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Pastoralismo e transumanze tra attenzione internazionale e centralità locali: il caso Sardegna nel progetto “Cambio-Via”

Sardegna, pastore

Sardegna, pastore

CIP

di Benedetto Meloni, Francesca Uleri [*] 

Pastorizia tradizionale e sistemi estensivi: una rinnovata attenzione internazionale 

Ci troviamo oggi difronte a uno scenario multi-livello che va (ri)prestando attenzione all’evoluzione del pastoralismo e al ruolo e alla funzione regolatrice che i sistemi pastorali hanno all’interno dei territori rurali e montani, spesso ambienti difficili, non solo in termini economici ma anche ambientali e culturali. A livello generale, nel dibattito internazionale attualmente si sta rilocalizzando la centralità della pastorizia e dei processi socio-economici a questa connessi.  Significativo certamente è che la “civiltà della transumanza”, con il suo spostamento stagionale del bestiame lungo le rotte migratorie nel Mediterraneo e nelle Alpi, a dicembre 2019, sia stata proclamata dall’UNESCO “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”, su proposta di Italia, Austria e Grecia. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2026 Anno Internazionale dei Pascoli e dei Pastori; ciò riflette l’importanza del ruolo che la pastorizia può rivestire nella creazione di un ambiente sostenibile, crescita economica e sussistenza per le comunità. Si incoraggeranno i membri della FAO a migliorare il rendimento e ad aumentare gli investimenti responsabili nel settore pastorale, incluse le pratiche di gestione sostenibile del territorio, anche con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, aumentare la capacità di adattamento, mantenere e migliorare la biodiversità nelle campagne.

Esiste inoltre una nuova attenzione in ambito scientifico per la pastorizia tradizionale e i sistemi estensivi (si veda ad esempio Bindi 2022), considerati più sostenibili e rispettosi del patrimonio di risorse naturali, degli animali e delle persone. In ambito scientifico europeo, da qualche anno, ritroviamo diversi progetti – con differenti programmi di finanziamento – che guardano ai sistemi pastorali attraverso molteplici lenti analitiche. Non si può non citare, tra i più recenti, il progetto “PASTRES – Pastoralism, Uncertainty and Resilience: Global Lessons from the Margin” che studia in maniera comparata il modo in cui i modelli pastorali rispondono a mutamenti e incertezze ambientali, di mercato e di governance in sei diverse aree del pianeta (Amdo-Tibet, Sardegna, Isiolo-Kenya, Borana-Ethiopia, Gujarat-India, e Sud Tunisia) (Scoones 2020). Il recente contributo “Pastoralism, Uncertainty and Development”, frutto di un lavoro ampio e di gruppo (si vedano Aa.Vv. in Scoones 2023), mostra come la pastorizia – con l’uso estensivo e spesso mobile dei pascoli – sia una pratica di sostentamento cruciale e di vitale importanza per milioni di persone a livello globale, sostenendo persone e bestiame su oltre la metà della superficie terrestre. Nei contesti interessati dalla presenza pastorale, negoziare l’accesso alle risorse, navigare in mercati volatili, utilizzare relazioni sociali diverse in periodi di stress e rispondere a conflitti e complesse dinamiche politiche è essenziale se si vogliono generare e riprodurre i mezzi di sussistenza.

In coerenza con ciò, molte ricerche mostrano che in aree che coprono circa un terzo delle terre nella regione mediterranea la pastorizia da secoli, oltre a garantire il sostentamento e lo sviluppo socio-economico locale, ricopre anche un importante ruolo socio-culturale e politico, mantenendo la presenza e l’insediamento umano, contribuendo in maniera profonda alla definizione del patrimonio culturale e dell’identità territoriale (Bandinu 2006; Nori 2020). Altre ricerche stanno documentando la crescente presenza di nuovi pastori/allevatori in diverse regioni europee, “pastori di ritorno”, impegnati in una nuova consapevolezza circa l’opportunità di mantenere e rivitalizzare la pastorizia anche transumante in contesti specifici, e la produzione dei relativi formaggi tradizionali, carni e lana (si vedano ad esempio Battaglini et al. 2013; Farinella et al. 2017). In questa prospettiva si inseriscono i tanti programmi formativi attivati dalle diverse Scuole della Pastorizia sia in Italia, con ad esempio la nascita della rete SNAP-Scuola Nazionale di Pastorizia, che in altri contesti Europei e extra-europei (es: Marocco) con il fine di trasmettere conoscenze e competenze tecnico-pratiche, agronomiche, zootecniche, economico-gestionali di impresa per avvicinarsi al settore produttivo pastorale (Dessi 2023).

