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Il Sufismo in Tunisia: un racconto dei riti di Sidi Bou Said

Side Bou Said, Un momento del rito della Kharja, un uomo in trance (ph.

Sidi Bou Said, Un momento del rito sufi della Kharja, un uomo in trance (ph. Cinzia Olianas)

di Jevan Joseph Pudota 

Introduzione 

Scopo del presente contributo è quello di documentare il rituale Sufista Hadra che si svolge annualmente a Sidi Bou Said in Tunisia nel mese di ottobre. Il racconto dei fatti costituisce il corpo dei dati, che si basa sull’esperienza diretta dell’autore che ha assistito agli eventi Kharja, la processione mattutina, e Hadra, a Sidi Bou Said nel 2022. Quest’ultimo rito, serale, prevede musica, danze e la performance di atti estremi come saltare sui cactus, mangiare vetro, chiodi, rompere pesanti catene ed esporsi al fuoco. Nella moschea gli uomini danzano e cantano ripetutamente. In tale fase gli stati di trance sono l’elemento centrale del rito. Racconterò qui come adepti preselezionati incarnano specifici animali, compiendo un insieme di gesti, predefiniti e sensazionali, di estrema violenza. In certi casi persone del pubblico entrano in trance estemporaneamente, talvolta incarnando animali.

Introduco i concetti di Sufismo, illustro la sua diffusione in Tunisia, ricordo l’attacco sferrato dai Salafiti all’indomani della rivoluzione del 2011, accenno alla storia e al presente del misticismo a Sidi Bou Said. Infine racconto la manifestazione Sufista a Sidi Bou Said dell’ottobre 2022. Ulteriore ricerca scientifica sul campo è auspicata per approfondire la storia dei rituali Sufisti a Sidi Bou Said e come prevenire la loro gentrificazione, un rischio da scongiurare progettualmente e fattualmente.

L’obiettivo della ricerca è quello di mettere in luce la profondità e la ricchezza del patrimonio culturale tunisino, contribuendo a offrire e diffondere una immagine reale e positiva del Paese, ormai sotto i riflettori principalmente per le sue, pur drammatiche e reali, criticità. Il fine ultimo personalmente non è meramente documentale, tuttalpiù risiede nella creazione di ponti e dialoghi a beneficio della Tunisia e del suo ruolo culturale nel Mediterraneo. 

ide Bou Said, Un momento del rito della Kharja,

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Il Sufismo: una definizione 

Il Sufismo è un insieme di credenze e pratiche mistiche legate all’Islam in cui i praticanti cercano la verità dell’amore divino e la conoscenza attraverso l’esperienza personale di Dio [1]. I percorsi mistici in questo pensiero permettono inoltre di comprendere la natura dell’uomo e di Dio. Se inizialmente il Sufismo è una forma di ascetismo, di eremitaggio, che emerge nel VII secolo d.C., nel tempo si organizza via via sempre più fino al diffondersi delle confraternite. Da un lato si può dire che esso sia legato all’Islam e che i due fenomeni possano convivere. Già i primi Sufi leggono e meditano sul Corano. Inoltre gli adepti cercano la guida del profeta. Per esempio la celebrazione del Dhikr, che prepara all’Hadra, incomincia con il primo capitolo del Corano, per poi recitare preghiere al profeta Maometto e inni (Inshad) al Santo Muhamad Bin-’Issa [2]. Tale esempio mostra proprio la conciliazione dell’Islam, del Sufismo e della venerazione dei Santi. Dall’altro lato, il Sufismo è una spiritualità autonoma [3]. Diffuso tra le sponde del Mediterraneo, il sufismo è ormai presente persino in Europa. Per approfondire questo aspetto rimando al recente libro italiano di Alessandra Marchi (2023).

Profondamente radicato nella società tunisina, in modo capillare, di solito si intreccia alla venerazione di un Sidi, inteso come “Santo” che in vita si è speso molto per il bene altrui. Rituali in cui si entra in trance non sono riservati soltanto ai membri delle confraternite formali. Un certo numero di tradizioni devozionali e curative musicali distinte coesiste, ciascuna associata a una particolare comunità, contribuendo così a espandere il Sufismo nella società [4]. 

