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Per una breve storia degli studi nautici e marittimi del Mezzogiorno

coverdi Mario Rastrelli

Rari nantes in gurgite vasto (Virgilio, Eneide, libro I, v 118)

Il libro di Maria Sirago, L’istruzione nautica nel regno di Napoli (1734-1861), edito nella collana Fucina di Marte vol. IX, Società Italiana Di Storia Militare (2022), rientra nell’ambito della storia marittima, un ambito di ricerca poco diffuso negli studi di storia sul Mezzogiorno.

Fin dagli anni Settanta del Novecento Luigi De Rosa segnalava la carenza di ricerche sulla storia marittima. Tale concetto è stato ripreso dallo storico Giuseppe Galasso nel 1980: egli sottolineava che per il periodo moderno per la marineria storica si può parlare di «una storia di assenze più che di presenze», per cui le ricerche degli studiosi si sono indirizzate in altri ambiti.

Anche Anna Maria Rao nell’introduzione a Napoli e il Mediterraneo nel Settecento (2017: 5-23), da lei curato, ha osservato che il detto “il mare non bagna Napoli” si riflette anche nelle ricerche storiografiche: la dimensione mediterranea di Napoli in età moderna si presenta più come sfondo che come oggetto precipuo di riflessione.

1In realtà tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta si è avuta un’inversione di tendenza per cui il settore si è ampliato grazie alla proliferazione di convegni e specifiche pubblicazioni (D’Angelo, 2010; Lentini, 2021) e alla creazione di cattedre universitarie e centri di ricerca, in particolare quelli del CNR di Napoli e Cagliari (Sirago, 2020: 62-66).

In una attenta disamina sulla storia marittima del Mezzogiorno Paolo Frascani (2017) ha passato in rassegna i numerosi studi in tale ambito tra il 1980 e il 2000, concludendo che malgrado un aumento di tali ricerche manca una vera e propria specializzazione storico-marittima, poiché rimane disattesa l’esigenza di definire e coltivare questo settore attraverso strumenti di ricerca mirati. Anche nell’introduzione al volume A vela e a vapore Frascani (2001: X-XII) e nel volume del 2008 egli ha sottolineato l’andamento discontinuo della storia marittima italiana, dai fasti genovesi e veneziani in epoca medievale al prolungato ripiegamento durante l’epoca moderna, seguendo un percorso diverso dagli altri Paesi europei, in primis la Francia, la Spagna e l’Inghilterra.

2Il limitato e difficile rapporto degli italiani col mare è cominciato a cambiare all’inizio dell’età contemporanea quando sono riprese le comunicazioni marittime nel Mediterraneo, come si evince dagli studi di Sergio Anselmi in area adriatica, pubblicati postumi nel 2003. Un’analisi puntuale di questa evoluzione si desume anche nell’ampia disamina di Michela D’Angelo (2010), in cui l’autrice traccia il percorso della storia marittima italiana, tra ombre e luci, sottolineando che non ha ancora avuto il diritto di cittadinanza nell’universo della ricerca in Italia, dove è ancora considerata parte della storia economica e in essa confluisce indistintamente.

Negli ultimi venti anni anche gli studi sulla storia marittima del Regno meridionale hanno conosciuto una significativa crescita, mostrando una «storia in movimento, che testimonia del dinamismo particolare del Regno di Napoli e delle sue attività marittime e commerciali» a partire dalla “fertile stagione” di riforme avviate in epoca carolina, come sottolinea Amedeo Lepore (2019: VII-XV). Gli studi più recenti abbracciano vari ambiti, che spaziano dalla diplomazia (Mafrici, 2004) alle infrastrutture portuali (Sirago, 2004), alla difesa militare dai barbareschi (Mafrici 1995 e 2007), allo sviluppo della marina mercantile (Passaro, 2019), all’istruzione nautica (Sirago, 2022), alla pesca (Pirolo, 2018 e Sirago, 2014).  

Maria Sirago nel suo ultimo lavoro sull’istruzione nautica (2022) ha raccolto i precedenti contributi sulla tematica dell’istruzione nautica in età moderna, ampliandoli ed arricchendoli con un vasto apparato di tavole, dati e nuovi documenti d’archivio. Nella prefazione, Amedeo Lepore sottolinea che questo è un «tema di ampio interesse per la storia marittima e per il ruolo che ha svolto il regno di Napoli». L’istruzione navale, necessaria per formare gli ufficiali della flotta e i piloti della marina mercantile, come nelle ricerche di Maria Stella Rollandi e Raffaella Salvemini, è una materia di grande rilevanza e modernità, che ha avuto un grande risalto a livello internazionale.

