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La canicola, ovvero della seduzione

Macrobio, Interpretatio somnium, Venezia 1521

Macrobio, In somnium Sciopinis Venezia 1513

di Luigi Lombardo 

Le ultime e devastanti ondate di calore che hanno colpito l’Italia del Nord, toccando perfino le terre del freddo Nord Europa, hanno rimesso in campo la diatriba sul riscaldamento climatico, sul pericolo sempre più forte di una desertificazione progressiva di ampie aree temperate dell’Europa. Noi Siciliani guardiamo e ricordiamo, certo non compiaciuti, ma quantomeno nascondendo un certo risentimento, quando ci si accusava di incapacità nella gestione delle acque, «spesso in mano a bande mafiose»[1], di insufficienza del sistema di raccolta e distribuzione, di sprechi dovuti a impianti colabrodo, e, in fondo, di una congenita incapacità o deficienza tecnologica.

Dinnanzi alle secche del Po, o all’avanzare del mare nelle valli di Comacchio, i media hanno concluso che la fine in fondo era vicina, che l’abbassamento delle falde avrebbe portato il deserto nelle fertili valli della Padania. Poi, a ben guardare, abbiamo notato l’uso sconsiderato delle acque, anzi l’abuso fattone per irrigare pomodori nelle pianure padane, colpiti dal sole e ingialliti: tutta colpa del sole cocente. Magari in Sicilia e nell’Italia meridionale si sarebbe detto che l’ingiallimento del pomodoro non era tanto frutto del sole (che nel meridione certo batte impietoso) ma del cosiddetto “allunamento”, cioè non tanto dei colpi di sole quanto dei colpi di luna nelle notti di plenilunio (si tratta di antiche credenze legate all’infausto influsso della luna piena sugli esseri viventi, e la natura più in particolare). Nel frattempo, trovato il recondito mitico male, si sarebbe provveduto a ricoprire il pomodoro di paglia o lo si sarebbe alzato dal terreno, in estrema ratio si sarebbe aspettato pazientemente che la luna declinasse, e il sole scemasse un po’.

Se la cosa fosse stata ristretta alle sole aree meridionali, come di solito è successo e succede, è sicuro che si sarebbe parlato di “mali storici”, “endemici”, che affliggono il meridione, di cultura arretrata che, a causa di certo storico ritardo culturale, ha fatto ricorso fino a non molto tempo fa ad una agricoltura di stampo tradizionale, fatta di tecnologia arretrata e di un rapporto coi fenomeni naturali di stampo arcaico, di una strutturazione ergologica fondata sull’osservazione del cielo, sulle superstiziose ed errate letture delle stelle, degli equinozi o dei solstizi, insomma sulle tanto vituperate “fole degli antichi”.

Macrobio, In somnium Sciopinis, Venezia, 1513

Macrobio, In somnium Sciopinis, Venezia, 1513

Da saggio agricoltore il siciliano ci avrebbe avvertiti che in fondo quella ondata, se fosse avvenuta in Sicilia, altro non era se non il frutto di un ciclo naturale, di un tempo de l’eternel retour, che cadeva proprio nel clou dell’estate siciliana, coincidente con il solleone, la canicola, quando lo stiddazzu (sole) si combina in cielo con certe costellazioni apportatrici di grande calura.

Una cultura che ricorreva ancora all’uso degli almanacchi o dei calendari astrologici, tutti basati su alcuni testi chiave come Il calendario (o almanacco) perpetuo di Rutilio Benincasa, di Cosenza (1555-1656), alla base del popolare Barbanera: testi conosciutissimi e usatissimi anche nelle classi alte della società agricola preindustriale [2]. Al tempo unico e irripetibile delle letture meteorologiche moderne, si contrappone ancora oggi, un tempo ciclico che si aspetta in una certa data il ritorno assolutamente non rinviabile do suliliuni, con le sue feste calendariali, le sue credenze, le sue “assurdità”, che però ci dicono che veramente è l’uomo la “misura del tempo”.

Cadendo proprio nel pieno della cosiddetta canicola, l’ondata anomala sarebbe stata inquadrata in un sistema di credenze e pratiche comportamentali collaudate e quasi istintivamente ripetute. Certo sorride se non sghignazza il moderno Bernacca davanti ai consigli che il Benincasa elargisce al “signore in villa” come al semplice agricoltore, per combattere la canicola di luglio: 

Lascia stare le donne, perché affanno
grande ti potria dar, né medicina
prendi, e cavar sangue fa gran danno;
usa la salvia, e Ruta la mattina
con pane, e acqua, che allegrezza danno
ne le vivande l’aggresta avvicina,
di mangiar pochi frutti ti è concesso
ma usa le latuche fresche al spesso [3]. 