La minaccia dei Salafiti 

La nuova generazione di Salafiti in Tunisia sviluppatasi nel millennio in corso attinse le sue posizioni dottrinali principalmente dagli Shaykhs, le guide spirituali, Salafiti e Wahhabiti d’Egitto e del Golfo [5]. Questi ultimi condannavano pratiche religiose pervasive in Tunisia, come appunto il Sufismo e la venerazione di Santi (Sidi). Il picco della militanza Salafita si ebbe tra il 2011 e il 2013 [6], dopo la caduta del regime di Ben Ali, avvantaggiandosi dell’instabilità politica e della libertà ideologica per radicare la propria influenza sull’area [7]. Un articolo di Reuters del 2013 riporta che “radicali” avrebbero preso il controllo di circa un migliaio di moschee. Secondo l’allora ministro degli affari religiosi affiliato di Ennahda sarebbero invece poco meno di 50, un numero comunque sottostimato, con ogni probabilità, in quanto il governo voleva sminuire la mancanza di controllo sui movimenti religiosi interni alla Tunisia [8].

Va precisato, tuttavia, che i tunisini non sposano l’Islam violento e intollerante, ripudiano attacchi a luoghi sacri, specialmente tombe e mausolei. Secondo il giurista di riferimento (Mufti), in Tunisia, Othman Battikh [9], i fanatici Salafiti in Tunisia non hanno un background religioso, che siano Sunniti o Wahhabiti ultraconservatori, che questi atti deprecabili non avvengono neppure in un Paese maggiormente conservatore come l’Arabia Saudita. Essi non riflettono la cultura tunisina, aggiunge. 

ide Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

I Salafiti e gli attacchi al Sufismo in Tunisia e a Sidi Bou Said 

Proprio in questi anni i Salafiti hanno distrutto nella sola Tunisia più di 40 luoghi sacri Sufisti, in particolare bruciando e profanando Zaouia, mausolei meta di pellegrinaggio per le comunità, e le tombe di “Santi” talvolta ivi contenute [10]. I primi attacchi iniziarono nella primavera 2011, colpendo luoghi sacri in piccole città: ad esempio, la tomba di Sidi Bou Mendel a Hergla e quella di Sidi Abdelkader in Menzel Bouzalfa sul Cap-Bon [11]. 

Una delle Zaouia danneggiate è stata proprio quella di Sidi Bou Said, che si trova nel centro città. Si accede tramite una scaletta ripida bianca e si arriva in una piazzetta sopraelevata. A destra, uno stretto corridoio porta al cortile del santuario, su cui si affaccia un piccolo ma partecipato mausoleo riservato alle donne. Dopodiché si apre la loggia con gli ingressi all’edificio vero e proprio. Vi è anche un ingresso con un cancelletto da sopra che insiste sul cortile, entrata non sempre aperta probabilmente. La Zaouia è stata bruciata la notte del 12 gennaio 2013. L’intera cittadina è patrimonio dell’UNESCO, istituzione che avrebbe infatti emesso un comunicato di condanna dell’evento, offrendo supporto per il ripristino del luogo sacro [12]. 

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Tra leggende e Santi 

Omar [13] ci spiega che le leggende locali vogliono che nella cittadina di Sidi Bou Said siano seppelliti 300 Sidi (Santi). Si sbilancia nello stimare che più verosimilmente ve ne siano nell’ordine di grandezza di 30. Vi è una bianca, lunghissima, incantata scala, per lo più sconosciuta ai turisti, che si snoda scendendo a capofitto attraverso il bosco. Attorno a essa riposerebbero, dentro la terra, questi uomini pii. 

Veniamo invece al Santo che dà il nome alla città. Secondo alcune voci egli sarebbe in realtà il re francese Luigi IX, che morì infatti nel 1270 sulle coste tunisine durante una battaglia fallita. Secondo alcuni racconti del XIX secolo, l’imperatore si sarebbe convertito all’islam, cambiando nome in Sidi Bou Said [14]. Questi non sarebbero solo miti costruiti dagli occidentali ma troverebbero origine proprio nella popolazione locale. La leggenda richiama alla mente un altro  santo originario di Ippona, legato alla Tunisia, Sant’Agostino. 

Più plausibilmente, stando però a una fonte non verificabile[15], Sidi Bou Said sarebbe stato un sarto di nome Abu Said Al-Baji, morto nel 1231[16], che abbandonò le montagne e il mestiere per trasferirsi in città a Tunisi a studiare con le figure spirituali tra le più rinomate del mondo islamico. Tale storia ricorda, ancora una volta trasposta in ambito cristiano, quella di San Francesco, anch’essa caratterizzata da atti di rinuncia della vita materiale a favore di uno stile più povero e devoto. Raggiunto uno stato spirituale elevato, Abu Said iniziò a insegnare alle masse sulle colline di Tunisi. 

