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Le lingue come luogo di incontro. La Scuola di Lingua italiana per Stranieri dell’Università di Palermo

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo  (ph. Antonio Gervasi)

di Mari D’Agostino

«Il fenomeno epocale delle migrazioni tra le bianche pareti del chiostro di Sant’Antonino assume una dimensione umana. Quotidiana. Comprensibile. Le chiacchiere sulla costruzione di un’Europa solidale capace di incarnare il grande sogno di Ventotene, che ormai suonano così irritanti sulle labbra dei leader in conferenza stampa a Bruxelles, qui si fanno carne e fatica quotidiana». Così Benedetta Tobagi (La scuola salvata dai bambini, Mondadori 2016), a proposito della Scuola di Lingua Italiana per Stranieri di Palermo.

Muri, frontiere, confini, barriere, sono parole ormai entrate nella quotidianità della cronaca e della politica. Ci indicano una rappresentazione del presente e, purtroppo anche del futuro, non solo angosciosa e non accettabile, ma anche del tutto incompatibile con altre parole fondative della stessa esperienza umana: lingue, giovani. Come si fa a fermare la diffusione delle lingue, a confinarle all’interno di uno spazio concluso? La storia ci insegna che questo non è possibile, neppure con gli strumenti della coercizione e della violenza.

Le lingue passano di bocca in bocca, le parole si diffondono sotto traccia, riemergono molto lontane dal punto di partenza, migrano da una cultura all’altra. Cambiano e si mescolano in maniera inaspettata. L’una e l’altra sponda del Mediterraneo in particolare, da sempre, sono unite dai fili delle parole che passano da una riva all’altra. Stessa cosa può dirsi per l’associazione delle due parole frontiere e giovani; l’ansia di conoscere altri luoghi, altre culture, di mettersi in gioco lontano da casa, è parte irrinunciabile della idea stessa di giovinezza. Ne fa testimonianza l’importanza crescente di programmi di mobilità degli studenti universitari come il programma Erasmus che ha coinvolto nel 2017 più di 700 mila cittadini europei, e di altri programmi che offrono la possibilità di studiare, formarsi, insegnare, lavorare o fare volontariato all’estero, in Europa o in altre aree del mondo.

Queste semplici considerazioni sono la premessa per ragionare su una nuova forma di migrazione, quella dei tanti giovani e adolescenti che arrivano nei barconi senza alcun familiare. Non sono solo la guerra e la violenza, i disastri ambientali e il venire meno di habitat naturali, le condizioni di vita insopportabili e il disgregarsi delle loro famiglie, a spingere questi ragazzi a mettersi in viaggio per mesi, e spesso per anni. In loro troviamo di sovente la stessa energia che spinge i nostri figli ad andare (e magari poi a tornare), a conoscere e a mescolare idee, lingue, canzoni, sogni. Si tratta di ragazzi che arrivano in Italia senza un adulto di riferimento e che vengono definiti dalla legislazione appunto “minori stranieri non accompagnati” (msna), cioè «minori stranieri, presenti nel territorio dello Stato, non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovano in Italia, privi di assistenza e di rappresentanza da parte di genitori o di adulti per lui legalmente responsabili».

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo  (ph. Antonio Gervasi)

Questi due elementi anzitutto, la giovane età e la separazione dai genitori, inducono la legislazione internazionale a considerare questi ragazzi soggetti vulnerabili e quindi oggetto di particolare attenzione. Il sistema di protezione italiano, in accordo con la normativa internazionale, prevede oltre al divieto di espulsione, parità di trattamento con i cittadini italiani in tema di assistenza sanitaria e di obbligo scolastico e l’inserimento in un sistema stabile di accoglienza che fa riferimento a una pluralità di soggetti istituzionali diversi, dal Ministero dell’Interno ed altre amministrazioni pubbliche statali, alle Regioni ed Enti Locali e a molteplici realtà pubbliche e private che intervengono come erogatori di servizi.