Il brano riportato riprende un famosissimo passo delle Opere e Giorni di Esiodo: 

Quando il cardo fiorisce e la cicala canora,
posata su un albero, diffonde il suo acuto frinire,
da sotto le ali, ecco l’estate che spossa gli animi,
le capre sono più grasse e il vino migliore,
le donne sono più vogliose e gli uomini più fiacchi,
perché Sirio brucia la testa e le ginocchia,
e la pelle è secca per via della vampa, ma allora
è bello avere un antro ombroso, del vino di Byblos […[4]. 
Rutilio Benincasa, Lunario perpetuo,

Rutilio Benincasa, Lunario perpetuo, 1593

In entrambi i testi (quello greco e quello popolare moderno) il primo consiglio dunque somministrato è quello di allontanare le donne! Si tratta di un antichissimo pregiudizio, giunto a noi dalla cultura popolare greco-romana, che si riassume in una sola parola: fiacchezza maschile, lubricità femminile.

L’ultima settimana di luglio è il periodo notoriamente conosciuto col nome di canicola: il caldo in questo periodo si fa insopportabile e mette a dura prova le resistenze di ognuno. Questo caldo è negli Iblei chiamato comunemente u cauru i santa Vènnira in quanto coincide con la settimana dei festeggiamenti in onore di santa Venera patrona di Avola (SR). Viene anche denominato u suliliuni (solleone), in quanto in questo lasso di tempo il sole entra nel segno del Leone. Ricordo che da bambini ci si chiudeva in casa, cosa difficile nel resto dell’anno, per paura del sole Leone e di particolari spiriti che, sotto forma di calabroni (carabùbuli), andavano in giro alla ricerca di fanciulli da rapire e portare via, se per caso si trovassero in giro.

La canicola era ben conosciuta dai contadini, che ne temevano gli effetti soprattutto nel corso della trebbiatura o della raccolta delle mandorle nelle zone della “marina” siracusana (Avola, Noto, Cassibile). Frequenti erano in questo periodo i colpi di sole, e l’operazione magica di togliere il mal di testa, che ne conseguiva, si diceva livari (o cogghiri) u suli: il guaritore fa sedere il “paziente” su una bassa seggiola e fa con la mano destra il segno di croce sopra un fazzoletto bianco steso sul capo; mentre fa questo recita un’Ave e un Paternoster cui segue questo scongiuro mormorato a bassissima voce:

Ha-bbinutu stu santu suli
ha-bbinutu ppi-ssiriri
tantu am’a-ppriari
finu ca si n’a-gghiri: n-cannisciu ri fiuri
n-cannisciu ri rrosi
  veni Gesù Cristu e si li cosi.
[è venuto questo santo sole, è venuto per restare, tanto dobbiamo pregare, che se ne deve andare: un canestro di fiori, un canestro di rose, viene Gesù Cristo e li raccolse]. 

Ma il più efficace era il seguente: 

Nesci suli ri la testa
vattinni nna furesta
San Giuvanni Apostulu ranni
cu ssa curuna ca tieni n-testa
lievici lu suli ri la testa
ritiriti suli miettiti nta n-agnuni
comu s’arritirau nostru signuri
 
[Esci sole dalla testa, vattene alla foresta. San Giovanni Apostolo grande, con quella corona che tieni in testa, levaci il sole dalla testa: ritirati o sole mettiti in un angolo, come si ritirò nostro Signore]. 

il-tempo-dominato-santa-barbara-protettrice-contro-incendi-tuoni-e-fulmini-sec-xixQuasi sempre la cosa, chissà perché, funzionava. Il termine canicola deriva dalla costellazione del Cane Maggiore, la cui stella, Sirio, la più splendente tra le stelle del firmamento, ha la sua levata eliaca proprio nei giorni fra il 26 e il 27 luglio. Sirio è, infatti, ben nove volte più luminosa delle stelle di prima magnitudine, e dunque la sua levata si legava a fatti decisivi per le civiltà che dal cielo traevano auspici per la loro vita. Solo gli Egiziani la legavano a eventi assolutamente positivi, come l’inizio delle esondazioni del Nilo che rinnovava il processo di fecondazione e produttività naturale. La contemporanea levata di Sirio indusse ad associare Sirio a Iside, dea della fecondità, responsabile del ciclo di vita e di morte.

