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Tabucchi da Fellini a Pessoa

copertinadi Lorenzo Greco

Rua da Saudade 22. Interviste per Antonio Tabucchi (a cura di Diego Perucci e Riccardo Greco, Vittoria Iguazu Editore, Livorno 2017) è un volume che raccoglie alcune interviste su Antonio Tabucchi rilasciate da amici e colleghi dello scrittore toscano scomparso il 25 marzo del 2012. Ma tali testi, prima ancora di approdare su carta, costituiscono il prezioso materiale di un video documentario, realizzato da Diego Perucci, Samuele Mancini e Matteo Garzi, tre giovani ex studenti dell’Università di Siena. Le immagini del lungometraggio sono state registrate in un periodo di circa tre anni, durante il quale Dottor Cardoso (nome collettivo sotto il quale operano i tre giovani) ha seguito le tracce tabucchiane in lungo e in largo: Vecchiano, Bologna, Roma, Firenze, Siena, Piadena, Parigi, Genova e Lisbona, riuscendo ad autoprodurre un film di circa un’ora. La sorte ha voluto che durante le riprese gli autori abbiano conosciuto, tra le varie figure, anche Riccardo Greco, un allievo di Tabucchi a Siena, oggi docente di Letteratura portoghese e brasiliana nella stessa università e proprietario della piccola casa editrice VIE con sede a Livorno. Proprio da questo incontro e dal comune affetto per l’autore nasce l’idea di pubblicare in volume la versione integrale delle interviste contenute nel documentario Rua da Saudade 22.

L’edizione consiste in un libro di oltre duecento pagine, con copertina del fotoreporter Fabrizio Sbrana, e il contenuto spazia dai ricordi personali a spaccati della società italiana degli ultimi vent’anni, nei confronti della quale Antonio Tabucchi non risparmiava accese critiche, specie negli anni del berlusconismo. Ci sono però anche le testimonianze di un fitto e proficuo dialogo tra lo scrittore e personaggi della cultura internazionale: artisti, scrittori, giornalisti.

Il curatore del volume ripercorre una vicenda importante della vita di Tabucchi, cioè quella che dalla visione di un film di Fellini porta lo scrittore a Parigi e poi in Portogallo: «C’è un brano di Di tutto resta un poco (Feltrinelli, 2013) in cui Tabucchi racconta come ha conosciuto il film di Fellini La dolce vita e che riflessioni sono scaturite in lui tali da spingerlo ad andarsene in Francia nel lontano 1964 ». Sembra quasi che la vita sia ciclica, perché poi in Francia ha passato anche gli anni più scuri dell’Italia berlusconiana. Nel film di Fellini si ritrae un’Italia che, pur essendo l’Italia del dopoguerra e della ripresa economica, è in verità un’Italia condannata a un’esistenza posticcia, è un’Italia di cartongesso. La stessa Madonna che nel film tutti aspettano di veder comparire sullo sfondo della periferia è, in verità, lo scherzo di alcuni bambini, una finzione, qualcosa che non c’è realmente, ma che crea una grande attesa nel popolo. Tabucchi capisce che l’Italia stava prendendo una brutta piega e avverte la necessità di cambiare aria e andare a Parigi dove avviene un fatto importantissimo perché là, come è noto, fa una conoscenza determinante, incontra cioè l’opera di  Pessoa. Potremmo sintetizzare dicendo che Fellini ha allontanato Tabucchi dall’Italia affinché conoscesse Pessoa, tornasse in Italia, portasse l’opera pessoana e poi ripartisse per il Portogallo per tutta una serie di scoperte e di avventure.

Per quanto poi riguarda l’Italia di quel tempo, Antonio conosceva sicuramente anche un altro film – di cui però non parla, forse ne parla in altri scritti che ancora non sono stati dati alle stampe –, successivo di tre anni rispetto alla Dolce vita, che è Ro.go.pa.g di Pasolini, Godard, Rossellini e Gregoretti. È un’opera molto più caustica, in cui ritorna una simbologia già cara a Fellini ma in maniera più feroce: nell’episodio della “Ricotta” c’è Orson Welles che, riferendosi all’Italia contemporanea, la definisce «Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa». E dopo segue un’altra riflessione, in cui rivolgendosi al giornalista che lo sta intervistando Welles afferma: «Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio». Il giornalista annuisce perché capisce di essere un uomo medio e forse neanche si offende nel sentirsi definire in quel modo. Welles però rincara la dose: «Ma lei sa cos’è un uomo medio? Un mostro, un conformista, un qualunquista, un colonialista».

Ecco, credo che Tabucchi avesse ben chiaro quali fossero i pericoli, quali fossero già in quegli anni i mostri umani della società che si aggiravano mascherati da benessere. Al contrario, penso che la Francia, nell’immaginario di Tabucchi ragazzo, rappresentasse una sorta di via di uscita, di Paese libero e intelligente, di un Paese in cui la fratellanza fra gli uomini era ancora garantita e difesa.

