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Inseguendo Gabo a Macondo

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Nel Museo romantico di Barranquilla la macchina da scrivere prestata a Gabo dall’amico critico e giornalista Alfonso Fuenmayor del Gruppo di Barranquilla di cui Gabo faceva parte insieme ad altri scrittori e artisti. Con questa macchina Gabo scrisse il racconto breve La tercera resignación, nel 1947 (ph. Fausto Giaccone)

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di Fausto Giaccone

La cultura spagnola di cui la Colombia, come la Sicilia, sono intrise, mi ha sempre fatto sentire perfettamente a mio agio pur in terre così apparentemente lontane. Nel 2006, durante uno di questi soggiorni di lavoro, ho intuito improvvisamente che era ormai inevitabile che il mio sguardo su questo Paese uscisse dagli schemi preordinati del servizio fotografico su commissione e seguisse un proprio percorso addentrandosi nel mondo del grande scrittore, nei luoghi della sua vita e in quelli dei suoi romanzi; luoghi che, a mio avviso, si specchiano gli uni negli altri.

Era arrivato il momento di raccontare per immagini il mio Caribe colombiano, di elaborare tutti gli appunti, gli stimoli, le riflessioni che la lettura dell’opera di García Márquez aveva suscitato e fonderli con quelli registrati nei tanti viaggi precedenti in Colombia.

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Sucre, dipartimento di Sucre. Piazza della cittadina dove la famiglia García Márquez ha vissuto tra gli anni Trenta e Quaranta. Nella fotografia si vedono tre edifici: in quello di destra è stato ambientato uno dei racconti de I funerali della Mamá Grande; nell’ultimo, a sinistra, ha vissuto la famiglia García Márquez (ph. Fausto Giaccone)

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Santa Cruz de Mompós, dipartimento di Bolívar. Stanza della casa più antica della cittadina coloniale sulle rive del Rio Magdalena (ph. Fausto Giaccone)

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Aracataca, la Macondo di Cento anni di solitudine. Una stanza della casa dei nonni dove Gabriel ha vissuto sino agli otto anni. La fotografia è del 2006, prima che, nel 2010, venisse definitivamente ricostruita come casa-museo. I ritratti alle pareti sono della mamma Luisa Santiaga, da giovane e da anziana (ph. Fausto Giaccone)

Sapevo bene ciò che volevo tentare: ritrarre quel microcosmo umile e minuto che mi circondava e nel quale tuttavia riconoscevo senza ombra di dubbio la grandiosa allegoria della storia universale che tanto mi aveva affascinato in Cent’anni di solitudine.

Non ho mai parlato con Gabo, come il geniale scrittore è familiarmente chiamato nel suo Paese, non ho mai insistito per incontrarlo personalmente. Nell’atto di mettermi a narrare il suo mondo, ho preferito impregnarmi delle sue storie, leggere e rileggere le sue opere nell’originale spagnolo, e lasciare che la musicalità del linguaggio guidasse i miei passi sulla scia delle fantasie e delle nostalgie evocate dai suoi racconti.

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Ciénaga, dipartimento del Magdalena. Monumento al machetero (il raccoglitore di banane) davanti all’ex stazione ferroviaria del paesino vicino a Santa Marta. Il monumento ricorda la strage dei lavoratori in sciopero avvenuta nel dicembre del 1928 ad opera dell’esercito colombiano su ordine della compagnia nordamericana United Fruit (ph. Fausto Giaccone)

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Santa Cruz de Mompós. Voliera nel patio della “Casa della cultura”, la più antica della bellissima cittadina coloniale, sulle rive del Rio Magdalena, dove Francesco Rosi girò nel 1987 alcune scene di Cronaca di una morte annunciata (ph. Fausto Giaccone)

