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La poesia cambia e i classici continuano a emozionarci

poesia-da-spiaggiadi Laura D’Alessandro

Forse aleggia un nuovo vento nella percezione di cosa sia la “poesia” e di cosa possa definirsi “poetico”. Un vento che si è insinuato tra le trame della concezione “classica” della poesia (e per qualcuno unica ed intoccabile). Oppure, la Poesia non può essere mai etichettata perché si rinnova continuamente e per questo è sempre attuale. La realtà cambia e cambiano anche le parole. La conseguenza è un mutamento anche della struttura narrativa con poesie fuori dalle canoniche regole metriche.

Poesie accompagnate da declinazioni artistiche quali la musica, la fotografia o l’illustrazione. I sentimenti, le emozioni da raccontare, tuttavia, sono sempre gli stessi. Se si rileggono i classici antichi abbiamo la conferma di ciò. Siamo noi che, accogliendo formule nuove e mostrando una maggiore predisposizione a lasciarci andare a suggestioni e interpretazioni, rendiamo la poesia viva e eterna. Eppure troppo spesso è presentata come difficile e distante, respingente e spaventosa. Se ne parla poco se non a scuola e non sempre nel modo migliore. Lo studio della poesia è spesso finalizzato all’assolvimento della mera prestazione scolastica e al puro esercizio mnemonico. Eppure sappiamo tutti che imparare una poesia a memoria è importante perché diventa parte di noi. Per una vita intera. 

Se nel tempo la poesia, e in generale le forme espressive sono mutate, occorre capire in che modo tale cambiamento ha modificato le strutture comunicative. Gli stessi social hanno spinto molto in questa direzione proponendo continuamente poesie e stralci di poesie, sia classiche che attuali. L’impressione che spesso se ne ricava, come sostiene Antonio Spadaro [1] è «che si sia trattato di un’evoluzione a strati in cui una cultura e una forma espressiva susseguente abbia integrato la precedente in una linea continua: dalla parola pronunciata a tu per tu, alla comunicazione attraverso immagini e suoni trasmessi a distanza». Secondo Walter J. Ong «molti credono che nella sfera della comunicazione un nuovo mezzo “elimini” semplicemente ciò che esisteva prima. Oggi si sente dire che i libri sono finiti, che radio e televisione li hanno rimpiazzati. Ebbene, chiunque pensi ciò è ben lontano dalla realtà. [...] No, il nuovo mezzo di comunicazione rafforza il vecchio, però lo cambia» [2] (Ong, 1993). Dunque, «se abbiamo a che fare con un progresso, dobbiamo precisare che i livelli di comunicazione sono diversi e fanno appello ad abilità differenti, generando tuttavia interazioni inedite» [3]. 

9788866777472_0_536_0_75Interazioni per le quali talvolta accade – ma non è poco – che la passione per i versi e la passione per la musica generino un modo efficace e corretto di comunicare la poesia. E di farla amare raggiungendo un pubblico vasto ed eterogeneo. Perché la poesia non ha un posto specifico ma è dappertutto, come la luce, come l’aria. Perché in fondo le poesie raccontano i sentimenti universali, gli stessi da sempre, ma sempre nuovi. Sarà stata probabilmente questa la formula magica che ha unito insieme il cantautore Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti [4], e il poeta Nicola Crocetti [5] per dare vita ad un’antologia intitolata Poesie da spiaggia [6].

Un titolo che cela la giusta e innovativa freschezza nel proporre dei classici e renderli attuali, accattivanti, vicini alle emozioni e alle suggestioni di tutti. L’opera raccoglie, infatti, un’antologia di bellissime poesie classiche (ben 118) di vari autori di ogni epoca e latitudine. Si inizia con Costantino Kavafis e si chiude con Pablo Neruda. Tra le altre e gli altri, ci sono poesie di Arthur Rimbaud, Mario Luzi, Ezra Pound, Sandro Penna, Eugenio Montale, Marina Cvetaeva, Robert Frost, Rainer Maria Rilke, Antonella Anedda e anche Friedrich Nietzsche. Poesie che ci scaldano il cuore perché legate all’avventura, all’amore, al mare, al viaggio, alla vita. Si tratta, di una raccolta dei massimi componimenti di poeti a noi cari, alcuni noti e altri meno, ma tutti espressione di una poesia con cui siamo cresciuti e con cui continuiamo ad emozionarci. 

