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Le ragioni del “male” e della “distruttività maschile”

91ayxe0hpyldi Francesca Traìna

Nel 2019 è stato pubblicato, per Feltrinelli, il libro L’altra metà di Dio di Ginevra Bompiani. L’ho letto d’un fiato e ne sono rimasta affascinata. Oggi me lo ritrovo fra le mani perché il tempo buio e violento che stiamo attraversando, a causa del conflitto bellico tra Russia e Ucraina, mi ha condotto a riflettere tanto sulle cause scatenanti una guerra che rischia di travolgere il mondo, quanto sulle sue disastrose conseguenze.

La mia riflessione (e non solo mia) parte dall’assunto che la guerra sia una questione esclusivamente maschile: gli uomini fanno la guerra, le donne no. E lo scenario bellico che stiamo vivendo ci dà, infatti, solo immagini di uomini seduti al tavolo delle trattative diplomatiche e sono sempre gli uomini a capo delle operazioni militari. Ancora una volta si ripete la liturgia, come sempre è stato. Le donne fuggono con i figli in braccio o cercano salvezza negli improvvisati rifugi.

Negli anni noi donne abbiamo invaso (inascoltate) le piazze, per dire indignazione e rabbia contro ogni atto bellico e invocare la strada della mediazione e della diplomazia. Tutto vano. Così mi confermo con forza nella mia pratica femminista e riprendo il libro di Ginevra Bompiani con la quale mi sento in risonanza. Ci sarebbero tanti altri scritti di donne da cui attingere forza e conforto, ma mi dirigo su L’altra metà di Dio perché sento qualcosa, come un forte richiamo, a cui non intendo sottrarmi. 

La fuga da Sodoma di Lot e le sue figlie, Mosaici, Monreale, XII sec.

La fuga da Sodoma di Lot e le sue figlie, Mosaici, Monreale, XII sec.

L’altra metà di Dio è il libro di una donna che posa sugli accadimenti e sulle analisi storiche uno sguardo “differente” rispetto agli uomini, rispetto a quella cultura neutra e patriarcale che ha forgiato l’ordine del mondo a propria immagine e somiglianza. Un libro che ovviamente non parla del conflitto bellico in atto, ma di altri conflitti scatenatisi nei millenni di storia abitata dall’umanità e di quelli causati dalle divinità riportati fino a noi dalle Scritture, dalla Bibbia, dalla Mitologia.  Bompiani, per la sua ricerca, parte proprio dalle origini, dalla creazione, dalla Genesi, da Adamo ed Eva, “peccatori” agli occhi di Dio e, dunque, meritevoli di terribili castighi. Scrive infatti: 

«La storia comincia con una punizione. […] La colpa viene commessa nel giardino dell’Eden, ma la terra, maledetta prima di essere abitata, è già un castigo. Arriviamo sulla terra dotati di una storia e di un passato, che è la nostra colpa. Da allora, colpe e castighi piovono sugli individui e le loro città, sull’umanità e sulle sue aspirazioni. Nei libri che compongono la Bibbia (non solo il Pentateuco), le punizioni divine si abbattono sul popolo eletto e i suoi nemici, come se Dio non la finisse di pentirsi della sua creazione e provasse un gusto speciale nel vendicarsi della fallibile natura umana. E se non vogliamo davvero credere a un dio crudele e geloso che ci tormenta col pretesto di punirci di colpe che non abbiamo commesso, dobbiamo interrogarci sul nostro immaginario, sul perché vogliamo pensarci puniti e colpevoli; su quel che significano per noi la colpa, la punizione e il rapporto fra queste due costanti della storia umana». 

Non a caso la prima parte del libro si intitola “Distruzione” e ha come incipit la magnifica descrizione, tratta dalla Genesi, dei due angeli arrivati a Sòdoma: 

«1 E i due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. 2 E disse: “Miei signori venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada”. 
[…] Lot dopo aver accolto nella sua casa gli angeli della distruzione, accetta senza discutere la propria salvezza e lascia la casa insieme alle sue donne senza voltarsi indietro. Non prova piacere, non prova orrore […]. Lot che ha due angeli sulla porta di casa, non discute. Va per la sua strada preoccupandosi solo che venga risparmiato il borgo dove pensa di trascorrere la prima notte. Dietro di lui gli angeli, silenziosi e luminosi, compiono la loro opera: trasformare fiorenti e corrotte città in grandi, silenziose distese di sale». 