In generale la pastorizia, con allevamento estensivo a pascolo brado di diverse specie, associa tradizionalmente produzioni di qualità e servizi eco-sistemici, bio-culturali, contribuendo al mantenimento della biodiversità, del paesaggio e riducendo i rischi idrogeologici. Nelle aree interne, montane, insulari il pastore con il suo sistema di saperi e pratiche si può costituire come “guardiano di futuro”, un custode di territori fragili, aggrediti da crescenti fenomeni di abbandono, spopolamento, impoverimento e rarefazione del capitale sociale, dando supporto a tenere vivi e produttivi territori marginalizzati (Bindi, Coppari 2022).

Dal punto di vista della produzione di beni materiali ma anche immateriali la pastorizia, come testimoniano molti studi a livello internazionale (Ellis, Swift 1988), rappresenta un sistema più che mai sostenibile in tempi di crisi ambientale e alimentare, con risposte antiche a problemi del futuro (Nori 2010).

  Mappa: Le direttrici della transumanza   Fonte: adattamento degli autori da Le Lannou (2006: 249). Scala 1:2.000.000. Direttrici organizzate in tre macro aree distinte [1].


Mappa: Le direttrici della transumanza
Fonte: adattamento degli autori da Le Lannou (2006: 249). Scala 1:2.000.000. Direttrici organizzate in tre macro aree distinte [1]

L’articolarsi di forme di pastoralismo nell’ambito mediterraneo-circummediterraneo può essere letto in modo comparato confrontando tipi simili di istituzioni e processi in una varietà di contesti politici, economici, burocratici, religiosi (Davis 2015 [1977]). Il caso Sardegna si colloca in quei contesti nei quali le pratiche di allevamento estensivo nomade, brado e poi semi-brado, soprattutto ovino, sono state capaci di incidere in maniera cruciale nella regolazione delle strutture sociali delle società locali (es. distribuzione della proprietà, relazioni tra gruppi sociali, organizzazione economica e conseguente utilizzo delle risorse e dello spazio, rapporti familiari e  sistemi valoriali, tra cui l’onore, a questi connessi) (Salzman, Galty 1980; Ortu 1981; Ravis-Giordani 1983; Meloni 1984 1997; Pigliaru 2006; Mattone, Simbula 2011; Cois 2015; Paoli 2019). Ne hanno inoltre determinato innesti e contaminazioni con i modelli di mobilità tradizionali e alcune delle più attuali dinamiche migratorie di manodopera (Nori 2017; Farinella, Mannia 2017; Nori, Farinella 2020). Ne hanno condizionato immaginari e immagini ad esse legati (Iser 1991; Angioni 2015; Satta 2015) – veicolati spesso da paesaggi dominanti come quello tipico del pascolo arborato – e ne sono state poi – davanti al loro mutare – reciprocamente e continuamente modellate, mediate e re-indirizzate.

Inoltre, nello specifico caso sardo, con il riferimento alle transumanze, queste sono state un elemento centrale dell’espansione pastorale nel secondo dopoguerra. Strutturalmente sono state alla base della migrazione dei pastori della Barbagia (Centro-Sardegna) in zone rurali pianeggianti una volta occupate da contadini attraverso due macro-percorsi: transumanza interna e colonizzazione delle colline e pianure cerealicole della Sardegna, una volta destinazione della transumanza invernale (si veda mappa); transumanza lunga nei pascoli d’oltremare con insediamento nelle colline mezzadrili della Toscana e Lazio. Entrambe connesse alla transumanza come patrimonio culturale e immateriale, nel secondo percorso vi è da sottolineare che si è però davanti a un caso unico di migrazione rurale-rurale spontanea nell’Italia del secondo dopoguerra (Meloni 2004).

