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Rais, padroni e faratici nelle tonnare di Tripolitania

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Tonnara, Marsa Zuaga (coll. famiglia Di Vita)

di Ninni Ravazza

Fin dalla seconda metà del XIX secolo Trapani è stato il porto di armamento delle tonnare mediterranee più importante del Paese. Avviati al tramonto, o già “spenti”, gli impianti “di corsa” palermitani (Solanto, S. Elia, Mondello, Trabia), e in grande sofferenza quelli della costa messinese (Oliveri, Milazzo), resistevano ancora le grandi tonnare “di ritorno” siracusane (Marzamemi, Santa Panagia, Pachino) ma anch’esse erano ormai avviate alla conclusione di una storia pluricentenaria.

In questo contesto di crisi generale, la provincia di Trapani si confermò il centro finanziario, sociale, tecnico, amministrativo dell’industria del tonno, che pur tra alti e bassi non solo proseguì la sua attività, ma ampliò i propri interessi ribadendo investimenti e proprietà nelle tonnare del Maghreb e in particolare in quelle della Tripolitania e della Tunisia.

Lungo le coste della provincia trapanese operavano regolarmente le tonnare “di corsa” di Magazzinazzi, Castellammare, Scopello e Secco nel golfo di Castellammare; Cofano, Bonagia, San Giuliano sulla riviera di nord ovest; le egadine Formica e Favignana; saltuariamente l’unica “di ritorno” di Torretta / Tre Fontane a Mazara del Vallo. Trapanesi erano alcuni “caratari” delle tonnare messinesi di Oliveri e Salicà che in città avevano la sede amministrativa [1], e trapanese fu anche l’ultimo proprietario della tonnara calabra di Santa Venere (golfo di Sant’Eufemia, concluse l’attività nel 1920) [2].

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Tonnara, Marsa Zuaga (coll. famiglia Di Vita)

Trapani era dunque il porto di armamento per quasi tutte queste tonnare, ma non solo: lo era pure per le tonnare di là del Canale, quelle tunisine e le tante che operavano in Tripolitania. In terra di Tunisia venivano calate le tonnare di Sidi Daud, la più famosa e produttiva con una media che a fine Ottocento si assestava sui 10mila tonni a stagione, e ancora Monastir, Kuriat, Mas El Almar, Cap Zebib, Conigliera, Bord Kadidja [3].

In Tripolitania le tonnare principali erano quelle di Zanzur, Fatima, Zliten, Sbej Laman, Sidi Benur, Gargaresh, Sorman, Marsa Sabhrata, Marsa Zuaga, Dzezira (attive ancora nel 1936) e quelle “minori” di Marsa Marsecan, Marsa Dila, Sidi Azuz, Sidi Bilel, Marsa Beltan, Punta Lebda, Ras Urih, Ras El Msel, Mongerel Chebir, in attività quantomeno fino al 1931 [4].

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Tonnara di Fatima (coll. famiglia Di Vita)

Gli impianti tunisini a fine Ottocento risultano di proprietà della famiglia Raffo originaria della Liguria (Sidi Daud) e dei trapanesi Cernigliaro, Cassisa e Zichichi (Monastir e Kuriat); nel 1927 tutte le tonnare appartengono alla famiglia Parodi di Genova, che da lì a poco avrebbe acquistato le egadine Favignana e Formica [5].

Le tonnare tripolitane nel 1936 appartengono ai trapanesi Serraino (Fatima, Marsa Zuaga), Pace (Zliten, Gargaresh) e Piacentino (Sbej Laman, Sidi Benur) che avevano gestito o ancora gestivano tonnare anche nei mari di Trapani e insieme ad altri soci crearono la Stimz (Società Tonnare Italiane di Marsa Zuaga, con sede a Tripoli); al messinese Ricotti già comproprietario della tonnara di San Giorgio (Zanzur), e al palermitano Ugo Moncada principe di Paternò che assieme ad altri parenti diede vita alla Società Anonima Principe di Paternò Moncada con sede sociale a Tripoli, che pescava e commercializzava i tonni degli impianti di proprietà (Sorman, Marsa Sabhrata)[6].

Se delle tonnare italiane in generale, con particolare attenzione a quelle siciliane e sarde, è stato scritto abbondantemente e approfonditi studi antropologici, storici ed economici ne hanno esplicitato l’attività e le refluenze sulla vita delle comunità interessate, pochissimo si sa delle tonnare del Maghreb “italiano” e questa lacuna potrebbe essere colmata con lo studio del materiale ancora in possesso degli eredi degli antichi proprietari, che però finora non hanno ritenuto di dare organicità alla ingente documentazione dalla quale emergerebbero certamente indicazioni, notizie, statistiche di enorme importanza.

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coll. Angela Serraino

Un ritrovamento fortunato

Il caso, la curiosità intellettuale e la generosità di Angela Serraino, la cui famiglia ha posseduto tonnare a Trapani e in Libia/Tripolitania, ci consentono però di aprire uno spiraglio sulla situazione socioeconomica dei lavoratori siciliani delle tonnare in un periodo di cui sappiamo pochissimo, appena a ridosso dell’era fascista. Siamo nel 1922, già la crisi della pesca ha comportato la chiusura definitiva o alternata di diversi impianti isolani, e fra padroni e tonnaroti è in corso una estenuante trattativa sui contratti di lavoro.

