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Le Stanze del Silenzio e dei Culti: lo stato dell’arte in Italia

new_logo_sds-1di Alessandro Bonardi

In due precedenti articoli apparsi su questa rivista (n. 23, gennaio 2017; n. 29, gennaio 2018) la brillante ricercatrice Sara Raimondi, nostra socia, aveva presentato, con taglio antropologico, la Stanza del Silenzio e dei Culti ed il Gruppo Nazionale di Lavoro per le Stanze del Silenzio e dei Culti [1]; in questo articolo si vuole dare un cenno ulteriore riguardo ad alcuni modelli operativi seguiti e fornire una cronaca dell’attività del Gruppo in questi ultimi anni.

Il Gruppo Nazionale «ragiona intorno al processo migratorio e al dialogo interreligioso di questi ultimi decenni che comporta nuove sfide per le istituzioni e intorno agli spazi pubblici che necessitano di essere ripensati per favorire una cittadinanza sempre più diversificata e, purtroppo, spesso frammentata»[2]. Data questa sua natura di rete lieve il Gruppo ha lasciato la più ampia libertà metodologica ai Gruppi locali che si sono formati a Parma e Bologna e alle organizzazioni partner che hanno concretamente proposto e partecipato alle realizzazioni delle “Stanze” assieme alle Istituzioni o agli enti e aziende locali interessati (perlopiù nel SSN), ma come vedremo più avanti possiamo individuare almeno due modelli di riferimento.

Che cosa è “Stanza del Silenzio o dei Culti”

Che molteplici competenze e conoscenze possano essere attratte o debbano necessariamente essere coinvolte nella realizzazione pratica della “stanza” si evince dalla sua sommaria descrizione: il modello di base consiste, in sostanza, nella creazione di uno spazio neutro destinato a tutte le diversità per pregare, elaborare sofferenza, dolore o lutto, pensare, raccogliersi, rigenerarsi o per partecipare a incontri e seminari, con una attenzione alla dimensione psicologica, culturale, spirituale e religiosa. La maggioranza dei progetti in Italia sono stati realizzati per l’utenza ospedaliera: un servizio di assistenza religiosa o morale da parte di un rappresentante della propria fede o delle proprie convinzioni filosofiche, il servizio è rivolto anche ai familiari dei pazienti e agli operatori sanitari.

Sala del Silenzio a Siena

Sala del Silenzio a Siena

Nelle realizzazioni migliori all’interno del SSN italiano – ormai più di 30 – si sono realizzati spazi ad hoc anche presso le camere mortuarie per garantire un corretto trattamento della salma e le procedure particolari richieste dalle Comunità Religiose o Spirituali; vi è poi la possibilità di contattare i referenti religiosi per informazioni su usi e costumi o il servizio di Mediazione Linguistico Culturale: implicazioni sanitarie ed assistenziali del dispositivo. Una delle attività del Gruppo è stata dunque quella di raccogliere attorno a sé, in questa rete leggera, di relazione, quasi tutti gli staff leader dei progetti realizzati in Italia.

Le Stanze del Silenzio e/o dei Culti sono state poi implementare in alcune Università Italiane (per ex. Torino, Statale di Milano, da parte delle associazioni studentesche su nostro impulso), nei quartieri delle città, nelle stazioni o negli aeroporti (per ex. Caselle di Torino a cura di Fondazione Benvenuti in Italia, nostra socia). Si potrebbero aprire spazi comuni di preghiera – “Stanze” – nelle carceri.

Modelli applicativi di riferimento

Una delle metodologie utilizzate per evitare, dal punto di vista applicativo, approcci “top down” da parte delle direzioni ospedaliere nelle variegate e peculiari realizzazioni locali è sempre stata quella del coinvolgimento massimo possibile delle Comunità Religiose e Filosofiche locali assieme alle Istituzioni. Lo stesso procedimento di coinvolgimento attivo delle Comunità [3] – “bottom up” – è stato condotto dallo scrivente in collaborazione con il Forum Interreligioso di Parma nel tentativo di creare Stanze del Silenzio anche a Parma nei vari ambiti possibili: Università, Ospedale Maggiore e carcere; le Comunità del territorio sono state regolarmente interpellate e la rete creata ha permesso una collaborazione tra tutti gli attori realmente condivisa.