1Riportiamo di seguito altri due brani piuttosto suggestivi, il primo dei quali, tratto dall’intervista al giornalista Maurizio Boldrini, fa accenno a un’amicizia ideale tra Tabucchi e il nostro conterraneo Andrea Camilleri: «Mi è capitato di incontrare Camilleri, poiché d’estate si ritira sempre in un paesino dell’Amiata, Bagnolo, ormai da circa vent’anni, da quando faceva il regista e lavorava in RAI. Lo andai a intervistare, avevo deciso di fare una serata di ricordo di Antonio Tabucchi a un anno dalla scomparsa e andai convintissimo che i due fossero in stretto contatto. Avevano firmato appelli, naturalmente contro Berlusconi, sulla cultura italiana, scritto entrambi per Micromega e altre riviste, quindi andai proprio convinto di strappare una intervista, una testimonianza. Lui fu molto cortese, accettò, ma durante l’intervista scoprii che in realtà i due non si erano mai incontrati. E perché non si erano mai incontrati? Lui sostiene che la colpa era di Antonio Tabucchi, perché Tabucchi era un girovago, prendeva appuntamenti e non li rispettava, e lui invece è molto più stanziale, più fermo. Però, il loro rapporto è cresciuto nel corso di molti anni, dai tempi della Sellerio, per capirci, ed era un rapporto fatto di cartoline, le cartoline di Antonio appunto, che spediva dai vari paesi che girava e nelle quali diceva «ci incontriamo», oppure da telefonate nel cuore della notte in cui fissava appuntamenti che poi non venivano ovviamente rispettati. Di fatto, i due non si sono mai conosciuti. Partendo da questo, ovviamente con il vezzo tipico degli scrittori, ha abbinato il loro rapporto a quello inesistente che lo stesso Tabucchi aveva scritto, in un bellissimo e piccolo pamphlet, fra due grandi scrittori: Pessoa e il premio Nobel italiano Pirandello. Risulta ovviamente che Pirandello sia legato a Lisbona e da una cabina telefonica di quella città abbia provato a mettersi in contatto con Pessoa, ma non ci sia riuscito, oppure non si sa se non ci sia riuscito, oppure forse si sono incontrati e hanno discusso sugli eteronimi, non si sa. Tra Camilleri e Tabucchi era intercorso lo stesso rapporto che era intercorso tempo addietro tra Pessoa e Pirandello».

Un altro bel ricordo, in cui tra l’altro si rievoca la figura di Elvira Sellerio, ci viene dal giornalista di “Repubblica” Paolo Mauri: « Mi ricordo che Antonio leggeva volentieri i suoi racconti. Li scriveva, come ormai tutti sanno, su quei quaderni neri da scolaro, che erano i suoi quaderni e anche i miei, perché quando noi andavamo alle elementari o alle medie i quaderni erano ancora quelli, non era ancora arrivato il colore. Una volta che eravamo a Vecchiano, c’era anche mia moglie, lui lesse per intero tutta la storia di Donna di Porto Pim, per sapere che cosa ne pensavamo. Io gli dissi che la cosa mi piaceva molto e che lo avrei visto bene pubblicato da Sellerio, nella collana “La memoria,” perché mi sembrava perfettamente adatto a quel tipo di identità culturale. “La memoria” era nata da poco, grazie a Sciascia, ed era arrivata a una cinquantina di titoli, molto raffinati. Tabucchi ancora non scriveva per Feltrinelli e siccome conoscevo Elvira Sellerio le telefonai e da questa cosa è nata la sua collaborazione con quella casa editrice, che è durata molto a lungo e dura tutt’ora. Quando stavamo insieme giocavamo molto e abbiamo riso molto. Può sembrare una cosa strana per un autore come Tabucchi ».

Dialoghi Mediterranei, n.27, maggio 2017

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Lorenzo Greco, ha insegnato presso la Facoltà di Lettere di Pisa dal 1975 al 2003, occupandosi di teoria e critica letteraria e di sociologia della comunicazione. È stato docente presso l’Accademia navale di Livorno. Ha collaborato con quotidiani come “Il Giorno”, “Italia oggi”, “La Repubblica”. È autore di saggi critici su Montale, Caproni e altri scrittori del Novecento e ha pubblicato numerose opere di poesia e narrativa. Il suo  romanzo Il confessore di Cavour è entrato nel 2011 nella rosa dei finalisti del Premio Strega.
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Una risposta a Tabucchi da Fellini a Pessoa

  1. Giuseppe Modica scrive:

    Molto interessante questa puntuale breve nota dell’amico Lorenzo Greco: un ulteriore contributo a rivelare aspetti inediti di Antonio Tabucchi per comprendere meglio la complessa e vasta articolazione del mondo poetico del grande scrittore . Mi incuriosisce e comprerò il libro

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