In Italia durante il corso del Settecento nacquero scuole nautiche per piloti a Venezia nel 1739 ed a Trieste nel 1754, seguite da quelle di Napoli e Sorrento nel 1770. In quel periodo si sentiva l’esigenza di studiare la scienza nautica ed astronomica, necessarie per la navigazione oceanica che si stava sviluppando. A fine secolo furono create scuole anche a Palermo e Siracusa tra il 1789 ed il 1790. Un ulteriore impulso all’istruzione tecnico-nautica si ebbe nel decennio francese (1806-1815), quando furono costruiti i vascelli ad ottanta cannoni. Dopo la Restaurazione (1815), iniziò anche lo sviluppo della navigazione a vapore per cui furono potenziati ed aggiornati gli studi nautici. Un caso particolare è sicuramente quello di Procida, dove a fine Settecento fu aperta una scuola nautica a spese dei capitani dell’isola, con al centro l’insegnamento teorico-pratico.

0304182030Il volume di Sirago è diviso in due parti. Nella prima si analizza proprio l’insegnamento tecnico-pratico e si traccia la biografia di alcuni insegnanti, come Vito Caravelli (insigne matematico e autore di testi per gli alunni dell’Accademia di Marina, fondata nel 1735) e Ferdinando Scarpati (professore di nautica) e dei libri di testo utilizzati dagli allievi. Una particolare attenzione è stata data alla evoluzione degli studi astronomici, vero fondamento della scienza nautica. L’analisi dei testi offre un panorama della cultura diffusa a Napoli in età moderna. In un primo tempo si usavano manuali esteri, spagnoli, inglesi e francesi. Poi iniziarono ad essere pubblicati i testi della scuola matematica napoletana. Per un’analisi più dettagliata in appendice sono state ricostruite le vicende della biblioteca dell’Accademia di Marina, i cui volumi sono conservati nella Biblioteca dell’Accademia Navale di Livorno, e quelle della scuola nautica di Piano di Sorrento, conservati nella biblioteca dell’istituto Nino Bixio.

Nella seconda parte viene tracciata la storia dell’Accademia di Marina, dove si formava un personale altamente specializzato, fondata sul modello di quella di Cadice in Spagna, unitamente a quella degli istituti nautici dove si formavano i piloti della marina mercantile.

L’Accademia di Marina era un’istituzione necessaria per imparare l’arte nautica, visto che gli ufficiali dovevano essere istruiti sulle navi maltesi, francesi o inglesi, come fece Francesco Caracciolo. Vito Caravelli dagli anni Cinquanta si occupò della gestione degli studi matematici, nautici ed astronomici in qualità di primo professore, pubblicando i testi per gli allievi, dei quali il Regno era privo. Dal 1755 fu affiancato da due colleghi stimatissimi, esperti di scienze nautiche, Niccolò de Martino e Michele de Leonardis. L’Accademia venne poi attentamente controllata dal re e dai suoi ministri, anche grazie alla riforma promossa dal ministro John Acton.

Nodo centrale nei programmi dell’istruzione nautica per l’Accademia di Marina fu lo studio dell’astronomia, iniziato dalla seconda metà del Settecento sui testi di Jerome Lalande ed incrementato dal Ministro della Marina John Acton, che aveva stilato un piano per riorganizzare la Marina, facendo acquistare in Inghilterra nuovi strumenti astronomici. Poi durante il Decennio Francese (1806-1815), si ebbe la creazione dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, terminato negli anni Venti dell’Ottocento: qui si conservano alcuni strumenti che potrebbero essere quelli ordinati da Acton in Inghilterra, come il cannocchiale di Peter Dollond e il quadrante astronomico di Ramsden.

L’Accademia venne riorganizzata durante il Decennio francese, quando venne promossa una nuova riforma scolastica, e fu trasferita nel dismesso monastero dei Santi Severino e Sossio (oggi Archivio di Stato di Napoli).  In quel periodo, si adottavano i testi in uso nei collegi di marina francesi come il Bezout tradotto in italiano nel 1807 per gli allievi; nello stesso anno il professor Vincenzo Flauti pubblicava in italiano il primo manuale di geometria descrittiva, utile ad architetti ed ufficiali di Marina. Pochi anni dopo i professori Fergola, Flauti e Giannattasio mandavano in stampa i loro testi.

0395232000Dopo la Restaurazione (1815), col ripristino della flotta, si decise di riorganizzare anche gli studi nautici degli ufficiali, necessari per lo sviluppo della nuova navigazione a vapore, iniziata nel 1818. Furono promosse “missioni di istruzione” per gli allievi, per far conoscere le nuove rotte, come quella con la fregata Urania, durata due anni, dal 1844 al 1846, in cui furono toccati i principali porti dell’America Meridionale e Settentrionale. Gli alunni poterono fare interessanti osservazioni astronomiche nelle diverse latitudini, stendendo dettagliati appunti, controllati dal capitano della fregata, Giovan Battista Lettieri, che stilava anche i risultati degli alunni da lui esaminati di volta in volta.

