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Islam ed evoluzione: implicazioni scientifiche, epistemologiche e teologiche

 

Grande Catena dell'Essere (da Diego Valades, Rhetorica Christiana, 1579)

Grande Catena dell’Essere (da Diego Valades, Rhetorica Christiana, 1579)

di Giovanni Altadonna 

Introduzione 

Nell’ambito di ricerche interdisciplinari dedicate al controverso rapporto fra teoria dell’evoluzione e religioni monoteistiche, sono stati raccolti dati sulla percezione del darwinismo da parte del mondo islamico. Scopo di questo articolo è quello di evidenziare le complesse implicazioni scientifiche, epistemologiche e teologiche che accompagnano i vari, e diversi, interventi circa questo delicato e dibattuto argomento; nonché di sottolineare la non uniformità del giudizio degli intellettuali e dell’opinione pubblica musulmana di fronte all’evoluzionismo darwiniano. 

Fondamentalismi acritici, errori epistemologici e scientifici 

Una prospettiva fondamentalista avversa all’evoluzionismo darwiniano emerge dagli interventi pubblicati nella sezione “Allah o Darwin?” del sito web di propaganda religiosa www.civiltaislamica.it. Essa include vari articoli, oltre che alcuni link a video di pubblicità anti-evoluzionista. In questa sede verranno presi in esame due articoli, contenenti comuni e reiterati errori della retorica anti-darwiniana, al fine da un lato di rintracciare il carattere fondamentalista di tale contestazione, dall’altro di evidenziarne l’inconsistenza epistemologica e scientifica.

Per quanto concerne il primo aspetto, la pagina di presentazione della sezione, ovvero il primo degli articoli considerati 1, si apre con delle citazioni coraniche, dichiarando la superiorità incontestabile del testo sacro come unica fonte di verità (anche scientifica). L’interpretazione letterale del Corano ha come conseguenza il rifiuto di qualsiasi teoria o condotta non rispondente ai dettami del Testo sacro: «Dedicando a questa problematica un’intera sezione, Civiltà Islamica intende contribuire alla battaglia culturale per la Verità Scientifica, che, quando è veramente tale, non può mai essere in contrasto con la Parola d’Iddio» (ibidem). Da questi elementi è possibile definire tale posizione come fondamentalista, se con tale termine si intende la difesa a oltranza di un passato dottrinale, reale o mitico, sotto la protezione di Dio, contro tutto ciò che è percepito come minaccia a tale ritorno alle origini. In tale contesto il fondamentalismo (il quale, va ricordato, in senso stretto ha origine negli anni ’70 del XIX secolo negli Stati Uniti quale movimento di gruppi protestanti critici nei confronti di valori e tendenze della modernità, fra cui lo stesso evoluzionismo) si intreccia con i principi di inerranza e astoricità del Testo sacro e, paradossalmente, si avvale dei mezzi tecnologici più moderni (quali il web, per l’appunto) al fine di contrastare le idee della modernità percepite come socialmente pericolose e dottrinalmente false. Al contempo esso si distingue dall’integralismo (nella misura in cui quest’ultimo comporta una difesa della tradizione sulla base dell’autorità del magistero, piuttosto che in riferimento al Testo sacro) e dal radicalismo (il quale rintraccia nel tempo un fattore di compimento e realizzazione, invece che un processo potenzialmente erosivo delle verità fondamentali) (cfr. Filoramo, 2004).

614eybq4xlA ciò va aggiunto che i testi in oggetto contengono delle imprecisioni di carattere sia scientifico che epistemologico, ossia legate a una comprensione distorta della teoria dell’evoluzione darwiniana (errore scientifico) o del pensiero scientifico in quanto tale (errore epistemologico): questo è il secondo aspetto che ci accingiamo a esaminare.

