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Le Madonie: memoria e futuro nella vita di Roberto

Roberto Sottile, 1 agosto 2020

Roberto Sottile, 1 agosto 2021

per roberto

di Massimo Genchi

Per quanto vada a zonzo con la mente, nel tentativo di acciuffare i ricordi più lontani e più flebili della nostra amicizia, non riesco a rintracciarne l’origine con precisione. Se non fosse un po’ paradossale, oserei dire che questo rapporto, idealmente, è come se fosse nato con noi e non, invece, nella sede storica del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani in via Pignatelli Aragona nei primi anni Novanta.

Allora tu fresco di laurea e io iniziato di fresco in quel consesso di linguisti e dialettologi, che il mio distante titolo di insegnante di matematica mi faceva vivere con un certo timore riverenziale: Mari, Nara, Salvatore, Laura, Marina, Vito, Vincenzo, Giuliano, successivamente Luisa e Giuseppe, tu e, naturalmente, il professore Ruffino, padre e guida di tutti. Fu l’inizio di un grande, intenso e duraturo rapporto di collaborazione e soprattutto di sincera stima con ciascuno di voi. Con te legammo subito non certo e non solo perché io di Castelbuono e tu di origini castelbuonesi e non solo perché entrambi con le Madonie ancorate e diffuse dentro di noi.

Entrammo a far parte del gruppo dell’Atlante Linguistico della Sicilia mentre si preparava la campagna di rilevamenti sui giochi fanciulleschi con le frequenti e appassionate riunioni attorno al grande tavolo ovale del Centro. Sembra ieri e invece è passata una grandinata di anni.

alsst_cover_01Ricordo con immutato piacere, ora velato di nostalgia, le ascensioni nei tardi pomeriggi invernali, che sembrava notte, a San Mauro con Gioacchino Cannizzaro e poi a Petralia Soprana, dove avevo trovato un vegliardo di quasi cento anni che ti diede tante e diversificate informazioni sui giochi ma anche sulla pastorizia. E forse fu a partire da inchieste come questa che cominciasti a elaborare l’idea del tuo significativo e senza dubbio originale, non solo nella struttura, Lessico dei pastori delle Madonie che tengo in bella mostra fra i miei libri, fieramente allineato con gli altri 41 volumi dei Materiali ALS. Mi avvicino ed estraggo il primo di essi: il miscellaneo Percorsi di Geografia linguistica (1995), aperto dall’articolo del professore Ruffino che può essere riguardato come il manifesto dell’ALS. Nella parte programmatica dedicata ai lessici si anticipa la preparazione, oltre che del lessico del dialetto di Castelbuono, un lavoro che ti fu sempre caro, anche quella del tuo lessico areale sulle parlate delle Madonie. Uno dei progetti più complessi e oggettivamente impegnativi messi in campo dal Centro che andò avanti a lungo tra improvvise accelerazioni e brusche frenate seguite da lunghi torpori. A un certo punto, non ricordo né quando né come, mi tirasti dentro nella sua realizzazione e grande fu la mia gioia di potere lavorare insieme a te. La collaborazione tra un linguista e un matematico avrebbe potuto produrre una reazione come quella che “nell’esperimento sbagliato” uccise Trainor, il farmacista dell’Antologia di Spoon River e invece no. Andò più che bene, direi.

Il finanziamento di questo progetto da parte del Parco delle Madonie, che prevedeva la stampa in edizione mista dei volumi con il Centro, complicò le cose oltre ogni immaginazione. Alla fine, non potendo ridurre la farraginosa burocrazia dell’Ente, si decise di ridimensionare l’originario progetto realizzando un primo volume sulle consuetudini alimentari tradizionali dell’area madonita e un altro che comprendeva voci di saggio sulla cultura materiale delle Madonie. Ci mettemmo a lavorare a capofitto sul nuovo progetto con frenetico ed entusiasmante scambio di materiali e di idee per la redazione delle voci. Durò poco perché dovesti ritornare a insegnare all’Università di Bengasi. Ma, nonostante le sopravvenute difficoltà continuammo a lavorare, a comunicare a ritmi serrati via mail, un po’ meno via telefono dato che lo potevi usare rigorosamente in determinate fasce orarie. Alla fine riuscimmo nell’impresa, il libro era finalmente pronto e sarebbe uscito nel 2010, inaugurando una nuova Collana delle pubblicazioni del Centro: l’ALS per la Scuola e il Territorio, da te diretta. Risultò un bel lavoro, impreziosito dalle originali finestre tematiche che letteralmente ti inventasti attingendo ai ricchi materiali estratti dalla tesi di dottorato della tua Eugenia, ma anche dalle tue carte linguistiche e dall’inquadramento linguistico delle parlate madonite nel contesto di quelle siciliane. Se la gestazione di quel primo volume fu elefantiaca, la revisione fu decisamente estenuante, specialmente quella che precedette il fatidico “si stampi”.