È la raccolta perfetta sia per chi vuole scoprire la magia della poesia a piccole dosi, sia per chi cerca una lettura immersiva, sicuri di incrociare le parole di almeno un poeta con cui condividere le proprie emozioni e il proprio stato d’animo. Parole di grandi poeti di tutti i tempi, che chiedono di essere lette, ascoltate, ricordate. 

odisseaSe un editore – nonché anch’egli poeta – come Nicola Crocetti, nato in Grecia, che ha tradotto migliaia di versi e pagine di narrativa dal greco – da ultimo l’Odissea di Nikos Kazantzakis [7] –  , fondatore dell’omonima casa editrice e ideatore della rivista “Poesia”, decida di immergersi in questa avventura, vuol dire che ama la poesia al punto da desiderare che altri la amino. Affidandosi anche a strumenti comunicativi nuovi. Perché è necessario incantare e sorprendere tutti. Nella doppia intervista (a mò di introduzione della raccolta), i due autori si interrogano su cosa sia la Poesia e se sia possibile darne una definizione unica e valida per tutti.

Crocetti non ha dubbi: non esiste una definizione univoca.  Nel corso degli anni: 

«…Della poesia e dei poeti sono state date migliaia di definizioni diverse». E ritiene che «…semplicemente la poesia sia una forma di artigianato che usa come strumento le parole, con le quali gli esseri umani cercano di dar forma ai propri sentimenti per comunicarle e farne dono agli altri. Così come si dedica una canzone alla persona amata o le si regala un libro, un mazzo di fiori o un profumo. Quanto più lucidamente, consapevolmente – e con maggiore abilità – sarà costruito questo “dono”, tanto maggiori saranno le possibilità che risulti e ben accetto a colui è dedicato o a chi lo riceve. E soprattutto sarà più facile che resista al tempo». 

È proprio questa l’operazione che occorre promuovere e sostenere per rendere la poesia sempre viva, attuale e coinvolgente. Per conoscere ed apprezzare la poesia nella sua essenza più autentica. Nella sua vita nel tempo che abbraccia nuove modalità comunicative.

Jovanotti è un cantautore di grande successo e impatto con un travolgente coinvolgimento emotivo attraverso la sua musica, le sue canzoni, le sue parole. Come lui stesso sostiene, «Siamo due tipi da spiaggia a pubblicare un libro di poesie in un tempo come il nostro, siamo come due bagnini per le anime, a nostra volta naufraghi». Così Jovanotti parla a proposito del sodalizio tra lui e il poeta e dell’alchimia speciale che si è creata tra “un maestro e un allievo”. È stata proprio la lettura della traduzione integrale di Crocetti del capolavoro di Nikos Karantzakis, a fargli immaginare che era possibile realizzare il progetto dell’antologia. 

Da qui si intuisce che il cantautore – nonostante si definisca un “illetterato” – il “giardino segreto” della poesia lo conosce bene. E ricorda che intorno ai 14 anni, «,,,il vero incontro folgorante fu con i futuristi” e lo “Zang Tumb Tumb” di Marinetti, le poesie visive di quel momento», le percepì «più forti di un disco, di un concerto, e ci ho costruito una passione, una vocazione per le parole che suonano e battono, prima ancora di quello che significano.. ». 

Poesia da spiaggia è una raccolta di poesie per ogni momento, per ogni occasione e stato d’animo: rappresentano il contatto e il rapporto uomo-natura, la contemporaneità, l’urbanizzazione, ma anche una fuga nei mari, le giornate piovose, l’antica mitologia, la convivenza di culture diverse, di versi antichi, italiani e stranieri [8].

