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Territorio e pandemia, resilienza e fragilità

 

il centro in periferia copertina

di Gaetano Sabato

L’eccezionalità dell’attuale pandemia da Covid-19 ha posto nuove necessità conoscitive che in diversi ambiti disciplinari hanno ispirato molte riflessioni e studi volti ad analizzare il difficile periodo che stiamo vivendo a livello planetario. Tra i più efficaci e convincenti troviamo senz’altro i lavori che prediligono approcci multidisciplinari, in grado di fornire chiavi interpretative più ampie da applicare all’analisi di fenomeni rizomaticamente complessi come quelli implicati da una pandemia. Si inserisce in questo solco anche il numero speciale della rivista Scienze del territorio. Rivista di Studi Territorialisti del 2020, intitolato “Abitare il territorio al tempo del Covid” e curato da Anna Marson e Antonella Tarpino.

Come indicato già in sede paratestuale, il focus del volume è lo spazio dei territori, osservato nella sua essenziale dimensione antropica in un momento di crisi mondiale e si pone in continuità, per ammissione delle stesse curatrici, «con i numeri iniziali della Rivista dedicati ai “ritorni” alla terra, all’urbanità, all’abitare la montagna, ai sistemi economici locali, [per riscoprire] le potenzialità di un diverso modo di pensare, progettare, agire, e quindi complessivamente “abitare” i nostri territori». Abitare, quindi, non come semplice “presenza” su un territorio dato, bensì come “possibilità agente”, consapevole e organizzata, capace di inserirsi in una dialettica globale/locale, in un processo di costante (ri)definizione della dinamica centro/periferia (a varie scale) che se è (ovviamente) precedente alla contingenza dell’attuale emergenza sanitaria, oggi, proprio a causa di quest’ultima, pone ulteriori e nuove criticità. Come fanno notare le curatrici, infatti, «la pandemia attuale, se osservata da un punto di vita più ampio, non si presenta come un evento isolato, ma come uno dei molti episodi inscritti nella cornice della crisi ambientale globale […] Il collasso ambientale e climatico in corso […] è destinato a produrre un complesso di eventi critici rispetto ai quali la pandemia in corso rappresenta soltanto un primo anticipo».

Da tempo, in effetti, la geografia umana e, più di recente, una parte dell’antropologia culturale e altre scienze sociali hanno avviato riflessioni, anche epistemologicamente rilevanti, che rispondono alla necessità di individuare forme di sostenibilità e resilienza a partire proprio dalle criticità ambientali via via più cogenti che risultano inserite in una fitta rete di connessioni. Certamente quasi tutte hanno come oggetto di studio privilegiato la dimensione spaziale e, soprattutto la natura problematica dell’interazione uomo-ambiente. In tal senso, dunque, questo numero speciale offre una sobria e attuale panoramica su un oggetto spaziale par excellence, ossia il territorio che nelle sue pur molteplici declinazioni è l’esito di complesse, stratificate e spesso specifiche interrelazioni, percezioni e, per dirla nei termini di Lefebvre (2018) (ri)produzioni. Indagare sul “come” si abita il territorio, da questo punto di vista, equivale ad includere ciò che Frémont (1976) definiva lo “spazio vissuto”, attento a cogliere lo spazio esperito, il rappresentato anche individualmente che riguarda, nel nostro caso, le comunità nelle loro dimensioni locali e nelle loro relazioni globali.

91hnhj6lrllIl volume tematico si compone di 22 contributi ed è articolato in cinque sezioni: Introduzione; Epidemie, urbanizzazione planetaria, cambiamenti climatici; Come cambiano le pratiche, i valori e le domande dell’abitare; Produzione e lavoro: dal dominio dei flussi alla riscoperta dei luoghi?; Città e territori al futuro. Ogni contributo è inserito all’interno di una delle sezioni qui ricordate, tuttavia quasi tutti, per la trasversalità dei temi affrontati, hanno una portata che supera le singole sezioni. È il caso dei lavori di Luca Mercalli (Se il pianeta è malato lo saremo anche noi: crisi climatica, ambientale e sanitaria) e di Guido Viale (Il futuro è già qui) che partendo da considerazioni simili rimarcano l’urgenza di interventi (almeno) locali non più procrastinabili che avrebbero un effetto sulla diffidenza globale nel mettere in atto politiche ambientali efficaci e necessarie.

