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Se l’integrazione inizia dai cortili. La rassegna “Cinema di Ringhiera” a Milano

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Rassegna  “Cinema di Ringhiera”, Milano

  di Chiara Dallavalle

Difficile in questo momento storico rifarsi ad un’immagine dello straniero diversa da quella del profugo che si aggrappa ad un gommone, o da quella delle moltitudini di ragazzi di colore che troviamo fuori dai supermercati cittadini con un cappello in mano, in attesa di qualche monetina avanzata dalla spesa. Oggi l’immigrazione è innanzitutto emergenza, una parola che ultimamente va di pari passo con invasione. Tuttavia questa visione, per quanto ben rappresenti una realtà innegabile e con cui l’Italia deve necessariamente fare i conti, è soltanto una delle molteplici forme che il fenomeno migratorio assume. Il momento in cui i flussi migratori hanno cambiato segno, e i migranti in entrata hanno iniziato a superare quelli in uscita, risale ormai a qualche decina di anni fa. Ed in questo tempo l’Italia si è trasformata in un luogo di radicamento per molti migranti, che l’hanno eletta a loro patria, in cui vivono, lavorano e crescono i propri figli. I primi stranieri ad attirare l’attenzione dei mass media sono stati proprio loro: le donne dell’Est venute alla ricerca di un lavoro come badanti, gli Albanesi in fuga dalla crisi economica del proprio Paese dopo la caduta della dittatura, oppure i nuovi venditori ambulanti che iniziavano ad affollare le spiagge italiane. La lista potrebbe continuare a lungo. Oggi, davanti all’immane dramma degli sbarchi, questi stranieri sembrano essere diventati improvvisamente invisibili, nonostante continuino ad abitare le nostre città, abbiano ormai per la maggior parte regolarizzato la propria posizione, e paghino le tasse attraverso il proprio onesto lavoro. L’immigrazione sembra allora avere due facce, una drammatica fatta di centri di accoglienza e morti in mare, ed un’altra fatta di normalità, di lavoro e di nuove modalità di convivenza che prendono forma degli spazi della vita quotidiana.

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Un momento della rassegna

La Lombardia è sicuramente una delle Regioni italiane in vetta alle statistiche per entrambi i fenomeni. Da un lato oggi ospita, soprattutto nelle province di Milano e Brescia, un numero estrema- mente elevato di richiedenti asilo, attraverso la sua rete capillare di strutture di accoglienza. Dall’altro, la Lombardia è stata da sempre una delle destinazioni privilegiate di insediamento da parte dei migranti economici, proprio quelle persone che oggi vivono e lavorano stabilmente sul territorio regionale [1]. In questo quadro, Milano rappresenta senza dubbio il territorio in cui si raggiungono i numeri maggiori, sia in termini di profughi accolti sia di stranieri regolarmente residenti. Per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo, ad oggi la città mostra una variegata tipologia di strutture, che va da alcuni centri SPRAR ai numerosi CAS in convenzione con la Prefettura, per un totale di oltre 5mila posti. Parimenti appare particolarmente elevata anche la popolazione straniera abitualmente residente a Milano, che al 1 gennaio 2017 si attestava intorno alle 250mila persone (fonte ISTAT). Ovviamente la distribuzione nei diversi quartieri varia notevolmente sia in termini numerici sia rispetto alle nazionalità prevalenti, con un aumento abbastanza consistente nelle periferie, ed in particolare nelle zone a nord della città.

I quartieri popolari ubicati nella cintura periferica di Milano diventano quindi il luogo privilegiato in cui osservare le dinamiche di radicamento dei migranti e di interazione con coloro che già abitavano la città nel passato, dinamiche che si giocano negli ambiti della casa, del lavoro e dell’accesso ai servizi. Va detto che le periferie milanesi hanno ben poco in comune con le banlieues parigine, non avendo fortunatamente mai assunto le caratteristiche del vero e proprio ghetto. Al contrario, pur con una forte componente interetnica, continuano ad essere abitate anche da numerosi italiani, offrendo così un’opportunità unica per sperimentare nuove forme di convivenza nella diversità. Infatti, senza sottovalutare l’importanza dello sviluppo di linee politiche nazionali e regionali in materia, l’integrazione viene perseguita in modo realmente incisivo soltanto tramite quelle azioni nate e sviluppatesi a livello locale, che hanno come reali protagonisti i cittadini, e che sono in grado di promuovere cambiamenti reali e tangibili nella vita quotidiana delle persone. Per questa ragione, i processi di integrazione nelle grandi città non possono che partire dai singoli quartieri, dal rendere lo spazio locale lo scenario per nuove forme di convivenza e di contatto. Attraverso la vivacità delle interazioni che scaturiscono dalla multietnicità della propria popolazione, il quartiere acquisisce una nuova fisionomia, ridisegnando la propria identità grazie al contributo di tutti i suoi abitanti. Sono questi processi di commistione culturale che contribuiscono a rendere le periferie non ghetti o luoghi di alienazione, ma spazi di sperimentazione per una rivalutazione e rivitalizzazione del tessuto urbano.