Come sostiene ancora Spadaro,

«…la lingua letteraria (sia in prosa che in versi) pone in secondo piano il fine puramente pratico di comunicazione per rivolgere una speciale attenzione alla scelta dei segni e alle corrispondenze tra significanti e significati. Essa innanzitutto è costituita da immagini, da similitudini, da combinazioni non codificate nella lingua d’uso, che danno vita a una maggiore densità espressiva. La lingua letteraria arricchisce il messaggio di significati supplementari, lo sovraccarica di valori emotivi, sentimentali, ideologici, consentendogli così una grande ricchezza di significato. Alle possibili ambiguità e polivalenza di senso si aggiunge il fatto che un testo, anche quello più formalistico, non può prescindere da tutta un’altra serie di elementi che nel testo si intrecciano continuamente: tradizione letteraria e retorica, riferimenti storico-sociali, ideologici, culturali, ecc. Il paragrafo di un romanzo può “denotare” qualcosa di preciso come una scena familiare o descrivere un paesaggio, ma può essere ricco di tante “connotazioni” di tipo simbolico, affettivo, allegorico, morale, che si intrecciano a tutti i livelli (fonologico, metrico, sintattico, culturale, storico…) che nel testo continuamente interagiscono. Così sempre, in una analisi letteraria, al primo piano di valutazione, chiaramente di tipo denotativo e informativo, deve far seguito l’analisi del piano connotativo. Solo così avremo la visione globale, la sintesi di contenuto e forma operata dallo stile» [9].

E se la comunicazione di un testo scritto non può essere risolta semplicemente in immagini, anche la comunicazione delle immagini in movimento non può risolversi in un resoconto orale. Ci sono alcuni testi e alcune immagini che risultano talmente interconnessi e legati da non riuscire a separarli. È l’effetto che ho ricevuto nel leggere in Poesie da spiaggia, la poesia Itaca di Costantino Kavafis [10], in apertura dell’antologia: 

Se ti metti in viaggio per Itaca
augurati che sia lunga la via,
piena di conoscenze e d’avventure.
Non temere Lestrigoni e Ciclopi
o Posidone incollerito:
nulla di questo troverai per via
se tieni alto il pensiero, se un’emozione
eletta ti tocca l’anima e il corpo.
Non incontrerai Lestrigoni e Ciclopi,
e neppure il feroce Posidone,
se non li porti dentro, in cuore,
se non è il cuore a alzarteli davanti.
Augurati che sia lunga la via.
Che siano molte le mattine estive
in cui felice e con soddisfazione
entri in porti mai visti prima;
fa’ scalo negli empori dei Fenici
e acquista belle mercanzie,
coralli e madreperle, ebani e ambre,
e ogni sorta d’aromi voluttuosi,
quanti più aromi voluttuosi puoi;
e va in molte città d’Egitto,
a imparare, imparare dai sapienti.
Tienila sempre in mente, Itaca.
La tua meta è approdare là.
Ma non far fretta al tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni;
e che ormai vecchio attracchi all’isola,
ricco di ciò che guadagnasti per la via,
senza aspettarti da Itaca ricchezze.
Itaca ti ha donato il bel viaggio.
Non saresti partito senza lei.
Nulla di più ha da darti.
E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso.
Sei diventato così esperto e saggio,
e avrai capito che vuol dire Itaca [11].

Itaca è metafora stessa del viaggio, non è solo il rientro a casa dell’eroe in balìa delle onde – di sé stesso e dei suoi demoni. È il viaggio in sé. Per Kavafis il viaggio intrapreso deve seguire il suo corso e non deve essere affrettato. Occorre rimanere desti davanti agli eventi, saper prendere in considerazione ciò che accade per poi lasciarsi. Di fronte a tale viaggio anche gli dèi dell’Olimpo chinano il capo.

la-dimora-del-ritornoLa Visual Poetry

La poesia cambia e accoglie nuovi e mutati filoni narrativi. Alla ricerca metrico-estetica si sono aggiunti nel tempo l’accostamento di foto e disegni, l’accompagnamento musicale e altre modalità comunicative e inedite forme artistiche. Forme nuove ma che comunque attingono al patrimonio classico della poesia. Si impone dunque una poesia che desidera vivere pienamente ogni potenzialità che la contraddistingue, ogni scintilla creativa, ogni originale epifania.