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La Paz, dipartimento del Cesar. Juan Carlos Olivella Araúco e la moglie posano accanto alla teca con il ritratto della famiglia. Negli anni Cinquanta il padre di Juan Carlos aveva acquistato da Gabo un’enciclopedia: all’epoca, il futuro Nobel della letteratura per guadagnarsi da vivere percorreva la provincia vendendo l’enciclopedia nordamericana Jackson (ph. Fausto Giaccone)

Il mio contatto più diretto con lui è stato Jaime García Márquez, il fratello numero otto, come lui stesso si autodefinisce, uno dei dirigenti della Fundación Nuevo Periodismo Iberoamericano di Cartagena de Indias, fondata da Gabo. Da Jaime sono venuto a conoscenza di diversi episodi di vita familiare, da lui sono andato e tornato diverse volte, tra una spedizione e l’altra, per verificare particolari, confrontare ipotesi, sempre curioso com’ero di mettere a fuoco quei piccoli dettagli che potessero essere fonte d’ispirazione per il mio lavoro. Mi ha sempre accolto con il sorriso prima di lanciarsi in generose affabulazioni.

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Santa Cruz de Mompós. Patio della Casa del Te Deum, oggi Hostal Doña Manuela, un bellissimo hotel, nella Calle Real del medio, la via principale della cittadina coloniale (ph. Fausto Giaccone)

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Santa Cruz de Mompós. Scialuppa che fa da traghetto tra una riva e l’altra del rio Magdalena. Il fiume è spesso presente sia nelle opere, come Il generale nel suo labirinto o L’amore al tempo del colera, ma anche nella vita di Gabo, che, quando studiava a Bogotà, risaliva in battello a vapore il rio Magdalena dalla Costa ai piedi della cordigliera, per poi proseguire in treno il viaggio per la capitale (ph. Fausto Giaccone)

Dal 2006 ho compiuto tre viaggi in Colombia seguendo questo progetto, sempre col bagaglio ridotto al minimo, usando i mezzi di locomozione locali – autobus, lance a motore, moto-taxi – e dormendo in locande economiche. Anche per l’attrezzatura fotografica ho scelto di lavorare con un equipaggiamento essenziale, quasi sempre una macchina con ottica normale, rinunciando volutamente alla spettacolarizzazione tipica dell’estetica del fotogiornalismo.

Nel 2010, durante l’ultimo di questi viaggi, ho ripreso in mano Cent’anni di solitudine. È difficile descrivere le sensazioni provate rileggendolo dopo quarant’anni, trovandomi negli scenari stessi in cui il romanzo si dipana. Forse perché ormai conoscevo bene il Paese e la sua gente (o forse perché avevo quaranta anni di più…), l’effetto di sorpresa e di mistero della prima volta non si è ripetuto; eppure, forse proprio per gli stessi motivi, molto più di allora mi ha colpito il linguaggio.

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Aracataca. La “Casa del telégrafista” è un piccolo museo nel villaggio nativo di Gabo che raccoglie una calcolatrice usata negli uffici della compagnia bananiera nordamericana United Fruit e altri oggetti provenienti dall’ufficio del telegrafo dove lavorò il papà di Gabriel, Gabriel Eligio García (ph. Fausto Giaccone)

Il mondo di Gabriel Garcia Marquez

Aracataca. Una domenica pomeriggio nel patio di un’umile abitazione del villaggio. Una donna taglia i capelli al marito che tiene la figlia sulle ginocchia. «L’unico angolo di serenità fu creato dai pacifici negri delle Antille che costruirono una strada marginale, con case di legno su palafitte, e verso sera si sedevano sulla veranda a cantare inni malinconici nel loro farraginoso farfuglio».
 da Cent’ anni di solitudine (ph. Fausto Giaccone)

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Santa Cruz de Mompós. La biblioteca comunale situata nella “Casa della cultura”, la più antica della bellissima cittadina coloniale, sulle rive del Rio Magdalena, dove Francesco Rosi girò nel 1987 alcune scene di Cronaca di una morte annunciata (ph. Fausto Giaccone)

García Márquez – nato in un villaggio polveroso di poche anime vicino alla costa caraibica, con alle spalle nient’altro che la tradizione orale del matriarcato degli indios Wayúu della Guajira, trasmessagli dalla nonna materna Tranquilina Iguarán – compie il prodigio di elaborare una lingua universale che trascende la realtà e nel contempo vi rimane assolutamente fedele.