La transumanza ha rappresentato una vera e propria strategia di sussistenza affinata, mediata, e co-plasmata nel tempo attraverso alleanze e conflittualità tra popolazioni, con logiche di spostamento e di ritorno specifiche, specializzate, ripetute e tramandate tra generazioni quasi in maniera rituale. La conoscenza di queste logiche di spostamento, dei percorsi, nonché delle pratiche di gestione del gregge transumante, e l’acquisizione o innesco di reti di relazioni lungo il percorso e nei paesi di sosta, hanno rappresentato per il pastore un capitale immateriale che ha facilitato la sua discesa verso la pianura, facilitato l’insediamento permanente, e alleggerito in parte l’intensità del suo lavoro (Meloni, Uleri 2022). La transumanza è stata a lungo considerata una sorta di residuo storico, oltre che causa di arretratezza. In realtà è un fenomeno sociale complesso, elemento socio-economico strutturante dei territori e delle comunità che li abitano. Questa oggi, ormai pressoché scomparsa in Sardegna, resiste solo in forme e tragitti ridotti grazie a famiglie di pastori che ne rimangono legati a un valore culturale comunitario e affettivo familiare (sfere tra loro strettamente interconnesse) decidendo di continuare a portare avanti tale pratica (Gioi 2016; Liori 2021). 

Foto: La famiglia Locci, originaria di Desulo, nella transumanza di settembre (2021) verso l’azienda di Laconi passando per la strada di Tascusì e il valico Sa Casa in territorio di Aritzo. Tra le ultime famiglie a praticare forme di transumanza nell’ isola.  Fonte: Foto di Francesca Uleri

La famiglia Locci, originaria di Desulo, nella transumanza di settembre (2021) verso l’azienda di Laconi passando per la strada di Tascusì e il valico Sa Casa in territorio di Aritzo. Tra le ultime famiglie a praticare forme di transumanza nell’ isola (ph. Francesca Uleri)

CAMBIO-VIA e centralità dei sistemi pastorali 

Il progetto INTERREG FR-IT Marittimo (2014-2020) “CAMBIO-VIA (CAMmini e BIOdiversità: Valorizzazione itinerari e Accessibilità per la Transumanza)” focalizza gli itinerari della transumanza come patrimonio culturale e opportunità di sviluppo della montagna e degli spazi rurali; si propone di ricostruire, nel modo più fedele possibile, le antiche vie della transumanza utilizzate dai pastori nell’area di cooperazione progettuale per trasporre tali percorsi all’interno di un progetto di turismo rurale, andando a costruire un’offerta turistica integrata di itinerari esperienziali. 

I territori interessati sono stati le province costiere della Toscana, la Liguria, Sardegna e Corsica. Il progetto ha dunque incluso come partner la Regione Liguria (capofila), la Regione Autonoma della Sardegna, la Regione Toscana e la Collettività territoriale Corsa, e ha previsto collaborazioni inter-istituzionali con Parchi (Parco dell’Aveto, dell’Antola, del Beigua, Parco dell’Amiata, della Maremma, delle Alpi Apuane, di Migliarino San Rossore, Azienda speciale Parco di Porto Conte, Parc régional du Verdon, Parc Naturel Régional de Corse), enti locali (ANCI, UPI), e Università.