schumpeter_capitalismo_socialismo_democrazia_1Bompiani, nel suo libro, fa esplicito riferimento alla “distruzione creativa”, espressione coniata dall’economista Schumpeter nel saggio del 1942 Capitalismo, socialismo e democrazia, dove lo studioso dimostra come l’innovazione sia un processo creativo, un motore capace di elevare il livello di vita, ma capace anche di portare “distruzione” perché rispondente all’economia di mercato. Lo Stato, infatti, nei momenti di crisi economica, sceglie sempre di promuovere le imprese più idonee a sostenere l’urto negativo, abbandonando le altre a un destino di depauperamento se non, addirittura, di fallimento. E non sorprende, scrive Bompiani, il fatto che durante il nazismo la distruzione appaia come condizione naturale da cui soltanto pochi prescelti potranno salvarsi. A questo proposito, avverte: 

«[…] È il ritorno della legge biblica ‒ Lot salvato da Sòdoma, Noè dal diluvio, Abramo dal sacrificio – innestata nella teoria darwiniana dell’evoluzione. Primo Levi divideva la popolazione dei lager in “salvati e sommersi”, dove i “salvati” non sono necessariamente i “giusti”, ma coloro che hanno trovato gli strumenti e le astuzie per sopravvivere». 

Aggiunge, inoltre, che la visione di Schumpeter diventerà fondamento di una visione politica, quella stessa che Bush, ispirato anche dai consiglieri neoliberali, applicherà per invadere l’Iraq. La fame di “distruzione creativa” non fa altro che ispirare la fame di distruzione diffusa su tutta la terra, così che il libero mercato diventa pretesto e alibi per i soprusi, le guerre e ogni genere di conquista e appropriazione che il mondo occidentale ha perpetrato negli ultimi secoli. E poiché la distruzione diventa inevitabile, allora si rende necessario scegliere chi salvare. Il mantra della democrazia si concilia inevitabilmente con la legge della concorrenza e del libero mercato e finisce per giustificare le guerre così come, secondo la scrittrice, la corruzione giustificava i massacri divini.

A questo punto, e non a caso, Bompiani mette a confronto la distruzione di Gomorra, da parte degli angeli sterminatori, con quella della città di Amburgo, avvenuta nella notte del 1943, che l’aviazione inglese denominò “Gomorra”. Questa scelta non è una circostanza fortuita se si considera che il comandante inglese credeva «nella distruzione per la distruzione, e nel totale annichilimento del nemico». Quella notte furono sganciate diecimila tonnellate di bombe sulla città. 

È di tutta evidenza che entrambe le distruzioni sono da considerare crudeli e inutili, perché quella di Sòdoma non ripulì la città dal male e l’altra non abbreviò la guerra nemmeno di un solo giorno. Il ragionamento sapiente e arguto di Ginevra Bompiani non può, oggi, non ricondurmi alla guerra Russia/Ucraina che, come tutte le altre che l’hanno preceduta, è crudele e del tutto inutile perché massacra migliaia di persone e riduce le città e quanto esse custodiscono: arte, musei, teatri, scuole, luoghi di culto, flora, fauna … in cenere sotto la quale giace sepolta la Civiltà dei popoli. Ancora una volta assistiamo, impotenti, all’espressione più distruttiva del potere patriarcale. 

L’opera di Ginevra Bompiani ruota attorno a questo principio ineludibile, un leitmotive, un file rouge che la storia ripete ossessivamente da millenni ignorando che un altro mondo è possibile. L’autrice mostra di essere curiosa indagatrice non solo della Storia, ma di tutte le connessioni tra essa e il fattuale, tra essa e gli accadimenti che si sono succeduti nei millenni e che hanno determinato l’oggi, il presente in cui viviamo, il futuro del quale già si intravede la brutale architettura. Ma la sua ricerca va oltre e, come lei stessa scrive: «Non cerco la Storia, ma le storie che ci hanno formati nel sonno. […] La storia come castigo divino non finisce con la Bibbia e non riguarda solo il popolo ebraico: ma è la sostanza della nostra rappresentazione del mondo». 

La scrittrice, traduttrice e saggista tenta di scoprire le ragioni del “male”, la distruttività degli uomini, partendo dall’origine del mondo, da quello esistente e da un altro, presunto mondo, che è già stato e che abbiamo rimosso. Questo è forse il senso di un tutto da cui discende ciò che siamo, perché noi siamo le scelte che facciamo e agiamo consapevolmente, ma siamo anche, al contempo, discendenti “passivi” delle scelte da altri operate in un tempo passato del quale non siamo stati/e protagonisti/e.

Non a caso nella quarta di copertina del testo si legge: «È possibile che un altro mondo sia già stato, che lo abbiamo dimenticato, che abbiamo letto male le nostre storie, che qualcuna di esse ce la possiamo raccontare di nuovo». 

Perché gli umani sono distruttivi e punitivi? Questo si chiede Bompiani che prova a fare alcune ipotesi. Per trovare possibili risposte occorre rileggere il passato e così scoprire un femminile del quale non si ha memoria: la Dea Madre che raccoglie intorno a sé una civiltà matrilineare, matrifocale, pacifica, egualitaria, mostra che un altro mondo è possibile. 

