni con Claudio Magris, a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 del secolo passato, con lo scrittore, allora jugoslavo, Predrag Matvejevic.

Una sovrapposizione di storie che coinvolge non solo questi tre protagonisti, ma grazie a loro, aiuta a capire quelle vite e molte altre e scoprire luoghi, o meglio ‘paesaggi’, tra vita, narrazione e letteratura. Continua a leggere

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Presenze silenziose

Presenze silenziose (ph. Valeria Laudani)

Presenze silenziose (ph. Valeria Laudani)

di Valeria Laudani 

Ogni anno, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre i defunti tornano simbolicamente a visitare i vivi, e le famiglie si riuniscono nei cimiteri e nelle chiese per rincontrare e accogliere queste presenze. In molte località i bambini ricevono doni “portati” dai morti, un rituale che mescola affetto, rito e gioco. Continua a leggere

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Dimensione antinaturale

Dimensione antinaturale (ph. Bruno Madeddu)

Dimensione antinaturale (ph. Bruno Madeddu)

di Bruno Madeddu 

“Dimensione Antinaturale” è uno dei miei primi progetti fotografici, opera in continuo aggiornamento, nato dall’esigenza di rappresentare la mia visione delle grandi metropoli, degli spazi urbani, delle piazze, dei metrò, prospettive che enfatizzano la solitudine e risaltano un ambiente ostile alienante e, a mio parere, non naturale per l’uomo. Continua a leggere

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Il disegno del mondo. Lo sguardo topografico di Enrico Pasquali

Castel Guelfo. Frate pellegrino che raccoglie legna (ph. Enrico Pasuqli, 1956)

Castel Guelfo. Frate pellegrino che raccoglie legna (ph. Enrico Pasquali, 1956)

di Silvia Mazzucchelli 

Enrico Pasquali appartiene a quella categoria di fotografi che raccontano il mondo dall’interno, con l’empatia di chi conosce ogni piega della propria terra. Il suo sguardo percorre strade, attraversa piazze, sfiora mani e volti, cogliendo il ritmo sommesso della vita quotidiana e la misura del paesaggio che lo circonda.

Nato a Castel Guelfo di Bologna nel 1923 e autodidatta, Pasquali inizia la sua attività di fotografo itinerante nel 1947 a Medicina. Essere “fotografo ambulante” non significa solo spostarsi da un paese all’altro: è muoversi con passo discreto all’interno delle comunità, tessere relazioni, osservare la vita quotidiana. Continua a leggere

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I Tuareg nel vortice di una danza rituale

Djanet, Sahara (ph. Akram Menari)

Djanet, Sahara (ph. Akram Menari)

di Akram Menari 

Nel cuore del Sahara di Hoggar, e più precisamente nella città di Djanet, il festival Sebiba si svolge come un affresco vivente che connette il presente dei Tuareg al loro passato ancestrale.

Questa celebrazione, iscritta nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’UNESCO, si svolge ogni anno durante l’Eid al-Adha.

Attraverso i ritmi dei tamburi, i movimenti dei corpi e l’eleganza dei costumi ricamati, il rito comunica una narrazione collettiva di pace, di riconciliazione e di identità condivisa. Continua a leggere

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La memoria appesa a un filo. Nel santuario dei Pupi siciliani

La memoria appesa a un filo (ph. Ljdia Musso)

La memoria appesa a un filo (ph. Ljdia Musso)

di Ljdia Musso 

Il patrimonio culturale siciliano è un palinsesto complesso, un’intricata stratificazione di saperi, riti e arti che testimoniano secoli di scambi e rielaborazioni. In questo vasto mosaico, l’Opera dei Pupi occupa un posto d’onore, rappresentando una delle più alte e longeve espressioni della cultura popolare dell’Isola.  Continua a leggere

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