Per i Greci, invece, Sirio per essere un secondo sole, in estate, associandosi al già elevato calore eliaco, ne moltiplicava la forza negativa sull’uomo e la natura, colpita da aridità, secchezza e sterilità. A questa costellazione, e alla stella Sirio in particolare, i Greci attribuivano poteri malefici sull’uomo in quanto astri pyrphòroi, portatori di fuoco, che, come affermava Plinio: «Fa avvampare i raggi del sole e al loro sorgere i mari si sollevano, nelle cantine il vino ribolle, gli stagni si agitano».

Anche Aristotele faceva notare la straordinarietà dell’evento legato all’arrivo del “Cane” nel cielo: «Il mare è violentemente agitato, ma si fanno pesche straordinarie e i pesci e il fango risalgono in superficie». Sirio in questo periodo si presenta come un sole che inaridisce (seirian): le bestie muoiono di sete, i vigneti sono colpiti dalla “carbonizzazione”, gli uomini oppressi dalle febbri. I cani diventano rabbiosi e mordono senza motivo. La stessa costellazione è vista come un cane rabbioso che balza in avanti con la lingua di fuori, gli occhi sporgenti e la testa circondata dai raggi di sole.

Più curiosi sono gli effetti che, a detta dei Greci, la costellazione del Cane e la canicola hanno sulla sessualità maschile. La credenza di effetti malefici sull’uomo risale addirittura ad Esiodo che ne Le Opere e i giorni avverte l’onesto agricoltore dei pericoli della canicola. Sotto l’ardore dell’astro del caldo tutto è assetato: bisogna allora mettersi all’ombra di una roccia, con una focaccia ben cotta e la carne saporita di una vitella che ha pascolato nei boschi, e bere del vino “Biblo” (mescolando tre parti di acqua e una di vino). In questo tempo di ardori canicolari, «le donne sono allora molto lascive (makhlotatai) e gli uomini fiacchi, perché Sirio brucia la testa e piega le ginocchia, e la calura dissecca la pelle».  Sirio dunque accentua nella donna il desiderio sessuale, nella misura in cui lo rallenta fino ad annullarlo nell’uomo. Le mogli sono piene di “perversità”, quando i loro mariti sono leptoi, cioè fiacchi.

Ma quale filosofia, ideologia sta sotto questa strana teoria dei Greci? Perché secondo loro le donne sono prese da frenesia erotica e gli uomini invece battono la fiacca? É il problema che seriosamente si pone Aristotele, dando la seguente risposta: dato che l’uomo è per natura secco e caldo, in estate la sovrabbondanza di calore lo indebolisce in modo eccessivo, mentre viene a equilibrare la natura umida e fredda delle donne, per cui nel momento in cui la potenza virile langue la forza della donna è nel pieno della fioritura. Naturalmente in Esiodo il tutto si accompagna con un giudizio poco confortante sulla donna, con la misoginia esiodea, che tuttavia va rivista alla luce di quanto detto, cioè della teoria della combinazione dei principi vitali Fuoco, Acqua, Aria, Terra, che si restringono ai due del caldo secco contrapposto al freddo umido, combinazioni che per i Greci condizionavano ogni fenomeno naturale.

Lekythos tozzo a figura rossa ateniese (ca. 390 a.C., altezza 14 cm) raffigurante Eros che porge una pianta in vaso ad Afrodite, che è su una scala. Questa scena allude probabilmente alla collocazione di piante in vaso su un tetto in associazione con il culto di Adone. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum, inv. no. B39 (per gentile concessione del Badisches Landesmuseum).

Lekythos tozzo a figura rossa ateniese (ca. 390 a.C., altezza 14 cm) raffigurante Eros che porge una pianta in vaso ad Afrodite, che è su una scala. Questa scena allude probabilmente alla collocazione di piante in vaso su un tetto in associazione con il culto di Adone (Karlsruhe, Badisches Landesmuseum, inv. no. B39, per gentile concessione)

Questo periodo dell’estate è il trionfo delle donne che si danno alle più frenetiche trasgressioni nel corso delle particolari feste del calendario greco, cioè le Adonie, riti in onore di Adone-Tammuz e Afrodite-Isthar, in cui le donne salivano sui tetti raccogliendo gli aromi, mirra e incenso, che il sole e la calura hanno cotto, abbandonandosi a orge, che i poveri uomini potevano solo immaginare, e, data la loro fiacchezza, aborrire. Licenza e dissolutezza erano al centro delle Adonie. Era il trionfo degli innamorati e le donne si comportavano da amanti esigenti; era l’apoteosi della seduzione e della femminilità, contrapposta ad un’assoluta inabilità maschile, ove si escludono solo i giovinetti effeminati sacri ad Adone (androgini, omosessuali ecc.).