Tante sono le ragioni che spingono alla scrittura e non tutte comprensibili. Chi scrive, sicuramente, risponde ad una domanda interiore che a volte invita a ripercorre la Storia per trovare in essa risposte che mai, in ogni caso, arriveranno ad esaudire il bisogno di conoscenza. Ginevra Bompiani si pone e pone la domanda delle domande sulla condizione umana: perché l’uomo occidentale, ma anche orientale e mediorientale, è così distruttivo e punitivo? Da donna determinata, che “sputava” su Hegel, e grande scrittrice qual è, ci conduce alla ricerca della risposta possibile in questa sua ultima e imperdibile opera. 

L’altra metà di Dio è uno scavo profondissimo fino al cuore del nostro immaginario; un viaggio nei territori popolati da racconti biblici e mitologie greche, da storie che hanno formato il nostro sguardo sul mondo. La lettura/viaggio ci conduce alle radici della nostra civiltà rendendoci testimoni partecipi di una esplorazione capillare alla ricerca della chiave che apre a sorprendenti riletture delle storie abitate dall’umanità, fino a scoprire “l’altra metà di Dio”.

È complesso e intrigante questo lavoro in cui l’autrice percorre tre direttici, tre “ombre” che oscurano l’umanità: distruzione, punizione, mistificazione. È stato facile per me accostarle, simbolicamente, alle tre cantiche dantesche: tre universi apparentemente disgiunti, ma discendenti l’uno dall’altro e, al contempo, ascendenti verso la vetta illuminante le ragioni che conducono la scrittrice dentro la “selva oscura”, abilmente e sapientemente desfoliata dalla sua penna che, come accetta, si fa largo e dà respiro all’intero corpo narrativo.

Nel momento in cui la terra sembra impegnata a distruggere e distruggersi per mano dei suoi abitanti, diventa necessario, per Bompiani, provare a capire dove è nata questa corsa suicida; perché la nostra storia nasce da una punizione e da dove origina questo bisogno di punire ed essere puniti, fino a credere che anche la malattia e la morte siano castighi ineluttabili. 

Il sacrificio di Isacco, Mosaici, Monreale

Il sacrificio di Isacco, Mosaici, Monreale, XII sec.

La cacciata dal giardino dell’Eden di Eva e Adamo, il delitto di Caino, sono storie della vita intesa come punizione: un mondo buio di divieti trasgrediti, di sottomissioni all’autorità di Dio, padre/padrone. Emblematico a questo proposito il comportamento di Abramo pronto a sacrificare il figlio, sgozzandolo, perché Jahvè così ha ordinato: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò. […]» (Genesi). 

Il sacrificio, tuttavia, non verrà compiuto perché a Dio basterà l’atto di ubbidienza del patriarca. Ma il fatto che questi fosse pronto ad eseguirlo, secondo Bompiani, costituisce l’atto fondante del diritto paterno con cui i padri eserciteranno, nel corso dei secoli, il diritto di proprietà su mogli e figli/e. Anche Agamennone, se ci spostiamo nella mitologia greca, immolerà la figlia Ifigenia per ottenere venti favorevoli alla sua flotta veleggiante verso Troia. E affondando nei miti troviamo molte altre storie di sacrifici femminili offerti dagli uomini agli dei. Ginevra Bompiani ci offre, così, la consapevolezza di una conoscenza incisa a sangue nel corpo delle donne e, allo stesso tempo, la coscienza della loro potenza. Tuttavia, scrive, è possibile individuare altre storie, altri miti precedenti che narrano un modo diverso di relazionarsi alla vita. 

All’alba della civilizzazione umana, nella preistoria, si trovano narrazioni di un modo alternativo di concepire la religiosità e la spiritualità. E, infatti, nella civiltà Paleolitica e in gran parte della Neolitica non esistono testimonianze di guerre, fortificazioni e supremazia maschile, al contrario si rinvengono tracce evidenti della posizione rilevante delle donne nella vita sociale e nella religione. Considerate portatrici del miracolo della creazione e officianti il culto della Dea, incarnavano il senso e la potenza del divino femminile restituito a noi anche da reperti artistici di grande bellezza. Proprio la Dea, per la scrittrice, diventa luogo dove confinano immaginario e vivente: il soprannaturale, «il più struggente anello di congiunzione fra il corpo e l’idea, fra l’esistenza e l’esistente».

71j-o6tr2qlLa Dea, Grande Madre (non Padre) che «raccoglie intorno a sé una civiltà matrilineare, matrifocale, pacifica, mutuale, egualitaria» si estende, per decine di migliaia di anni, nel vasto territorio che l’archeologa Marija Gimbutas chiama “Antica Europa”, dove non si trovano segni del predominio di un sesso su un altro e dove le donne occupano una posizione dominante in una dimensione di convivenza pacifica. Poiché questa civiltà non utilizzava la scrittura, la Dea non ha ispirato alcun libro sacro, ma il suo culto è testimoniato da numerose sculture e miniature sopravvissute. 

