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Il silenzio che trascende il linguaggio: la poetica di Irma Blank

Irma

Irma Blank (ph. Paolo Maderna)

di Mariella Pasinati 

Il 14 Aprile, all’età di 89 anni ci ha lasciate l’artista concettuale Irma Blank (Celle 1934 – Milano 2023). Tedesca di nascita, il suo percorso umano ed artistico si è svolto, a partire dalla metà degli anni ’50, in Italia dove si stabilì per amore, vivendo a lungo con la sua famiglia a Siracusa per poi trasferirsi a Milano, negli anni ’70.

Tutto il suo lavoro è stato centrato intorno al rapporto con il linguaggio, attraverso l’elaborazione di una scrittura disegnata costituita da un sistema di segni che trascendono i limiti costitutivi del linguaggio verbale e spogliano le parole del contenuto. Questa scrittura senza parole è stata esercitata con straordinaria costanza per decenni in una sorta di meditazione praticata manualmente e nella quale il corpo, con la ripetizione del gesto che diventa segno, ha giocato un ruolo essenziale, rivelando anche la dimensione esistenziale della pittura di Irma, il suo intimo rapporto con il tempo.

Eigenschriften, Schrift-felder, 1968

Eigenschriften, Schrift-felder, 1968

La sua ricerca artistica ha avuto inizio con la serie Eigenschriften (Autoscritture) realizzata tra il 1968 e il 1973. Si tratta di un ciclo di disegni dai colori pastello in cui scrittura e disegno, rappresentazione linguistica e visiva stanno in tensione: la mano traccia sulla pagina segni diversi per dimensione e orientamento, segni che ricordano la scrittura ma che non veicolano alcun significato codificato e rimandano invece, nell’intenzione dell’artista, all’’Urzeichen’, il segno primordiale che precede la parola e che comunica, sebbene non si riferisca a nulla. 

In un’intervista del 2017 a Barbara Casavecchia, l’artista ha anche spiegato l’origine di questi lavori con l’esperienza dello sradicamento, l’isolamento culturale vissuto per il trasferimento in un luogo in cui non poteva parlare la lingua materna. Questa forma di scrittura ha costituito, pertanto, una necessità interiore, una fuga dall’incapacità di esprimersi, una pratica spirituale. Sono segni che si radicano in una vicenda personale di riflessione ed intensa concentrazione e che acquistano anche una valenza più ampia in quanto pura espressione di un gesto ripetuto, traccia – emanazione – di un corpo che segnala la propria esistenza e si fa opera.

Da questo momento l’esperienza soggettiva che diventa pratica artistica sarà la cifra di tutto il percorso estetico di Irma Blank, come la stessa artista ha messo in evidenza: «Penso che qualsiasi cosa si scriva sia autobiografica. Tutto il mio lavoro lo è: che i segni che faccio siano rigorosi o liberi, piccoli o grandi, tutti esprimono diversi aspetti di me stessa. Scrivo e racconto, ma è anche un’evasione perché dichiaro qualcosa e la nego allo stesso tempo».

Trascrizioni, 1974

Trascrizioni, 1974

Il 1973 è l’anno del trasferimento a Milano, dell’incontro con la poesia concreta e della serie delle Trascrizioni (1973-79) in cui l’artista riconduce la dimensione di pratica meditativa della sua ‘scrittura asemantica’ (Gillo Dorfles) dalla libertà della grafia al rigore della struttura dell’impaginazione tipografica. Erano anni in cui si parlava di crisi – se non di morte – della parola scritta, anni di disinteresse per la lettura. Irma Blank decide così «di esasperare questa tendenza trascrivendo libri per offrirli alla lettura con un solo sguardo, fissando le pagine alla parete, volgendo il segno da negativo a positivo, dalla contestazione dalla decostruzione, all’azzeramento del significato convenzionale alla costruzione di un mondo alternativo, un testo aperto, allargato, un testo altro, superando il limite linguistico».

La serie segna il passaggio dall’osservazione interiore all’attenzione per il mondo esterno. L’artista prende infatti come punto di riferimento articoli, scritti teorici o poetici altrui e li ‘riscrive’ con mano fermissima. «Sceglievo testi che mi interessavano, autori che mi avevano accompagnato, affinità elettive. Lunghe sedute scritturali mi tenevano bloccata al tavolo, incapace di smettere. Scrivere: necessità, rito, droga».

Autoritratto 5, 1981

Autoritratto 5, 1981

Sovrapponendo il suo foglio al testo prescelto, Irma riproduce con un gesto ripetuto con precisione assoluta la composizione tipografica, con tutte le differenze e variazioni delle singole pagine, sostituendo il linguaggio con segni di inchiostro nero che restituiscono l’impressione visiva e la consistenza fisica della scrittura di cui però, perso il significato, resta solo la struttura. Non c’è più nulla del testo originario, solo una traccia grafica, ma nell’atto di riscrivere Blank è solita leggere il testo a bocca chiusa, senza articolare chiaramente le parole, ridotte ad un suono astratto. E la pratica estetica assume sempre più la qualità di un rituale, per la disciplina e il rigore di una scrittura liberata dal senso e capace di dare voce al silenzio e forma all’assenza, simbolo di ogni possibile racconto.