CAMBIO-VIA, nell’ottica di migliorare l’accessibilità degli itinerari culturali e ambientali ai cittadini residenti, i turisti e gli operatori zootecnici ha cercato di riannodare le trame – alle volte sfilacciate – dei paesaggi pastorali della transumanza con l’idea che questi possano rappresentare oggi una potente risorsa per lo sviluppo locale e per la salvaguardia del paesaggio culturale. L’obiettivo è costruire un’offerta integrata e coerente di sviluppo dei territori rurali, a partire dalla definizione e recupero dei tratti prima percorsi dalle greggi, favorendo l’aggregazione di fattori diversificati d’attrazione territoriale. L’itinerario permette di evidenziare specificità differenti dei luoghi attraversati e, parallelamente, li connette mediante una linea comune (Brunori et al. 2020; Sois 2020): il concetto chiave è l’integrazione delle risorse lungo il percorso.

cambio-viaIn quest’ottica, CAMBIO-VIA è un programma d’azione che interpreta spazi e comunità (es: reti di aziende, associazioni, strutture di governance, enti di ricerca e università, ecc.) che “custodiscono” la memoria della cultura della transumanza. Il progetto struttura gli itinerari pastorali interni a macro-ambiti territoriali, attraverso l’articolazione di un’offerta per tratti specifici, in connessione alle risorse di interesse lungo il percorso (es: ambientali, archeologiche, insediative, ecc.) e individua quindi il ruolo di gestione delle “Comunità Custodi” (Serreli 2021), per poterli poi connettere mediante una linea comune.

La creazione delle Comunità Custodi si mette in coerenza con la logica di intervento dell’iniziativa europea  Rural Pact – annunciata nel quadro della Visione a Lungo Termine per le Zone Rurali (LTVRA) del giugno 2021 –  che mira alla creazione di un patto tra autorità pubbliche e portatori d’interesse utile a definire un quadro comune per coinvolgere e collaborare con gli stakeholder a livello UE, nazionale, regionale e locale su tematiche collettivamente definite come rilevanti per il futuro delle aree rurali.

La famiglia Locci, originaria di Desulo, nella transumanza di settembre (2021) verso l’azienda di Laconi passando per la strada di Tascusì e il valico Sa Casa in territorio di Aritzo. Tra le ultime famiglie a praticare forme di transumanza nell’ isola (Francesca Uleri)

La famiglia Locci, originaria di Desulo, nella transumanza di settembre (2021) verso l’azienda di Laconi passando per la strada di Tascusì e il valico Sa Casa in territorio di Aritzo. Tra le ultime famiglie a praticare forme di transumanza nell’ isola (ph. Francesca Uleri)

Posta in questi termini la strutturazione dei percorsi, e della relativa governance, risponde anche all’emergere negli ultimi decenni di una domanda sempre più diversificata di turismo, lontana dalle tendenze dei mercati di massa, e sempre più vicina alla conoscenza delle specificità e unicità dei territori, soprattutto rurali. Diversi di questi territori, sono capaci oggi di restituire ambientazioni, sensazioni, gusti e esperienze opposte a omologazioni del turismo di massa legato e limitato da specifiche stagionalità, e lontane dalle derive della quotidianità dei sistemi urbani.

Data la rilevanza crescente del settore turistico all’interno delle economie rurali (Belletti, Berti 2011; Belletti, Marescotti 2020), attualmente la progettazione dell’offerta turistica attenta alle specificità del locale, diventa dimensione chiave per contribuire a rimodellare e rafforzare strutture socio-economiche del “rurale” in connessione alla centralità che i sistemi agricoli, pastorali, e misti agro-pastorali hanno e hanno avuto nel definire il complesso capitale territoriale contestualizzato, sia questo materiale (es: prodotti tipici, patrimonio architettonico, ecc.), sia questo immateriale (es: “saper fare”, tecniche produttive, paesaggio, ecc.).