D’altra parte, come emerge dallo studio di Ottavio Marzocca (Sorveglianza globale e metropoli pandemica. Attualità e genealogia di un disastro) il corollario di interventi top-down che sempre più spesso potrebbero avere carattere d’urgenza in contesti emergenziali (per es. pandemie o catastrofi naturali), sembrerebbe essere un maggiore livello di controllo a detrimento delle garanzie democratiche.

Nella prospettiva diacronica si collocano invece i contributi di Lucia Carle (Epidemie e coscienza sociale nel lungo periodo) e di Lidia Decandia (Emergenze di futuro: verso nuovi modi di abitare la terra. Il ripopolamento degli stazzi nei territori della Gallura) che forniscono un interessante punto di vista sulle epidemie/pandemie del passato e sul loro impatto rispetto alla coscienza collettiva. Il secondo contributo, partendo dall’analogia fra crisi attuale e crisi della città-mondo di epoca tardo romana, analizza anche la maniera in cui l’attuale ripopolamento delle campagne della Gallura da parte di ex cittadini “metropolitani” provenienti dalla penisola stia contribuendo a ridefinire il modo di abitare nell’area sarda.

Se la problematicità della relazione fra centro e periferia non è certamente nuova, la pandemia ha pure interferito in modo nuovo con questa dialettica. A fronte di una geografia pandemica che, almeno all’inizio, ha seguito le vie del business e delle relazioni delineate dai grandi flussi dell’economia internazionale, come ricostruisce nel suo saggio Marco Revelli (Il lavoro del virus e il virus del lavoro nelle mappe di territorio) analizzando la situazione europea, americana e soffermandosi sui casi studio di Lombardia e Milano, si possono individuare vari movimenti in controtendenza, che da Settentrione al Meridione, dai grandi centri urbani riconducono i residenti verso i luoghi di origine, ossia nuovamente verso le comunità locali, come osservato da Vito Teti (Ritorni al Sud nel tempo del Covid), nella speranza di poter contare sulle reti sociali durante la pandemia.

Una mappatura dei contagi in Italia nel periodo compreso fra marzo e maggio 2020 (prima fase dell’epidemia) viene proposta da Sergio Malcevschi, Riccardo Santolini, Gianmarco Paris, Paola Pluchino (Mappe dei contagi e condizioni eco-territoriali) che rilevano come le aree più colpite siano quelle metropolitane, più dense di interazioni, mentre quelle meno colpite rimangono le aree con un «rapporto più equilibrato sotto il profilo ecologico e paesaggistico». A giudizio degli autori i futuri rischi epidemici si possano gestire con un migliore governo locale che implica soprattutto una migliore attenzione alle specificità delle comunità. Anche il cosiddetto green deal non può prescindere dal coinvolgimento delle località nell’individuazione delle loro priorità.

Il contributo di Pietro Clemente (Piccoli paesi nell’ondata del virus. Resistenza, democrazia, comunità) mostra come in un contesto segnato dalla pandemia acquistino ancora più valore le reti sociali allargate e potenziate: comunità nelle aree interne del Paese legate ai luoghi fisici, al volontariato che sono state in grado di attivare con efficacia reti di solidarietà attraverso un uso integrato e mirato dei social media. Sul tema delle reti di solidarietà e della resilienza delle comunità investite dalla crisi rappresentata dalla pandemia si collocano anche i contributi di Giorgio Ferraresi, Vittorio Pozzati e Vincenzo Vasciaveo (Dal ciglio della rupe tarpea, resilienze nell’area milanese/lombarda) che focalizza l’attenzione sul caso di Milano e di Sergio De Le Pierre (Segnali di resilienza rispetto al Covid. I casi di Ostana e Gandino) basato sulla comparazione fra la comunità piemontese di Ostana che nei primi mesi di pandemia non è stata colpita dai contagi e la comunità di Gandino, che nello stesso periodo ha dovuto fronteggiare in prima linea la diffusione del virus nel bergamasco, notoriamente tra le aree più colpite del Paese. Una chiave comparativa viene utilizzata anche nell’intervento di Claudia Della Valle ed Enrico Mariani (Il confinamento domiciliare e nel post-sisma dell’Appennino centrale): attraverso l’analisi delle disposizioni del confinamento forzato e le attuali pratiche abitative esplora alcune vulnerabilità riguardanti le comunità dell’Appennino centrale private delle proprie abitazioni dal sisma del 2016-2017.