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coll. Angela Serraino

Tra le pagine di un brogliaccio relativo alla gestione della tonnara di Bonagia negli anni 1913-1917, a quei tempi di proprietà dell’Ospedale Civico e Benfratelli di Palermo e presa in gabella dalla famiglia trapanese Fontana (di cui la Serraino ha sposato un erede), spuntano alcuni fogli nei quali non solo vengono riportati gli accordi definiti in merito alla paga dei lavoratori di tonnara, ma anche i nomi dei rais trapanesi mandati a comandare le ciurme in Tripolitania, composte quasi esclusivamente da siciliani. Nomi che consegniamo alla storia e che altrimenti sarebbero finiti nelle memorie perdute delle generazioni passate.

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coll. Angela Serraino

La documentazione messa a disposizione da Angela Serraino, ancorché scarna quantitativamente, è estremamente esaustiva e fornisce un quadro preciso degli accordi salariali in tutte le tonnare che come porto di armamento fanno capo a Trapani: la risposta che Costantino Serraino (senior) a nome della società “Tonnare Riunite San Cusumano & San Giuliano & Palazzo” fornisce a Francesco Fontana, gestore dell’impianto di Bonagia e rappresentante dei “padroni” di tonnara, in merito alle condizioni concesse al Rais per l’ingaggio della Ciurma (datata 18 gennaio 1917); la nota della “Commissione Esecutiva Tonnare”di Trapani presieduta da Stefano Fontana, in data 22 febbraio 1922, con la quale si comunica l’accordo raggiunto sul “Contratto tipo Ciurme” con i proprietari e gestori delle tonnare trapanesi, tunisine e tripolitane; la nota a firma del sindaco di Trapani Carlo Guida, datata 7 aprile 1922, al quale viene consegnato il documento di adesione alle condizioni concordate sottoscritto dai rais che operano in Tripolitania, i quali a nome delle rispettive ciurme, quantificate in 60 tonnaroti ciascuna, si dichiarano “soddisfatti” delle nuove “paghe”.

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coll. Angela Serraino

I rais sottoscrivono l’accettazione dei nuovi contratti e questo è un documento straordinario perché per la prima volta compaiono tutte insieme le firme dei capipesca di Tripoli. Il sindaco Guida con la citata nota dà comunicazione dell’accordo raggiunto ai proprietari delle tonnare riuniti nella “Commissione”.

Da questi pochi documenti intanto emergono alcuni spunti molto interessanti, che in seguito varrà la pena di approfondire: la esistenza di una “Commissione Esecutiva Tonnare” che opera su base evidentemente provinciale e di cui verosimilmente facevano parte i proprietari e i gestori degli impianti di pesca; l’attività di una “commissione di tonnaroti” (citata nel documento sottoscritto dai rais), sorta di sindacato in embrione; il ruolo primario del sindaco della città capoluogo che assicura la propria mediazione nelle trattative («Faccio rilevare che rappresentando ciascun rais una sessantina circa di persone, la dichiarazione fattami è certamente di notevole importanza»).

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coll. Angela Serraino

Paga, mangia, migghiarato

Storicamente il salario dei lavoratori delle tonnare è stato costituito da diverse voci; col passare degli anni e l’urbanizzazione crescente alcuni pagamenti accessori per quanti nel periodo di pesca lasciavano le loro abitazioni per trasferirsi nei locali della tonnara (vino, formaggi, acqua, taglio di barba e capelli) sono stati monetizzati o inglobati nella “paga”. In estrema sintesi, e pur nella considerazione che spesso gli usi erano alquanto differenti tra tonnara e tonnara, il salario era così composto (e tale rimase in Sicilia fino agli ultimi anni di attività):

a) Una “paga” fissa, differenziata a seconda del ruolo del tonnaroto (a giornata o a stagione, in quest’ultimo caso veniva aggiunta una somma quotidiana per il cibo, la mancia o mangia);

b) Un premio in moneta legato alle catture, che fungeva anche da incentivo per la massima resa: un tot a tonno catturato (migghiarato), un tot ogni frazione di catture (in genere ogni 400 tonni, tunno a gghiottaaghiotta: un tempo il tonno più grosso della mattanza in cui si raggiungeva la cifra fissata veniva diviso tra la ciurma, ma la impossibilità di distribuire porzioni di identica qualità portò alla quantificazione di una somma da dividere equamente tra i tonnaroti);

c) Un premio in moneta sulla vendita degli altri pesci “minuti” catturati in tonnara (pescispada, tombarelli, palamiti, alalunghe etc.), solitamente conteggiato per il 20-25 per cento degli introiti dalla vendita (da dividersi tra i tonnaroti);

d) Un premio in natura consistente in piccole quantità di pesce scamale (con le squame, di piccole dimensioni: gghiotta) per il consumo in fresco dei tonnaroti (o anche per la conservazione sotto sale e la successiva vendita a fine stagione) [7].

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coll. Angela Serraino

Veniamo al periodo preso in esame (1917-1922) e ai documenti in nostro possesso; di seguito faremo un confronto con usi, consuetudini e paghe relativi a periodi precedenti e successivi (senza aver la presunzione di offrire un quadro esaustivo, ma puramente indicativo per sottolineare le piccole modifiche apportate in un mondo che fino all’ultimo è stato gestito con metodi e usanze rimasti pressoché immutati).

Nel 1917 Costantino Serraino sr comunica a Francesco Fontana le condizioni date ai rais della sua tonnara “per ingaggiare le Ciurme”: ai faratici (tonnaroti addetti ai lavori di fatica) per la stagione di pesca vengono corrisposte lire 200, più lire 1,25 al giorno di mancia; ai marinai (tonnaroti esperti) lire 290 per la stagione più lire 1,29 al giorno di mancia. Non si fa cenno alla paga dei rais e dei sottorais.