Altro modello di riferimento è l’approccio interculturale di Carlos Giménez Romero [4], che contiene già soluzioni applicative quando prevede la partecipazione attiva delle Comunità e degli agenti interni delle stesse (qui le Comunità Religiose e Spirituali dei territori e i Ministri di Culto o i referenti delle Comunità Laiche) per creare reti concrete con le istituzioni che superino i modelli, perlopiù descrittivi, del multiculturalismo; il metodo adottato coinvolgendo i leader comunitari e rivolgendo in seguito i dispositivi in favore del singolo individuo non rappresenta una ipotesi di “neocomunitarismo”, ma significa il riconoscimento di diritti individuali fino a quel momento negati. Il caso della Stanza del Silenzio è eloquente: laddove, nelle Ausl o Aou italiane, sono stati firmati Protocolli di assistenza religiosa pluralista, confessionale e aconfessionale dai leader Comunitari, nella pratica concreta è stato assicurato al singolo individuo il diritto all’assistenza spirituale, già riconosciuto da articoli della Costituzione e dalla legge di riforma del SSN del 1978, mai attuato prima.

Altra stella polare è, dunque, anche tutto l’apparato normativo – senza pretesa di voler essere esaustivi – che, in sostanza, “prevede” la “Stanza”: Norme Costituzionali (artt. 2, 3, 8, 19 e 21 della Costituzione italiana, che assicurano la libertà delle organizzazioni religiose, della manifestazione della propria libertà religiosa e più in generale di pensiero), l’art. 38 della già citata legge di riforma del SSN, legge 23 dicembre 1978, n. 833, che prevede che «presso le strutture di ricovero del servizio sanitario nazionale è assicurata l’assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del cittadino e che a tal fine l’unità sanitaria locale provvede […] e per gli altri culti d’intesa con le rispettive autorità religiose competenti per territorio», l’art. 52 c. 2 del Trattato Costituzionale Europeo che equipara lo status delle associazioni filosofiche non confessionali a quello delle confessioni religiose e che in base agli artt. 3 (Principio di Uguaglianza) e 19 (Libertà religiosa ) della Costituzione Italiana e agli artt.21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il contenuto di tutti gli articoli citati è applicabile anche alle persone non credenti.

I rappresentanti delle 23 Comunità Religiose e Spirituali firmatari dell’Accordo di Milano nel cortile di Palazzo Marino

I rappresentanti delle 23 Comunità Religiose e Spirituali firmatari dell’Accordo di Milano nel cortile di Palazzo Marino

L’Accordo emblematico di Milano

Il Gruppo Nazionale di Lavoro per la Stanza del Silenzio e dei Culti è stato proponente e firmatario dell’Accordo per l’assistenza spirituale, pluralista, aconfessionale e multiconfessionale nelle Stanze del Silenzio e dei Culti presso le strutture delle Aziende di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio e Golgi Redaelli di Milano, siglato il 6 Giugno 2019, con il patrocinio del Comune di Milano. Anche in questa esperienza il metodo usato è stato quello di coinvolgere il più possibile nei lavori le Comunità Religiose e Spirituali, tutte, della città con un paziente lavoro diplomatico e trasversale, non scevro da conflitti o mancate adesioni; dobbiamo definire l’approccio “middle-middle”, data la forte volontà e competente collaborazione dell’Assessorato alla partecipazione assieme a quello del Welfare, ma certamente il lavoro di confronto tra tutte le parti – a cura dello scrivente – con tutte le comunità interessate vi è stato e ha portato alla realizzazione delle “Stanze presso le due grandi Aziende di Servizi alla Persona del Comune di Milano citate e al protocollo di assistenza religiosa per i non cattolici [5].

Progetto Stanza del Silenzio

Progetto Stanza del Silenzio

La Stanza del Silenzio e dei Culti serve?

Possiamo ora valutare se esista una validazione antropologica della necessità e dell’efficacia del dispositivo “Stanza” negli ambiti più generali come il Servizio Sanitario Nazionale e negli spazi urbani ovvero verificare se gli spazi multi-fede siano buone pratiche di gestione della diversità religiosa e per ultimo chiedersi se la “Stanza” sia possibile anche nelle Carceri. Esaminiamo solo due più recenti studi in materia.

