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Per Pino Aiello, l’aiutante magico

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Pino Aiello

di Janne Vibaek

Ci sono persone che non sono professori né presidenti, che non sono accademici né famosi, ma che sono delle colonne portanti, solide e concrete architravi a cui affidarsi. Giuseppe Aiello, Pino, Pinuzzu era una di queste. Pino ci ha lasciato il 14 febbraio e quanto fosse conosciuto, stimato e amato si è visto dalla folla che stipava la chiesa Ss. Maria Addolorata di Aspra laddove si sono svolti i suoi funerali. Era strapiena di docenti e allievi, ma anche di amici e semplici cittadini di Bagheria e Aspra.

Era una figura estremamente riservata e teneva lontana la vita privata dal lavoro. Era così riservato che se n’è andato senza che quasi nessuno avesse capito la gravità della sua malattia e molti sono stati scioccati della tristissima notizia.

Ma chi era Pino? Una di quelle persone sempre pronte a aiutare, come ha detto giustamente nella bella omelia il sacerdote celebrante, una di quelle persone che semplicemente c’è e di cui si comprende a pieno l’importanza soltanto quando viene a mancare.

Quando nel 1975 si è dovuto allestire il Museo internazionale delle marionette a Palazzo Fatta in soli quindici giorni e contemporaneamente organizzare il primo Festival di Morgana che allora si chiamava 1° Rassegna dell’Opera dei pupi Nino Buttitta ha messo a nostra disposizione tutti i suoi collaboratori. In quella occasione fu Pino ad organizzare ogni cosa, a progettare le sezioni espositive non facili perché le pareti erano coperte di stoffe pregiate e non si poteva piantare neanche un chiodo. E così pure per la Rassegna, che cominciò tre giorni dopo l’inaugurazione del museo, fu sempre Pino che aiutò, come farà sempre in seguito per tutte le mostre che abbiamo organizzato. Allora la parola d’ordine era “museo vivo” che per Pino diventava “museo squieto”. Da allora è stato sempre al nostro fianco, compagno instancabile, il nostro “aiutante magico”, e per molti anni ha fatto parte del Consiglio direttivo dell’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari.

Ho poi avuto il privilegio di lavorare stabilmente con lui fin da quando Nino Buttitta ha istituito il Servizio Museografico della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo e ha chiamato me a esserne la responsabile e Pino Aiello a collaborare con me. Questa nuova istituzione che purtroppo non esiste più, come la stessa Facoltà cancellata dalla Riforma, era una cosa del tutto nuova. In quel momento i musei etnoantropologici erano ancora pochi e poco curati. Il nostro compito era pertanto di organizzare mostre e promuovere musei della cultura contadina, a documentazione di quel mondo che stava scomparendo a vista d’occhio, per mantenerne la memoria. Nei primi tempi Pino mi ha raccontato tantissime cose della sua Bagheria e di questa cultura di cui io conoscevo pochissimo e ne comprendevo ancor meno i significati nascosti nella lingua e negli oggetti. Pino infatti aveva questo dono innato, era geometra e possedeva un sapere tecnico che mancava al gruppo degli studiosi dell’istituto di Antropologia culturale.

Ho visto come lui via via abbia maturato una splendida sintesi delle sue conoscenze con quelle che assorbiva dai colleghi accademici, adattandoli ai compiti che si presentavano man mano che il lavoro procedeva. Uno dei primi compiti di un certo rilievo fu l’organizzazione del censimento degli strumenti di lavoro e in questo progetto Pino rivelò tutte le sue capacità di insegnare, spiegare, coordinare e far comprendere. E questa sua attitudine andò sempre di più nel tempo sviluppando e affinando. Il Censimento ha avuto molti esiti. Prima di tutto si tradusse in una mostra allestita nell’atrio dell’Istituto di Storia Patria in occasione del II Congresso internazionale di studi antropologici siciliani (Palermo 26-29 marzo 1980). Insieme a Pino furono chiamati alcuni degli schedatori del censimento che poi a loro volta hanno promosso attività e mostre nei loro paesi, quasi sempre con l’immancabile aiuto di Pino.