Il migghiarato viene così fissato: «per tutti lire 0,10 ogni tonno pescato sino a mille – mentre oltre mille 0,05 [lire]»; la aghiotta viene fissata in «£. 4 ogni 400 tonni» (quota pro capite), mentre sul “Pesce minuto” la ciurma si dividerà il 20 per cento degli introiti.

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coll. Angela Serraino

Le trattative tra “padroni” e “ciurme” devono essere state laboriose, se soltanto a inizio dell’anno 1922 si perviene al “Contratto tipo” giunto a noi. I termini del contratto sono finalizzati alla gestione delle tonnare di Tripolitania, ma risultano essere stati condivisi anche dai gestori delle altre tonnare, come si evince dalla nota a firma di Stefano Fontana: «… questa Commissione esecutiva, in seguito ad intesa con i Rappresentanti delle Tonnare di Sidi-Daud, Monastir, e Curiatti … con l’adesione del Comm. Vincenzo Caruso, per le Tonnare di Favignana e Formica, ha l’onore di comunicare …».

In realtà al primitivo “Contratto tipo per l’ingaggio delle Ciurme di mare e di terra” per le tonnare tripolitane, discusso dalla Commissione in data 29 gennaio 1922, sono state apportate alcune modifiche «allo scopo di non mutare il criterio antico delle paghe proporzionali, eccetto che per il Rais e Sotto rais, per le Ciurme di mare».

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Tonnara Piacentino (Coll. famiglia Piacentino)

Lo schema definitivo sottoposto al sindaco di Trapani, comunque, riscuote il parere favorevole di “padroni” e tonnaroti ed è estremamente dettagliato, forse il più completo mai pubblicato, e comprende le paghe delle Ciurme “di mare” e “di terra”, i “compensi speciali” e i premi sul pescato.

Queste le “Condizioni di Ingaggio” dei lavoratori nelle tonnare che facevano capo a Trapani nell’anno 1922.

“Paghe Ciurma di mare” (quotidiana)

Ruolo Paga in lire Mancia Totale lire Migliarato
Faratico 10 3 13 L. 0,07
Marinaio 13,35 3 16,35 L. 0,09
Capi guardia 16,70 3 19,70 L. 0,10
Sotto Rais 25 = 25 L. 0,18
Rais 50 = 50 L. 0,36

In sede di prima discussione, nella riunione del 29 gennaio, la “Commissione” aveva proposto la paga di lire 12 per il “marinaio” e lire 15 per il “Capo guardia”; in quella occasione prevalsero le ragioni dei tonnaroti.

Ruolo Paga in lire Mancia Totale lire Migliarato
Camparioto 18 3 21 L. 0,09
Carpentiere 25 = 25 L. 0,09

 “Compensi speciali”

“Sgogliatori” L. 35 ognuno a fine campagna

“Marinai barca Muciara” (i tonnaroti di fiducia del Rais, imbarcati sulla “muciara”) L. 30 ognuno a fine campagna

“Marinai barca guardia” L. 20 ognuno a fine campagna

Tonno ghiotta ogni 1000 tonni “raggiunti”.

Lire 300 “per tutta la ciurma di mare sopra ogni 1000 alletterati ai 5 kg”.

20 per cento sulla “pesca minuta”.

Il premio sugli Alletterati (Euthynnus alletteratus) pescati conferma la allora numerosa presenza in tonnara di questo tonnìde dalle carni bianche e saporite, molto appetito dai mercati (si consumava fresco o sott’olio); questo pesce (dal peso fino a 12-15 chilogrammi) era praticamente sparito negli ultimi anni di attività delle tonnare siciliane.

Veniamo alle “Paghe Ciurma di terra” (quotidiana)

Ruolo Paga in lire Mancia Totale lire Migliarato
Barracchiere 20 3 23 L. 0,10
Capo Bottaio 22 3 25 L. 0,10
Bottai 20 3 23 L. 0,10
Camposantaro 12 3 15 L. 0,08
Salatore 10 3 13 L. 0,08
Scabeceri 10 3 13 L. 0,08
Massari 10 3 13 L. 0,08
Fuochisti 10 3 13 L. 0,08
Comuni 10 3 13 L. 0,08
Stagnini 20 3 23 L. 0,08
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Mattanza in Libia (anni ’60 del XX secolo, coll. famiglia Grammatico)

Fin qui l’accordo sulle paghe delle ciurme di mare e di terra, che praticamente tutte le tonnare trapanesi hanno rispettato.

Nello stesso anno 1922 la paga dei tonnaroti del “Secco” di San Vito lo Capo (gestione dei fratelli Plaja, proprietaria la famiglia Foderà) era così definita:

“Giornata £ 10”; “sopra tonni 25% di qualunque grossezza”; “sopra scamali 20%”; “sopra spada 20%”; “Guardia muciara rais £ 50”; “Diritti di cabanna £ 15”. Non si fa cenno alla paga di Rais e sottorais.

Come si vede nella paga ci sono voci diverse rispetto al contratto tipo sottoscritto a Trapani, ma tirando le somme tra premi sul pescato e incentivi ai tonnaroti più qualificati (muciaroti e addetti all’avvistamento [cabanna]) non ci sono grandi differenze.

Come abbiamo detto in apertura, alla documentazione in nostro possesso è allegata la accettazione degli accordi sottoscritta dai rais siciliani che calavano le tonnare in Tripolitania, e per la prima volta possiamo scorrere i loro nomi, scoprendo che molti di loro appartenevano a famose famiglie di rais di Trapani, Bonagia, Favignana e Castellammare del Golfo, tutti luoghi dove è sorta e si è sviluppata la “raisìa”, arte del comandare su uomini, mari e tonni.