Per rimanere sui legami tra le due sponde del Mediterraneo, durante un’invasione di Cristiani Abu Said si arroccò sulle colline a nord di Tunisi e vi fece costruire un Ribat, cioè un avamposto militare e spirituale. Qui fu infine sepolto alla sua morte. Nel XVIII secolo Mahmud Bey, governatore di Tunisi, costruì la Zaouia dedicata al Santo e l’edificio circostante [17]. 

ide Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Il racconto della Kharja e della Hadra 

Procedo ora con il racconto della Kharja e della Hadra, quest’ultima elemento centrale del presente lavoro. In italiano non sembra ci sia documentazione di questi riti. In inglese ne ho rintracciato un contenuto numero. Vi sono alcune testimonianze multimediali in rete [18].La processione mattutina alla quale assistiamo si chiama Kharja. Nel corso dell’anno si ripete più volte nella cittadina. Per esempio vi è testimonianza di quella di agosto che sarebbe però nata solo nel 1840 dall’incontro dei suoi abitanti – ai tempi un villaggio di contadini e pescatori – con quelli della cittadina di Ariana, ormai sobborgo della Grande Tunisi [19]. L’evento serale invece è la Hadra, che prevede musica, danze e la performance di atti estremi come saltare sui cactus, mangiare vetro, chiodi, rompere pesanti catene ed esporsi al fuoco. È preceduta di qualche giorno dalla Dhikr, in cui si recitano litanie, versi del Corano, si benedicono gli oggetti poi usati nella Hadra a protezione degli adepti che si esporranno a rischi estremi [20]. Il luogo in cui i Sufi e praticanti Sufisti si riuniscono in generale è la Zawiya. Invece il nome della confraternita di cui fa parte il gruppo di Sidi Bou Said è l’Aissaouia, o Issawiya, dal nome del “Santo” marocchino Sidi Mohammed Ben Aissa, che pare l’abbia fondata. 

Takhmir significa intossicazione ed è il nome che esprime le performance corporali, il culmine della trascendenza. In questo modo il devoto entra in contatto con un’entità che è sia dentro sé stessi che oltre sé stessi, causando un “inselvatichirsi”, un estraniarsi, una sorta di metempsicosi nel tentativo d’incarnare le proprietà migliori del Divino. Similmente, l’importantissima figura di Ibn ‘Arabi suggerisce di andare non “verso” Dio ma “in” Dio, poiché il «Vero [Dio] è con noi ovunque noi siamo» [21]. 

La recitazione musicale dei versetti del Corano e dei nomi Divini seguono lo stesso ritmo, iniziando lenti e accelerando gradualmente. Le transizioni [nella trance] avvengono al culmine quando lo Shaykh, la guida spirituale, interrompe la recitazione e introduce una nuova frase o nome da ripetere [22]. 

ide Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Kharja (ph. Cinzia Olianas)

La Kharja la mattina 

Verso le undici assistiamo all’inizio della manifestazione. L’evento puntuale vede gli uomini in costumi tradizionali cantare in processione, raggiungendo stati di trance. Tale prima parte della giornata culmina con il sacrificio del toro. La processione è pubblica. Il toro apre il corteo, seguito da un manipolo di uomini vestiti di bianco, uniti a braccetto, i quali iniziano a percorrere “di schiena”, cioè all’indietro, la salita principale del centro storico. Cantano in arabo all’unisono mantra ipnotici e suggestivi, a ripetizione, a lungo. La folla in abiti “comuni” chiude la processione.

Non sembrano esserci turisti stranieri ad assistere o prendere parte alla processione. A un certo punto un uomo entra in trance, come ci conferma Omar. L’adepto ha la fronte madida di sudore, è in preda agli spasmi, viene prontamente sorretto da un altro uomo, nelle braccia del quale si abbandona. Poco dopo esce dallo stato trascendentale e i due uomini si stringono in un accorato abbraccio. Non assistiamo alla successiva mattanza del toro. Ci viene spiegato però dal summenzionato amico che la sua carne viene condivisa con il pubblico. Un pasto dunque comunitario di un cibo offerto in sacrificio. 