In questo contesto, e riprendendo le differenti abilità che generano interazioni inedite, si inserisce pienamente la Poesia visiva (Visual Poetry) [12] che ormai delinea un genere ben riconoscibile e con radici lontane. E sulla scia di questo filone, è l’opera di Sofia Demetrula Rosati [13], con particolare vocazione per la poesia filosofica e per la quale la parola e la sua riproduzione grafica svolgono un ruolo centrale nel lavoro artistico. In fondo, come spiega l’autrice stessa, la parola scritta altro non è che

«un simbolo linguistico/culturale e come tale trova un suo modo di essere all’interno dell’universo che ciascuno di noi rappresenta. E quante volte ho sentito ingabbiato il ‘mio desiderio di dire’ in una grafia troppo limitata e noiosamente ripetitiva. Questo senso di ingabbiamento ha sempre riconosciuto l’esistenza di una grafia interna, che non trovava una facile via di espressione. Ci sono voluti anni di scrittura e soprattutto di scrittura poetica. A un tratto i simboli riprodotti 30mila anni fa piuttosto che l’altro ieri sono diventati riconoscibili come un unico codice di senso» [14]. 

Nel suo ultimo lavoro di Poesie, Sofia Demetrula Rosati, come ci suggerisce Giuseppe Martella [15] nella Prefazione, «si fa traduttrice del tempo trasportando figure a ritroso e ad elica da un’epoca all’altra, riconducendole verso l’evanescente “dimora del ritorno”». E Dimora del ritorno. Sull’evanescenza del divino femminile [16] è proprio il titolo di questa raffinata raccolta di poesie. Lentamente venuta a formarsi col tempo, come, appunto, stratificandosi, l’opera si muove lungo direttrici cronotopiche vastissime, grazie alla presenza splendente e decisiva del pensiero meridiano che abbraccia l’area culturale, storica e geografica rappresentata da Creta, dalla Grecia, dalla Palestina e da Salerno, spazio entro il quale le epifanie e le eclissi della Dea Misterica mediterranea incarnano quell’adesione ai cicli naturali, all’essenza del femminile, alla corporeità sia sensibile che uterina di una conoscenza del mondo, tanto generativa quanto distruttiva. Epifanie ed eclissi della Dea Misterica che ispirano le sei Tavole di Visual Poetry intitolate Sguardi minoici che corredano il volume. «…Ciò che in questa silloge si attua è in effetti, in primo luogo, una sorta di archeologia del rito e del mito greci, un depotenziamento della luce olimpica ferma e intensa». E ancora:

«Un risalimento alle madri, figure femminili della fertilità, vertiginoso e spiraliforme, verso l’evanescente dimora del ritorno, l’arcaica rimozione della figura-grembo dei miti ellenici, la Grande Madre delle civiltà mediterranee protostoriche, venerata ancora come Potnia (“signora degli animali”) nel secondo millennio a.C., nella Creta minoica, prima della conquista Micenea. Di lei tutte le dee olimpiche, e massime quelle della vegetazione, Demetra e Persefone, sono figure parziali, emanazioni e sineddochi, diminuzioni. Il dialogo fra Demetra e Persefone costituisce infatti il nucleo denso di questa poesia che, nelle sue quattro parti, nasconde la divisione quintupla della tragedia greca classica (prologo, parodo, episodi, stasimi, esodo), poiché il parodo, l’ingresso del coro a commento del dialogo e dell’azione, vi si trova in effetti diffuso, disseminato nelle sezioni in prosa dell’intero testo»[17].

