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Palermo aristocratica, Palermo popolare

copertinadi Antonino Cangemi

Palermo costituisce un investimento sicuro per l’industria editoriale. Lo dimostrano le diverse originali “guide” del capoluogo siciliano scritte in questi ultimi anni. Tutte baciate dal successo. A cominciare da Palermo è una cipolla di Roberto Alaimo, di recente riedita e rivisitata anche nel titolo (Palermo è una cipolla remix), per continuare con Palermo. Guida insolita alla scoperta di una città indecifrabile di Augusto Cavadi, singolare miscellanea di brani di autori famosi e meno noti, con i libri di Alli Traina (Vicoli vicoli, Palermo ai tuoi occhi), scrittrice giovane quanto interessante capace di fermare il suo sguardo oltre che sui monumenti della città anche sulle sue iniziative di solidarietà, e per ultimo in ordine di tempo Guida semiseria tra i vicoli del cuore di Eleonora Iannelli, volume di godibile lettura non privo di spessore civico. Ma lo dimostra anche l’eclatante successo del romanzo I leoni di Sicilia di Stefania Auci, che sulla saga della famiglia Florio sta per scrivere la seconda parte.

Palermo stimola gli appetiti commerciali dell’editoria. Il che non è di per sé un male: i libri sono scritti per essere venduti e va confutato il luogo comune secondo il quale la qualità di una pubblicazione è inversamente proporzionale al suo successo commerciale. Sebbene la diffidenza verso il facile successo trovi la sua giustificazione, se riferita a Palermo e in genere alla Sicilia, nel rischio di una raffigurazione meramente folkloristica di realtà ricche di sfumature e refrattarie a rappresentazioni omologate. Rischio che nei titoli citati è quasi sempre, se non sempre, aggirato.

1In questi giorni è apparso nelle librerie Siamo Palermo scritto a quattro mani da Simonetta Agnello Hornby e Mimmo Cuticchio ed edito da Mondadori. Manco a dirlo, nel giro di poche settimane Siamo Palermo ha scalato le classifiche dei libri più venduti, in Sicilia e nel resto della Penisola.

Difficile non definire questo volume un’operazione commerciale. Lo è senz’altro, come d’altronde ogni libro con intenti divulgativi. Affidare un libro su Palermo a una scrittrice come l’Agnello Hornby, in assoluto tra le più note in Italia, e a Mimmo Cuticchio, personaggio di crescente popolarità, è indice di intuito imprenditoriale. Significa consegnare al mercato (il mercato sempre più avaro e difficile dei libri) un prodotto garantito. Se ci limitiamo ad affrontare il tema del profitto editoriale, tanti applausi a chi presso la Mondadori ha avuto questa idea.

Ma il libro, anche quello meno impegnativo rivolto a una vasta platea di destinatari, è un prodotto particolare. È un prodotto culturale. Pertanto occorre chiederci se l’incontro tra un’autrice di bestseller ambientati in Sicilia e di un puparo contastorie conduca a un esito felice sotto quest’altro profilo. Per rispondere bisogna leggere il libro, e leggerlo spogliandosi di ogni pregiudizio nei confronti delle ragioni commerciali sottese alle iniziative editoriali.

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Palermo

In Siamo Palermo s’intrecciano due universi diversi: quello di una scrittrice di origini agrigentine appartenente a una famiglia aristocratica che a Palermo ha vissuto gli anni indimenticabili della sua infanzia, della adolescenza e della giovinezza e che ama visceralmente una città nella quale si riconosce sebbene da tempo risieda a Londra; e quello popolare di un palermitano doc rampollo di una generazione di pupari. Il risultato è più che soddisfacente: si accavallano i ricordi della Agnello Hornby legati a una “buona” famiglia della Palermo degli anni Cinquanta e Sessanta e quelli di un uomo del popolo coinvolto sin da piccolo nei lavori più antichi e creativi, a cominciare dal mestiere di oprante. Ne viene fuori una Palermo rappresentata a trecentosessanta gradi, vista da più e per certi aspetti contrapposte angolazioni.

L’incontro si rivela appagante anche da un altro punto di vista: l’Agnello Hornby e Cuticchio, oltre ad appartenere a ceti sociali diversi, esprimono sensibilità differenti. Entrambi hanno un’identità – ed è un’identità forte – creativa, ma l’una è una scrittrice, un’esploratrice dell’anima siciliana (i suoi romanzi hanno tutti, o quasi tutti, la loro fonte nell’Isola) attraverso l’uso sapiente delle parole, l’architettura narrativa che per il loro tramite si realizza; l’altro è la testimonianza vivente di attività artistiche in cui alle parole si accompagnano gestualità e tecniche di stampo artigianale; l’una, nelle sue affabulazioni, all’indagine psicologica unisce l’analisi storico-sociale; l’altro, nel suo arcaico fantasticare, s’immerge in un universo immaginifico fertile di rimandi ancestrali.

Da tutto ciò scaturisce una “guida” alla città di Palermo che ha nella sua atipicità il tratto saliente e il punto di forza. Da due personalità di spicco come l’Agnello Hornby e Cuticchio non si poteva pretendere un’ordinata rassegna dei monumenti di Palermo, delle sue vicende storiche, dei suoi “miti”, delle sue specialità gastronomiche. E tuttavia Siamo Palermo, pur nella generosa libertà di espressione concessa ai due autori, è un libro a suo modo organico: quel che non racconta l’Agnello Hornby lo racconta Cuticchio, ciò che non vede l’autrice de La mennulara lo vede il puparo contastorie, e viceversa.

