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La mente tra chimica e simbolo

Salvador Dalì: Enigma senza fine,1938-(Collezione privata)

Salvador Dalì: Enigma senza fine,1938-(Collezione privata)

   di Carlo Porrati *

Pensiero, cervello, mente, coscienza sono parole-concetti da ritenere equivalenti nella semantica del soggettivismo gnoseologico.  Ma che cos’è la mente? È un’entità invisibile, che sta tra il “me” pensante metasensibile e l’ente da cui deriva il sintagma “mente”. È quanto mai appropriato il titolo che lo studioso Piero Di Giorgi ha dato al saggio, l’Enigma mente, pubblicato sul n.115 di “Prometeo”(settembre 2011). Filosofi, scienziati, uomini di fede investigano sulla natura della mente, se è immateriale, se è fisica, ma di una fisicità che è la fisica quantistica. Quantisticamente, gli oggetti fisici sono iperfisici o sovrafisici, sono di una labilità assoluta, tanto che l’epistemologo francese Gaston Bachelard li chiama “noumeni” e la mente rientra come fenomeno in questa noumenicità, per sottrarla a una categoria di oggetti o stati di cose positivistici. La mente è un’entità sovramateriale tanto da sfiorare l’idea inafferrabile delle particelle infinitesimali. C’è un’analogia tra i campi elettromagnetici della natura esterna e gli oggetti invisibili della mente. L’enigma consiste nell’insondabile mistero del passaggio dal vitalismo elettromagnetico al simbolismo dei prodotti della mente, come credenze, umori, stati d’animo, emozioni, affezioni, connotazioni logiche.

La mente non è il “cogito” cartesiano. Si tratta di un errore morfologico ed epistemologico, come fa notare lo studioso Di Giorgi, nel senso che ha escluso dal pensiero emozioni e sentimenti che sono prodotti della mente. La mente si manifesta in “atti cogitativi”, cioè in pensieri intrisi di emozionalità come avviene nell’arte e in pensieri intrisi di razionalità come avviene esemplarmente nella logica, dove il vero e il falso si contendono la non-contraddizione, principio veritativo. Il pensiero è l’epifania della mente e questa è la sorgente non metafisica ma elettronicamente inferita dalla fisica quantistica come sostrato controllabile fenomenicamente.

Piero Di Giorgi fa un’incursione in quel lago della coscienza che complessifica la realtà cognitiva dell’uomo con la trasfigurazione dell’inconscio, che è un pezzo della coscienza che non si conosce e che è costituito dalle pulsioni istintuali e dalla libido. L’analogia tra l’immensamente grande e l’infinitamente piccolo è lo schema ricorrente nella ricerca del saggista, assumendo un principio euristico di unificazione del cosmologico e dell’antropologico. L’ontologia indeterministica è il modello dell’universo e della mente umana che ne riflette l’andamento nella microfisica del cervello.

La gnoseologia della mente è in linea col restringimento della conoscenza del finito nella coscienza e nei fenomeni. Certo, questa spontaneità antimetafisica non risolve il problema del passaggio dalla realtà quantistica della mente alla realtà simbolica della mente, come può essere la matematica o una sintassi di una lingua. Tuttavia, la “materia pensante” si può raffigurare nelle sue attività interne con gli strumenti osservativi della microfisica, che lasciano tracce sui monitor dei ricercatori, dimostrando che la materia della mente non è inerte ma ondulatoria.

Nel saggio di Piero Di Giorgi è ricorrente il termine “olismo”, che è un potente strumento euristico ma anche limitato dal fatto che non è falsificabile ma soltanto postulato in via di ipotesi interpretativa, per cui i rapporti tra mente e cervello risultano avvolti da una complessità rischiarabile in una oggettività sperimentale da tutti osservabile come esige la scienza della natura. L’enigma della mente sta nel fatto inesplicabile che deve nascere dal materiale quantistico il simbolico che psichicamente viene chiamato conscio oppure coscienza. Possiamo affermare che la mente è la sua materia, tuttavia le neuroscienze non hanno risolto il problema di tutte le zone che compongono la mente in senso percettivo, mnestico e logico-intuitivo. Rimane oscura la derivazione della “res cogitans” dalla “res extensa”. Così l’enigma della mente sembra sciogliersi in un modello di convergenze di intenzionalità reciproche: l’autocoscienza è un salto qualitativo del sostrato neurologico e l’uomo, in un certo senso, si spinge, col suo sapere, a guardare il mondo e logicizzarlo, perché lògos, da lèghein, significa originariamente “stendere” e collegare le parti di una totalità in un cosmo e questa funzione connettivistica del lògos verso il mondo risiede nel cervello umano.