Il fenomeno migratorio che interessa questa particolare categoria di persone è abbastanza recente e poco conosciuto. Sono giovani per la quasi totalità maschi, e per la stragrande maggioranza fra i 16 e i 17 anni, sbarcati per lo più nelle coste della Sicilia o dell’Italia meridionale. Si tratta di numeri in costante crescita: nel 2014 sono stati più di 14 mila i nuovi arrivi, in maggioranza egiziani, seguiti da somali, eritrei e bengalesi e poi altri Paesi dell’Africa occidentale (Gambia, Senegal, Mali, Nigeria). Nel 2015, secondo i dati diffusi dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, su 154 mila migranti sbarcati sulle nostre coste oltre 16 mila erano minori e di questi ben 12.360 risultavano non accompagnati. Nel 2016 i dati parlano di più di 25.846 giovani migranti che, senza adulti di riferimento al loro fianco, intraprendono lunghi viaggi attraversando l’Africa e il Mediterraneo. Nel 2017, in una situazione di sostanziale calo degli arrivi, i minori soli sono stati 15.779.

Diverse sono le motivazioni che spingono un adolescente a mettersi in viaggio da solo, come riportato dai pochi studi ad oggi effettuati, e dalla esperienza che in questi anni abbiamo accumulato a Palermo: sono minori in fuga da guerre, persecuzioni e conflitti, spinti ad emigrare dalla famiglia per ragioni economiche, o da situazione di destrutturazione sociale o spesso familiare, cioè dal venire meno di uno o ambedue i genitori, ed infine ragazzi attratti da nuovi modelli e stili di vita, o da un forte progetto personale, o, in più casi, da elementi di dissonanza e di attrito con l’ambiente familiare e sociale, e sovente anche, come si diceva sopra, dalla voglia di esplorare e di mettersi in gioco. Una situazione particolare è quella relativa alle spesso giovanissime ragazze che vengono registrate all’arrivo in Italia come minori non accompagnate; sono per la grande maggioranza nigeriane, inserite già prima del loro arrivo nel circuito della tratta e che si allontanano, in molti casi, dopo pochissimo dai centri di accoglienza. In realtà, purtroppo, la stragrande maggioranza di queste ragazze ha in Italia un “insieme di adulti di riferimento”, reti di criminali quasi sempre connazionali, con i quali si mette in contatto fin dai primi giorni dopo l’arrivo, spinta da una pesantissima pressione ricattatoria che viene esercitata sia in Italia sia sulle famiglie nei paesi di provenienza.

In generale le motivazioni della partenza e la giovanissima età fanno sì che il progetto migratorio sia di sovente assai debole e, a volte, poco realistico; cosa questa che aggiunge altri motivi di fragilità a quelli prima visti. Dato che accomuna la stragrande maggioranza di questi ragazzi è l’esperienza del viaggio, realizzato in condizioni difficilissime e costellato da deprivazioni e da violenze.

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo (ph. Antonio Gervasi)

Il vissuto precedente, i mesi trascorsi per strada o nelle carceri libiche, e quello attuale, l’inserimento al loro arrivo in strutture dedicate solamente a loro (le comunità di accoglienza), sono elementi forti che accomunano tutti quanti. Ma sarebbe sbagliato pensare a loro solo attraverso le immagini spesso drammatiche dell’arrivo, prostrati da giorni terribili di permanenza in mare, o attraverso quelle ancora più terribili dei naufragi e delle tragedie. Dopo poche settimane dall’arrivo emergono già personalità ben diverse l’una dall’altra, sguardi fieri e timidi, corpi forti ma segnati da esperienze di sofferenza, sorrisi contratti o ironici.