L’antropologo Bruno Iannaccone di Fondazione Benvenuti in Italia è stato il coordinatore del Progetto della Sala delle Religioni di Torino che mirava a realizzare un luogo multifede nella città e ha realizzato una approfondita ricerca – “Spazi Multifede e Sale del Silenzio a Torino” – sulla sua attività e su quella di tutto il team della Fondazione: Iannacone, nella ricerca, ancora non pubblicata, ribadisce la necessità di procedere a queste iniziative interreligiose e di partecipazione delle Comunità religiose cercando di utilizzare metodi “bottom-up” (dal basso, con vera condivisione da parte di tutti gli attori) o quantomeno “middle-middle” (con un approccio dall’alto, da parte dell’istituzione, ma con il coinvolgimento attivo dei destinatari). Lo studioso, avendo potuto osservare gli usi delle Stanze presso l’Università di Torino e l’Aeroporto Caselle, mette in evidenza alcune criticità quale quella di usi non appropriati delle “Stanze” e ciò sarebbe dovuto «all’assenza di un ortoprassi che è invece presente nei luoghi di Culto veri e propri»« ma conclude che i progetti esaminati, confermano la loro utilità a gestire le diversità religiose e culturali e che senza dubbio “gli spazi multi-fede non sembrano essere i prodromi di una cultura multi-religiosa che sta rimpiazzando le singole culture religiose, anzi questi spazi sembrano proprio far risaltare le posizioni singolari di ogni cultura religiosa», dunque un giudizio positivo.

Risale invece al 2018 la ricerca del Prof. Pino Lucà Trombetta [6], nostro socio e coordinatore scientifico dell’Osservatorio per il Pluralismo Religioso di Bologna: il suo esito produce una sorta di mappatura delle Comunità Religiose Bologna e della Regione Emilia Romagna e dà conto delle risposte a questionari esplorativi di rappresentanti qualificati delle stesse; sorprende che, in assenza di una domanda diretta sulla necessità o il bisogno di spazi interreligiosi comuni in città, alcuni rispondenti, nel corso delle interviste, vi accennino o li richiedano espressamente a dimostrazione che vi è una esigenza in tal senso nelle Comunità.

Che questa esigenza e dunque anche una validazione in termini antropologici, come da premessa, esista, è ulteriormente dimostrato dalla delibera del Comune di Bologna che in accordo con Curia, Comunità Islamica e Comunità Ebraica ha istituito la ‘Casa del dialogo tra religioni e culture’ [7]: fummo i primi a proporre formalmente un progetto simile al Comune di Bologna che ha poi scelto un approccio “top down”: vi è stata non poca irritazione tra le Comunità Religiose, in particolare quelle non menzionate nell’accordo: qui preme sottolineare il fatto che il dispositivo è ormai richiesto dalle Comunità anche ai livelli di vertice, probabilmente per le pressioni che arrivano dal basso, da parte delle persone che vivono  le Comunità Religiose.

Ricordiamo le iniziative destinate alla realizzazione di Cimiteri interreligiosi nei Comuni di Pianoro e Ozzano nell’Emilia, in Provincia di Bologna, importantissime e in controtendenza rispetto alla “Casa del dialogo e delle Religioni” di Bologna «perché veramente ecumenica, avendo incassato le adesioni da parte di tutte le Comunità Religiose e gestita in modo paritario con il sostegno della Regione Emilia Romagna oltre al patrocinio del nostro Gruppo Nazionale di Lavoro» e di altre istituzioni. Anche a Roma il Tavolo Interreligioso, nostro socio, l’Asl 1 e altre associazioni si stanno muovendo per migliorare la già esistente “Stanza dello Spirito” presso l’Azienda Ospedaliera Santo Spirito e per dare attuazione attraverso il dispositivo “Stanza” ai diritti sanciti nel recentissimo “Manifesto interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita” [8] promosso dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, Federsanità Anci, Asl 1 Roma con altre istituzioni, associazioni e Comunità Religiose. Il Gruppo Nazionale con il Prof. Enzo Pace e Alessandro Bonardi partecipa all’iniziativa “Uniti nelle diversità: il diritto a un rito funebre secondo la propria tradizione”.

stanza del Silenzio, Ospedale di Cona (Ferrara)

Stanza del Silenzio, Ospedale di Cona (Ferrara)

Progetti “Fuori Stanza” durante la pandemia Covid 19

A partire dai primi di aprile 2020 per fornire un contributo durante il terribile passaggio della pandemia Covid 19 il Gruppo Nazionale di Lavoro per la Stanza del Silenzio e/o dei Culti ha promosso, sostenuto o collaborato operativamente ai seguenti Progetti “Fuori Stanza” mirati, anche da fuori degli ospedali, ad alleviare sofferenze e difficoltà e assicurare la libertà di culto e di pensiero in tempo di Covid 19, a fornire assistenza Religiosa e Spirituale ai ricoverati, ai famigliari dei ricoverati e dei deceduti perché potessero avere un orientamento, per organizzare una degna sepoltura con un minimo di rito, anche per malati non Covid, per fornire il contatto con il proprio Ministro di culto o referente di associazione, per un momento di conforto, per quarantena o solitudine: in parole povere una “Stanza Virtuale” – non potendosi accedere agli ospedali o presso i fedeli – ma utile concretamente.