In primo luogo, ancora nella sopra menzionata pagina web, è scritto che la selezione naturale «avverrebbe per mezzo di caso e necessità». Si tratta di un’affermazione che va precisata: il meccanismo della selezione naturale è “casuale” nel senso di “non direzionato”, né da una tendenza innata negli individui né da un Progettista Intelligente; la selezione non è un principio deterministico, ma ciò non significa che proceda senza una connessione causale: è, anzi, «un incontro contingente fra due catene causali, quella interna delle variazioni individuali non direzionate e quella delle condizioni di esistenza esterne, anch’esse mutevoli» (Pievani, 2012: 78). Richard Dawkins ha usato, nell’Orologiaio cieco, un’efficace metafora per spiegare tale punto: la selezione naturale è come un “vaglio” che setaccia, in modo inconsapevole ma anche non casuale, le variazioni di volta in volta favorevoli alla sopravvivenza, conservando quelle utili qui ed ora, per quanto piccole, ed eliminando quelle non adatte all’ambiente. La selezione naturale è un processo non casuale in quanto è una selezione cumulativa (Dawkins, 1986; tr. it. 2003: 71-80). Ancora nell’Orologiaio cieco si legge un passaggio significativo per comprendere il ruolo e il significato della “casualità” nel processo evolutivo: «L’evoluzione è un prodotto congiunto della variazione e della selezione. Il darwiniano dice che la variazione è casuale nel senso che non è orientata verso il miglioramento, e che la tendenza verso il miglioramento che si osserva nell’evoluzione è fornita dalla selezione naturale» (ivi: 410-411).

815sia9aal-_ac_ul600_sr600600_Dawkins annota che le mutazioni non sono casuali in quanto: (1) esse sono causate da eventi fisici di vario genere; (2) sono influenzate da tassi di variazione diversi a seconda dei geni coinvolti (tasso di mutazione caratteristico); (3) una mutazione in una certa direzione può essere più probabile di un’altra in direzione inversa (pressione di mutazione); (4) le mutazioni sono legate ai vincoli ontogenetici (ovvero di sviluppo dell’individuo), filetici e strutturali dell’organismo (ivi: 408-416). Le mutazioni sono invece casuali se con ciò si intende un processo non preordinato nella direzione del miglioramento (ortogenesi): «La mutazione è casuale in relazione al vantaggio adattivo, anche se non è casuale sotto tutti gli altri aspetti. È la selezione, e solo la selezione, a dirigere l’evoluzione in direzioni che sono non casuali in relazione al vantaggio» (ivi: 417). Detto in altre parole: «La spiegazione darwiniana, ovviamente, implica anche il caso, nella forma di mutazioni. Ma il caso viene filtrato cumulativamente dalla selezione, passo dopo passo, per molte generazioni» (ivi: 385).

Il secondo articolo 2, intitolato “Il darwinismo e la pistola inesistente. La prova decisiva della teoria evoluzionista non c’è mai stata”, contesta la teoria di Darwin a partire dalla presunta inesistenza di prove empiriche dimostrative della sua validità. Dopo aver definito la selezione naturale «a tutt’oggi misteriosa» e aver ripetuto la manfrina dei «cambiamenti che avvengono per caso e per necessità», l’autore (Abu Ismail Morselli) fa uso strumentale di citazioni bibliografiche, di cui solo una esplicitamente antidarwiniana. L’elemento giudicato decisivo per garantire la validità della teoria (la cosiddetta “pistola fumante”, donde il titolo dello scritto) è individuato nella osservazione diretta di un evento di speciazione: non essendo mai stata osservata, per così dire “in presa diretta”, la nascita di una nuova specie, la teoria risulterebbe non confermata. Senonché un evento di speciazione, per poter essere empiricamente osservabile in tempi umani, dovrebbe avvenire nell’arco di una sola generazione: ciò è quanto prevede la teoria del macromutazionismo (o saltazionismo), che con l’evoluzione darwiniana non ha nulla a che vedere (Dawkins, 1986; tr. it. 2003: 313-320). In definitiva, qualora ci si trovasse innanzi a un processo di speciazione “in un colpo solo”, questo non costituirebbe una prova, ma al contrario una smentita della teoria darwiniana dell’evoluzione, che procede per piccoli passi, gradualmente, con l’accumulazione di piccoli mutamenti di volta in volta vantaggiosi – anche se non a ritmo omogeneo e costante (e questa è la grande eredità della teoria degli equilibri punteggiati di Niles Eldredge e Stephen Jay Gould).

Più in generale, dal punto di vista epistemologico è possibile osservare che il considerare un “fatto scientifico” qualcosa “che possiamo osservare” appare una riproposizione ingenua della tesi dell’anti-realismo scientifico, secondo cui sono suscettibili di indagine scientifica solo le entità e i processi “osservabili” (contro il realismo, che sostiene la possibilità di conoscenza scientifica di enti e dinamiche non direttamente percepibili) (cfr. Okasha, 2002; tr. it. 2006: 60-78). Soprattutto, l’argomento della “pistola inesistente” (la prova che “dimostrerebbe” l’evoluzione) non è epistemologicamente valido, dal momento che il ragionamento scientifico si basa sul procedimento induttivo, per il quale lo stesso uso del termine “dimostrazione” (pertinente alla logica e quindi al procedimento deduttivo) è improprio. I “fatti” non potrebbero mai in linea di principio “dimostrare” la validità di una teoria scientifica qualsiasi (ivi: 132) 3.