Side Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Colè Gosparo)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Cloè Gosparo)

La Hadra, la sera 

Omar ci invita a tornare la sera e salire alla moschea. Così facciamo. Troviamo la loggia del luogo di culto gremita di adepti, solo uomini, illuminata a giorno dai neon. Alcuni, gli stessi della mattina, sono uniti tra loro a braccetto in una lunga fila, ballano sincronizzati con movenze ripetitive, guidati da canti ipnotici e maestosi che recitano all’unisono. Oscillano a destra e a sinistra spostando il peso da un piede all’altro. La testa segue ondeggiando quasi senza controllo. Mi vengono in mente i versi di una canzone: “nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali”. L’aria è carica di energia maschile, il fragoroso coro di voci baritonali riempie lo spazio fisico e interiore, come una cassa di risonanza dritta nell’anima. 

All’improvviso il clima muta. Si aggiungono i tamburi, incalzanti e potenti. Qualcosa sta per iniziare, qualcosa di ancora più ancestrale e inquietante. L’elettricità nell’aria è palpabile. Uno degli adepti è entrato in uno stato di trance, similmente a ciò che abbiamo visto la mattina di quello stesso giorno. Omar, che nel frattempo si è di nuovo materializzato dal nulla a fianco a noi, ci spiega che l’uomo a torso nudo «è diventato il dromedario». L’uomo-animale attraversa il corridoio umano nella corte interna a pochi metri da noi, si dirige verso la loggia. Corre piegato, sulla schiena nuda porta dei grossi pezzi di fico d’India, con tanto di spine. Si muove in modo animalesco, non è più un uomo. Appoggiati i fichi per terra vi rotola sopra come a eseguire delle capriole. L’uomo inizia a oscillare sul posto e nel frattempo qualcuno gli rimuove in modo spettacolare le spine dalla schiena. Tutto promana una vitalità, un’energia e una ebbrezza contagiosi. 

Poco dopo il “dromedario” si libera delle ultime movenze dello stato di trance sorretto dalle braccia dello Shaykh. Nel farlo l’uomo a torso nudo vibra con grandi scossoni come in preda alle convulsioni. Infine si abbandona esausto e in lacrime in un abbraccio quasi travolgente tra i due uomini. 

Un altro ragazzo inizia a entrare in trance. La tensione cresce di nuovo. Esagitato, viene tenuto fermo da molti uomini. L’elettricità è al massimo. Tutti siamo sovraeccitati e frastornati. Omar ci suggerisce infervorato: “He is a hyena”. La iena. All’inizio non capiamo. Poco dopo invece la distinguiamo chiaramente a causa dei suoi comportamenti. Viene lasciata. Punta un ragazzo e gli salta praticamente addosso. Gli altri uomini che la circondavano accorrono prontamente a salvare il ragazzo dalle sue “grinfie”. Segue una gran confusione, non capisco nulla di cosa stia succedendo. Vi è fermento. 

Side Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Colè Gosparo)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Cloè Gosparo)

La cosa successiva che noto è un ragazzino che corre inseguito da una delle guide spirituali, un uomo sulla quarantina alto e possente, con gli occhiali. Non immaginavo potesse correre a quella velocità. Attraversano il corridoio tra le folla in un baleno e spariscono dietro un angolo verso l’uscita. Sono ancora più confuso. 

Per fortuna Omar è sempre pronto a spiegarci che la “iena” punta sempre qualcuno e lo attacca. Lo sventurato sa che deve correre il più veloce possibile, deve scappare. Omar ci dice che altrimenti si rischia non la morte ma ci si può comunque fare male. Ci dice che il ragazzo, probabilmente per goliardia, non è invece scappato davanti alla iena inferocita con lui. 

A quel punto però, continua Omar, una delle guide spirituali si arrabbia “come una iena” e punta a sua volta il ragazzo, probabilmente per impartirgli una sonora lezione. Il giovanotto non fa più lo spavaldo e fugge a gambe levate. Il nostro amichevole mentore suppone che la guida non può ammettere incidenti, la tradizione richiamerebbe l’attenzione delle autorità e verrebbe probabilmente normata e limitata per ridurre i rischi. Da qui l’ira del leader spirituale.

Era proprio nella bocca della iena che un’altra guida spirituale mise qualcosa che non identificai subito. Un piccolo pezzo, platealmente alzato verso il cielo e diretto verso le “fauci dell’animale”. Quest’ultimo, inginocchiato e famelico, quasi salta vorace ad azzannare il pezzo. Lo mastica e lo inghiottisce. Omar ci spiega che era vetro, com’è usanza nella Hadra. 