Roberto Sottile, 1 agosto 2021

Roberto Sottile, 1 agosto 2021

Ricordo con un vago senso di malinconica dolcezza che il giorno precedente l’improrogabile consegna in tipografia eravamo ancora alquanto indietro con la revisione. Ci asserragliammo con Giuliano Rizzo al secondo piano dell’edificio 12 all’Università e lì rimanemmo a lavorare come dei disperati fino al tardo pomeriggio, fino a sera, fino a… fino a quando ci rendemmo conto che era tardissimo e che a quell’ora avremmo trovato chiusi tutti i cancelli di Viale delle Scienze. Infatti vagammo a lungo per il parco, nel buio, prima di trovare un cancello provvidamente aperto, una via di fuga verso casa di Giuliano dove, soltanto verso l’alba, l’indomito malloppo fu vinto e, finalmente, pronto per la stampa.

Ma le Madonie, nei tuoi intendimenti e in quelli di molti di noi, dovevano ritornare a vivere non solo attraverso le pagine della recuperata cultura materiale ma soprattutto facendo sì che i nostri paesi si riappropriassero del loro antico splendore, della loro composta dignità perduta, della loro secolare vitalità. Quasi a dire “riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l’abbondanza”. Le Madonie martoriate in questo inizio di millennio da un pauroso e forse irreversibile spopolamento indotto dall’abbandono delle attività del primario, rese vieppiù impraticabili da politiche regionali ma anche comunitarie tanto ostiche quanto miopi.

Roberto Sottile, 1 agosto 2021

Roberto Sottile, 1 agosto 2021

Sull’impellente tema dell’abbandono delle nostre zone la tua lucida visione, Rob, emerse compiutamente nel corso dell’incontro “La resilienza delle aree interne, dalle criticità ai progetti per il ritorno” organizzato nel gennaio 2020 da CastelbuonoSCIENZA alla presenza dell’ex ministro Fabrizio Barca, ideatore della Strategie Nazionali Aree Interne (SNAI). I lavori da te moderati con la consapevolezza di chi ha sviluppato un’ampia visione del problema, derivante dalla consolidata abitudine metodologica di afferire alle documentazioni, e dalla tua coerente scelta di vivere in una di queste aree interne, sono stati l’occasione per il confronto fra gli attori che, a diverso titolo, hanno avuto dei ruoli decisionali nelle scelte riguardanti il territorio madonita.

In quella occasione evidenziasti con coraggio come il Meridione e, in generale, le aree interne e periferiche siano in profondo declino nonostante gli ingenti flussi di denaro pubblico e privato che non hanno curato le tante ferite dei territori senza arrestarne il declino. E partendo proprio dall’analisi del declino sociale complessivo l’avevi estesa ai sentimenti che animano la società attuale, una “società liquida” sempre più caratterizzata da un individualismo edonistico, dal rifiuto delle responsabilità, una società impaurita, in preda a un disagio e a una disperazione esistenziale del tutto irrazionale. La soluzione, per una persona che aveva fatto dei rapporti veri la misura della sua vita, non poteva che essere una società solidale e cooperativa. Che poi è tutto ciò in cui si sostanzia la differenza fra la buona e la cattiva politica e si concretizza nell’adottare come stella polare della propria azione il raggiungimento del bene dei tanti, al fine di cercare di evitare proprio quello che la pandemia ci ha sbattuto in faccia con violenza: la sperequazione sociale fra ricchi a dismisura e bisognosi sempre più in difficoltà.

Roberto, in occasione del suo compleanno con Giovanni Ruffino e colleghi

Roberto, in occasione del suo compleanno con Giovanni Ruffino e colleghi

Uno dei capolavori della letteratura del Novecento, un libro dell’addio, un libro attraverso cui l’autore suggella il proprio legame con la sua terra, ha come incipit «C’è una ragione perché sono tornato in questo paese», io potrei dire che ci sono molte ragioni perché tu non sei mai andato via dal tuo paese, da queste montagne. E le ragioni, oltre che negli affetti, risiedono innanzitutto nella tua determinazione a mettere in atto, più che fumosi proclami, pratiche e modelli di vita per rimanere legati a questi luoghi mitici, «dove dimorare e praticare la decompressione, immersi nella natura più vera del paesaggio e del territorio madonita». Ma anche immersi nel calore più vero che i rapporti profondi nati fra queste montagne riescono a promanare.