La Sicilia rimane la regione maggiormente coinvolta nell’accoglienza, con una concentrazione di minori pari quasi al 35% del totale nazionale e nel capoluogo dell’Isola sono ubicate una parte rilevante delle comunità di primo e secondo livello. Dal 2012 la Scuola di Lingua italiana per Stranieri (da ora in poi ItaStra) dell’Università di Palermo accoglie questi ragazzi appena sbarcati nei propri corsi di lingua italiana pensati, in un primo tempo, solo per un’altra categoria di utenti: studenti Erasmus, visiting professor, adulti che fanno esperienze di turismo culturale, e insieme a loro migranti adulti, spesso rifugiati, con alto livello di istruzione (che fin dall’apertura della Scuola di italiano sono stati inseriti gratuitamente in tutti i corsi).

Dal momento in cui il primo “giovane migrante solo” è entrato a S.Antonino, sede di ItaStra, ricerca e didattica hanno dovuto correre molto in fretta, per rispondere a nuovi bisogni, la costruzione di nuovi modelli didattici e di contesti e luoghi di immersione linguistica e condivisione di esperienze. I minori arrivati soli, così come gli altri migranti neoarrivati, vivono in strutture di accoglienza non di rado lontane dai centri abitati e si trovano quindi in una condizione di segregazione diversa da quella descritta fino ad oggi. Tradizionalmente, nei fenomeni migratori, tale la nozione è stata utilizzata per indicare le realtà caratterizzate da una alta concentrazione di migranti, ad esempio un quartiere urbano, in opposizione alla dispersione nel territorio. Oggi segregazione significa separazione, spaziale, culturale, linguistica in conseguenza di una organizzazione dell’accoglienza che tende a fare vivere una parte (spesso assai consistente) della vita del migrante fuori dalla collettività di arrivo. Questo modello segregante sembra avere caratteri sempre più pervasivi: le strutture di accoglienza vengono sempre più spesso collocate fuori dal centro abitato, in luoghi difficilmente raggiungibili, rendendo quasi impossibili le occasioni di confronto e incontro con ragazzi e adulti italiani.

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo (ph. Antonio Gervasi)

Ma oltre ad essere fortemente segregati questi giovani sono anche rappresentanti prototipici della categoria dei “connected migrants”, cioè di chi vive collegato ad altri spazi e ad altre realtà. La continua ricerca di connessioni fra il prima e il poi fa di questi ragazzi e tanti altri uomini e donne, un nuovo tipo di migrante capace di usare le nuove tecnologie non solo, come sappiamo, per salvare la propria vita e quella di altri lungo il viaggio nel deserto e nella traversata del Mediterraneo, ma anche per costruire nuovi modi del vivere. Abbiamo imparato negli ultimi decenni a pensare al migrante come colui che vive in una doppia assenza, escluso dall’ordine politico e sociale di entrambi i luoghi che ha abitato e che abita, e ancora come colui che vive in between, in terre di mezzo, dentro e fuori i confini attraversandoli continuamente.

Ora dobbiamo cominciare a riconoscere questa nuova dimensione del vivere qui e lì, e ancora là e in altri luoghi ancora, nello stesso tempo. A due soli, fra i tanti nuovi abitanti di tanti mondi, vorrei qui accennare. Il primo è Eunus, un posteggiatore bangladese di cui io e la mia famiglia siamo diventati amici. Egli semplicemente vive una parte della sua giornata con la sua famiglia, mentre va su e giù tenendo d’occhio i posti auto: partecipa ai compiti dei figli e alla preparazione del cibo nella unica stanza dove li ha lasciati e dove continuano a vivere. Non parla con i suoi, vive con i suoi attraverso una collocazione dello smartphone che consenta di avere la panoramica sull’intero contesto in cui vive l’altro. I suoi figli conoscono così le strade di Palermo dove lavora il padre e possono perfino suggerire se c’è un posto libero o se una macchina è in arrivo. E tutta la famiglia viene presentata agli italiani reputati degni di entrare fra le mura domestiche, come si fa con coinquilini o gli amici del lavoro. Anche io e la mia famiglia siamo stati ammessi a fare parte dell’universo familiare di Eunus e dei suoi figli che parleranno probabilmente di noi nei temi a scuola e con gli amici; ci siamo presentati e abbiamo scambiato due chiacchere, molti sorrisi e inchini, qualche parola in inglese.