Premesso che «in seguito alle dichiarazioni fatte dal Comm. Fontana per i proprietari di Tonnare sulla impossibilità di modificare le paghe proposte dalla Commissione» alla presenza del sindaco di Trapani i “rais di Trapani” si dichiarano «soddisfatti delle benevole intenzioni dei proprietari di tonnare e cioè nella corresponsione alle ciurme di una gratificazione nel caso di buona pesca» e accettano «a nome delle ciurme, la proposta fatta». In data 7 aprile 1922, nel Palazzo di Città, sottoscrivono l’accettazione i “Rais di Tripolitania”: Torre Alfonso Rais, Renda Rosario Rais, Reale Antonino Rais, Corso Luca Rais, Tomaso Incamicia Rais, Vito Ferro Rais, Ferro Clemente Sotto Rais, Vultaggio Gaspare Rais, Tobia Luigi Sotto Rais, Vito Barraco Rais; le famiglie Renda, Ferro e Barraco contano molti rais operanti tra fine Ottocento e le seconda metà del Novecento.

In calce al documento il sindaco Guida aggiunge che «ognuno dei firmatari garantisce circa 60 persone»; in realtà tra le ciurme in Tripolitania e Tunisia venivano ingaggiati anche marinai indigeni, ma a loro non venivano applicate le condizioni del contratto.

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Mattanza nella tonnara tunisina di Sidi Daud (fine Ottocento – inizi ‘900, foto di Sammana Chikli; mostra “Islam in Sicilia”, Orestiadi di Gibellina)

Diritti e obblighi

Essendo stato concepito essenzialmente per le tonnare tripolitane, il contratto tipo prevede una serie di clausole riservate alle ciurme che si trasferiranno al di là del Canale. Ci sono fondamentali differenze nell’inizio del lavoro (e dunque del pagamento): «L’entrata della ciurma di mare è stabilita dall’Amministrazione [della singola tonnara] non oltre il 15 del mese di Aprile 1922 e non prima del 10, e la sua paga decorre dal giorno della partenza e sino al giorno del ritorno. La sua stagione durerà non meno di 80 giorni e non più di 180. La ciurma di terra entrerà non oltre 35 giorni dopo la ciurma di mare, eventualmente prima se richiesto dall’Amministrazione, e la sua stagione non durerà meno di 50 giorni e non più di 80, e salvo sempre i casi di forza maggiore».

Come in tutte le tonnare essendo la pesca sottoposta alle condizioni atmosferiche «Nessun giorno festivo è riconosciuto»; in realtà, come vedremo in seguito per le tonnare trapanesi, i giorni “festivi” erano sì lavorativi, ma la paga era doppia.

Così come avveniva per consuetudine in molte tonnare nei secoli precedenti, ai tonnaroti veniva anticipata una somma a inizio di stagione: «All’atto della firma del presente contratto la ciurma percepirà la caparra di L.10 e prima della partenza un anticipo di L. 240, complessivamente L. 250, salvo ulteriori anticipi durante la campagna. Il saldo alla fine». Per il vitto dei tonnaroti siciliani «L’Amministrazione provvederà alla fornitura dei viveri come pasta pane vino in tonnara al prezzo corrente in Trapani».

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Mattanza nella tonnara tunisina di Sidi Daud (fine Ottocento – inizi ‘900, foto di Sammana Chikli; mostra “Islam in Sicilia”, Orestiadi di Gibellina)

Per quanto riguarda il trasferimento delle ciurme da Trapani in nord Africa, la Commissione si impegna perché «In relazione alla istituzione della linea quindicinale Trapani Tunisi Tripoli, per la durata della campagna Tonnarea» il primo viaggio dal porto di Trapani «abbia luogo il 12 Aprile, con due giorni di stallia, per dar tempo alle Tonnare di imbarcare tutti i materiali da trasportare in Libia e le Ciurme». Il viaggio avverrà «con biglietto di terza classe a spese dell’Amministrazione»; in caso di ritardo “arbitrario” nel presentarsi «le giornate … sono a carico dei ritardatari, con facoltà dell’Amministrazione di sostituirli».

Il contratto convenuto tra proprietari e rais per il lavoro nelle tonnare di Tripoli specifica i compiti dei tonnaroti e prevede sanzioni disciplinari in caso di comportamenti scorretti. «La ciurma attenderà a tutti i lavori cui è chiamata nessuno escluso, con obbedienza, buona volontà e zelo, sia in mare che in terra»  recita il documento, che per quanto riguarda precipuamente la ciurma di mare stabilisce che questa «oltre ai lavori di mare, ha anche l’obbligo della sgugliatina e sollevamento dei tonni sulle spalle dei massari, fare frontallo occhi ecc. e richiesta dall’Amministrazione di cooperare alla stivatura dello scabecio, nei lavori di imbarco e sbarco di materiali e prodotti ed in genere in tutti i lavori di terra e di mare attinenti all’esercizio tonnaresco» [8].

Ammende pecuniarie e financo il licenziamento in tronco sono previsti per i comportamenti più gravi: «Chiunque abbandonasse il lavoro singolarmente o collettivamente, senza giustificato motivo e senza autorizzazione dell’Amministrazione si intende licenziato con la perdita di qualsiasi compenso per il lavoro che avesse già prestato»; punizioni con ammende severe fino al licenziamento e la perdita dei compensi maturati vengono previsti per «chiunque fosse causa di intralcio nel lavoro, di molestie e di disturbi in tonnara, fra i compagni e la popolazione indigena». Nei casi più gravi è prevista «la denuncia alle Autorità locali». Per i tonnaroti di Tripoli viene ribadito il diritto al 20 per cento sugli introiti per la vendita di “pesce minuto” che in quelle tonnare è particolarmente numeroso.