Il riferimento è, ovviamente, al matriarcato: l’epoca ginetocratica che avrebbe preceduto il patriarcato e di cui per primo scrisse, a metà Ottocento, Bachofen. Il rischio che tale civiltà possa essere idealizzata è ben poca cosa rispetto alla considerazione dell’autrice: «che un altro mondo sia già stato». Bompiani apre, dunque, alla possibilità di rileggere il passato per scoprire un femminile che è esistito e del quale non si ha memoria. Un altro mondo, ribadisce, diventa allora possibile; un mondo non divisivo, non improntato alla violenza maschile, al patriarcato, alla guerra tra i sessi.

C’è, non sotteso, l’auspicio di costruire un tempo d’armonia dove donne e uomini, nella reciprocità, possano accogliersi pacificamente. E c’è l’opportunità di capire come cambiare il nostro modo di essere, come riuscire a rovesciare il mondo di cui il patriarcato è garante. Il cammino di decodificazione e rilettura del passato, delle narrazioni fondanti la civiltà occidentale, delle fonti da cui quelle narrazioni hanno avuto origine diventa, così, funzionale al cambiamento del presente e del futuro. 

Il nostos di Bompiani scivola, inevitabilmente, nel silenzio della preistoria. Nel suo appassionato viaggio affonda lo sguardo nelle grandi tradizioni giudaico/cristiane, greca e in parte nella mesopotamica che le ha nutrite. Il viaggio che condividiamo con l’autrice ci proietta verso la conoscenza di quelle tradizioni fino ai recessi del nostro rimosso, fino alle ferite ancora aperte dell’anima.

Fra le tre “ombre” ‒ o vie ‒ lungo le quali ci siamo incamminati/e, una sottolineatura a parte merita la “mistificazione” perpetrata da un Occidente che ha confuso e continua a confondere la verità con la menzogna attribuendo all’una e all’altra una grande varietà di significati. Basti pensare a tutte le falsità che, negli ultimi tempi, circolano sui social e sui media e al senso di felicità svenduto all’interno di disvalori. Dovremmo perseguire la felicità accondiscendendo alle varie pulsioni imposte dalla pubblicità, dalle menzogne o dalla strumentale e demagogica propaganda di certa politica. In tale consapevolezza l’autrice si chiede: «qual è la grande mistificazione, così necessaria da fare della storia, del mondo e dell’immaginario il suo nascondiglio?». 

La scrittura di Ginevra Bompiani costruisce un tessuto narrativo saggistico, storico e filosofico di rara intensità e bellezza che non si riscontra nella nostra letteratura contemporanea, riuscendo anche ad abbattere i confini tra letteratura e mito, saggistica, narrativa e ricerca filosofica. L’altra metà di Dio è lo spazio di libertà che Bompiani, donna e scrittrice, ha saputo conquistare e difendere con la sua soggettività e determinazione, con la sua arte in grado di esprimere sempre il nuovo.  In questo tempo di oscuramento della civiltà e, in molti casi, della libertà, ci proietta verso un pensiero di rinnovamento, verso un agire comune che ponga le basi per il cambiamento del nostro sguardo sul mondo, verso la possibilità e l’auspicio che le donne, in armonia con gli uomini, prendano in mano la terra e la riportino alla vita. 

Dialoghi Mediterranei, n. 55, maggio 2022

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Francesca Traìna, vive a Palermo dove fino al 2015 ha diretto uno dei più antichi istituti scolastici della città. Studiosa di letteratura e poesia italiana e straniera con particolare riferimento alle figure femminili, ha vinto il “Premio Internazionale di Poesia Eugenio Montale” e ha ottenuto altri numerosi riconoscimenti. È autrice di saggi sulla poesia contemporanea e critica letteraria pubblicati su volumi collettanei, antologie, periodici e riviste. Ha fatto parte della redazione della rivista “Issimo. I Segni della Poesia” e “Mezzocielo”, bimestrale di politica, cultura e ambiente pensato e realizzato da donne. Ha pubblicato numerose sillogi poetiche: Luce obliqua, Il Vertice Palermo; Il Poeta muore, Vanni Scheiwiller, Milano; Dentro gli anni, Salvatore Sciascia CL/Roma; Neve di Marzo, CD con musiche originali dell’armonicista Giuseppe Milici, Istituto Gramsci Siciliano Palermo, nella ricorrenza delle stragi di Capaci e via D’Amelio; Linee di ritorno, racconti e poesie, Manni, Lecce; Trame del mondo Diecirighe; Cronaca poetica e iconografica dalla rivista Mezzocielo con fotografie di Letizia Battaglia e Shobha, Navarra Sicilia.

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