Particolare fonte di ispirazione per i suoi lavori sono le scritture indecifrabili pre-elleniche (Lineare A, disco di Festo, geroglifici minoici, ecc.) nonché il carattere della scrittura greca (sia antica che moderna). Tutti elementi, questi, che le appartengono non solo in senso culturale date le origini greche, ma che esercitano una forte suggestione archetipica caratterizzante, da sempre, tutto il suo lavoro poetico. Infatti, 

«…dopo anni di studi di tecniche calligrafiche orientali e occidentali, la καλλι-γραφία (con pennello, penna stilografica, grafite ecc) è diventata il principale mezzo di espressione nei miei asemic work. Un esercizio, quello calligrafico, che può richiedere ore prima di raggiungere un solo tratto ‘giusto’ nel senso di rispondente a ciò che vogliamo esprimere – come ci insegnano i maestri calligrafi giapponesi – dove occorre raggiungere uno svuotamento dell’io per lasciar risuonare la nostra essenza. Lo stato meditativo che spesso si raggiunge mi permette di ottenere l’uso di una grafia asemica, nel senso di non codificabile dal punto di vista di un alfabeto riconoscibile, ma al tempo stesso altamente simbolica sul piano archetipico. Una modalità di espressione/comunicazione attivabile da chiunque voglia entrare in relazione con i simboli rappresentati» [18]. 

work-interviewsCiascuno di noi – sostiene l’autrice – è guidato da un linguaggio universale che ha accomunato l’intera umanità e che si è espresso nei millenni attraverso simboli, geometrie, grafie (l’esempio più eclatante è quello delle rappresentazioni rupestri) e che non può non appartenere al nostro patrimonio archetipico. Questo patrimonio è attingibile solo attraverso l’uso di una grafia asemica che risulta al tempo stesso “illeggibile a chi la usa” ma riconoscibile da tutti. Come afferma Michael Jacobson [19], uno dei maggiori esponenti dell’Asemic Writing [20] a livello internazionale: «I feel a great connection with writers of the past, whether it’s cave painted proto-writing, hieroglyphs, illuminated manuscripts […] Maybe we could ever consider asemic writing as a truly universal language» [21] (Sento un grande legame con gli scrittori del passato, che si tratti di protoscritture rupestri, geroglifici, manoscritti miniati […] Forse potremmo considerare la scrittura asemica come un linguaggio veramente universale).

Poter scegliere liberamente il tratto grafico, la direzione e l’organizzazione del testo sulla pagina (cartacea o virtuale), il tutto sulla base della sua particolare esigenza espressiva, ha trovato nell’asemic writing una meravigliosa opportunità di comunicazione artistica. Come afferma l’artista e poeta Renee Gladman [22]:  «It seemed one needed to write in order to see; one had to move out across the page and then through – but maybe not through the page. It would be movement nonetheless and would require the body to transform the physical body becoming astral or like a line itself, moving further in» [23] (Sembrava che fosse necessario scrivere per vedere; bisognava muoversi attraverso la pagina e poi attraverso – ma forse non attraverso la pagina. Sarebbe comunque movimento e richiederebbe al corpo di trasformare il corpo fisico diventando astrale o come una linea stessa, muovendosi più all’interno). Dunque, un’estensione del corpo oltre la pagina, con una grafia che non pone limiti al pensiero e quindi al corpo. 

Nelle scritture asemantiche Sguardi minoici, che come ho scritto in precedenza corredano il volume, l’autrice ha voluto provare a tratteggiare alcuni simboli provenienti dalla cultura minoica e che nell’evoluzione delle sue rappresentazioni grafiche, metaforizzano un linguaggio mitico-religioso in gran parte ancora sconosciuto.

Ciò che più si avvicina al senso di queste che sono delle vere e proprie Visual Poetry, può essere collegato alla prosa poetica posta ad epilogo della prima silloge che compone il volume, ovvero “Aphaia di colei che svanisce”:

Epilogo
il culto della Dea si esprimeva principalmente in forma d’arte. le pareti delle grotte erano le tele
preferite
dalle sacerdotesse e sciamane. poi arrivarono le forgiature di vasellami e del bronzo e dell’oro. ma
la
danza e il canto erano l’atto artistico sacro per eccellenza. i canti davano voce ai simboli che
accomunavano tutti i culti della dea diffusi sul pianeta. i simboli divennero suoni i suoni parole le
parole
versi e i versi alfabeti. dalle varie evoluzioni della scrittura cretese è discesa la lingua greca.
le pietre divennero veggenti [24].