41qvrhdywulMerita, infine, di essere commentata un’altra imprecisione dell’articolo, costituita non da una proposizione, ma da un’immagine, recante la didascalia: «Il disegnino che illustra la sequenza evolutiva secondo cui l’uomo deriverebbe dalla scimmia». Lo stereotipo dell’evoluzione, e in particolare dell’evoluzione umana, come dinamica teleologicamente orientata a un perfezionamento costante, lineare e senza accidenti, costituisce uno dei più gravi fraintendimenti della teoria dell’evoluzione di Darwin. Una tale immagine, che implica un progresso lineare, graduale e necessario verso forme sempre migliori equivale, piuttosto, a una “temporalizzazione” della nozione pre-darwiniana di “Grande Catena dell’Essere”.

La Grande Catena dell’Essere, o scala naturae, è una nozione filosofica e scientifica, risalente a Platone e Aristotele, secondo cui tutti i viventi sono ordinati gerarchicamente secondo un grado ideale di perfezione (che culmina nell’uomo) (Lovejoy, 1936; tr. it. 1966). Nelle parole di Dawkins: 

«Il mito che tutti i mammiferi, per esempio, formino una “scala”, e che i mammiferi “inferiori” siano più vicini ai pesci di quelli “superiori”, è una forma di snobismo che non deve nulla all’evoluzione. È un’antica nozione pre-evoluzionistica, chiamata talvolta la “grande catena dell’essere”, che avrebbe dovuto essere distrutta dall’evoluzione ma che, misteriosamente, è entrata a far parte del modo in cui molte persone pensano sull’evoluzione» (Dawkins, 1986; tr. it. 2003: 351). 

Purtuttavia, una particolare declinazione della dottrina della scala naturae, che rintraccia nell’ordine dei viventi non una gerarchia immutabile e già compiuta all’atto della Creazione, bensì una sequenza di forme la cui comparsa si sussegue nel tempo (idea della “temporalizzazione” della scala naturae), fungerà da apripista teorico per le teorie evoluzionistiche successive (cfr. Mondella, 1975: 220). A tal proposito, Ehsan Masood, Senior Editor di Nature, ha segnalato che anche alcuni filosofi della natura musulmani del Medioevo, fra cui Muhammad al-Nakhshabi e Al-Jahiz, condividessero il concetto di una scala naturae dilazionata nel tempo; il secondo inoltre si avvalse di nozioni, più tardi darwiniane, quali la lotta per l’esistenza e la riproduzione differenziale 4. Ciononostante, va sottolineato che la scala naturae “temporalizzata” e la teoria evoluzionistica darwiniana si fondano su premesse ontologiche, epistemologiche e scientifiche molto diverse. Se la dottrina della scala naturae si basa sull’assunto di una catena ontologica senza interruzioni, di un plenum perfetto, in cui il tempo rappresenta, al limite, uno strumento per lo sviluppo (evolutione, appunto) di tale unità gerarchica concepita ab origine da un Essere Supremo, la teoria darwiniana, piuttosto, vede nel tempo una delle “cause motrici” (per usare il lessico scientifico aristotelico) della formazione di una biodiversità in cui non è possibile rintracciare gerarchie di sorta (cfr. Foucault, 1966; tr. it. 2016: 168-175): un essere umano non è “più evoluto” di un bonobo di quanto una coccinella non lo sia di una trota.