Un paese siciliano ha conservato fino ad oggi nel suo patrimonio folklorico tracce delle Adonie: è Alcara Li Fusi dove le donne al principio dell’estate allestiscono gli altari su cui troneggia la brocca spezzata, tutta addobbata di gioielli e fiori, u muzzuni, la cui forma rinvia chiaramente al fallo. Vicino agli altari le donne conducono le danze e i canti per la maggior parte erotici.  Per la festa si preparano i Giardini di Adone, di cui – come è noto – Frazer ci ha consegnato una rappresentazione simbolica del ciclo naturale di vita e morte. Detienne, nel suo celeberrimo I giardini di Adone, ribalta l’interpretazione dello studioso francese [5]. I giardini, veri orticelli in miniatura, dalla fioritura veloce quanto l’appassimento, sarebbero metafora figurata della caducità di ogni maturazione e di ogni accelerazione condotta contro natura, così come di ogni sessualità spinta agli estremi della lascivia, in cui il seme umano, specie quello immaturo dei giovani, è sparso senza fini riproduttivi: cade in «giardini di pietra, nei giardini di Adone», scrive Platone ne Le Leggi. Così più che la rappresentazione della vita agricola, un augurio di rigenerazione naturale, i Giardini sarebbero una sorta di anti-agricoltura, in cui i semi presto fioriscono e quasi subito appassiscono, come il seme di Adone che è akarpios, aòros, atelès.

detienneSi guardi bene, allora, l’uomo dal condurre specie in estate una vita dissoluta: la sua natura secca e calda lo può portare sotto l’influsso canicolare dalla lussuria al rapido deperimento. Adone è proprio la rappresentazione della superpotenza sessuale, il contrario del morigerato agricoltore che ingravida la moglie come fa con i campi: al tempo giusto e per fini produttivi, e soprattutto all’interno di un regolare matrimonio sotto la garanzia di Demetra. Certo, è vero che il greco se da una parte ammoniva contro la dissolutezza, dall’altro guardava e praticava la trasgressione, l’estasi dionisiaca, la tryphè che porta a perdizione. Adone è il giovanetto superpotente, l’adolescente precoce: la sua potenza sessuale non avendo radici e fondamenta solide, è destinata alla rovina. I medici galenici lo raccomandavano: «Coloro che fanno un uso continuo del coito raccolgono una semente cruda e verde»[6].

Il sorgere eliaco di Sirio non minaccia di un colpo di calore soltanto le specie coltivate: anche la specie umana è esposta allo stesso pericolo. Sotto l’ardore di Sirio tutto è assetato: è il momento di mettersi all’ombra di una roccia, con una focaccia ben cotta e la carne saporita di una giovenca che ha pascolato nei boschi, e di stendersi al fresco per bere il nero vino di Biblo. Ma il vero pericolo della Canicola non è l’ubriachezza. Il pericolo in queste giornate opprimenti d’estate, è che l’ardore di Sirio possa produrre uno squilibrio all’interno della coppia, tra l’uomo e la donna. Sirio non si accontenta di ravvivare l’ardore delle donne, le spinge alla ricerca eccessiva del piacere sensuale. Per effetto della Canicola le mogli si dimostrano piene di perversità (miaròtatai), proprio quando i loro mariti, con la testa e le ginocchia che bruciano, sono senza forza, “fiacchi” (leptoì), come dice Alceo [7]. E allora la superpotenza di Adone proprio d’estate? «Adone – scrive ancora Detienne – non è un marito e neppure un uomo: è solo un amante e un effeminato. Egli è il simbolo di tutto ciò che non è virile e i suoi seguaci sono solo donne e androgini». 

L’estate contemporanea, per la verità, se ci riflettiamo, è stata da sempre (almeno nell’immaginario collettivo) la stagione della seduzione e del trionfo dei sensi, dello sguardo che scruta, il tempo in cui la seduzione femminile ha la sua acme: in spiaggia, in discoteca, la donna è padrona e protagonista. Un consiglio al “povero” maschio disseccato ed esangue: bere molti liquidi, come suggeriscono i dottori, non solo per evitare la disidratazione, ma per evitare che la canicola lo “fiacchi”, come temeva il buon Esiodo, rendendolo impotente agli assalti della compagna (aspettando naturalmente che il fresco giunga presto).