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Rais Luigi Grammatico, detto “Giotto”, in Libia (anni ’60 del XX secolo)

I salari a confronto

Come abbiamo anticipato, i contratti dei tonnaroti nei secoli hanno obbedito a uno schema che è rimasto sostanzialmente simile, pur nella dinamica sociale e salariale che ha attraversato le diverse stagioni di pesca. Per un raffronto sul trattamento di questi lavoratori del mare prenderemo sinteticamente in esame le condizioni economiche concesse alle ciurme in determinati periodi prima e dopo il 1922, anno di riferimento di questo contributo. Su questo argomento studi fondamentali sono stati condotti da illustri studiosi, tra i quali mi piace ricordare Henri Bresc e Rosario Lentini rispettivamente per la Sicilia medievale e in età moderna e contemporanea, e Giuseppe Doneddu per la Sardegna in età moderna; illuminanti e dettagliate notizie sono riportate dal Marchese di Villabianca e Francesco Carlo D’Amico, duca D’Ossada, per la Sicilia a cavallo tra Sette e Ottocento, e da Francesco Angotziper la Sardegna alla fine del XIX secolo.

Ai fini di una comparazione delle paghe dei tonnaroti nel corso degli ultimi 150 anni sono altresì molto importanti la “relazione Pavesi” alla Commissione Reale per le Tonnare (fine Ottocento) e le Relazioni della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle condizioni dei lavoratori in Italia (1964).

Ulteriori informazioni sui salari negli ultimi anni di attività delle tonnare trapanesi sono state apprese direttamente dalla voce dei tonnaroti. Per fornire un quadro esaustivo delle dinamiche salariali negli ultimi due secoli ci limiteremo a riportare in maniera sintetica le “voci” principali.

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Tonnara Piacentino in Libia (coll. famiglia Piacentino)

Anno 1809, Tonnara di Santa Panagia (impianto “di ritorno” nel siracusano): Rais paga per l’intera stagione onze 6; Vice Rais 4,28; Marinai (n. 24) 4.12.3; Marinarotti (n. 11) 3.13.10; Capo maestro 8; Maestri (n. 3) 3.21.16; Calafati (n. 2) 3.29.4 …

L’anno 1837 nella stessa tonnara che dopo stagioni in passivo venne trasformata in “tonnarella” a monta e leva [9] il Primo Rais e il Capo maestro guadagnavano per l’intero periodo 6 onze più razioni quotidiane di pane, vino e diario nella misura rispettivamente di tarì 1.8 e 1.4; il Vice Rais riceveva un salario di 1 tarì al giorno, più 1.8 tarì per pane, vino e diario. Al Rais e al Vice Rais spettavano mezzo pescespada ogni 11 pescati e ancora un inchiume intero e altra mezza parte di inchiume ogni 50 tonni pescati (per “inchiume” si intendono le interiora del tonno). Il “migghiarato”, qui denominato procaccio, corrispondeva a poco più del 12 per cento del ricavato dalla vendita e veniva diviso in 14 parti così distribuite: 3 sia al Rais sia ai Padroni, 3 e un quarto ai Marinai, 2 al Vice Rais, 1 ai Mezzi Marinai e al Razionale, i restanti 3 quarti da dividere tra Rais, Vice Rais, Capo maestro e Calafato [fonte: F. Salerno].

Anno 1816, media delle paghe nelle tonnare siciliane (la statistica si riferisce agli anni precedenti): ai Rais spetta la paga di “tarì 2 o tarì 2 e grana 10 al giorno”; a essi è riservato in media il 2 per cento sugli introiti dalla vendita dei tonni, e il 4 per cento sul pesce minuto, levate le spese. I musciari, marinai di fiducia del Rais imbarcati sulla musciara, guadagnano per l’intera campagna di pesca «oncie 5 od oncie 5.15 e grani otto di pane al giorno franchi, e li furti chiamati da loro procacci». I “furti” di pesce in tonnara (scamali, interiora, pesce minuto) erano considerati quasi un salario straordinario, tanto da venire citati da quanti hanno scritto sulla pesca del tonno (Villabianca, Cetti, Angotzi etc.). Le preziose “interiora” chiamate “uovi di Tonno e le ventri” a fine campagna vengono divise in tre parti: due andranno ai Padroni e una terza sarà divisa tra Rais (un terzo) e Marinai (due terzi) [fonte: F.C. D’Amico].

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Tonnara Piacentino in Libia (coll. famiglia Piacentino)

Anno 1888 circa, Tonnara di Favignana (da una nota dell’amministratore di casa Florio, Gaetano Caruso, alla Commissione Reale per le tonnare): la ciurma di mare percepisce una “panatica fissa” di 60 centesimi al giorno, più le “parti” sulla vendita dei tonni (il 16 per cento), di pescispada e pesci minuti (il 27 per cento), il tonno di “ghiotta” (tre ogni mille pescati). Le “parti” vengono così divise: al Rais 5, al Sottorais 2, ai due Capiguardia 1 e un ottavo ciascuno, ai 14 Marinai 1 cd. ai 6 Muciari rais 7/8 cd., agli 8 Muciari sugheri 6/8 cd., ai 6 Venturieri 5/8 cd., ai 60 Foratici 4/8 cd., al Mozzo 3/8, al Bagliere 1 e 3/8, “Disponibili al Padrone” 10.