71d9zcf2tnlL’evoluzione biologica spiegata dalla teoria darwiniana è una dinamica complessa, in cui all’adattamento diretto (ad-aptation) si affianca il riuso di organi sviluppatisi per un altro scopo o presenti solo per motivi strutturali (ex-aptation); è un percorso intricato che abbonda di “vicoli ciechi”, per cui la nascita di nuove specie (speciazione) è accompagnata dalla scomparsa di molte altre (estinzione); è una storia in cui le imperfezioni, paradossalmente, sono più indicative delle presunte “forme perfette” per scoprire il “work in progress” della natura. L’evoluzione per selezione naturale è più adeguatamente illustrata da un cespuglio, da un corallo (immagine usata dallo stesso Darwin) piuttosto che da una progressione lineare su un’unica fila. Il paleontologo americano Stephen Jay Gould si è espresso con la massima chiarezza su questo punto nel suo saggio La vita meravigliosa: «La marcia del progresso è la rappresentazione canonica dell’evoluzione: l’unica immagine che venga afferrata immediatamente e compresa visceralmente da tutti» (Gould, 1989; tr. it. 1990: 25). Tuttavia si tratta di un’immagine errata, dal momento che: «La vita è un cespuglio che si ramifica copiosamente, continuamente sfrondato dalla sinistra mietitrice dell’estinzione, non una scala di progresso precedibile» (ivi: 30). Gould ha rintracciato, nella stessa tradizione evoluzionistica, un esempio della pervasività del pregiudizio dell’evoluzione come progresso nell’interpretazione tradizionale della filogenesi degli equidi: la sequenza evolutiva che condusse, nell’arco di milioni di anni, al cavallo moderno appare lineare e tendenzialmente ortogenetica solo perché il gruppo, nel suo complesso, non ha avuto molto successo e molte forme alternative; molti “rami del cespuglio” si sono estinti, per così dire, “lungo la strada”. Il paleontologo statunitense osserva sagacemente: «È il caso che io ricordi che almeno un’altra linea genealogica di mammiferi, particolarmente cara al nostro cuore per ragioni campanilistiche, condivide con i cavalli sia la topologia di un cespuglio con un solo ramoscello sopravvissuto, sia la falsa iconografia di una marcia verso il progresso?» (ivi: 31). 

Evoluzione e fede nel mondo islamico 

La questione sul rapporto fra Islam e teoria dell’evoluzione è uno dei principali temi di ricerca di Salman Hameed, Assistant Professor of Integrated Science & Humanities negli Stati Uniti. Da un suo articolo, pubblicato sulla prestigiosa rivista Science e intitolato Science and Religion. Bracing for Islamic Creationism (Hameed, 2009), emergono alcuni punti fondamentali 5: 

I. Il carattere multiforme delle varie tradizioni interne all’Islam, insieme alla percezione relativamente recente del tema evoluzionistico, fanno sì che non vi sia una posizione ufficiale condivisa a proposito della teoria di Darwin.

II. Dalle indagini sociologiche condotte in 34 Paesi musulmani di tutto il mondo, emergono differenze rilevanti nella percentuale di popolazione che ritiene valida la teoria dell’evoluzione: si passa dall’8% dell’Egitto al 40% del Kazakistan, ex repubblica sovietica. In Turchia il tasso di intervistati che considera l’origine dell’uomo come risultato di un processo evolutivo è inferiore che negli Stati Uniti.

III. Le posizioni degli intellettuali musulmani rispecchiano la varietà di orientamento a livello popolare: se Maurice Bucaille ammette l’evoluzione dei viventi (ma un’origine indipendente della linea filogenetica dell’uomo), Seyyed Hossein Nasr considera la teoria dell’evoluzione un’espressione scientifica del modernismo imperante in Occidente (cfr. infra).

  IV.  Uno dei principali limiti alla divulgazione della teoria di Darwin nei Paesi musulmani resta il sistema scolastico fortemente condizionato dalla sfera religiosa. Egli riporta l’esempio del Pakistan (repubblica islamica, fondata sulla Sharia), in cui lo studio della biologia è considerato mezzo per comprendere che Allah è il creatore dell’universo (una sorta di teologia naturale “a mezzaluna”). 

islamevolving_coverQuest’ultimo punto appare decisamente confermato dai diversi esperimenti di programmazione didattica della Tunisia 6 e della Turchia 7. Nel primo caso, sono stati avviati in via sperimentale corsi di approfondimento sulle tematiche di creazione ed evoluzione, al fine di far acquisire agli studenti le linee principali del dibattito e integrare il sostrato culturale strettamente religioso. La Turchia invece, pur essendo formalmente un Paese islamico secolarizzato, negli ultimi tre decenni ha promosso a livello istituzionale iniziative sempre più restrittive circa la divulgazione della teoria di Darwin, fino ad arrivare, nel giugno 2017, a proporne la cancellazione dai programmi delle scuole superiori (sebbene non manchino, anche in Turchia, iniziative contrarie alla linea ufficiale volte a favorire la divulgazione della teoria dell’evoluzione e l’abolizione dell’insegnamento del “creazionismo scientifico” nelle scuole: cfr. Somel et al., 2007).