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo (ph. Antonio Gervasi)

Il secondo è Mohamed, un ragazzo gambiano in Italia da alcuni anni e collocato al suo arrivo nella categoria dei msna i cui si è detto prima. Ora è un giovane uomo in cerca di nuove strade; quando mi è venuto a salutare prima di trasferirsi a Milano abbiamo scherzato insieme sul suo italiano quasi perfetto con solo un leggero accento palermitano. Quando gli ho detto “la prossima volta che ci vediamo parlerai un po’ milanese” mi ha risposto “mai, Palermo è la mia seconda casa, io vado a Milano da palermitano”. Mohamed è oggi un gambiano-palermitano residente a Milano, che forse si sposterà in altre città europee per amore o per lavoro o per raggiungere i suoi tanti amici, ma continuando a vivere e a partecipare ai tanti pezzi di mondo che sta tenendo insieme nella sua vita, entrando ogni giorno nelle case dei suoi familiari come fa Eunus o meglio “messaggiando” in continuazione in una delle sue tante lingue, mandinka, fula, wolof, inglese, italiano, dialetto palermitano, e certamente anche qualche altra, nei prossimi anni.

Questi giovani appena arrivati sono dunque nello stesso tempo segregati e connessi, ma anche per altri aspetti hanno caratteristiche che sembrerebbero poco conciliabili. Una parte rilevante di essi sono infatti analfabeti, ma per la stragrande maggioranza sono multilingui, abituati a passare da un codice all’altro e a mescolare le lingue in forme sconosciute ai giovani europei anche quelli abituati a muoversi fra più lingue nazionali. Non esistono dati ufficiali su questi due elementi fondamentali del profilo sociale dei msna in arrivo. Come per gli altri migranti neoarrivati le statistiche riportano solo l’età, la nazionalità e il sesso. Fonti diverse concordano comunque su questi due elementi cruciali di cui si è detto, la bassissima o nulla scolarizzazione di una grande parte di essi e l’altissimo tasso di plurilinguismo. Su di essi è utile costruire un percorso di accoglienza e inclusione.

5Dal 2012 abbiamo incontrato a S. Antonino e inserito in progetti di lingua, e tanto altro, più di 2000 msna. Circa un terzo di loro ai test di ingresso hanno avuto difficoltà a leggere e scrivere anche parole isolate. È stato quindi necessario costruire per loro un percorso speciale in cui apprendimento della lingua e alfabetizzazione camminassero insieme. È nato così il progetto Ponti di parole (vedi www.pontidiparole.com), un corso multimediale in più volumi costruito sui bisogni e le necessità di chi arriva in Italia non avendo mai frequentato le aule scolastiche.

Ma insieme alla didattica nelle classi anche tanto altro è stato poco alla volta costruito per rompere il muro della segregazione. Non solo corsi di lingua ma anche immersione nella città, teatro, sport e arte. Un pezzo importante di questo percorso ha come protagonisti studenti universitari che compiono il loro tirocinio ad ItaStra. Ragazzi e ragazze, giovani analfabeti e universitari, pelle e occhi di colore diverso, condividono un pezzo della loro vita in un’aula universitaria o esplorando la città, visitando una mostra o giocando a calcio, ascoltando e raccontando. Accanto ai corsi di lingua italiana, che da tanti anni sono uno spazio dove l’incontro fra le diversità si replica in modalità sempre nuove, i docenti di ItaStra hanno costruito dei luoghi speciali, laboratori di narrazione e di arte. Nell’estate del 2016 il progetto Odisseo arriving alone ha accolto oltre un centinaio di ragazzi e ragazze da pochi giorni sbarcati nei porti siciliani, insieme a tanti giovani europei a Palermo per imparare l’italiano o per svolgere un tirocinio. Le storie di Nausicaa e Polifemo, Calipso e Telemaco, l’Isola dei Feaci e l’antro dei Ciclopi, tradotte e narrate in bambara e wolof, pular e inglese, arabo e polacco e tante altre lingue hanno accolto chi era appena sbarcato e chi aveva conosciuto l’Odissea sui banchi scolastici, magari con noia. Seduti a terra su grandi tappeti, in un’aula universitaria o all’Orto Botanico, la magia di una storia millenaria ha ripreso una forma nuova e tutti noi abbiamo amato l’Odissea, questa volta guidati non da un professore di liceo ma da Amadou K., Amadou D., Shohag, Ama, Peter e Diawara, straordinari traduttori e narratori.