Uno degli strumenti che oggi appare essere maggiormente funzionale al fine di trasmettere la conoscenza del territorio – offrendo la possibilità di “farne esperienza diretta” – è proprio l’itinerario turistico-esperienziale, il quale, come detto, permette di creare una linea di coerenza tra i prodotti e servizi offerti, al fine di strutturare un’offerta caratterizzata da una narrazione omogenea e non dispersiva del territorio. Questo non equivale ad appiattire la variegata eterogeneità del capitale territoriale ma contribuisce semplicemente a rafforzare e trasmettere punti di forza seguendo linee tematiche che ne facilitano la comunicabilità, l’organizzazione di rete e l’attrattività. Come sottolineano Trono e Oliva (2013: 14), il successo di un itinerario 

«è condizionato dal valore del fatto storico che lo anima, dalla ricchezza di fatti culturali che lo giustificano e dalle possibilità̀ di generare sviluppo delle aree che attraversa: diventa fattore aggregante motivo di interesse culturale ed economico, anche in grado di alimentare processi creativi e innovativi, favorendo lo sviluppo dell’intero sistema produttivo locale. Si pone come nuova categoria patrimoniale e strumento di sviluppo turistico innovativo, complesso e multidimensionale che crea nuove occasioni imprenditoriali attraverso lo sviluppo di prodotti e servizi complementari […] consentendo un’equa distribuzione degli introiti del turismo tra diversi operatori economici locali». 
Laboratorio “Comunità Custodi” (ph. Silvia Serreli)

Laboratorio “Comunità Custodi” (ph. Silvia Serreli)

Inoltre, la costruzione degli itinerari non determina una inflessibilità dell’offerta, piuttosto una sua adattabilità – lungo una direttrice tematica precisa – alle esigenze e disponibilità economiche e temporali del turista. La linea tematica di un itinerario rurale non è infatti un qualcosa di dato, ma è un prodotto che va progettato e creato, tenendo primariamente conto del ruolo e dell’azione dei sistemi agricoli e pastorali (e/o agropastorali) nel regolare – tra i vari elementi – i sistemi sociali-relazionali, il paesaggio, i modelli insediativi, di scambio e di migrazione che contraddistinguono ciascun sistema rurale locale. Tale azione progettuale non può dunque non dar conto dei processi di mutamento e continuità che hanno interessato e continuano a interessare la complessità agraria intesa come un corpo dinamico non cristallizzato in definiti periodi e processi storici, né è isolato rispetto a macro-dinamiche di innesco e influenza extra-territoriale.

A tal riguardo, come azione interna a CAMBIO-VIA, partendo da un approccio capace di restituire il rapporto complesso tra itinerari e territorio, il DADU-Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università degli studi di Sassari (UNISS), in chiave propedeutica a tutte le altre azioni di progetto, ha cercato di attivare in maniera partecipata una “memoria archivio” collettiva animante le Comunità Custodi sopra menzionate. In coordinamento con gli altri partner locali, per l’individuazione delle Comunità Custodi – quali gruppi che tutelano e alimentano la memoria della transumanza – ci si è mossi a partire da una ricostruzione dei passaggi fondativi della selezione dei luoghi di attraversamento tra conflitti e alleanze, dei luoghi di ritorno e di insediamento dei pastori grazie all’acquisizione di dati storici da restituire a chi quei paesaggi li abita, li regola e amministra, o a chi oggi li attraversa per motivi ad esempio turistici. In ciò, le comunità locali sono partecipi e co-costruttrici di una memoria vivente dei paesaggi e percorsi pastorali; una memoria selettiva e dinamica alimentata dall’elaborazione costante dei vissuti tra generazioni diverse di famiglie di pastori e tra gruppi differenti intra-generazionali e intergenerazionali di compaesani, dei paesi di partenza dei gruppi transumanti e/o di insediamento, e nuovi gruppi (es: enti istituzionali, di ricerca, turisti, ecc.) che a questi temi si interessano.