Side Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Colè Gosparo)

Sidi Bou Said, Un momento del rito della Hadra (ph. Cloè Gosparo)

Un piccolo intermezzo smorza un po’ l’adrenalina. Quelli che sembrano due giovani novizi si passano sulla pelle dei fasci infuocati. Li appoggiano a terra, devono spegnerli a mani nude in un colpo solo. Falliscono. Infine, riescono a soffocare i piccoli focolai dopo pochi ulteriori tentativi. 

Ora è il momento del leone. Arriva un uomo incappucciato in una spessa kachabia, un abito tradizionale, che ipotizzo lo avvicinerebbe esteticamente al personaggio. Tarchiato e possente, entra in trance. Rivela quindi il viso ruvido e la testa calva. Due uomini tengono delle pesantissime catene metalliche. Tra loro il “leone” le afferra, le solleva e le fa cozzare a terra. Si rompono al primo colpo, con un fragoroso clang. Sembra quasi che la folla tiri un sospiro di sollievo. Ma è ancora in trance, va liberato. C’è tuttavia un problema. Pure un ragazzo dal pubblico entra in trance, diventa il gatto. Anche lui va liberato nella loggia della moschea. Ma i due “uomini-animali” non possono stare così vicini, ci spiega il provvidenziale Omar. La tensione cresce. Il gatto sta diventando ingovernabile, il leone sta uscendo dalla trance, non può essere interrotto. La folla è agitata, ancor di più gli uomini in bianco. Il gatto è un tornado, il leone ancora nelle braccia dello Shayk. La sensazione palpabile nell’aria è come quella data da una pentola a pressione sul punto di fischiare, come un palloncino troppo gonfio. Infine, il leone viene scortato all’esterno, contestualmente il gatto viene spinto all’interno della loggia, vi sembra quasi sgusciare. Esce anche lui dalla trance. 

