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di Silvana Grippi
La Mauritania si trova in uno dei luoghi geografici più suggestivi del Sahara Occidentale. Per arrivare a visitare le sue meraviglie abbiamo attraversato territori sperduti, tra altipiani rocciosi con accessi impervi e affascinanti. Nelle zone di Ouadane, Chinguetti, Tichitt e Oualata si possono visitare i famosi manoscritti del Sahara.
Ouadâne è una delle più incantevoli città. Considerata “semi-fantasma”, si adagia sul bordo dell’altopiano dell’Adrar. Le case di pietra del Ksar al Kiali (città vecchia) sembrano precipitare nella falesia. La parte più alta è dominata dal minareto della nuova moschea, costruita duecento anni fa, mentre all’estremità occidentale, alle pendici della collina, si trova la trecentesca moschea vecchia.
Fra le due moschee, una serie di edifici che sembrano essere stati ammassati a caso. Attualmente, vivono nella città vecchia solo 20/30 famiglie, e come Chinguetti, anche Ouadâne è un centro culturale per le sue biblioteche private che ospitano oltre tremila manoscritti.
Chinguetti, la città per eccellenza, che per secoli ricoprì il ruolo di capitale religiosa dell’Islam. Il commercio con il Maghreb, l’Arabia e l’Africa nera la rese famosa. Nel XVIII secolo, a Chinguetti si contavano circa una dozzina di moschee. Considerata una delle grandi città sante dell’Islam al pari della Mecca, di Medina e di Gerusalemme, la sua fama va oltre quella di importante centro religioso.
In questo regno di sabbie e silenzi vi sono civiltà nascoste raccontate in manoscritti custoditi nel tempo in cui la memoria riveste un ruolo cruciale. Storicamente nota come città di eruditi, conserva tutt’oggi biblioteche private che ospitano migliaia di manoscritti e testi coranici, i più antichi dei quali risalirebbero all’XI secolo.
Questa antica città carovaniera situata nel cuore dell’Adrar continua a essere un libro aperto sul passato religioso, economico e culturale di questa creatura di sabbia abbarbicata sulle dune. È stata edificata tra l’XI e il XII secolo per le esigenze delle carovane che transitavano attraverso il Sahara trasportando armi, stoffe, cereali e libri dal Nord e sale, gomma arabica, schiavi, oro e avorio dal Sud, dell’erg.
Ouarane regala ai visitatori momenti di singolare intensità emotiva, con il vociare dei bambini in sottofondo, la quiete delle prime ore pomeridiane appesantite dal caldo e il silenzio etereo delle notti stellate che restano impressi nel cuore di chi li vive come vecchie foto sbiadite e ingiallite dal tempo (patrimonio Unesco, 1996).
Il suo nome è oasi in lotta perpetua contro l’insabbiamento e l’oblio in cui due città e due anime – la “vecchia” e la “nuova” – si sostengono a vicenda. Al nostro arrivo ci presentano libri redatti su pergamene e copertine di pelle (anche gazzella) finemente decorate con colori naturali e con magnifiche miniature, questi tesori dell’oasi sahariana – custoditi all’interno di bauli di legno in balìa purtroppo delle termiti e della sabbia – sono gelosamente tramandati di generazione in generazione che, accanto a testi di natura prettamente religiosa, conservano compendi di scienza, letteratura, astronomia, diritto e matematica e altri.
Tra questi luoghi della memoria insidiati dalla sabbia e dal tempo, dove è impossibile lasciare impronte, dove l’orma del piede viene rapidamente cancellata dal vento, c’è un’altra biblioteca: la Biblioteca Habbot – fondata nel XIX secolo, casa di Sidi Ould Mohamed Habbot, esponente di un’antica famiglia di eruditi e mercanti che ebbe un ruolo di rilievo nella diffusione del pensiero islamico nel Sahara e nel Sahel – si distingue nel mondo mauro per la sua ampia collezione (circa 1.400 opere tra studi coranici, trattati scientifici, religiosi, storici, letterari e linguistici) in cui è tuttora possibile ammirare la straordinaria perizia dei calligrafi e degli incisori medievali.
Un’altra biblioteca di grande interesse è la fondazione Ahmed Mahmoud che raccoglie circa 500 esemplari e accoglie il visitatore con un motto della saggezza africana del grande scrittore maliano Amadou Hampâté Bâ: «La conoscenza è una fortuna che non impoverisce chi la offre».
A Tichitt una architettura unica nel suo genere con riferimenti all’arte sudanese caratterizza i villaggi berberi dove abbiamo incontrato famiglie con libri conservati accuratamente come bambini da proteggere. Gli Ulema, i Sapienti, si rivolgevano a copisti professionali per rispondere alle richieste di intellettuali e commercianti facoltosi che volevano acquistare per sé le opere più importanti. Ogni libro trascritto veniva a costare quanto un dromedario. Il manoscritto poi passava ad abili artigiani per la rilegatura.
Pure a Oualata, nonostante saccheggi e dispersioni, si conservano ricche biblioteche private che, col passare dei secoli, sono giunte quasi integralmente fino a noi, assumendo un valore inestimabile.
Le città simbolo delle civiltà del deserto, fino alla fine del XVI secolo, poterono rivaleggiare con Timbuctu come emporio commerciale carovaniero.
Dialoghi Mediterranei, n. 51, settembre 2021
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Silvana Grippi, di origine siciliana, vive e lavora a Firenze. Laureata in Lettere presso la Facoltà di Lettere a Firenze, indirizzo geografico, con una tesi sul Sahara Occidentale, è responsabile dell’Agenzia di Stampa DEApress e autrice di numerosi libri anche fotografici, ha documentato Paesi dell’Africa e del Medioriente, dal Maghreb al Mashrek, avvicinando popoli e piccole tribù. Scrive recensione di libri su Le Monde diplomatique, organizza convegni e ricerche sulla “Geografia sommersa”. Attualmente sta lavorando per costituire un Archivio Storico delle attività sociali e culturali del centro Studi D.E.A. (Didattica-Espressione-Ambiente).
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