Si è realizzato a Parma il Progetto Conforto per l’emergenza, che si ispira e mutua le azioni e gli obiettivi del Progetto Oltre, a cura di Fondazione Fabretti e Fondazione Benvenuti in Italia di Torino, con 23 Comunità Religiose e non del territorio parmense. All’interno di “Aiutarci Milano” a cura di Arci e Milano Aiuta (Comune Mi) con il coordinamento di Giancarlo Straini (di Arciatea e in CD Gruppo), si è attuato il Progetto “Confortarci Milano” con 18 Comunità Religiose e Spirituali sottoscrittrici che offrono la disponibilità per l’assistenza Morale e Religiosa. Si possono visitare i siti dei promotori per valutare i servizi offerti dalle varie associazioni religiose e laiche [9] .

I Progetti “Fuori Stanza” hanno permesso di tarare in modo nuovo, in una situazione drammatica per tutti noi, il metodo partecipato: anche in questi casi si può ritenere che l’obiettivo di aumentare l’empowerment delle Comunità Religiose e Filosofiche coinvolte sia stato colto, a giudicare dalle testimonianze e i pareri degli agenti interni delle Comunità partecipanti, dalla enorme partecipazione di volontari, dall’idea di avere abbozzato lo sviluppo di una rete reale tra Istituzione e Comunità coinvolte, dal sentimento di avere fornito un servizio utile per gli ospedali e i territori interessati.

La Responsabile della Rems Parma Dott.ssa Paulillo con la Pastora Esther Olayanju della Chiesa Evangelica Nigeriana Soul Winning Evangelical Mission e i loro staff.

La Responsabile della Rems Parma Dott.ssa Paulillo con la Pastora Esther Olayanju della Chiesa Evangelica Nigeriana Soul Winning Evangelical Mission e i loro staff

Stanza del silenzio e dei Culti nelle Carceri, una chimera

Nelle Carceri non esistono Stanze Interfedi o del Silenzio, le pubblicazioni sulle aspettative e i bisogni religiosi dei detenuti sono ormai datate. Non considerando l’importante possibilità d’ingresso degli Imam in alcune carceri italiane in base al Protocollo di Intesa tra Ministro dell’Interno e Ucoi del 2015, tema che richiederebbe un intero articolo, possiamo solo chiederci se il principio di libertà religiosa garantito dall’art 19 delle Costituzione sia osservato anche all’interno degli Istituti Penitenziari: ricordiamo che la Legge 354 del 1975 sull’Ordinamento penitenziario inserisce la religione negli elementi trattamentali e, soprattutto ai sensi dell’art 26, «I detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto […]. Gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto di ricevere, su loro richiesta, l’assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti».

Leggendo i dati del Rapporto Antigone del 2019 [10] – l’ultimo che si è occupato delle Religioni in carcere, prima dell’emergenza Covid – verifichiamo però che i ricercatori di Antigone riscontrano un 22% di carceri dove non esistono spazi per le religioni diverse dalla cattolica, in 19 su 85, inoltre Antigone ci spiega che gli spazi sono sempre concessi con il beneplacito dei cappellani e dei direttori, ma le soluzioni non sono formalizzate; si tratta di spazi rimediati alla meglio, se non si tratta addirittura della cappella cattolica messa a disposizione dei detenuti di Fedi Viventi differenti da quella cattolica; negli istituti penitenziari entrano senz’altro i Ministri di Culto che appartengono alle Religioni che hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell’art.26 del regolamento di Polizia Penitenziaria, ma in realtà non sempre e non in tutti gli istituti.