Per García Márquez la morte è sempre al centro della sua concezione tragica del mondo. E questo fa sì che non ci sia nessuno come lui che sappia descrivere le passioni e la morte come nostalgia della vita, come nel finale del Generale nel suo labirinto quando racconta il momento in cui Simón Bolívar si rende improvvisamente conto che non vedrà il nuovo giorno che sta per sorgere. Per questo, uno dei personaggi di una novella, a chi gli chiede se abbia paura della morte, risponde: “Paura no! Mi fa rabbia!”

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Aracataca. Un ragazzo approfitta di una pioggia tropicale per fare una doccia sotto una grondaia (ph. Fausto Giaccone)

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Aracataca. Una famiglia all’interno di una delle abitazioni più antiche (ph. Fausto Giaccone)

Più volte, seduto a leggere al caffè o al ristorante, sono scoppiato a ridere per delle frasi imprevedibili e folgoranti o mi sono ritrovato con le lacrime agli occhi. Mi sono chiesto spesso dove fossero i limiti tra realtà e finzione letteraria, ma lo stesso Gabo, del resto, ha ripetutamente dichiarato che alcuni dei particolari più fantasiosi dei suoi racconti siano nati da elementi reali.

Il mondo di Gabriel Garcia Marquez

Aracataca, zona bananiera. Un cagnolino scheletrico in una piantagione di banane vicino Aracataca, la Macondo di Cento anni di Solitudine (ph. Fausto Giaccone)

Durante una riunione familiare a Cartagena, Jaime García Márquez mi ha presentato una delle sorelle, Margot, raccontando che da bambina mangiava la terra e la calce grattata dalle pareti, proprio come la Rebeca di Cent’anni di solitudine.

Sono stato più volte ad Aracataca, il villaggio natale dello scrittore, la mitica “Macondo” della famiglia Buendía, trascorrendovi l’ultima volta ben dieci giorni accompagnato da Rafael Darío Jimenez, memoria storica della regione. Con lui ho visitato l’antico compound della United Fruit, la compagnia nordamericana che con le sue piantagioni di banane causò la fortuna e la rovina di Aracataca/Macondo.

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Santa Cruz de Mompós. All’interno di una delle sei chiese del paese, l’iglesia di San Agustin (ph. Fausto Giaccone)

Nel 2006 avevo fatto ancora in tempo a parlare con Pablo Cortina, quasi centenario, ultimo testimone della strage dei lavoratori della Compagnia bananiera compiuta dall’esercito colombiano durante lo sciopero del 1928, episodio centrale di Cent’anni di solitudine.

Il mondo di Gabriel Garcia Marquez

La processione del Venerdì Santo ad Orihueca, un paesino della Zona Bananera (ph. Fausto Giaccone)

Il Mercoledì delle Ceneri del 2009, nella cattedrale di Valledupar, mi sono trovato a fotografare un bambino che portava sulla fronte la croce di cenere e non ho potuto fare a meno di ripensare alle pagine di Cent’anni di solitudine in cui si narra dell’arrivo a Macondo dei diciassette figli illegittimi del colonnello Aureliano Buendía nel giorno del Mercoledì delle Ceneri: «Di ritorno a casa, quando il minore volle pulirsi la fronte, scoprì che il segno era indelebile, e che lo era pure quello dei suoi fratelli».

Da Magangué, sul Río Magdalena, mi sono imbarcato su una lancia a motore per raggiungere Mompós, uno stupefacente villaggio coloniale, da sempre famoso per la sua oreficeria. Dimenticato sulle rive di un braccio minore del fiume, è miracolosamente sfuggito allo scempio del tempo e della modernizzazione. Qui, alla fine degli anni ’90, avevo incontrato Luis Guillermo Trespalacios, che ancora fabbricava pesciolini d’oro come il colonnello Aureliano Buendía.