9782080814296-it-300Altri contributi del numero speciale sono dedicati all’analisi degli aspetti socio-economici sui quali la pandemia fa sentire il suo peso. È il caso del lavoro di Aldo Bonomi (Il territorio come costruzione sociale al tempo del Covid) incentrato sulla crisi del capitalismo molecolare nell’area dell’Italia settentrionale e sull’applicabilità di un nuovo modello socio-economico basato su una rigenerazione “umanista”. Riccardo Troisi (Pensare un’economia trasformativa per comunità sostenibili e solidali) invece si concentra sull’efficacia delle reti capillari di prossimità, che si presentano come forme di sviluppo economico alternative dei territori di margine: qui, dove si avverte di più la crisi del sistema attuale, pratiche di sostenibilità ambientale e inclusione sociale definiscono le possibili alternative da mettere in atto per resistere alle minacce rappresentate dalla pandemia.

Il testo di Alberto Di Gioia e Giuseppe Dematteis (I rischi della specializzazione mono-funzionale turistica dei sistemi montani rivelati dal Covid-19) è dedicato agli effetti economici della pandemia sulle comunità montane del Piemonte e della Val D’Aosta che hanno puntato in modo specializzato a un’economia turistica, subendo in pieno alcuni effetti delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria nella primavera del 2020. Gli autori esplorano l’ipotesi che l’iperspecializzazione turistica nelle aree montane sia poco sostenibile, mostrando come diventi essenziale rimettere i territori al centro dei processi di sviluppo, per evitare che tale mono-funzione possa essere penalizzante in situazioni di particolare fragilità come quella vissuta durante lo scorso lockdown. Della fragilità dei territori si occupa anche Alessandro Balducci (I territori fragili di fronte al Covid), il quale considera la crisi attuale un altro segnale di un processo storico che ha visto il capitalismo schiacciare il territorio e l’ambiente attraverso la concentrazione di potere in pochi centri multinazionali.

Un altro grande tema dell’abitare i territori è quello delle risorse energetiche che solitamente sono dislocate nei centri più che nelle periferie. Monica Bolognesi e Alberto Magnaghi (Verso le comunità energetiche) mostrano come la costruzione di comunità energetiche sostenibili decentrate e consapevolmente attive possa superare l’attuale sistema di produzione energetica centralizzato, giovando sia alle collettività locali sia alla maggiore valorizzazione delle reti regionali. Sulle azioni che partono dai territori anche il contributo di Aimaro Isola (Il virus architetto) che sottolinea come sia essenziale riconsiderare lo spazio dei luoghi per affrontare le crisi con una prospettiva di lungo periodo attraverso azioni locali coraggiose e incisive. Secondo l’autore la pandemia obbliga soprattutto a ripensare il rapporto fra abitare e qualità dei territori.