Fu nel corso di una lunga sessione di lavoro a casa tua che fissammo in maniera dettagliata tutti i criteri redazionali relativi al mio libro sulla onomastica popolare di Castelbuono. Giusto in tempo prima del Covid, perché di lì a qualche giorno ci rinchiudemmo, anzi ci rinchiusero, in casa dove continuammo ad attendere alle nostre cose solite. Tu ti mettesti di buzzo buono, io andavo cincischiando. Sottolinea Marina Castiglione che nel corso di questa prolungata reclusione tu fosti in grado di rendere pronte per le stampe qualcosa come venti pubblicazioni. Io riuscii a stento a dare una sommaria struttura al mio volume. Però quando ti comunicai che ritenevo di avere individuato la chiave per sciogliere il soprannome Pitè dei tuoi avi, avendo trovato nello spagnolo la traccia pi’te ‘pezzettino’, tu ne fosti felicissimo ed esultasti dicendo: “sì!, sì!, certo, come nel francese petit”. Oggi, quel libro nato a casa tua in un freddo e temporalesco giorno di gennaio di due anni fa è quasi pronto ma sapere che tu non potrai vederlo ultimato mi svuota di ogni entusiasmo, di ogni gioia e mi pervade di infinita tristezza.

con Zu Vanni

Roberto con Su Vanni Cangelosi

Nel corso del lockdown, bramando di ritornare a piede libero, più e più volte ci ripromettemmo di festeggiare il ritorno alla libertà andando a vvutari un crastu sanu ncap’u lucë alle Case della Canna, fra Petralia e Piano Battaglia. Ci riuscimmo, come per il libro, giusto in tempo. Domenica 1 agosto, l’ultima tua domenica. Si approntò un menu meno hard di quello spericolato dei nostri propositi per un pubblico delle grandi occasioni. Tantissimi amici con cui gozzovigliammo, ridemmo, scherzammo e poi tutti all’ombra dei frondosi perastri ad assistere alla presentazione del tuo libro a quota 1430 metri, che ti fece scrivere: «Presentare Suca, storia e usi di una parola in questi luoghi potrebbe sembrare decontestualizzato, ma Mario Sottile, Damiano Sabatino, Pino Di Gesaro e tutti gli amici della Costituente per la Castelbuono di domani sanno il perché».

Quella giornata, oltre ad avere segnato il nostro ultimo abbraccio, assume un significato profondo perché per uno di quei sorprendenti accadimenti che solo la vita rende possibili, ti riuscì di riconnetterti con tuo padre grazie a un vero e proprio ponte temporale gettato fra te e lui dalle puntuali rievocazioni dû Su Vanni Cangelosi, classe 1932, suo compagno di scuola, autentico “custode di queste montagne e della cultura materiale delle sue genti”. Uno degli ultimi pastori delle Madonie. Uno che, oltre a ripercorrere momenti della lontana infanzia di tuo padre, avrebbe potuto fornirti sterminati materiali per un lavoro attorno alle «parole della montagna» ma anche snocciolare di getto la toponimia popolare di ogni purteddra, di ogni vallata, di ogni pianoro delle nostre contrade.

Ecco, la memoria. È la memoria e il desiderio di mantenerla viva che forse dà un senso alla vita: ciò che si è cercato nel nostro passato, nei nostri ascendenti, con abnegazione e curiosità, ma anche tutto ciò che si lascia a chi verrà dopo. Ecco, tu hai saputo fare l’una cosa ma, soprattutto, l’altra. Noi, e siamo tanti, siamo orgogliosi di averti avuto fra le persone più care nel nostro percorso terreno. Forever Alive, Rob! 

Dialoghi Mediterranei, n. 52, novembre 2021 

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Massimo Genchi, insegna matematica e fisica nel liceo Scientifico di Gangi. Autore di diversi articoli di matematica e di fisica apparse su riviste specializzate, è coautore del Lessico del dialetto di Castelbuono (CSFLS, 2000), autore della monografia Bosco, carbone e carbonai (CSFLS, 2016). Con Roberto Sottile ha pubblicato Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 1. L’alimentazione,  (CSFLS, 2010) e Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 2. Voci di saggio (CSFLS, 2011).
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