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo  (ph. Antonio Gervasi)

Il ruolo di chi ci ha guidato nel viaggio è stato non solo quello di tradurre e narrare l’Odissea nelle loro lingue materne, le stesse dei giovani appena arrivati in Italia, ma anche di aprire i tanti varchi che dalla narrazione omerica arrivavano diretti all’esperienza del viaggio e della nostalgia, della paura dell’ignoto e del desiderio dell’incontro con il diverso che proprio i giovani neo arrivati stavano vivendo. Alcuni di questi varchi sono stati percorsi dai ragazzi e dalle ragazze che hanno dato forma ai loro sentimenti spesso con disegni e ritratti, a volte con parole e frasi della lingua materna che sono risuonate una accanto all’altra, una sull’altra, come nella multilingue Africa da cui gran parte di loro proviene. Questo esperimento di contaminazione e di creazione collettiva, ha avuto come punto di partenza il testo dell’Odissea e come punto di arrivo il volume e la mostra Odisseo arriving alone, entrambi attraversati dai temi dell’attesa e della perdita, della forza e della paura, dell’alterità e dell’incontro. L’accostamento fra alfabeti e sistemi grafici differenti (arabo, latino, bengalese, pular e aramaico) aveva in quel caso il ruolo di ponte fra immagini e parole.

L’esperienza della narrazione polifonica è stata ripetuta anche la scorsa estate con una settantina di ragazzi e ragazze, alcuni poco più che bambini. Tutto questo è avvenuto ancora una volta nelle aule e nel grande portico dell’ex convento di S. Antonino, dove da alcuni anni wolof e mandinka, pular e bangla, egiziano e soninkè, e tante altre lingue si mescolano all’italiano e al cinese, al francese e all’inglese, al tedesco e allo spagnolo.

Questa volta, il laboratorio Di terre, di mari, di incontri ha avuto come punto di partenza due testi famosissimi – La Sirenetta di Hans Christian Andersen e I Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Da essi hanno preso forma le immagini delle tante terre attraversate, dei mari solcati, degli incontri desiderati e temuti attraverso un coinvolgimento basato soprattutto sulle emozioni. Il canto ha avuto un ruolo costante e unificatore durante ogni incontro quando i partecipanti, raccolti in ampio cerchio, intonavano una canzone augurale maliana in bambara (Dèmisènun fo Ayée/ Dèmisènun fo/ Mali Dèmisènun fo/ baragnumana Dèmisènun ) e un’altra segnalata da uno dei ragazzi come un semplice inno alla gioia tramandato oralmente (Ue name sambara/ ie name sambara/ cichiton cichiton cichi sambara/cichiton cichiton cichi sambara).

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo ( ph. Antonio Gervasi)

Scuola di lingua italiana per stranieri, Palermo (ph. Antonio Gervasi)

Successivamente, durante i giorni di laboratorio, i ragazzi (prima sui grandi tavoli sotto il portico e sul pavimento del cortile di Sant’Antonino, e poi nel laboratorio serigrafico TOMO), sono stati accompagnati in un percorso indirizzato alla libertà d’espressione attraverso il segno ed il colore. L’iniziale reticenza dei ragazzi a causa delle poche esperienze col disegno è stata subito abbattuta, valorizzando la personale interpretazione delle storie – spesso piegata al ricordo di esperienze vissute – grazie al fondamentale supporto dei mediatori.