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All’interno del Cortile durante le proiezioni

Un esempio interessante in tal senso è rappresentato dalla rassegna cinemato- grafica “Cinema di Ringhiera”, promossa dall’Associazione Nuovo Armenia nel quartiere Dergano di Milano, in partenariato con l’Associazione Asnada. Il quartiere Dergano si trova nella parte nord della città, in una fascia cittadina tutto sommato non eccessivamente lontana dal centro, e ben collegata al resto dello spazio urbano attraverso la linea gialla della metropolitana. Ad oggi Dergano ed il vicino quartiere Bovisa, da sempre zone votate all’attività industriale e quindi con un’edilizia di carattere marcatamente popolare, hanno una popolazione composta per quasi un terzo da stranieri, cosa che li ha resi lo scenario ideale per la realizzazione di attività di quartiere improntate al contatto tra culture. A luglio si è così svolta la seconda edizione di “Cinema di Ringhiera”, un progetto finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e fortemente sostenuto dal Comune di Milano, che ha visto anche per quest’anno la proiezione di quattro film che raccontano storie di migrazione e di Paesi lontani, gli stessi da cui provengono alcune delle comunità straniere residenti nel quartiere. Si tratta di Patience, patience, t’iras au paradis di Hadja Lahbib, Luoghi Comuni di Angelo Loy, Per un figlio di Suranga D. Katugampala, e Uno, la historia de un gol di Gerardo Muyshondt e Carlos Moreno. I film (proiettati in lingua originale con sottotitoli in italiano) sono stati selezionati direttamente dalle comunità straniere che abitano il quartiere, le quali hanno così avuto l’opportunità di presentare uno spaccato della propria terra d’origine, raccontarsi attraverso le immagini, ripercorrendo insieme sonorità, atmosfere  e visioni di quell’Altro che ormai è qui tra noi.

Anche la scelta del luogo in cui proiettare i film va nella direzione della creazione di legami fiduciari all’interno del quartiere che superino le barriere dettate dal contesto sociale e culturale. Infatti la possibilità di trasformare i cortili delle case in sale cinematografiche all’aperto è stata resa possibile dalla tipologia stessa di queste abitazioni,  le cosiddette case di corte o case di ringhiera, ampiamente diffuse a Milano. Si tratta di costruzioni tipiche delle zone popolari, con più appartamenti su uno stesso piano che condividono il balcone e che si affacciano su un cortile interno. La struttura della casa di ringhiera implica la condivisione degli spazi, la creazione, volontaria o meno, di legami di vicinato, attraverso l’incontro quotidiano sul ballatoio od il passaggio nel cortile comune. In un certo senso essa non può che diventare anche il simbolo di nuove forme di inclusione, laddove le persone ritrovano il gusto di uscire dai propri spazi privati e riappropriarsi di luoghi condivisi con altri. La scelta di proiettare i quattro film della rassegna nei cortili del quartiere va quindi in questa direzione. I cortili diventano i luoghi in cui gli abitanti della zona si incontrano, in una sorta di salotto semi privato, che ogni cittadino a turno mette a disposizione dei vicini per trascorrere una serata insieme.

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Gli spettacoli nei cortili come occasioni di incontri interetnici e generazionali

L’iniziativa intende proprio promuovere nuove forme di legami comunitari tra gli abitanti di Dergano, utilizzando il linguaggio filmico come strumento di conoscenza tra le diverse culture. Curiosamente lo stesso quartiere ha un legame antico anche con l’attività cinematografica. Nei primi anni del ‘900, proprio in questa parte di Milano, sono sorti alcuni studi cinematografici storici, tra cui proprio l’Armenia Film,  da cui si origina il nome dell’Associazione promotrice del Festival. L’associazione Nuovo Armenia non è nuova all’utilizzo del cinema come canale per parlare di migrazione. Nasce infatti dalle persone e dall’esperienza della società di produzione e distribuzione cinematografica Gina Films, che ha realizzato il documentario “Io sto con la sposa” diretto da Gabriele del Grande e selezionato al 71° Festival del Cinema di Venezia. L’associazione è una realtà nuova nel panorama milanese, ed offre interessanti prospettive di utilizzo dello spazio urbano come tramite per promuovere coesione sociale, entrando in rete con soggetti del terzo settore e dell’associazionismo sensibili al tema delle migrazioni e del contatto interculturale.

Dialoghi Mediterranei, n.27, settembre 2017
Note
[1] A questo proposito va precisato che nel 2015 si è per la prima volta verificata un’inversione di tendenza, con una diminuzione degli stranieri presenti rispetto all’anno precedente. Questo può sicuramente essere riferito al fatto che molti degli stranieri residenti hanno acquisito la cittadinanza italiana (circa 46mila nel 2015, un valore in costante crescita secondo l’ORIM), ma anche al fatto che la pressione migratoria nei confronti dell’Italia si sia allentata nel tempo, a causa della crisi economica che rende il nostro Paese meno appetibile.
Riferimenti bibliografici
AA.VV. , 2017,  Rapporto 2016. L’Immigrazione straniera in Lombardia, Èupolis Lombardia, Milano.
La Cecla F., 2015, Contro l’Urbanistica. La Cultura delle Città, Einaudi, Torino.
NAGA,  2016, (Ben)venuti! Indagine sul Sistema di Accoglienza dei Richiedenti Asilo a Milano e Provincia, Milano.
Fonti online
http://stra-dati.istat.it/Index.aspx
http://www.cinemadiringhiera.it/

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Chiara Dallavalle, già assistant lecturer presso la National University of Ireland di Maynooth, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Antropologia culturale, ha lavorato per oltre un decennio in servizi di accoglienza per rifugiati, e oggi si occupa di facilitazione culturale. Si interessa agli aspetti sociali e antropologici dei processi migratori ed è autrice di saggi e studi pubblicati su riviste e volumi di atti di seminari e convegni.

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