D’altronde anche “simbolo”, che deriva dal greco “sun” e “bàllein” significa unire, per cui il simbolo è un congegno di collegamento tra le parti di un contesto per trasformarlo in una trama simbolica. Questa trama di simboli, che cambia la faccia del mondo, un qualche radicamento nella mente, nel cervello e nel pensiero devono pur averlo, altrimenti saremmo costretti ad ammettere un’origine teologica del simbolico. Quel che possiamo dire è che manca un tragitto epistemologico e analitico che dalla mente col suo enigma passa al simbolico manifesto. L’ontogenesi dei simboli è nel perimetro dell’esistenza storica dei singoli uomini, per cui la simbologia è antropologia, escludendo una teologia dei simboli che presupporrebbe la certezza dell’esistenza di Dio, che vacilla sotto il peso delle antinomie, principalmente quella tra finito e infinito.

pensiero_energia_materiaCerto è prodigioso vedere come dalla materia neuronica, fatta di atomi ed elettroni, venga fuori l’attività cerebrale del pensiero conoscente. Bisogna depurare la ragione dalle influenze metafisiche e questa operazione di revisione epistemologica persiste nel contemporaneo e, a tal proposito, basta ricordare lo psicoanalista Jacques Lacan, quando affermò, intorno agli anni sessanta del Novecento, che «l’inconscio è un linguaggio». La psicoanalisi di Sigmund Freud non ha referenti ontologici ma simbolici, tranne forse la libido, attraverso la quale si ha un lontano sostrato biologico fatto di molecole e di neuroni, ma il fenomeno libidico restringe il campo della psicologia umana perché viene tematizzato dagli psicologi freudiani in senso deterministico, mentre il cervello consiste nella capacità di aprire a ventaglio le facoltà legate alla materia cerebrale e da qui percepire la libertà, che è un fenomeno che spesso viene chiuso nelle maglie strette della neurologia. Forse la libertà ha la sua giurisdizione nella metafisica e invano cercheremo nella biologia della mente e nel cervello un radicamento fondativo per potere congiungere la libertà con la materia vivente e pensante della mente umana. La libertà è metafenomenica e forse una labile contiguità con la materia cerebrale si ha nella fisica quantistica dove è insita l’idea epistemologica del “principio d’indeterminazione” di Heisenberg.

Oggi l’evoluzione sembra essersi arrestata su base materiale e, assumendo l’uomo come paradigma, si può dire che non c’è un’evoluzione biologica e che oggi l’uomo si evolve culturalmente. Possiamo affermare che l’evoluzione dell’uomo, nel nostro tempo, è di tipo antropologico-culturale, l’evoluzione chimico-biologica ha dato quasi tutto. Dobbiamo accettare che come esseri umani siamo fatti di cellule nervose che costituiscono la trama cognitiva della mente e del cervello, che si apre al pensiero. In sede psichiatrica si usa parlare di “disturbi della mente”, deviazioni di un’ortodossia funzionale della mente, che lo psichiatra cura farmacologicamente a dimostrazione del fatto che i neuroni sono ricettori di rimedi farmacologici. I sani di mente hanno inventato gli ospedali psichiatrici, luoghi di emarginazione e di reclusione, che non hanno avuto effetti terapeutici, tant’è che lo psichiatra d’avanguardia Franco Basaglia ha lottato fino a fare abolire i manicomi, con la convinzione che la malattia mentale si cura meglio nei flussi sociali in cui il malato di mente deve vivere. Splendida idea quella di Basaglia per i risultati che ha avuto in questi decenni. Se ricostruiamo la storia sociale, ci accorgiamo spesso che la follia è più diffusa tra le persone apparentemente “normali” che sono spesso violente. Una buona terapia della mente dell’ammalato è la serenità, l’amore caritatevole e la non violenza. Faremmo un errore immenso di omissione se non parlassimo della follia storica, del nazismo, falsamente ritenuto fenomeno politico, mentre fu una psicopatologia che va dal capo al popolo tedesco. Questa follia storica è l’enigma di tutti gli enigmi della mente umana.

La totalità-organon senziente e pensante ha un suo centro direzionale, che è il sistema nervoso centrale. Qualsiasi lesione in questo mondo neurocellulare dimostra che la coscienza e la ragione hanno un radicamento nella materia biologica del cervello; l’incoscienza o la ragione naufragata in una malattia ci fanno perdere il valore della consapevolezza del proprio Io, dell’Essere e del Divenire come Storia.

La mente, coi suoi neuroni e con le sue sinapsi, si autocrea generando poesia, cioè forma, filosofia, ordine. Sembra un paradosso ma l’esistenza storica della bioantropologia dimostra che l’uomo è questo spirito che si autocrea e, autocreandosi, crea, se si vuole, anche Dio. Così diciamo che Dio è una funzione dell’uomo nel senso matematico e possiamo umanizzare Dio per sottrarlo alla teologia negativa e alla teologia positivo-razionale della Scolastica.

La mente è materia intelligente e ha nei suoi presupposti la chimica organica. L’evoluzione casuale della materia, con le sue molecole, ascende lentamente all’uomo, non bello e compiuto ma perfettibile nella sua ruvida esistenza in luoghi inospitali. La mente è una donazione offerta all’uomo da Dio o dalla natura evoluzionistica, che, con la sua raffinatezza, rende l’uomo potente e fragile. La mente umana è un’entità fragile nel recepire la storia e impotente nel confutarla quando gli orrori devastano la geoantropia. Il ritrovarsi della mente può avvenire con l’educazione e l’apprendimento del relativismo storico delle civiltà umane, come pensava Protagora, il cui relativismo, che può sembrare scetticismo, può diventare, per scelta dell’uomo, principio che riconosce coesistenza a tutti gli uomini di culture, di fedi e etnie diverse. Forse non basta l’elettromagnetismo della fisica quantistica per comprendere che cos’è l’uomo, ma diciamo che «la religio medicina mentis est». Stiamo parlando di Religio Erasmiana.

Dialoghi Mediterranei, n.6, marzo 2014
*   L’autore è improvvisamente scomparso il 30 gennaio scorso all’età di 60 anni. La pubblicazione di questo scritto postumo ne vuole ricordare la figura di studioso impegnato in una solitaria ricerca filosofica.
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