Le Comunità Custodi sono animate da una molteplicità di attori che si prendono cura di questa cultura dinamica con azioni e strategie volte a incentivare nuove forme di fruizione, conservazione ed evoluzione della memoria legata alle vie della transumanza (Serreli 2021). Comunità Custodi che tendono a far emergere non solo ciò che è accaduto, bensì individuare e condividere con linguaggi diversificati e nuovi mezzi – attenti e indirizzati ad abitanti differenti (es: abitanti stanziali, temporanei, occasionali, fidelizzati, ecc.) – i meccanismi e gli aspetti del mutamento come base per intercettare potenzialità economico-sociali ancora inespresse e costruire matrici di sviluppo localizzate. Una valorizzazione della transumanza come processo culturale dei territori e non semplice progetto adattativo a dinamiche esogene, sforzo diffuso per l’implementazione dei processi di apprendimento collettivo e co-definizione dei significati attuali delle identità territoriali (Ibid.). La transumanza ci appare quindi come cultura e narrazione sinergica oltre la ricostruzione del tracciato fisico dei paesaggi attraversati.                                                        

In maniera integrata con questo quadro d’azione, le attività dalla Provincia di Nuoro per CAMBIO-VIA sono state indirizzate a una prima ricostruzione della memoria della transumanza sia con la selezione di casi etnografici connessi ai percorsi e alla mobilità, sia con l’analisi della letteratura secondaria e filmografia prodotte sul tema del pastoralismo sardo. Si è cercato di ricostruire le antiche vie utilizzate dai pastori sino agli anni Settanta circa. 

Al fine di trasporre tali percorsi all’interno di un progetto di turismo rurale, vi è stata la necessità di capire, come i sistemi (agro-) pastorali siano cambiati e quale sia il loro possibile ruolo attuale nella costruzione di itinerari fruibili in chiave turistica. Dalla sola (ri)costruzione tematica non può scaturire in maniera automatica un’offerta turistica integrata come quella dell’itinerario esperienziale: a tal fine è risultato fondamentale (e risulterà altrettanto fondamentale per le nuove progettualità connesse a CAMBIO-VIA) comprendere come gli odierni sistemi agro-pastorali, attraverso le realtà aziendali, le reti aziendali e extra-aziendali, possano offrire servizi unici e di qualità che rendano attrattivo e accessibile il territorio, contribuendo al tempo stesso a mantenere viva la memoria dei paesaggi e passaggi pastorali. Conseguentemente, l’attività con piano operativo in Sardegna per la provincia di Nuoro ha previsto i seguenti output: (1) un’analisi preliminare che collocasse lo studio dell’evoluzione del pastoralismo contemporaneo all’interno del dibattito internazionale sulla centralità dei sistemi pastorali e degli studi sulle moderne questioni agrarie. Si è quindi individuato quali fossero gli elementi propri del pastoralismo che consentono a questo sistema di adattarsi all’incertezza e alla mutevole complessità che caratterizza l’evoluzione delle odierne società;  (2) un’analisi focalizzata sull’evoluzione del pastoralismo sardo contemporaneo; (3) la stesura di specifiche schede bibliografiche relative ai percorsi della transumanza in Sardegna corredate da schede etnografiche costruite tramite la raccolta diretta della memoria dei testimoni della transumanza; (4) la formulazione di indicazioni dettagliate derivanti dall’analisi del materiale primario e secondario per costruire, geo-referenziare, narrare e comunicare oggi i nuovi  itinerari turistico-esperienziali in riflesso non solo della memoria storica legata alla transumanza ma anche dell’attuale configurazione aziendale agro-pastorale nei territori di transito e arrivo delle vecchie transumanze; (5) infine, la schedatura del materiale audio-visivo e filmografico rilevante. 

immagine scattata nel 2021 durante intervista nel paese di Fonni. Due pastori (classe 1933 e 1943) ricostruiscono insieme uno spaccato di memoria paesana legata alla transumanza

Immagine scattata nel 2021 durante intervista nel paese di Fonni. Due pastori (classe 1933 e 1943) ricostruiscono insieme uno spaccato di memoria paesana legata alla transumanza (ph. Francesca Uleri)

