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La grande onda del ’70. Come eravamo a San Vito lo Capo

copertina di   Ninni Ravazza

Lo splendore della giovinezza prorompente e ribelle, la meraviglia di un paesaggio nella sua trasformazione urbanistica e antropologica, la magia dei ricordi, la nostalgia per quegli anni che non torneranno più, la rassicurante certezza che il tempo non ha distrutto la grande bellezza di allora. Nasce così la mostra fotografica Noi Ragazzi a San Vito negli anni ‘70 [1] che dal 27 giugno è esposta nei locali dell’Ufficio Turistico, in via Savoia: immagini, emozioni, sentimenti, sensazioni, i volti sorridenti di splendide ragazze che solo il giorno prima erano ancora bambine e gli occhi luminosi dei ragazzi che si affacciavano alla maturità, tutti insieme nelle loro estati di iniziazione che li avrebbero portati da lì a poco ad affrontare la vita. Sdraiati al sole sulla sabbia abbagliante o sui massi del porto aspettavano la grande onda della vita, vivevano ogni giorno il loro “mercoledì da leoni” come Matt, Jack e Leroy che a cavallo degli anni ’70 sulle spiagge della California così simili a questa di San Vito aspettavano la grande onda dell’Oceano che li avrebbe consegnati all’età adulta.

foto n. 1 aE dietro loro un paese che abbandonava i suoi decenni di vita onesta ma grama, con il porto in continua evoluzione, le strade pian piano ripianate dall’asfalto, il campetto di basket, le prime cabine per i bagnanti sulla spiaggia che si andava riempiendo mano a mano di ombrelloni e il muretto del bar dove le amicizie e gli amori nascevano e finivano al suono del jukebox: immagini del paese che aspetta la sua grande onda, quella che lo porterà ai vertici del turismo internazionale, impegnato anch’esso in un percorso iniziatico che ne sancirà il passaggio a un’altra era.

La foto diviene il tramite fra due vite, quel che eravamo e ciò che siamo: un frammento di passato lungo un attimo, fuggente eppure ancora così attuale. Nei ragazzi di allora c’erano gli uomini di oggi, così come nelle viuzze percorse da pochi turisti c’era già il paese che sarebbe diventato punto di riferimento per il turismo. In questo senso la fotografia è insostituibile, nemmeno il filmato riesce a rendere meglio il senso del tempo che corre senza però cancellare nulla: bloccare la memoria su un fotogramma, uno solo, vuol  dire sottrarlo al passato, l’ieri diventa oggi ed è già quasi domani. Certamente per questo sono rimaste nella storia le immagini dei grandi fotografi, Capa, Newton, Cartier-Bresson, Salgado … schegge di tempo cui l’obiettivo ha regalato l’eternità. I filmati non vengono esposti.

foto 1Nasce per caso questa mostra, dalla voglia di ritrovare gli amici della giovinezza, per rivivere quelle emozioni semplici e dolci, i tuffi, le passeggiate al “semaforo”, i balli sotto il cannucciato a due passi dal mare, il sole che asciuga il sale sulla pelle, gli straordinari innamoramenti e gli struggenti addii. La memoria è il motore dell’idea, e Facebook il suo profeta. La comunicazione oggi corre in tempo reale sul web, i social network hanno azzerato le distanze, favoriscono le aggregazioni, incoraggiano i rapporti interpersonali. Il mondo diventa piccolo, rinchiuso nei pochi pollici di uno schermo. Un tempo si affrontavano migliaia di chilometri per scoprire le novità nelle Esposizioni universali, ora su internet hai l’universo conosciuto a casa e puoi acquistare di tutto e di più con un semplice click. I circoli sono stati sostituiti dalle comunità e dai gruppi. Un ’idea lanciata dal pc diventa in un attimo un progetto. Il progetto coinvolge decine di persone. Amarcord … i giovani che siamo stati. Ragazzi e ragazze di allora si ritrovano dopo trenta, quaranta anni, si riconoscono, riallacciano rapporti interrotti dal tempo passato, si scambiano le fotografie di tanti anni fa, le pubblicano. Dai ricordi di ciascuno affiorano frammenti di vita, volti dimenticati, amici di sempre o di una sola estate, fugaci presenze talora senza nome; qualcuno dei ragazzi di allora non c’è più, rapito troppo presto all’affetto dei cari e degli amici. La mostra è dedicata anche a loro.

foto 2C’è la tenace voglia di restare attaccati ai propri ricordi in queste foto, la malinconica e dolce consapevolezza di aver vissuto un periodo straordinario: era una bella gioventù quella degli anni ’70, non più ingenua come la precedente quando ancora al ginnasio i ragazzi avevano i calzoni corti e le ragazzine le calzette bianche sopra la caviglia, ma nemmeno esasperata come quelle successive già lambite da sex drugs & rock ‘nroll. I bikini in mostra sono triangoli di curiosità inappagata, ma non c’è volgarità; le ragazze ridono e sorseggiano Cola. I giovani leoni mettono in mostra pettorali non ancora palestrati, ma non c’è sfida in quelle pose, al più una inconsapevole autoironia. Appare tutta quanta la meraviglia di quegli anni e di quell’età.