Più in generale, e schematizzando molto, nell’ambito della complessa storia del rapporto fra Islam e darwinismo in Turchia è possibile individuare una fase di tendenziale apertura che va dal periodo dei Tanzimat dell’Impero Ottomano fino alle riforme di Mustafa Kemal Atatürk (il quale manifestava personale interesse verso la teoria dell’evoluzione durante gli anni di studio all’accademia militare) negli anni Venti del Novecento, e successivamente una fase di progressivo rigetto, a livello istituzionale e didattico, impostasi a partire dalla metà degli anni Ottanta e tuttora in corso (Edis, 2008). In particolare, è interessante osservare come la base di tale pianificazione didattica anti-darwiniana sia stata l’adozione, quali libri di testo nelle scuole, di saggi di “creazionisti scientifici” americani tradotti dall’inglese in turco (Somel et al., 2007; Edis, 2008).

Se per Hameed la cultura musulmana non solo può, ma deve ammettere la teoria di Darwin per servirsi delle sue implicazioni tecnico-scientifiche, senza che ciò si tramuti necessariamente in un “terremoto metafisico” nei confronti della teologia islamica, di diverso avviso è il filosofo iraniano Sayyed Hossein Nasr. Questi, nella sua critica al darwinismo, parte da un corretto assunto epistemologico: le scienze della natura «non possono sfuggire alla necessità di avere una visione del mondo, o una visione generale del cosmo, derivata da fonti diverse dalle scienze naturali stesse» (Nasr, 1968; tr. it. 1977: 79). Nel caso della teoria dell’evoluzione darwiniana, tale Weltanschauung consiste nel rifiuto della dimensione trascendente e piuttosto nell’adesione a un materialismo metafisico in virtù del quale la nozione di gradualità “spaziale” e “verticale”, statica e orientata alla trascendenza, propria dei filosofi musulmani medievali che condividevano la dottrina della Grande Catena dell’Essere, sarebbe stata sostituita da una evoluzione “temporale” e “orizzontale”, dinamica e progressiva, diffusasi in Occidente in età moderna, che della teoria classica della scala naturae sarebbe una “parodia”. Alla critica di Nasr non sfugge lo stesso Teilhard de Chardin, il quale «si sforza addirittura di fare degli stati superiori dell’essere una sorta di sublimazione dell’ambito fisico conseguente al processo stesso di evoluzione orizzontale» (ibidem). Continua l’autore: 

«L’idea di evoluzione, qual è interpretata di solito, è però metafisicamente e teologicamente inaccettabile e Teilhard de Chardin non fece altro che cercare di realizzare l’impossibile, ossia di stabilire una correlazione fra gli insegnamenti teologici della Chiesa e il concetto di evoluzione inteso nel suo senso puramente “orizzontale”» (ibidem). 

Questi esempi mostrano come, a fronte di una certa varietà di giudizi interna allo stesso mondo musulmano, complessivamente le relazioni fra la scienza moderna (e nella fattispecie l’evoluzionismo darwiniano) e l’Islam più conservatore siano, ancora, non prive di attriti (Edis, 2008). 

81kbx8rrdglUn dialogo possibile? 

Il vero nucleo dell’opposizione al darwinismo (da parte della religione islamica ma non solo), come testimoniato dalla contestazione di Nasr, è proprio il carattere contingente del processo evolutivo e, in ultima analisi, della stessa comparsa sulla Terra della specie umana (cfr. Edis, 2008): ciò implica l’assenza di qualsiasi piano teleologicamente orientato e provvidenzialmente determinato tale da garantire che ciò che è non sarebbe potuto essere altrimenti (laddove Nasr, al pari di altri intellettuali musulmani, sostiene piuttosto la dottrina dell’Intelligent Design). Come afferma Gould, 

«Noi non possiamo sopportare l’implicazione centrale di questo brave new world. Se l’umanità è sorta solo ieri su un ramoscello secondario di un albero rigoglioso, la vita non può, in alcun senso genuino, esistere per noi o a causa nostra. Forse noi siamo solo un ripensamento, una sorta di accidente cosmico, una decorazione appesa all’albero di Natale dell’evoluzione» (Gould, 1989; tr. it. 1990: 40). 