In uno studio di Antonia Della Pietra proveniente dalla Fondazione Benvenuti in Italia e terminato nel giugno 2020, la studentessa torinese ha intervistato operatori penitenziari nelle carceri Lorusso e Cutugno a Torino, Sant’Anna a Modena, Rebibbia a Roma e Poggioreale a Napoli oltre che alcuni accademici ed esperti. Della Pietra conferma i dati e le conclusioni del rapporto Antigone 2019. L’autrice, grazie ai questionari somministrati e alle interviste abilmente condotte, riesce a provocare gli operatori e riportiamo qui frasi virgolettate: «In teoria ci dovrebbero essere tutte le diverse figure religiose, in teoria però», «La pratica in realtà è tutta diversa» e poi «Teoricamente nessuno gli vieta di professare la propria religione… teoricamente», «Non ci sono le strutture per realizzare questa possibilità» e così via. Le risposte rafforzano le considerazioni già svolte e fanno emergere anche una esigenza di spazi interreligiosi in carcere da parte del personale stesso. Al di là dei commenti raccolti, Della Pietra conferma iniziative a macchia di leopardo: così se a Rebibbia, con il favore della direzione, sono state predisposte salette per la preghiera delle “altre Religioni”, a Poggioreale si prega nella propria cella. La brillante ricercatrice ribadisce quanto rilevato dal Rapporto Antigone 2019 ovvero che le «difficoltà nel realizzare l’assistenza religiosa nelle carceri risiede nella stessa organizzazione carceraria»

In senso contrario è andata l’esperienza condotta a Parma dal Gruppo Nazionale di Lavoro per la “Stanza del Silenzio e dei Culti” con il Forum Interreligioso di Parma, le Comunità Religiose e Atee di Parma di concerto con Ausl Parma presso la Rems di Parma, ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario:  il progetto si è articolato in una serie di incontri formativi dedicati al personale sanitario sulle visioni delle differenti fedi (con docenti indicati dalle Comunità Religiose coinvolte) riguardo alla malattia mentale, al reato commesso in stato di infermità, alla pena e, da ultimo, con incontri conviviali che hanno coinvolto gli ospiti della struttura (maggio -giugno 2018) si è trattato della prima esperienza in Italia nell’ambito psichiatrico-giudiziario. Da segnalare che non si è proceduto alla realizzazione della “Stanza” prevista solo perché la struttura sarà presto trasferita, ma al termine dell’iniziativa alcuni ospiti africani hanno ripetutamente chiesto di potere avere colloqui con la Pastora della Chiesa Evangelica Nigeriana e positivi sono stati i riscontri anche da parte del personale sanitario [11].

Stanza del Silenzio presso l'Onu

Stanza del Silenzio presso l’Onu

La Stanza in altri ambiti Istituzionali

Il Gruppo Nazionale di Lavoro per la “Stanza del Silenzio e dei Culti” è stato interpellato dalla locale Polizia stradale di Cremona per la realizzazione di una iniziativa rivolta alle Comunità Religiose e Laiche del territorio; l’esigenza era quella di stabilire un contatto con le Comunità del territorio per la gestione di casi di sinistri stradali, ma in chiave di creazione di una rete di collaborazione interistituzionale ed interculturale.

Maria Angela Gelati di Rumore del Lutto (nostra socia) ha con me fornito la consulenza alla Polizia Stradale di Cremona proponendo la realizzazione di un manuale sulle differenze religiose, di un corso di formazione per gli operatori di Polizia sulle questioni dell’intercultura, di  traduzioni di materiali informativi da fornire alle Comunità, di counseling per il lutto, è soprattutto di sensibilizzazione alla realizzazione di una ”Stanza” a disposizione di Agenti di Polizia ed utenti per la gestione delle situazioni di lutto e comunicazioni con i familiari di vittime di incidenti stradali: si tratterebbe della prima esperienza in Italia in questo ambito istituzionale.

In questo momento, si sono raccolte attorno al Progetto le adesioni di 12 Comunità Religiose e Laiche del territorio, il Manuale per gli Agenti è pronto e contiene un capitoletto dedicato alla “Stanza”. Per la implementazione dei successivi steps proposti e per la creazione della “Stanza”, aumentando il numero delle Comunità da coinvolgere, siamo tutti in attesa delle autorizzazioni degli organi superiori previste dalla legge

Stanza del Silezio, Ospedale Molinette, Torino

Stanza del Silenzio, Ospedale Molinette, Torino

Conclusioni

Numerosi studi e pratiche – abbiamo riportato solo i più recenti – verificano la validità sociologica del dispositivo “Stanza” in generale e riscontrano il bisogno forte di poter professare la propria fede religiosa nei vari ambiti del territorio, nelle città, negli ospedali, nei cimiteri e anche nelle carceri. Tuttavia, nella realtà per difficoltà organizzative e fors’anche per una precisa strategia da parte delle istituzioni, l’esercizio del diritto è stato attuato solo parzialmente e spesso in modo non formalizzato da convenzioni con i rappresentanti delle Fedi Viventi.