4

La dimora del ritorno ripercorre dunque la plurimillenaria esistenza del femminile illuminando, nel cuore di quella che chiamiamo “modernità”, un percorso lunghissimo e dolorosissimo di presa di coscienza:
mia madre che        ho generato
mi aiuta a        partorire in
questa        lunga giornata estiva
stesa nel        campo d’orzo
sotto un sole di ferro        arrugginito
non vedo        uscire nulla        dal mio utero
solo        liquido amniotico        che lei
asperge sul campo        e una
placenta livida        maleodorante che
dà in pasto agli animali        fermi sul
margine        del bosco di pioppi bianchi
dov’è il mio frutto? il partorito?
nell’utero solo le        mie dita
io sono ancora un        mattino di fine giugno e tu
da me generata        che mi chiami figlia
parli dell’autunno        del ritorno
mi dici che lì        sotto questa terra che
stai fecondando con        il mio ventre
lì sotto       c’è la dimora        la mia dimora
ma il demolito è l’unica dimora del ritorno e io
ho dimenticato i semi di melograna [25] 
Prose Architectures, Renee Gladman

Prose Architectures, Renee Gladman

Per Antonio Devicienti [26], con La dimora del ritorno si attraversa uno splendido libro che «…non è un saggio, ma complessa scrittura in poesia (e quindi anche ritmica, scandita, pausata e, in parte, in versi); (….per Sofia Demetrula Rosati «la dimora del ritorno resta ancora aggrappata ai grafemi, al fare poetico» (è, questa, proprio l’ultima proposizione che, a pagina 62, chiude l’intero libro) – il che significa che proprio nel fare poetico in tutte le sue (molteplici) espressioni la presenza vivificante del femminile riemerge e si conferma necessaria e nutriente, oltremodo vitale)» [27]. 

Dopo aver letto le poesie di La dimora del ritorno si ha la sensazione di essere stati altrove, di aver compiuto un leggero viaggio in spazi infiniti e senza tempo. La sensazione di essere dentro quelle parole. Ma soprattutto di aver compiuto una scoperta: la Poesia.