la-testa-ben-fatta-741Infine, alcuni contributi del numero speciale affrontano il tema della partecipazione delle località ai processi di trasformazione urbana attraverso reti di solidarietà e organizzazioni bottom-up, mostrando come le fragilità “sistemiche” vengano accentuate nel caso della pandemia attuale. Giulio Volpe (Un Faro per il patrimonio culturale nel post-Covid-19) osserva che la pandemia obbliga sia a un ripensamento del ruolo dei cittadini e della partecipazione politica in senso lato, sia a una riorganizzazione delle istituzioni pubbliche. Veicolo di questo cambiamento può essere il patrimonio culturale delle comunità, risorsa per dimostrare coesione sociale e rendere le collettività attrici dei processi di sviluppo. Il contributo di Ilaria Agostini e Maria Rita Gisotti (Politiche urbane e pratiche solidali. Il panorama internazionale e un caso di studio) partendo da vari casi europei propone una riflessione a livello urbanistico su alcune necessità che le comunità sentono come prioritarie.  Secondo le autrici la pandemia ha riportato l’attenzione sull’accessibilità ai servizi pubblici di base (sanità, istruzione, trasporti) nonché ai beni essenziali, agli spazi pubblici e semipubblici. Attraverso l’analisi delle reti di solidarietà popolare a Firenze si concentrano sugli effetti sociali del confinamento che ha colpito in modo più pesante le fasce sociali marginalizzate, mettendo al centro i paradossi della questione abitativa che, ad esempio, lascia vuoti diversi appartamenti del centro storico aggravando la situazione delle periferie già in difficoltà.

Il lavoro di Laura Perini (Housing collaborativo e prospettive creative: scenari per la città a venire) si concentra sulla possibilità di usare le nuove opportunità offerte dalla combinazione di relazioni di prossimità e a distanza per innalzare la qualità urbana dei territori marginali e renderli meno distanti dai vari “centri”. In questo modo, propone l’autrice, vanno ripensati anche gli spazi domestici in termini di inclusività e di pari opportunità.

Come si è visto fin qui i temi affrontati dal volume sono sia attuali che epistemologicamente centrali. La pandemia e le conseguenti misure di contenimento nell’ultimo anno hanno segnato in modo indelebile la nostra quotidianità. Eppure, l’“accadere” di tali eventi può lasciarci meno spiazzati del previsto se, con i nostri imperfetti e parziali apparati conoscitivi, mettendo insieme prospettive e strumenti diversi, consideriamo l’opportunità di riflettere sulla contemporaneità pur nella sua intrinseca fragilità, senza dimenticare quella “complessità” cui Morin (2000) attribuisce uno statuto fondamentale e che caratterizza il sapere scientifico. Contribuire a questa riflessione, con fulcro la spazialità del territorio, è anche l’intento de Abitare il territorio al tempo del Covid.

Dialoghi Mediterranei, n. 48, marzo 2021 
Riferimenti bibliografici
Frémont A. (1976), La région espace vécu, Flammarion, Parigi.
Lefebvre H. (2018), La produzione dello spazio, Pigreco, Roma.
Marson A. e Tarpino A. (2020), Dalla crisi pandemica il ritorno ai territori, in Marson A. e Tarpino A. (a cura di), «Abitare il territorio al tempo del Covid – Special Issue – Scienze del territorio. Rivista di Studi territorialisti»: 6-12.
Morin E. (2000), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano.

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Gaetano Sabato, dottore di ricerca e, attualmente, assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Catania, è docente a contratto di Geografia per la scuola primaria e dell’infanzia presso l’Università degli Studi di Palermo. Utilizzando la prospettiva della Geografia culturale si occupa di globalizzazione, turismo, teorie della mobilità, rappresentazione dello spazio, contemporaneità, geografia e letteratura, geografia urbana, percezione del rischio e didattica della geografia. Su queste tematiche ha pubblicato diversi articoli scientifici. È autore della monografia Crociere e crocieristi. Itinerari, immaginari e narrazioni, Giappichelli, Torino 2018. Con Leonardo Mercatanti ha curato il volume Geografie digitali. Spazi e socialità, StreetLib, Milano 2018 e con Mercatanti e Stefania Palmentieri il volume Marginalità, sostenibilità e sviluppo. Analisi teorica e casi studio del Mezzogiorno, SteetLib, Milano 2019. È peer review di alcune riviste scientifiche e membro del comitato editoriale di alcune collane scientifiche.

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