Anche le scuole nautiche per i piloti sono un importante tassello per lo sviluppo economico di un Paese. In Italia la prima scuola nautica per i piloti era nata a Venezia nel 1739, la seconda a Trieste nel 1754 per volere dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e a Livorno nel 1766. Nel Regno di Napoli, che aveva riacquistato la sua indipendenza, Carlo di Borbone, dopo aver incentivato lo sviluppo della Marina mercantile, nel 1749 creò una scuola per pilotini nel Conservatorio di Santa Maria di Loreto.

Il ministro Bernardo Tanucci dopo l’espulsione dei Gesuiti (1767) e il sequestro dei loro beni decise di riaprire le scuole nei loro edifici, con le rendite sequestrate. Fu utilizzato il piano del sistema scolastico proposto da Antonio Genovesi. Questi fin dagli anni Cinquanta aveva sottolineato la necessità di creare delle “scuole per il lavoro” (i moderni istituti tecnici) per formare una nuova e moderna classe di operai alfabetizzati, tra cui i piloti e marinai, a cui si dovevano insegnare anche le lingue straniere, inglese e francese, per poter commerciare. Nel 1770 furono fondate le scuole nautiche di Napoli e di Piano e Meta di Sorrento a spese dello Stato. Le sue idee furono riprese da Gaetano Filangieri. Le scuole, laiche e gratuite, dovevano servire ad alfabetizzare le classi operaie, come i pilotini, che dovevano diventare il vettore portante per lo sviluppo economico. Lo Stato borbonico voleva cercare di risolvere il problema di una endemica povertà e lo fece attraverso l’opera di una diffusa istruzione di massa e con la costruzione di opere che ancora possiamo ammirare percorrendo le strade della nostra meravigliosa città, come l’Albergo dei Poveri.

Le scuole nautiche di Napoli e di Piano e Meta, nel territorio sorrentino, destinate in primis agli orfani dei marinai, furono istituite per formare i capitani, o pilotini della marina mercantile in età borbonica, sul modello di quelle di Siviglia. In essa oltre alla nautica si insegnava a pescare e a costruire imbarcazioni. In quella napoletana gli allievi che non avevano attitudini marinare venivano inviati da “artefici” (orefici, tintori, maestri setaioli, ecc.) per imparare un mestiere.

71pxvcjaglTra il 1789 ed il 1790 sorsero in Sicilia due importanti scuole a Palermo e Siracusa. Nel corso del XIX si registrò un ulteriore sviluppo dell’istruzione nautica destinata ad essere perfezionata per formare piloti in grado di condurre i nuovi battelli a vapore come il Ferdinando I, varato a Napoli il 1818. Nel 1788 i padroni di barche ed i marinai di Procida aprirono una scuola nautica su modello di quella di Piano anche sull’isola di Arturo, a spese della comunità, o “bussola dei padroni di barche”, un ceto che si era sviluppato notevolmente.

In epoca francese il salernitano Matteo Galdi, che aveva studiato ad Amsterdam, stilò un piano per le scuole nautiche della penisola sorrentina in cui l’insegnamento era basato soprattutto sugli studi matematici, necessari per calcolare le nuove rotte. Il piano fu ripreso dopo la Restaurazione (1815) ed applicato poi a tutte le scuole nautiche del Regno. Grazie alle nuove conoscenze tecniche la Marina mercantile nell’Ottocento ebbe un notevole sviluppo: i “capitani coraggiosi” riuscirono a compiere anche viaggi nel Mar Nero, nel Mar Baltico e transoceanici, in modo da formare un vero e proprio mercato globale in cui Napoli rivestiva un ruolo centrale.

L’istruzione nautica è stato dunque uno dei tasselli per lo sviluppo della storia del Regno delle Due Sicilie, trasmesso anche dopo l’Unità, quando l’Accademia di Marina napoletana, insieme a quella di Genova, ha dato vita all’Accademia di Livorno. Le due scuole per i piloti, napoletana e sorrentina, sono ancora esistenti e rappresentano una preziosa risorsa per il territorio.

Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023 
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Mario Rastrelli, laureato in lettere moderne nel 2021 con una tesi in Letterature Moderne comparate sui rapporti tra letteratura e mare, sta completando la laurea magistrale in filologia moderna. Ha presentato i testi di Maria Sirago   L’Istruzione nautica per la regia flotta e per la marina mercantile del Regno di Napoli (1734-1799), in Passaro B. Sirago M. Trizio P. B., Al servizio della Capitale e della Corte. La marineria napoletana nel Settecento, Napoli, ESI, 2019: 63-109.; La penna e la spada Bernardo e Torquato Tasso da Tunisi a Lepanto, Quaderni di Historia Regni, Nocera Superiore (Salerno), 2021; L’istruzione nautica nel regno di Napoli [1734-1861], Società Italiana di Storia Militare, nadir Media, Fucina di Marte, Collana della Società Italiana di Storia Militare, vol. 9, 2022.

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