Dialoghi Mediterranei, n. 56, luglio 2022
Note
[1] A. Spadaro è un gesuita, giornalista, teologo, critico letterario e accademico italiano.
[2] W. J. Ong, Conversazione sul linguaggio, Armando Editore, Roma, 1993. 
[3] A. Spadaro, Letteratura e comunicazione sociale, in Franco Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (16/06/2022). 
[4] Jovanotti, pseudonimo di Lorenzo Cherubini, è un cantautore, rapper e disc joker italiano. 
[5] N. Crocetti è nato in Grecia. È cresciuto e ha studiato a Firenze, negli Stati Uniti e a Parigi, e vive a Milano, dove ha lavorato per 35 anni nell’editoria e come giornalista. Ha fondato la casa editrice Crocetti nel 1981 e la rivista “Poesia” nel 1988. Ha tradotto migliaia di pagine di narrativa dal greco e oltre centomila versi di tutti i maggiori poeti greci contemporanei. Dopo sette anni di lavoro, nel 2020 ha completato la traduzione integrale del capolavoro di Nikos Kazantzakis, Odissea, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio per la traduzione del Ministero della Cultura greco. 
[6] N. Crocetti, Jovanotti, Poesie da spiaggia, Crocetti editore, Milano, 2022. 
[7] N. Kazantzakis, Odissea, traduzione dal greco di Nicola Crocetti, Crocetti editore, Milano, 2020. 
[8]  M. Capuano, Poesie da spiaggia, scelte da Jovanotti e Crocetti, Ansa.itlibri, 16 maggio 2022; C. De Rosa, Poesie da spiaggia, curato da Jovanotti e Nicola Crocetti, Maremosso, 17 gigno 2022
[9] A. Spadaro, Ibidem. 
[10] Konstantinos Petrou Kavafis, (Alessandria d’Egitto, 1863- 1933), noto in Italia anche come Costantino Kavafis, è stato un poeta e giornalista greco. 
[11] Traduzione di Nicola Crocetti. 
[12] La Poesia visiva è una tendenza diretta a rinnovare i tradizionali procedimenti di composizione poetica attraverso le qualità visive del testo e la ricerca di nuovi rapporti tra la parola e l’immagine. 
[13] S. D. Rosati (1964), vive a Roma. Poeta, artista visiva, saggista, traduttrice di testi poetici dal neogreco. 
[14] S. D. Rosati, blog trattiessenziali.com 
[15] G. Martella, critico letterario, suoi articoli sono comparsi su: nazioneindiana.com/ ; carteggiletterari.it/ ; versanteripido.it/ 
[16] S. D. Rosati, La dimora del ritorno. Sull’evanescenza del divino femminile, Anterem Edizioni / Cierre Grafica, Verona 2021. 
[17] Dalla Prefazione di Giuseppe Martella.
[18] S. D. Rosati, blog trattiessenziali.com 
[19] Michael Jacobson è uno scrittore e artista di Minneapolis, Minnesota, USA. Cura una galleria di scrittura asemica denominata The New Post-Literate e fa parte del comitato editoriale di SCRIPTjr.nl. 
[20] Per maggiori informazioni: Asemic Magazine 
[21] M. Jacobson, Works & Interviews, 2019. 
[22] R. Gladman, è un poeta, romanziere, saggista e artista statunitense. 
[23] R. Gladman, Prose Architectures, 2013. 
[24] S. D. Rosati, op. cit: 36. 
[25] idem: 59. 
[26] A. Devicienti di origine salentina, è redattore del blog fondato da Francesco Marotta La dimora del Tempo sospeso e cura lo spazio personale Via Lepsius. 
[27] A. Devicienti, I versi triangolari si dispongono/lungo un asse diagonale/dal quale si snoda un’ellisse – su “La dimora del ritorno” di Sofia Demetrula Rosati, in Via Lepsius. 
Riferimenti bibliografici
M. Capuano,  Poesie da spiaggia, scelte da Jovanotti e Crocetti, Ansa.itlibri, 16 maggio 2022
N. Crocetti, Jovanotti, Poesie da spiaggia, Crocetti editore, Milano, 2022
C. De Gregorio, Vi consiglio di innamorarvi, Invece Concita, Il luogo delle vostre idee, 18 maggio 2022
C. De Rosa, Poesie da spiaggia, curato da Jovanotti e Nicola Crocetti, Maremosso, 17 giugno 2022
N. Kazantzakis, Odissea, Traduzione dal greco di Nicola Crocetti, Crocetti editore, 2020. 
A. Devicienti, La Dimora del Tempo sospeso e Via Lepsius.
A. Devicienti, I versi triangolari si dispongono/lungo un asse diagonale/dal quale si snoda un’ellisse“La dimora del ritorno” di Sofia Demetrula Rosati, in Via Lepsius.
R. Gladma, Prose Architectures, 2013.
M. Jacobson, Works & Interviews, ‎ Post-Asemic Press,2019
W. J. Ong, Conversazione sul linguaggio, Armando Editore, 1993.
S. D. Rosati, La dimora del ritorno, Anterem Edizioni / Cierre Grafica, Verona, 2021
A. Spadaro, Letteratura e comunicazione sociale, in https://www.lacomunicazione.it/voce/letteratura-e-comunicazione-sociale/ Franco LEVER – Pier Cesare Rivoltella – Adriano
Zanacchi (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (16/06/2022).
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Laura D’Alessandro, ricercatrice, dopo la laurea in Sociologia, presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito il Master in Cittadinanza europea e integrazione euromediterranea: i beni e le attività culturali come fattore di coesione e sviluppo presso l’Università Roma Tre (in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali). Ha svolto attività di docenza su tematiche legate all’identità e alla storia del Mediterraneo presso l’Università Roma Tre e su esperienze progettuali finanziate dai fondi europei nel settore dei beni culturali, delle imprese creative e delle politiche sociali presso l’Università di Salerno. Ha pubblicato il saggio Mediterraneo crocevia di storia e culture. Un caleidoscopio di immagini, sui tipi de L’Harmattan, 2011 (ristampa 2016), con il quale ha vinto il Premio Letteratura, Poesia, Narrativa, Saggistica (XXXII edizione – 2016), dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Collabora con riviste e periodici.

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