Così si conclude il rituale della Hadra, insieme a una delle serate più mistiche, inaspettate, surreali ed emozionanti della mia vita. 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024
Note
[1] Enciclopedia Britannica, https://www.britannica.com/topic/Sufism
[2] Barghouti, D. (2020). Exploring Ibn ‘Arabi’s Metaphysics of Time and Space in Sufi Ritual: The ‘Issawiya Dhikr of Sidi Bou-Sa‘id. New Theatre Quarterly, 36(3), 237-248. doi:10.1017/S0266464X20000445
[3] Ibid. Enciclopedia Britannica.
[4] Jankowsky, R. C. (2020). Ambient sufism. Ritual Niches and the Social Work of Musical Form.  https://doi.org/10.7208/chicago/9780226723501.001.0001
[5] Merone, F., Blanc, T., & Sigillò, E. (2021). The Evolution of Tunisian Salafism after the Revolution: From La Maddhabiyya to Salafi-Malikism. International Journal of Middle East Studies, 53(3), 455-470. doi:10.1017/S0020743821000143
[6] Ibid.
[7] Malka, H. (2014). Tunisia: Confronting Extremism (https://www.csis.org/analysis/tunisia-confronting-extremism) in Alterman, J. B. (2015). Religious radicalism after the Arab uprisings. https://csis.org/files/publication/150203_Alterman_ReligiousRadicalism_Web.pdf.
[8] Ibid.
[9] Articolo pubblicato sul giornale online “Tunisia-live” il 24 gennaio 2013 https://web.archive.org/web/20170319195708/http://www.tunisia-live.net/2013/01/24/thirty-four-mausoleums-in-tunisia-vandalized-since-the-revolution/
[10] Ibid. Jankowsky.
[11] ICOMOS (2013), Planned destruction of Sufi architectural heritage in Tunisia, Paris.
ICOMOS is  a unique non-governmental, not for profit international organisation, committed to furthering the conservation, protection, use and enhancement of the world’s cultural heritage.
[12] Ibid.
[13] Omar è un giovane ragazzo tunisino di Sidi Bou Said che si è presentato a noi di sua spontanea volontà durante la processione mattutina, raccontata qui nel seguito. Vedendoci stranieri e spaesati ci ha molto aiutati e accompagnati. Con ogni probabilità, senza di lui questo articolo non esisterebbe. Studente di odontoiatria, inglese superbo, parla anche francese, arabo letterario e tunisino. Si è classificato come uno dei migliori studenti della Tunisia. Suo padre era adepto della confraternita Aissaouia oggetto del presente lavoro.
[14] McCannon, A.E. (2006). The King’s Two Lives: The Tunisian Legend of Saint Louis. Journal of Folklore Research 43(1), 53-74. https://doi.org/10.2979/jfr.2006.43.1.53.
[15] Articolo pubblicato su “Sacrefootsteps” il 26 Dicembre 2017. https://sacredfootsteps.com/2017/12/26/cafe-saints-tunisias-trendy-coffee-town-hidden-sufi-connection/ .
[16] Ibid. Jankowsky. 
[17] Ibid. Sacredfootsteps.
[18] Ad esempio Jankowsky (2017), Jankowsky (2021), Barghouti (2018), Barghouti (2021) in inglese. In Jankowsky un sito web accompagna il libro con molti video e registrazioni: https://sites.tufts.edu/ambientsufism/ .
Inoltre, video su Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=sFlb-9lraYw
- https://www.youtube.com/watch?v=0-eJKdDewO0
- https://www.youtube.com/watch?v=2LLavnCY06o 
[19] Articolo pubblicato su Ansa il 9 Agosto 2023. https://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/storie_dal_mediterraneo/2023/08/09/la-mistica-processione-sufi-kharja-a-sidi-bou-said_6cc1dc6c-1afe-49cb-a980-c3f512561b60.html
[20] Ibid. Barghouti (2020). Qui si può trovare anche il racconto dettagliato di una Dhikr.
[21] Ibid.
[22] Ibid. 
Riferimenti bibliografici 
Barghouti, D. (2021), Performances of the Sufi Ascent in Ibn ‘Arabī’s Metaphysics, Tunisian Ḥaḍra and Dhikr Rituals, and Three Sufi Plays: Journeys in God’s Vast Earth. Doctoral thesis, Goldsmiths, University of London. 
Barghouti, D. (2020), Exploring Ibn ‘Arabi’s Metaphysics of Time and Space in Sufi Ritual: The ‘Issawiya Dhikr of Sidi Bou-Sa‘id. New Theatre Quarterly, 36(3), 237-248. doi:10.1017/S0266464X20000445 
​​Barghouti, D. (2018), Tunisian Performances of the Sufi Ascent: the ‘Issawiya Hadra Ritual. New Theatre Quarterly, 34(3), 260–271. https://doi.org/10.1017/s0266464x18000246 
ICOMOS (2013), Planned destruction of Sufi architectural heritage in Tunisia, Paris. 
Jankowsky, R. C. (2020), Ambient sufism. Ritual Niches and the Social Work of Musical Form. https://doi.org/10.7208/chicago/9780226723501.001.0001 
Malka, H. (2014), Tunisia: Confronting Extremism (https://www.csis.org/analysis/tunisia-confronting-extremism) in Alterman, J. B. (2015), Religious radicalism after the Arab uprisings. https://csis.org/files/publication/150203_Alterman_ReligiousRadicalism_Web.pdf 
Marchi, A. (2023), Le vie del sufismo verso l’Europa mediterranea. Percorsi di conversione, diffusione e trasformazione sociale, Meltemi Milano  
McCannon, A.E. (2006), The King’s Two Lives: The Tunisian Legend of Saint Louis, Journal of Folklore Research 43(1), 53-74. https://doi.org/10.2979/jfr.2006.43.1.53. 
Merone, F., Blanc, T., & Sigillò, E. (2021), The Evolution of Tunisian Salafism after the Revolution: From La Maddhabiyya to Salafi-Malikism, International Journal of Middle East Studies, 53(3), 455-470. doi:10.1017/S0020743821000143.

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Jevan Joseph Pudota, laurea triennale a Padova in Economia, dopo un anno in agenzie di Marketing nel triveneto, in Germania consegue la laurea magistrale in inglese in Filosofia, Politica ed Economia (PPE M.A.), presso l’Università privata di estrazione Antroposofica Witten/Herdecke Universität. Qui sfruttando la grande libertà accademica dell’istituzione studia Science, Technology and Society (STS), Philosophy of Science. In Tunisia inizia attività di giornalismo e insegnamento online. Insegna tedesco, inglese, italiano, economia, è tutor di tesi. Scrive per il webmagazine “L’Altratunisia”. Esercita la permacultura, pratiche di convivialità e ecologiche.

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