Sulla base delle esperienze citate riteniamo che il dispositivo “Stanza” o altre soluzioni formalizzate e generalizzate possano essere uno strumento, che permette non solo l’espressione della libertà religiosa, ma anche di contrastare l’analfabetismo religioso in genere, di prevenire la creazione di “stereotipi dell’altro”, di favorire il dialogo fra diverse culture e fedi, di sostenere le figure più vicine al malato o al detenuto se si tratta di SSN o carcere (implicazioni sociosanitarie), di favorire la crescita di una “nuova cittadinanza” all’interno dei processi di educazione e interazione sociale

D’altra parte la metodologia da noi adottata è paziente e lungi dall’essere scientifica, non può che accontentarsi di accumulare “buone pratiche” operate sul campo, nella direzione della costruzione di una interculturalità che cerca di far dialogare le persone, che non ignora le difficoltà e i potenziali conflitti – non è ingenuamente “buonista” – ma cerca di incanalarli in una soluzione, sicuramente più difficile, laboriosa ed incerta, ma meno pericolosa della semplificazione violenta e superficiale che, talora, caratterizza questo momento storico. 

Dialoghi Mediterranei, n. 52, novembre 2021
Note
[1] Il Gruppo Nazionale si è giuridicamente costituito nel 2016 come comitato di volontariato con soci fondatori Socrem Torino, Fondazione Benvenuti in Italia, Fondazione Fabretti di Torino, Forum Interreligioso di Parma, i Master’s universitari Death Studies and End Life dell’Università di Padova, Master Interculturale nel Campo della Salute, del Welfare, del Lavoro e dell’Integrazione dell’Università di Modena, Rumore del Lutto; in seguito si sono aggiunte le adesioni di altre Società di Cremazione Italiane, di AIT Associazione Infermieri Transculturali, dell’Ordine degli Architetti di Parma, dell’Associazione Medica Ebraica, del Tavolo Interreligioso di Roma, di Arciatea e di altre organizzazioni nazionali o locali, con adesioni personali di diversi studiosi ed accademici allo scopo di coinvolgere e rendere operative le competenze e le visioni delle molteplici discipline interessate alla “Stanza”: medicina, psichiatria e psicologia, antropologia e sociologia dell’immigrazione, architettura e diritto e altre ancora.
[2] Raimondi S., Un Comitato per la Stanza del Silenzio o dei Culti: prime risposte per spazi multifede, articolo apparso su “Dialoghi Mediterranei” n. 23 del 1° gennaio 2017.
[3] Ciancio B., Sviluppare la competenza interculturale, il valore della diversità nell’Italia multietnica. Un modello operativo, Franco Angeli, Milano, 2014.
[4] Gimenez Romero C, Pluralismo, Multiculturalismo E Interculturalidad, articolo apparso nella rivista Educación y futuro: revista de investigación aplicada y experiencias educativas n. 8 del 2003.
[5] Qui trovate il testo dell’Accordo: https://www.comune.milano.it/-/diritti.-siglato-oggi-il-patto-di-collaborazione-per-la-promozione-delle-stanze-del-silenzio
[6] Lucà Trombetta P., Aspettative e bisogni delle Comunità Religiose a Bologna,  Pubblicazione del Comune di Bologna e OPR, 2018, scaricabile a:
http://www.amitiecode.eu/sites/default/files/uploads/aspettative_e_bisogni_delle_comunita_religiose_a_bologna_0.pdf
[7] Cfr. https://www.arciatea.it/gli-abramitici-a-bologna-e-il-diavolo-nei-dettagli/
[8] Cfr. http://www.vita.it/it/article/2019/02/05/ll-manifesto-interreligioso-dei-diritti-nei-percorsi-di-fine-vita-pres/150579/
[9] Trovate i Progetti al link: https://www.stanzadelsilenzio.it/tag/fuori-stanza/
[10] Cfr. https://www.antigone.it/quindicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/la-religione-in-carcere/
[11] Cfr. http://www.oltreilponte.net/cultura/incontri-conviviali-alla-rems-mezzani/ e per chi volesse approfondire le risposte di operatori sanitari e Comunità Religiose partecipanti l’esperienza in Rems Parma si legga: https://www.ausl.pr.it/azienda/documenti_daim/quaderno.aspx 

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Alessandro Bonardi, coordinatore Gruppo Nazionale di Lavoro per la “Stanza del Silenzio e dei Culti” e Formatore Rer. https://www.stanzadelsilenzio.it/

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