Le iniziative che sono state realizzate da Nino Buttitta insieme a Pino e ai colleghi della Cattedra di Antropologia culturale sono talmente tante che non è possibile enumerarle qui. Ma come ho già detto, Pino era sempre presente ma talmente riservato che rinunciava ad ogni occasione di esposizione formale, così che, dopo avere piantato l’ultimo chiodo, alle inaugurazioni spariva, si rendeva latitante.

Quando sono andata in pensione nei 1996, Pino ha assunto con grande competenza il ruolo di responsabile del Servizio Museografico. I compiti del servizio erano nel frattempo cambiati in quanto la Regione aveva costituito suoi organi di competenze in fatto di catalogazione e museografia.  Ma è tuttavia rimasto una preziosa istituzione di consulenza. Quando Giuseppe Tornatore pensò di ricostruire la vecchia Bagheria nel suo omonimo film fu Pino Aiello a progettare, disegnare e guidare i lavori di ricostruzione del set cinematografico in Tunisia. E nella pellicola ricoprì anche un ruolo di attore.

Pino era specializzato nel disegno degli strumenti di lavoro e di ogni manufatto che riguardava la cultura materiale e così quasi tutte le pubblicazioni edite su questo argomento e non solo quelle dell’Istituto di Antropologia, ma anche quelle del Centro di Studi Filologici e Linguistici e naturalmente quelle del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, portano disegni elaborati con mano nitida e sapiente da Pino.

Lui era lì sempre pronto con la sua grande umanità a aiutare docenti e allievi e chiunque si rivolgesse a lui. Spesso veniva chiamato a fare lezioni in sostituzione di qualche professore dell’Istituto, riuscendo sempre a sedurre l’attenzione degli studenti. Ha anche scritto una serie di saggi e di articoli, ha seguito tesi di laurea, ha partecipato a convegni e ha prestato consulenze per ricerche su temi e aspetti diversi del mondo popolare tradizionale.

maxresdefaultPino amava il mare, era stato un velista sportivo professionista, innamorato di Aspra, delle sue tradizioni marinare. Era poi particolarmente esperto nei settori dell’agrumicultura e della pesca, di cui conosceva analiticamente le tecniche di produzione e i diversi aspetti della organizzazione del lavoro. Sul carretto, la storia e l’arte di costruzione, aveva conoscenze ed esperienze dirette per aver frequentato le botteghe di carradori di Bagheria. A chiunque in verità lo interrogasse su modi e forme della cultura materiale siciliana egli sapeva dare una risposta fondata e ragionata.

Pino insomma era la nostra colonna su cui tutti ci siamo appoggiati e riparati. Anche quando è andato in pensione è rimasto al suo posto finché il Servizio Museografico è stato sfrattato e sciolto. Quel sottoscala del “corpo basso” della Facoltà di Lettere, pieno di libri impregnati del fumo delle sue sigarette, è stato a lungo la sua casa, il luogo ospitale e accogliente di studenti e colleghi. Un laboratorio appartato e fecondo di idee e di progetti culturali, di incontri umani e amicali.

La sua memoria resta in tutti noi e sicuramente in tutti quelli che lo hanno conosciuto. Si spera che chi ne ha la facoltà cerchi di tramandare alle giovani generazioni una parte del suo sapere e della sua umanità. Siamo consapevoli di essere un po’ tutti grati a Pino.

Dialoghi Mediterranei, n. 36, marzo 2019

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Janne Vibaek, fondatrice con Antonio Pasqualino del Museo internazionale delle Marionette di Palermo, presidente onorario dell’Associazione per la conservazione delle tradizioni, autrice di diversi studi, da anni conduce un lavoro di ricerca e un’opera di valorizzazione del teatro tradizionale e in particolare dell’Opera dei Pupi siciliani.

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