Colpisce la paga per i musciari del Rais, che qui è inferiore a quella dei Marinai, mentre altrove proprio sulla barca del Rais venivano impiegati i tonnaroti più bravi e meritevoli di maggiore fiducia [fonte: R. Lentini].

tonnare14Anni 1878-1888 circa, situazione generale nelle tonnare italiane (statistiche raccolte dalla Commissione Reale per le Tonnare): il “salario e la cointeressenza del personale di pesca” vengono calcolati mediamente in circa lire 1,50 al giorno. Nel dettaglio presso la Tonnara Saline di Sardegna i salari per l’intera stagione vengono così specificati: Direttore L. 3.500, Cappellano L. 300, Medico L. 300, Dispensiere-contabile L. 1.000, Guardiano L. 1.200, Rais L. 400, Sottorais L. 200, Palischermieri (n. 2) L. 600, Padroni di rimorchio (n. 2) L. 200, Musciari (n. 6) L. 600, Bastardieri (n. 24) L. 2.400, Rimorchi (n. 24) L. 2.400, Marinai di parte (n. 4) L. 240.

I “tonni di merito e il migliaio” sono conteggiati “in lire 120 al rais, 60 al sottorais, 40 a ciascun marinaio di parte e padrone di rimorchio”. La paga media giornaliera di “ogni individuo” è stimata in lire 5,01.

La differenza con i salari registrati nell’altra tonnara sarda di Porto Scuso fanno pensare a un errore nella trasmissione dei dati dalla Saline: a Porto Scuso è pressoché identica la paga del Direttore (lire 3.400 contro 3.500) e identiche alla lira i salari di medico e cappellano (lire 300), ma qui il Rais risulta guadagnare lire 1.892,40 e il Sottorais lire 578,80 … la paga media giornaliera risulta essere lire 4,81.

In merito alle tonnare siciliane la “Commissione” registra per i tonnaroti un salario fisso di “lire 1 al giorno, più una quota sul prodotto netto della pesca, che è in media del 16%”. Fanno eccezione le tonnare di Favignana e Formica che secondo la nota dell’amministratore Caruso (vedi sopra) pagherebbero in media lire 3,29 a persona per ciascuna giornata lavorativa della campagna di pesca [fonte: Relazione Pavesi alla Commissione Reale per le Tonnare].

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Mattanza nella tonnara Saline, fine Ottocento, si notino le reti a dividere gli “stellati” (da La tonnara Saline di S. Rubino)

Anno 1900, Tonnare di Sardegna: in generale le ciurme di mare hanno diritto a un salario fisso, più il migliarato (calcolato per ogni 1000 tonni) e le interiora dei pesci catturati nella mattanza. Al rais viene corrisposta una paga media fissa di lire 600 per l’intera stagione, più 120 lire ogni mille tonni; ai Padroni di rimorchio lire 90 più 40 di migliarato; ai Marinai di parte lire 60 più 40 di migliarato; ai Maestri d’ascia e calafati lire 50 mensili; ai Palischermieri lire 150 più 50 di migliarato; ai Direttori di stabilimento lire 2.000; gli Stagnini ricevono lire 5 al giorno e i Fuochisti lire 80 mensili [fonte: F. Angotzi]. Qui in alcune tonnare (certamente la Saline) i tonnaroti addetti alla mattanza, divisi in “stellati” di otto, dividono all’interno del gruppo le interiora dei tonni issati sul vascello da ciascuno di essi, e per questo gli spazi alle spalle dei tonnaroti sono divisi da pareti di rete [10].

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Peppa Badalucco, moglie del “bagliere” della tonnara del Secco, intenta a costruire le reti (anni ’50, coll. Valeria Plaja, da San Vito lo Capo e la sua tonnara)

Anni 1912-1970, Tonnara del Secco a San Vito lo Capo: in questo caso possiamo seguire la dinamica salariale per l’intero periodo in considerazione avendo a disposizione i “Diari” o “Giornali” della tonnara, curati personalmente dalla famiglia Plaja, prima gabellota e successivamente proprietaria dell’impianto. I dati riguardano il contratto per la ciurma, e non accennano alle condizioni concesse al Rais; non per tutti gli anni vengono dettagliati la paga e i premi per la produzione, e la ghiotta è costituita da pesce minuto regalato di volta in volta ai tonnaroti per le esigenze alimentari quotidiane. Della intera serie prendiamo in considerazione solo alcune stagioni regolarmente distanziate per evidenziare le modifiche salariali (per alcune stagioni si riscontrano notizie che forniscono comunque importanti indicazioni sui rapporti economici tra “padrone” e “ciurma”).

-  Anno 1912: al “Guardiano” viene corrisposta la paga di lire 2 “più un litro di vino”; al “Picciotto” lire 0,85 “alla scarsa”. Per quest’anno vengono annotati nel “Giornale” redatto dall’amministratore Nenè Bergamini i “Regali alla Ciurma” che sono: Aprile 7, Lira una a ciascuno Ricorrenza S. Pasqua; 12, Mezzo chilo di pasta ciascuno (crociato); 16, Mezzo litro di vino Ciascuno (divisione Ciurma); 17, Aghiotta di sarde N. 12 ciascuno prese con la tratta; 22, (Calato tonnara) ½ kg di Pasta e ½ litro di Vino a ciascuno. Al rais Rotoli 1 e ½ carne ad Arcangelo Rotolo 1 a Munna Rotolo 1. A Scardina litri 5 di vino

- Anno 1920: Condizioni della ciurma. Giornata lire 6,50. Decima: sopra tonni £ 0,60 sino a kg 60; sopra tonni £ 0,80 da kg 61 in su; sopra scamale 25%; sopra pesci spada 20%; Guardiana alla mociara di rais £ 25; Guardiania alle cabanne £ 15; Palischermeria £ 15