Santa Croce Camerina, Altare di san Giuseppe con i lauri (ph. Vincenzo Giompaolo)

Santa Croce Camerina, Altare di san Giuseppe con i lauri (ph. Vincenzo Giompaolo)

E il riscaldamento globale al tempo dei Greci ? Si stempera nei meandri di una mitologia che riduce i contrasti, scinde la realtà, mettendo in campo l’ideologia del dualismo matrimonio vs mercimonio, ponendo così le basi della nascita della polis greca, retta dal “sacro” vincolo del matrimonio contro la dissolutezza giovanile, che, se opportunamente non controllata, porta all’isterilimento umano, al surriscaldamento giovanile, alla fine della civiltà. La civiltà greca era fondata sull’equilibrio delle forze in campo, in cui umano e naturale si combinano per trovare una sintesi compatibile: né l’uno prevale, né l’altro soverchia, e quando ciò accade si attuano cerimonie espiative, tra cui rientrano le sacre rappresentazioni tragiche, le grandi Theoriai.

É in grado di “espiare” l’uomo moderno e cosa può espiare? È in grado di uscire dal “bla, bla” con una risposta non solo tecnologica, ma soprattutto culturale davanti a una minaccia, che sembra inarrestabile. Crollata la civiltà contadina, anche col suo portato (salutare) di scienza empirica e popolare, restano i campi arsi dal “solleone”, dove non si coglie più il respiro potente del Dio (la natura). Restano le previsioni del tempo con ampie pretese oracolari (sempre smentite), lanciate più per fare spettacolo che per informare.

Così la forza autodistruggitrice di Adone prende sempre più il sopravvento sulla sana morale e su un rapporto con la natura guidato dalle eterne leggi della antica (arcaica) dea del grano e della coltivazione: la madre degli dèi, Demetra, la Natura stessa.

Nessuno avverte più la canicola o guarda in cielo il “sole” Sirio, e lo stiddazzu. Il tempo non ha i suoi cicli che lo strutturino, lo orientino, lo governino. Esso appare un inesorabile continuum guidato dalla rabbia divoratrice del Drago. 

Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre 2022 
Note
[1] Che poi in grande misura era la verità.
[2] Sugli almanacchi popolari cfr. L. Lombardo, La misura del tempo. Almanacchi, lunari, calendari e oroscopi nella cultura del popolo, in «Dialoghi Mediterranei», n. 31, maggio 2018.
[3] L’Almanacco Perpetuo, scritto nel 1587, fu stampato per la prima volta a Napoli nel 1593 presso Giovanni Iacopo Carlino e Paci. Il successo dell’Almanacco è dimostrato dalle moltissime edizioni che furono ristampate nel corso dei secoli e dall’essere assurto a modello per altri almanacchi successivi. L’edizione da me consultata ed in mio possesso è mutila delle prime pagine e comprende Il lunario perpetuo, accomodato a questi nostri tempi dal Beltramo. Il titolo esatto è: Almanacco perpetuo di Rutilio Benincasa cosentino, illustrato, e diviso in cinque parti, da Ottauio Beltrano di Terranova di Calabria Citra, ecc. con due copiosissime tavole di tutto quello che si contiene nel presente Almanacco, Venetia, appresso Nicolo Pezzana, 1665.
[4] Opera fin troppo nota.
[5] M. Detienne, I Giardini di Adone, introduzione di J. P. Vernant, Torino, Einaudi, 1975.
[6] Ibidem: 152. Detienne cita un passo del retore Oribasio, III: 165.
[7] Ivi: 153. 

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Luigi Lombardo, già direttore della Biblioteca comunale di Buccheri (SR), ha insegnato nella Facoltà di Scienze della Formazione presso l’Università di Catania. Nel 1971 ha collaborato alla nascita della Casa Museo, dove, dopo la morte di A. Uccello, ha organizzato diverse mostre etnografiche. Alterna la ricerca storico-archivistica a quella etno-antropologica con particolare riferimento alle tradizioni popolari dell’area iblea. È autore di diverse pubblicazioni. Le sue ultime ricerche sono orientate verso lo studio delle culture alimentari mediterranee. Per i tipi Le Fate di recente ha pubblicato L’impresa della neve in Sicilia. Tra lusso e consumo di massa (2019); Taula Matri. La cucina nelle terre di Verga (2020); Processo a Cassandra (2021).

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