Parte dei risultati generali è consultabile sulla pagina di progetto [2], mentre a partire dal lavoro di analisi e ricostruzione svolto nel quadro delle azioni in capo alla Provincia di Nuoro, si è arrivati a definire un lavoro dettagliato e sinergico che confluisce nella pubblicazione del volume Evoluzione del pastoralismo sardo, resistenza tra continuità e innovazione, attualmente in stampa e in pubblicazione per Rosenberg&Sellier a inizio 2024. Oltre a dar conto dell’attività progettuale si procede ad una raccolta antologica organica delle numerose pubblicazioni più attuali sul pastoralismo sardo che testimoniano non solo del diffuso e rinnovato interesse per questo tema ma anche della centralità tutta contemporanea dei sistemi pastorali all’interno delle nostre società, e nello specifico all’interno della pianificazione e progettazione territoriale integrata, citando Rubino (2015: 567): 

«i sistemi pastorali devono sopravvivere non (solo) per il valore delle merci che sono in grado di produrre: carne, latte, lana, letame, ma perché, occupando aree spopolate, contribuiscono alla conservazione dei suoli, prevengono o attenuano i danni che potrebbero avvenire in pianura per effetto dell’abbandono della montagna o della collina». 
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023 
[*] Il presente contributo anticipa l’uscita del volume Evoluzione del pastoralismo sardo, resistenza tra continuità e innovazione, a cura di B. Meloni e F. Uleri, Rosenberg & Sellier, 2024.
Note
[1] (i) I pastori dei comuni del Nord-ovest del massiccio (quelle citati Orani, Olzai, Sarule) si dirigono nelle zone dei chiusi ai piedi delle montagne del Marghine nella depressione fertile e riparata del corso medio del Tirso. (ii) Nei comuni orientali a vocazione pastorale, in Ogliastra, le greggi dei comuni di Talana e Urzulei si dirigevano verso le vicine marine di Tortolì; da Gairo invece le greggi, passando attraverso la valle del Pardu, si spostavano sul fronte marittimo del comune ogliastrino, attuale Cardedu. Le greggi più ampie, dei comuni montani di Arzana e Villagrande Strisaili, si dirigevano invece a nord del Sarrabus. (iii) Le transumanze lunghe sono invece quelle che partivano dalle pendici occidentali del Gennargentu, da Ollolai a Gadoni, attraverso Gavoi, Ovodda, Tiana, Austis, Tonara, Desulo, Aritzo, e Belvì per arrivare al Campidano in percorsi che si diramavano anche per 150 chilometri tra la Marmilla, Iglesiente, l’Arborea e la Trexenta. 
[2] https://interreg-maritime.eu/web/cambio-via 
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Trono A., Oliva L. (2013), Percorsi religiosi tra turismo culturale e strategie di pianificazione sostenibile: ricerca e innovazione, in “Annali del turismo”: 9-34.

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Benedetto Meloni, già professore ordinario in Sociologia del Territorio e dell’Ambiente presso l’Università degli Studi di Cagliari, coordina la Scuola di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” di Seneghe. Per Rosenberg & Sellier ha tra l’altro curato (con D. Farinella), Sviluppo rurale alla prova. Dal territorio alle politiche (2013), Valutare per apprendere. Esperienza Leader 2007-2013 (2016) e pubblicato Emergenza idrica. La gestione integrata del rischio (2006), Aree interne e progetti d’area (2015, 2018) (con P. Pulina) Turismo sostenibile e sistemi rurali Multifunzionalità, reti di impresa e percorsi (2020). 
Francesca Uleri, svolge attività di ricerca nell’ambito della Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Precedentemente assegnista presso il Gruppo PAGE (Pisa Agricultural Economics) dell’Università di Pisa e il Gruppo Studi Rurali dell’Università di Bolzano (sede di Bressanone).  Nel 2020 ha ottenuto il dottorato in Agro-Food System presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. È stata visiting researcher presso l’Inter-American Institute for Cooperation in Agriculture (La Paz-Bolivia) e il gruppo di Sociologia Rurale dell’Università di Wageningen (Paesi Bassi). Collabora con l’Associazione Terras-Laboratorio per lo Sviluppo Locale “Sebstiano Brusco”.
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