- Anno 1934: Condizioni. Paga giornaliera 6,50 + contributi= £ 7 al giorno; Decima sui tonni £ 0,50 per ogni tonno; su spada, pesce minuto 15% sul ricavato

- Anno 1943: Condizioni. Lire 38 più 150 grammi di pane. Decima 1 lira a tonno, scamale 15%

- Anno 1944 (si riporta perché ci sono grandi cambiamenti nei salari rispetto all’anno precedente): Condizioni. Lire 70 ogni giornata più 250 grammi di pane. Decima £ 6 ogni tonno, scamali 15%

- Anno 1951: Condizioni. £ 550 al giorno paga doppia nei festivi. Assegni familiari. Decima “30 per cento ogni tonno e 25% su pesce minuto. Aghiotta A criterio dell’Amministrazione pel pesce minuto, un tonno il più grosso della mattanza che completa i 400 tonni e poi un tonno il più grosso della mattanza che raggiunge i 600 tonni e così via per ogni multiplo di 200

-  Anno 1954: Condizioni bagliere 1) Salario mensile £ 6 mila 2) oltre lo sfruttamento terreno giardino meno alberi e un piccolo trapezio per uso ortaggi del padrone 3) Manufattura reti da parte della moglie fino circa lire centomila e ciò per la durata di mesi 9. Durante il periodo di tonnara dargli un posto come tonnaroto impegnandosi a disimpegnare qualsiasi lavoro. Condizioni della ciurma: Paga giornaliera come l’anno precedente £ 600. Natalizio £ 2.000. Muciara di rais come l’anno precedente

- Anno 1957: abbiamo solo la paga della “gente d’aiuto” per le operazioni straordinarie come il calo e il salpato delle reti, che va dalle 700 lire a 1.000 a un massimo di 1.500

Per il resto delle stagioni riportate nei Diari non si fa cenno alla paga dei tonnaroti [fonte: N. Ravazza, San Vito lo Capo e la sua Tonnara]

1956, Tonnara di Pizzo Calabro: paga giornaliera dei marinai lire 500; migghiarato: lire 10 per ciascun tonno pescato, lire 25 per ciascun pescespada di peso superiore ai 20 chilogrammi. Alla ciurma venivano corrisposte complessivamente: lire 6.000 ogni cento tonni pescati (tonno a gghiotta), un quarto dei pesci minuti e scamali catturati. La fonte [M. Pacifico] non cita la paga dei rais, né la distribuzione delle “parti” in caso di premi cumulativi.

Anno 1964, situazione generale nelle tonnare trapanesi: La Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Condizioni dei Lavoratori in Italia dedica ampio spazio ai lavoratori del mare, e in particolare a quelli delle tonnare trapanesi. In provincia di Trapani vengono selezionati i contratti in tre tonnare locali di cui non si fa il nome ma sono per certo Favignana e Formica (proprietà e gestione Parodi), Bonagia (proprietà e gestione SIP – Società Industria Pesca spa) e una del golfo di Castellammare (Magazzinazzi o Scopello, la prima di proprietà della famiglia Foderà, la seconda di una società di cui faceva parte lo stesso Foderà). Dai contatti con i sindacati, gli Enti locali e i tonnaroti la Commissione evince che non esiste un contratto di lavoro unico, ma pur nella omologazione delle voci salariali ciascuna tonnara applica un proprio contratto ai pescatori, che più o meno di buon grado accettano.

 -  Nella prima tonnara, che dovrebbe essere Favignana-Formica, il Rais guadagna 2.480 lire al giorno, i Capiguardia 1.860, il marinaio 1.546 e il foratico 1.240; il migliarato è di lire 12 a tonno pescato. Ogni 10 giorni viene corrisposto un anticipo di lire 8.000, il saldo comprese le ferie non godute e la “gratifica natalizia” avviene a fine stagione di pesca. Le 12 lire a tonno appaiono poche rispetto ad altre tonnare, ma qui le catture sono molto più numerose e dunque alla fine il guadagno è superiore.

- Nella seconda tonnara, che riteniamo possa essere Bonagia, la paga giornaliera del Rais è di lire 3.584, del Vicerais 1.749, del Capoguardia 1.382, del marinaio 1.016, del foratico 800; il migliarato è di 25 lire a tonno pescato, che diventano 30 superati i 500 tonni. La gghiotta consiste in un tonno scelto dalla ciurma ogni 400 pescati. Vengono pagati i giorni festivi in cui si lavora, la gratificazione natalizia, e in particolari occasioni (crociato, arrivo dei primi tonni) viene offerta una bibita alla ciurma, solitamente birra o vino.

- Nella terza tonnara, che dovrebbe essere una del golfo di Castellammare (i tonnaroti si lamentano perché non possono tornare a casa a fine lavoro) la paghe giornaliere sono: Rais 1.800 lire, Sottorais 1.425, marinaio 965, capoguardia 1.205, foratico 725; il migliarato è di 25 lire a tonno fino a 600 pesci, poi 30 lire. Il tonno a gghiotta corrisponde al tonno più grosso ogni 400; il rais inoltre distribuisce in natura il 25 per cento del pesce minuto (che viene consumato sul posto). La paga è doppia nei giorni festivi del Corpus Domini, 2 giugno, Ascensione e ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo (se lavorati); la gratificazione natalizia e la corresponsione delle ferie non godute sono pari a 3 giorni lavorativi ogni 30 [fonte: Relazione parlamentare …].