Da questa esperienza grazie ad una lunga fase di elaborazione delle immagini attraverso il processo serigrafico sono nati due libri di artista presentati da pochissimo nella Galleria d’Arte Nuvole, che, per il secondo anno consecutivo, ha partecipato a questo percorso di contaminazione reciproca e di meticciato.

Infine poche parole per accennare a un nuovo progetto realizzato grazie al sostegno di UNICEF e alla collaborazione del CNR: la piattaforma digitale StudiareMigrando, da poche settimane presentata a Palermo e in corso di sperimentazione in tante comunità di accoglienza in varie parti della Sicilia, che comprende sia percorsi di italiano per la comunicazione che moduli legati alla storia e alla geografia, alle scienze e alla educazione civica. Anche in questo caso il profilo di migrante guida la sperimentazione didattica. La loro capacità di utilizzare tecnologie che permettono di stare connessi e dall’altra la necessità di raggiungere chi non ha accesso all’istruzione a causa della dislocazione delle comunità di accoglienza. Una piattaforma per i giovani migranti segregati e connessi per sostenerli in particolare nella preparazione degli esami di III media.

Uno dei primi cicli di seminari, in anni ormai lontani, aveva come titolo La lingua come luogo di incontro. E veramente possiamo dire che negli anni questo è stato il filo conduttore del nostro lavoro, anche se sempre più spesso abbiamo cominciato a parlare di lingue come luogo di incontro, non più dunque solo l’italiano ma anche le lingue materne sempre più valorizzate e usate per restituire dignità a chi rischia di perderla per sempre.

Il denominatore comune di questi esperimenti, e di tutto il lavoro che in questi anni ItaStra ha realizzato dentro e fuori l’Università, è quello di favorire l’incontro fra mondi e storie, fra lingue e culture diverse, e, soprattutto, fra giovani, giovani in viaggio, giovani che attraversano frontiere e sperimentano la forza del plurilinguismo e del vivere in più mondi.

Dialoghi Mediterranei, n.31, maggio 2018
Riferimenti bibliografici
Amoruso M., D’Agostino M. e Latif Jaralla Y., (a cura di), 2015,  Dai Barconi all’Università. Percorsi di inclusione linguistica per minori stranieri non accompagnati, Palermo, Scuola di Lingua italiana per Stranieri.
Amoruso M. e D’Agostino M., 2017, Teenage and adult migrants with low and very low education level. Learners profile and proficiency assessment tools, (Council of Europe Symposium), in J.C. Beacco, D. Little, H.J. Krumm and P. Thalgott, (eds.), The Linguistic Integration of Adult Migrants: Some Lessons from Research. Berlin, De Gruyter Mouton in cooperation with the Council of Europe, pp. 347-352.
D’Agostino M., 2017, Analfabeti nell’Italia di ieri e di oggi. Dati, modelli, persone, parole. La lezione di Tullio De Mauro, in “Bollettino” del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 28.
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Mari D’Agostino, ordinario di Linguistica Italiana nell’Università di Palermo, è direttore della Scuola di Lingua Italiana per Stranieri e del master di II livello in “Teoria, progettazione didattica dell’italiano come lingua seconda e straniera” dello stesso ateneo. Coordina il dottorato in “Studi letterari, filologici e linguistici” e dirige la sezione variazionale dell’Atlante linguistico della Sicilia (ALS). Fra le sue pubblicazioni si segnalano: La piazza e laltare. Momenti della politica linguistica della Chiesa siciliana, secoli XVI-XVIII (1988); Per una sociolinguistica spaziale. Modelli e rappresentazioni della variabilità linguistica nell’esperienza dell’ASL (con A. Pennisi, 1995); I rilevamenti sociovariazionali, linee progettuali (con G. Ruffino, 2005); Costruendo i dati (con G. Paternostro, 2006); Sociolinguistica dell’Italia contemporanea (2007, 2a ed. agg. 2017).
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