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Valledupar, dipartimento del Cesar. Mercoledì delle Ceneri nella cattedrale (ph. Fausto Giaccone)

Sul Río Magdalena si conclude il romanzo L’amore ai tempi del colera e sullo stesso fiume naviga Simón Bolívar nel suo ultimo viaggio in Il generale nel suo labirinto. Sul Río Magdalena, a bordo di battelli a vapore che provenivano dai cantieri del Mississippi, Gabo studente viaggiò ben undici volte in un senso e nell’altro fra la costa caraibica e «la città di Bogotá, lontana e fosca».

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Aracataca. Il villaggio si stende vicino al fiume omonimo come scriveva Gabriel García Márquez nelle prime righe del suo romanzo: «…Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e canna selvatica costruita sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche» (ph. Fausto Giaccone)

Spingendomi oltre, lungo la via d’acqua, ho avuto una rivelazione: la cittadina di Sucre. Dal balcone del mio albergo affacciato sulla piazza principale, Isidro Álvarez Jaraba, studioso di quei luoghi remoti e delle loro leggende, mi ha indicato tre edifici allineati di fronte a noi: la casa dove Gabo ambienta uno dei racconti di I funerali della Mamá Grande, la casa dove la famiglia García Márquez visse dal 1939 ai primi anni ’50, e, in mezzo, la casa di fronte alla quale, per motivi d’onore, venne accoltellato nel 1951 Cayetano Gentile Chimento.

Cartagena de Indias

Aracataca. La ferrovia taglia in due il paese. Il treno è sempre stato importante per il villaggio, una volta trasportava sia i passeggeri sia le banane dalle piantagioni della United Fruit al porto d’imbarco, Puerto Colombia, a Barranquilla. Oggi porta il carbone di una multinazionale al porto di Santa Marta (ph. Fausto Giaccone)

Il giovane, che diventa poi il Santiago Nasar di Cronaca di una morte annunciata, era di origine italiana e amico dei fratelli García Márquez. Ho visitato la sua tomba nel piccolo cimitero del villaggio ed è stato proprio qui, a Sucre, che, in una sorta di mostra improvvisata sotto un boschetto d’alberi polverosi davanti alla scuola del paese, ho esposto per la prima volta, di fronte a una classe attenta e incuriosita, una serie di fotografie dei miei viaggi precedenti. E anche qui a Sucre, nel boschetto polveroso e nella piazza, ho riconosciuto Macondo.

Come ad Aracataca e nei villaggi lungo la tratta della ferrovia che una volta attraversava le piantagioni di banane della compagnia nordamericana: Tucurinca, Prado Sevilla, Orihueca, Guacamachito, Río Frío, Neerlandia, Guacamayal. Il suono dei loro nomi mi ha indicato la strada da seguire. Le tracce di quel passato mi hanno portato fin dentro le dimore più antiche, sopravvissute all’oblio di cento anni di abbandono e solitudine.

Dialoghi Mediterranei, n. 50, luglio 2021

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Fausto Giaccone, cresciuto a Palermo, si è laureato in architettura a Roma, dove ha iniziato a dedicarsi professionalmente alla fotografia seguendo le proteste giovanili del 1968. Ha lavorato sempre da fotogiornalista free lance, realizzando per varie testate reportage sociali e culturali. Ha collaborato con le principali riviste italiane e internazionali. Ha pubblicato i seguenti libri: nel 1987, Una storia portoghese (sulla stagione della Riforma Agraria del 1975 in Portogallo) per la galleria Randazzo/focus di Palermo; nel 2013, Macondo, il mondo di Gabriel García Márquez, ediz. Postcart, e Volti di Cavallino Treporti, ediz. Edifir.  Alcuni suoi lavori sono stati acquisiti dalla Beinecke Library dell’Università di Yale. 

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