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Tonnara di Bonagia, 1948 (Archivio Proloco Valderice)

Ultimi anni di pesca nella tonnara di Bonagia (decennio 1980): le notizie vengono assunte dalla viva voce dell’ex tonnaroto Totò Accardi, poi divenuto capobarca e infine rais nelle tonnare di Libia l’anno 2000.

Nella stagione 1981 Accardi col ruolo di tonnaroto guadagnava lire 27.000 al giorno e il migliaratoera di lire 500 a tonno catturato; il tonno a gghiotta veniva distribuito ogni 400 tonni pescati, e veniva quantificato dal proprietario Nino Castiglione sr. in tre milioni e mezzo di lire, da dividersi tra la ciurma. A metà degli anni Novanta, quando la taglia media dei tonni diminuì considerevolmente, il premio veniva erogato ogni due pesci di peso inferiore ai 50 chilogrammi.

Anche in questo periodo vigeva la consuetudine della vìppita (tre bottiglie di birra ciascuno) in occasione del calo della tonnara e dell’arrivo dei primi tonni (“anniscatina”); inoltre per ogni stagione venivano elargite 15 mila lire a lavoratore per “taglio di capelli”, retaggio della primitiva usanza di assoldare il barbiere in ciascuna tonnara. I giorni festivi la paga era doppia: in media erano 6 giorni al mese (“ma alcuni anni a seconda di quando cadeva la Pasqua si arrivava anche a 11” ricorda Totò. Il 29 giugno, giorno di San Pietro e Paolo, non si lavorava).

La tonnara di Bonagia fu l’ultima dei grandi impianti trapanesi a “spegnersi” nel 2003 (Favignana proseguì ancora qualche anno il calo delle reti, ma più a scopo turistico che per la produzione). Oggi in Italia sono in piena attività, con ottimi risultati, le sole tonnare del Sulcis: Isola Piana di Carloforte, Portoscuso e Porto Paglia.

Dialoghi Mediterranei, n. 45, settembre 2020
 Ringraziamenti
Ad Angela Serraino, nel cui cuore la tonnara occupa uno spazio speciale, per i documenti sui contratti dei tonnaroti in Tripolitania ritrovati negli archivi di famiglia (Serraino e Fontana).
A Rosario Lentini per le indicazioni, i suggerimenti e i consigli che mi hanno permesso di meglio comprendere alcuni passaggi essenziali nei rapporti di lavoro in tonnara.
Alla famiglia Plaja per avermi reso partecipe della vita nella tonnara del Secco, affidandomi i Diari scritti dagli avi.
Alle famiglie Di Vita, Piacentino, Pace, per le fotografie delle tonnare di Libia.
Alla Fondazione Orestiadi di Gibellina per le fotografie della tonnara di Sidi Daud.
A Totò Accardi, testimone straordinario e malinconico della triste chiusura delle tonnare trapanesi, grande e appassionato narratore.
Note
[1] Archivio Massimo Sella; importantissima documentazione anche in “Echi di Tonnare” (vedi in bibliografia) e su https://museoryolo.blogspot.com
[2]  Giovanni Adragna; la famiglia fu proprietaria anche delle tonnare trapanesi di San Giuliano e Bonagia.
[3] Archivio Massimo Sella.
[4] Sulle tonnare di Libia interessanti notizie si trovano in Massimo Sella (fino al 1932) e in Renato Militello (anno 1936); vedi in bibliografia.
[5] Archivio Massimo Sella.
[6]  In R. Militello “Industrie trapanesi …”.
[7]  Fondamentali in proposito gli studi di Rosario Lentini in “Economia e storia delle tonnare …” (vedi bibliografia).
[8] Termini “tonnaroti”: sgugliatina è lo sventramento dei tonni; frontallo la conservazione di parti meno pregiate del pesce; scabecio il tonno conservato sott’olio dopo la cottura.
[9]La tonnara “a monta e leva” aveva una struttura più semplice rispetto alle grandi tonnare siciliane e sarde (Favignana, Bonagia, Saline) e catturava i tonni e gli altri pesci minuti non appena arrivati tra le reti, invece di aspettare che i pesci fossero decine o centinaia prima di fare mattanza.
[10] Il particolare delle reti che dividono gli stellati nella tonnara Saline mi è stato indicato da Salvatore Rubino, autore del volume La Tonnara Saline (vedi la fotografia)
Riferimenti bbliografici
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Ninni Ravazza, giornalista e scrittore, è stato sommozzatore delle tonnare siciliane e corallaro. Ha organizzato convegni e mostre fotografiche sulla cultura del mare e i suoi protagonisti. Autore di saggi e libri sulla vita dei pescatori di tonni e di corallo, per l’Editore Magenes ha scritto: Corallari (2004); Diario di tonnara (2005 e 2019); Il sale e il sangue. Storie di uomini e tonni (2007); Il mare e lo specchio. San Vito lo Capo, memorie dal Mediterraneo (2009); Sirene di Sicilia (2010; finalista al “Premio Sanremo Mare” 2011); Il mare era bellissimo. Di uomini, barche, pesci e altre cose (2013); Il Signore delle tonnare. Nino Castiglione (2014); San Vito lo Capo e la sua Tonnara. I Diari del Secco, una lunga storia d’amore (2017); Storie di Corallari (2019). Dal libro “Diario di tonnara” è stato tratto l’omonimo film diretto da Giovanni Zoppeddu, prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà, in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2018, di cui l’Autore è protagonista e voce narrante. È autore di numerosi altri studi dedicati al mare, per i quali ha vinto premi nazionali e internazionali.

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