L’esperimento mentale della “ripetizione del film della vita”, proposto da Gould per spiegare il carattere contingente del processo evolutivo, conduce ad una conclusione sconcertante: se immaginiamo la storia della vita come una pellicola, riavvolgendo il nastro e girando nuovamente il film lo spettacolo che otterremo non sarà mai lo stesso: «ogni ripetizione del film condurrebbe l’evoluzione su una via radicalmente diversa da quella intrapresa in realtà» (ivi: 47). In tal senso, è corretto affermare che la teoria dell’evoluzione è costitutivamente anti-antropocentrica e anti-teleologica; e pertanto incompatibile con due degli assunti fondamentali delle tre grandi religioni monoteistiche. 

Il rapporto fra la teoria darwiniana dell’evoluzione e le religioni in cui la nozione di provvidenza occupa un posto fondamentale –  ed è, appunto, il caso dei monoteismi abramitici  –  non sembra destinato a trovare una soluzione che sia diversa da una rielaborazione della teoria evoluzionistica in chiave teologica (il cui tentativo più significativo – con buona pace di Nasr – è l’evoluzionismo teista di Pierre Teilhard de Chardin) volta ad appianare e ridimensionare le implicazioni darwiniane incompatibili con l’antropocentrismo e il provvidenzialismo, quali la contingenza storica e la casualità delle mutazioni genetiche. Questo perché, una volta ammessa la possibilità di un’ermeneutica allegorica del testo sacro, la disputa fra creazionisti ed evoluzionisti, nelle religioni del libro, non riguarda tanto le nozioni di “creazione” ed “evoluzione” (basti ricordare la “temporalizzazione” della catena dell’Essere, accettata anche dai filosofi naturali musulmani del Medioevo; cfr. supra), quanto quelle di “provvidenza” e “contingenza” (cfr. anche Edis, 2008).

71mlnurdjalUna possibilità di autentica complementarietà fra fede ed evoluzionismo (che mantenga da un lato il sostrato filosofico, naturalistico e materialistico, della teoria darwiniana e, dall’altro, il valore spirituale della religione) è altresì possibile, nella misura in cui le religioni monoteiste valorizzino il loro prezioso portato etico più della dottrina: è ciò che ha cercato di fare Gould (forzando forse un po’ la mano) nella sua disputa con Dawkins sul rapporto fra religione e darwinismo (Sterelny, 2001; tr. it. 2004: 105-107). Intendere la religione unicamente come fonte di insegnamento morale e crescita spirituale consente la complementarietà con una scienza che non può e non deve dare consolazioni di tipo esistenziale: tale è il principio dei Magisteri non Sovrapposti o “Nonoverlapping Magisteria” descritto da Gould: 

«L’assenza di conflitto fra scienza e religione deriva dalla mancanza di sovrapposizione fra i loro rispettivi domini di competenze professionali – la scienza nella costituzione empirica dell’universo, e la religione nella ricerca di propri valori etici e il significato spirituale delle nostre vite. Il conseguimento della saggezza in una vita completa esige una grande attenzione a entrambi i domini – per cui un grande libro ci dice che la verità può renderci liberi e che vivremo in ottima armonia con i nostri compagni quando impareremo a fare giustizia, ad amare la clemenza, a camminare con umiltà. […] Nessun conflitto di questo genere dovrebbe esistere perché ogni soggetto ha un magistero legittimo, o dominio dell’autorità didattica – e questi magisteri non si sovrappongono (il principio che vorrei designare come NOMA, o “NonOverlapping MAgisteria”). La rete della scienza copre l’universo empirico: di che cosa è fatto (dato) e perché funziona in questo modo (teoria). La rete della religione si estende su questioni di significato morale e di valore» (Gould, 1997; tr. dell’autore). 

La debolezza del principio teorizzato da Gould consiste nel fatto che la religione in quanto tale non è, necessariamente, riducibile a un insieme di valori etici (Dawkins, 1998); bensì consiste in un paradigma ben più complesso in cui anche le tradizioni identitarie e dottrinali hanno il loro peso, spesso non negoziabile (e il caso dell’Islam è paradigmatico in tal senso). Nondimeno, è innegabile che l’adesione (certo non priva di compromessi) al principio dei Nonoverlapping Magisteria non solo consentirebbe la compatibilità fra la libertà del pensiero scientifico e una fede rinnovata nel suo afflato etico, ma favorirebbe altresì il dialogo ecumenico fra le stesse religioni monoteistiche; la cui necessità appare, oggi più di ieri, di drammatica urgenza.

Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2022 
Note 
1 Cfr. Allah o Darwin? su http://www.civiltaislamica.it/allah-o-darwin/ (ultimo accesso 3.XI.2022).
2 Cfr. Abu Ismail Morselli, Il darwinismo e la pistola inesistente. La prova decisiva della teoria evoluzionista non c’è mai stata, su http://www.civiltaislamica.it/creazione/il-darwinismo-elapistolainesistente/ (ultimo accesso 3.XI.2022).
3 Per una visione generale e sintetica della disputa creazionismo/evoluzionismo, con particolare riferimento agli USA, cfr. Okasha, 2002; tr. it. 2006: 130-134.
4 Cfr. G. Tarditi Spagnoli (2009), Il compleanno di Darwin in Medio Oriente, su http://pikaia.eu/il-compleanno-di-darwin-in-medio-oriente-2/ (ultimo accesso 08.XI.2022).
5 Cfr. Idem (2008), L’evoluzione tra musulmani, su http://pikaia.eu/levoluzione-tra-musulmani/ (ultimo accesso 8.XI.2022).
6 Cfr. Idem (2009), Insegnare evoluzione in Tunisia, su http://pikaia.eu/insegnare-evoluzione-in-tunisia/ (ultimo accesso 8.XI.2022).
7 Cfr. A. Romano (2017), La Turchia dice addio a Darwin, su http://pikaia.eu/la-turchia-dice-addio-a-darwin/ (ultimo accesso 8.XI.2022). 
Riferimenti bibliografici 
Dawkins R. [1986], L’orologiaio cieco. Creazione o evoluzione? tr. it. di L. Sosio, Mondadori, Milano 2003.
Dawkins R., 1998, When Religion Steps on Science’s Turf: The Alleged Separation Between the Two Is Not So Tidy, Free Inquiry 18 (2).
Edis T., 2008, Modern Science and Conservative Islam: An Uneasy Relationship. Science & Education 18 (6): 885-903. DOI: 10.1007/s11191-008-9165-3
Filoramo G., 2004, Che cos’è la religione. Temi metodi problemi, Einaudi, Torino.
Foucault M. [1966], Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, tr. it. di E. Panaitescu, Rizzoli, Milano 2016.
Gould S.J. [1989], La vita meravigliosa. I fossili di Burgess e la natura della storia, tr. it. di L. Sosio, Feltrinelli, Milano 1990.
Gould S.J., 1997, Nonoverlapping Magisteria, Natural History 106: 16-22.
Hameed S., 2009, Bracing for Islamic Creationism. Science 322 (5908): 1637-8. DOI: 10.1126/science.1163672
Lovejoy A.O. [1936], La Grande Catena dell’Essere, tr. it. di L. Formigari, Feltrinelli, Milano 1966.
Mondella F., 1975, Biologia e filosofia, in L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. III, Il Settecento, Garzanti, Milano: 216-238.
Nasr S.H. [1968], Scienza e civiltà nell’Islam, prefazione di G. de Santillana, tr. it. di Libero Sosio, Feltrinelli, Milano 1977.
Okasha S. [2002], Il primo libro di filosofia della scienza, Einaudi, Torino 2006.
Pievani T., 2012, Introduzione a Darwin, Laterza, Roma/Bari.
Somel M., Somel R.N.O., Kence A., 2007, Turks fighting back against anti-evolution forces. Nature 445 (7124): 147. DOI: 10.1038/445147c
Sterelny K. [2001], La sopravvivenza del più adatto. Dawkins contro Gould, a cura di T. Pievani, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004.

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Giovanni Altadonna ha conseguito la Laurea magistrale in Scienze filosofiche presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi in Epistemologia avente per oggetto L’erronea misurazione dell’uomo. La critica all’antropologia razziale in Stephen Jay Gould. I suoi interessi di ricerca riguardano la filosofia della scienza e la storia della biologia, con particolare attenzione al neodarwinismo e alla storia della teoria dell’evoluzione. Coltiva per diletto lo studio delle scienze naturali, con particolare riferimento all’entomologia e alla fauna siciliana. Ha al suo attivo una ventina di pubblicazioni nell’ambito delle scienze umanistiche e delle scienze naturali.

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