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Simonetta Agnello Hornby

Sicché, mentre l’Agnello Hornby sofferma la sua attenzione su particolari della storia di Palermo, su fatti e personaggi dell’aristocrazia palermitana – eccentrica per antonomasia –  su alcune architetture tipiche della città, quali il Liberty di cui Palermo è una delle capitali o certi balconi dalle forme strane («a mutande», così li definisce), Cuticchio ci narra leggende popolari come quelle dei diavoli della Zisa o di Colapesce, ci istruisce con le storie intramontabili dei Beati Paoli e della vecchia dell’aceto, ci delizia con motti, scioglilingua, canti e cunti, ci diverte con le gags paradossali di Nofrio e Virticchio, ci fa scoprire le origini e lo spirito delle «vastasate», ci rende edotti sulle alterne fortune dell’opera dei pupi, conducendoci per mano nei quartieri più antichi e poveri della città, anch’essi ricchi di attrazioni.

L’Agnello Hornby ci fa rivivere le passeggiate alla “Marina”, facendo affiorare i suoi ricordi di signorinella della “Palermo bene”, guardinga dinanzi agli apprezzamenti pesanti ma innocui degli operai, e anche della ragazza incuriosita da una realtà degradata e però densa di umanità a lei sconosciuta: quella delle prostitute; Cuticchio fa un tuffo con la  memoria nei mestieri di un tempo, negli stili di vita di una volta nei quali si ritagliavano diversi momenti della giornata condivisi nella comunità e nella familiarità dei rioni e ci ricorda la sua iniziazione all’arte dei pupari e i suoi maestri contastorie, primo tra tutti Giuseppe Celano.

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Mimmo Cuticchio

Insieme, l’Agnello Hornby e Cuticchio rivelano l’anima aristocratica e popolare di Palermo. Ma anche la sua vocazione solidale. In particolare è l’Agnello Hornby a evocare figure di altissimo profilo etico sia del mondo laico che religioso, la cui impronta rimane ancora e rimarrà ulteriormente (alcune figure appartengono al presente) nelle opere e nelle iniziative promosse: Giacomo Cusmano, padre Messina, don Giuseppe Puglisi, don Cosimo Scordato, Biagio Conte. Di contro Cuticchio ci mostra la controversa religiosità dei palermitana, genuina nella sua disarmante semplicità e profondamente radicata in una cultura popolare che la contamina nei suoi aspetti pagani, e ci intrattiene con le storie di santi amatissimi a Palermo, naturalmente Rosalia de’ Sinibaldi, la santuzza, ma anche sant’Onofrio nivuru e pilusu, a cui le donne nubili si rivolgono per trovare marito e che, ove non bastasse, fa ricomparire gli oggetti smarriti.

Detto tutto ciò, Siamo Palermo pone l’accento soprattutto sul carattere multietnico di Palermo, sul fatto che questa città di mare – sì, città di mare, come rivela il suo antico nome, Panormus, tutto porto, a dispetto della sua involuzione urbanistica che il mare lo pone ai margini – è stata, e per tanti aspetti continua ad essere, crocevia di civiltà e culture diverse. E il libro sottolinea come una città multietnica sarà sempre campione di accoglienza, esempio di integrazione tra uomini e donne diversi, anche in tempi opachi come quelli dei nostri giorni. Scrive l’Agnello Hornby: «…siamo troppo abituati alle diversità e abbiamo imparato a tollerare e a essere tollerati», mentre, orgogliosa di sentirsi palermitana, ci racconta della fraterna amicizia tra ragazzi africani e ragazzi palermitani («siamo tutti palermitani» dice uno di loro) di differente credo religioso.

Ed è probabilmente questa dimensione cosmopolita e multiculturale – colta dall’Agnello Hornby e da Cuticchio – che accresce il fascino di Palermo, che la rende diversa dalle altre città accentuandone l’unicità. Quell’unicità che fa gola all’industria editoriale.

Dialoghi Mediterranei, n. 40, novembre 2019

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Antonino Cangemi, dirigente alla Regione Siciliana, attualmente è preposto all’ufficio che si occupa della formazione del personale. Ha pubblicato, per l’ente presso cui opera, alcune monografie, tra le quali Semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi e Mobbing: conoscerlo per contrastarlo; a quattro mani con Antonio La Spina, ordinario di Sociologia alla Luiss di Roma, Comunicazione pubblica e burocrazia (Franco Angeli, 2009). Ha scritto le sillogi di poesie I soliloqui del passista (Zona, 2009), dedicata alla storia del ciclismo dai pionieri ai nostri giorni, e “Il bacio delle formiche” (LietoColle, 2015), e i pamphlet umoristici Siculospremuta (D. Flaccovio, 2011) e Beddamatri Palermo! (Di Girolamo, 2013). Da ultimo, D’amore in Sicilia (D. Flaccovio, 2015), una raccolta di storie d’amore di siciliani noti. Collabora col quotidiano on-line BlogSicilia e con vari periodici culturali.

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