Oggi quei ragazzi e quelle ragazze hanno tra i cinquanta e i sessant’anni, e sono ancora belli come allora. Hanno figli, nipotini, qualche ruga e taluni hanno dovuto aggiungere una o due taglie ai vestiti, ma come per magia la mostra li ha restituiti ai loro quindici, sedici anni. Occhi lucidi e voci tremanti al ritrovarsi, sia pure solo per telefono, per concordare l’invio delle immagini e ricordare come si era quando il massimo della trasgressione stava nello scappare dalla finestra di casa invisibili ai genitori per andare a ballare al Dyapason.

Le immagini, in bianco e nero o ingiallite per vetustà, scandiscono mute gli anni che furono, ma a chi sa ascoltare raccontano mille storie, piccole e grandi ad un tempo, avventure minime comuni a tutti i giovani eppure uniche e straordinarie per chi le ha vissute: nessuno dei protagonisti ritratti ha avuto un solo attimo di smarrimento, un dubbio. Per tutti il piacere di ritrovarsi ancora insieme, oggi come allora sulla spiaggia, al bar, immersi nel mare cristallino che resta forse l’unico soggetto immutato che lega realmente il passato al presente, bellissimo oggi come allora. Di una bellezza non travisata dalle emozioni.

foto 3Ritrovarsi, rivedersi, ubriacarsi di ricordi, e poi tornare alla vita reale. Chi a Milano, chi a Trento, a Torino, Verbania … Sindrome di Peter Pan? Wendy vola ancora da queste parti, ha occhi celesti e labbra rosse, corre sul bagnasciuga. Il piccolo Principe abbraccia la ragazzina dagli occhi dolci e dietro di loro il faro di San Vito indica la rotta per la navigazione che sarà la vita. Regressione? Piuttosto desiderio di restare ancorati al giovane che si è stati; il “vintage” non è solo una moda, magari è anche – soprattutto? – bisogno di restare se stessi pure in mezzo agli stravolgimenti che il tempo impone: nel fisico, nella mente, nel cuore, nelle abitudini.

«E non ti sa che, in questo Qui e Adesso, noi avremo occasione di vederci, eh, ogni tanto» chiede il gabbiano J. Livingston al suo allievo al momento di lasciarlo perché viva la sua vita, e «Tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi di essi se ne ricordano)» ammonisce Antoine De Saint’Exupery. Qui a San Vito, per una mostra, i grandi sono tornati ragazzini e hanno dato vita a un’idea,  l’occasione per vedersi ancora.

Come eravamo … La grande onda degli anni ’70 è arrivata ed ha spazzato via la giovinezza trascinando tutti nel gorgo della vita, ma i ricordi, le amicizie, gli affetti, quelli no, niente potrà mai portarli via, e così oggi ci si specchia in queste foto ritrovando gli amici e il paese che si sono amati e che resteranno sempre nel  cuore.

Grazie a Sandra per avere regalato un’emozione, a Caterina per averle dato forma e vita, ad Amalia e Flavia per averla colorata con le loro immagini, alle ragazze ed ai ragazzi di allora per i sorrisi che illuminano quella emozione, a San Vito lo Capo che ci ha accolto tanti anni fa ed è cresciuto assieme a noi e continua ad emozionarci con il suo splendore.

Dialoghi Mediterranei, n.14, luglio 2015
Note
[1] Sandra Bortoluzzi, Caterina Risica, Amalia Cammareri, Flavia Maiorana, Ninni Ravazza sono gli organizzatori della mostra. John Milius con Un mercoledì da leoni, James Barrie con Peter Pan,  Richard Bach con Il gabbiano Jonathan Livingston e A. de Saint’Exupery con Il piccolo Principe sono gli inconsapevoli ispiratori della mostra.
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Ninni Ravazza, giornalista e autore di diversi volumi sul mare e la sua cultura, è stato per 14 anni il Presidente della Pro Loco di San Vito lo Capo, che ha organizzato col Comune il Cous Cous Fest. Nell’ambito della manifestazione ha tenuto diversi Laboratori del gusto dedicati all’antropologia della pesca e alla gastronomia tradizionale legata ai prodotti del mare siciliano. Ha scritto di salinari, di  tonnaroti e di corallari. L’ultima sua pubblicazione è dedicata al noto capitano d’industria Nino Castiglione, Il signore delle tonnare, fondatore della omonima ditta.
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