Con gli anni ’80 e gli Autoritratti (1981-83), per i quali utilizza per la prima volta l’acquerello, Irma inizia anche l’esplorazione del colore. Le opere furono esposte per la prima volta alla mostra milanese del 1982 Sette Autoritratti che, così spiega l’artista, 

«fu un viaggio dal rosa al rosa-blu creato da sette sfumature di colore che correvano lungo una parete: una canzone luminosa divisa in sette parti. In ogni sezione, i fogli di carta erano disposti in file da sette, sia in orizzontale che in verticale: 48 erano campi di colore puro, mentre l’autoritratto finale conservava in basso una forma di ‘scrittura’ simile alle Trascrizioni. Per me la scrittura si riferisce al nostro sviluppo razionale, mentre il colore si riferisce al nostro lato emotivo, alle origini del sé. In quella mostra, per me, l’essere e il divenire, il dentro e il fuori, si sono incontrati». 
 Germinazioni blu-oro n.1, 1982


Germinazioni blu-oro n.1, 1982

Degli stessi anni sono le serie Germinazioni e Annotazioni (1982-83) in cui la ‘scrittura’ di Blank si muove più liberamente; nelle prime l’elemento visivo prescelto per costruire l’opera è il punto che nelle Annotazioni cede il posto alla linea. Entrambi sono prodotti dal colore che determina il ritmo delle composizioni; dominano ancora il blu e il rosa cui si aggiunge il viola e, eccezionalmente, il verde e l’oro che restituisce un’intensità imprevedibile di luce.

Con il 1983, a dieci anni dalle Trascrizioni, l’artista avverte «una grande inquietudine …. Incominciavo a interessarmi al rapporto interpersonale: fra me e te, la tensione, la propensione verso l’altro. Mi serviva un segno estensivo, radicale, in tensione fra due poli, l’inizio e la fine, pieno e vuoto, la nascita e la morte. La tensione verso il compimento». È il momento degli Scritti radicali (1983-1996) dove il colore mantiene una funzione primaria e un valore simbolico; ai primi lavori in rosa cui l’artista associa la dimensione dell’orientamento, dell’analisi e dell’attesa, fanno seguito, dal 1987, le opere in blu che per Blank è il colore dell’inchiostro, dell’infinito, dell’utopia. È il colore della scrittura per eccellenza».

Radical Writings, Exercitium, 1992

Radical Writings, Exercitium, 1992

Sono composizioni ad olio, acrilico o acquarello su tela o carta, dove il segno scritturale è reso sempre più astratto tramite una linea retta, stesa con un pennello piatto, che all’origine è più carica di colore, poi meno intensa così che la differente densità cromatica consente all’artista di disporre due pannelli in modo tale che la zona di massima intensità del colore risulti al centro, per rendere l’effetto di un libro aperto.  

Nella stesura l’artista procede lentamente da sinistra a destra, seguendo e rispettando la durata del suo respiro. È questo infatti che dà la misura al suo segno che si configura come una traccia in tensione «dall’inizio alla fine, dal pieno al vuoto». Ecco allora che il corpo torna ancora straordinariamente protagonista e al gesto della scrittura viene qui a corrispondere un altro atto corporeo, il respiro, vero e proprio strumento di costruzione dell’opera, come la stessa Blank propone con l’equazione Schriftzug = Atemzug (Scrittura=Respiro). E così mentre con il respiro anche il tempo si fa segno, la pratica artistica si mostra quale processo di rilevazione del tempo e della vita.

Osmotic Drawings D-7-1996, 1996

Osmotic Drawings D-7-1996, 1996

Del 1996 è la serie Scrittura Osmotica nella quale, differentemente dal solito, l’artista utilizza delle pagine strappate da testi di matematica che appartenevano al marito defunto per sovrapporvi i suoi tratti di colore blu. Il segno tuttavia non cancella ma lascia intravvedere le formule sottostanti, nel tentativo – come suggerisce il titolo – di mostrare l’influenza reciproca, la compenetrazione dei due linguaggi, quello oggettivo della matematica e quello della sua scrittura e ricerca interiore.

Hyper-Text 6-2-98C, 1998

Hyper-Text 6-2-98C, 1998

Con il ciclo successivo, Hyper-Text (1998-2002), Blank inizia a lavorare in digitale. La muove, questa volta, una posizione critica molto netta sulla realtà contemporanea e la sovrabbondanza di ‘comunicazione’ che invade le nostre esistenze, un carico di informazione che Irma definisce «capillare, eccessiva quanto inutile». L’artista produce così la sua personale Babele: elabora tre testi in tre lingue diverse (tedesco, italiano e inglese), li sovrappone con varie tonalità di bianco/beige su fondo bianco con una tecnica a stampa serigrafica e li rende di fatto illeggibili, ancora una volta privando la scrittura tipografica di significato e visualizzando l’assunto che un eccesso di informazione equivale a nessuna informazione.

Avant-testo, 25-3-2000, 2000

Avant-testo, 25-3-2000, 2000

Negli stessi anni, poi, Irma accompagna allo sguardo sulla realtà esterna l’introspezione e l’analisi interiore. Nasce la serie Avant-testo per la quale l’artista recupera del tutto la dimensione gestuale dell’atto creativo e il segno primordiale, qui completamente irregolare e privo di qualsiasi struttura. Riempie ora totalmente la superficie dei suoi quadri (tele o fogli di poliestere) tracciando con un movimento rotatorio un groviglio di segni a penna che conferiscono una tangibile vibrazione alla superficie. Dirà: «Mi mancava il rito della scrittura manuale. Lo sguardo che si era fermato sul sociale ora si orientava verso l’interno, verso la profondità, l’oscuro dell’io. Un rovescio dell’anima. Nascono grandi lavori.… Sono gli Avant-testo».

Global Writings B2, part., 2000-2022

Global Writings B2, part., 2000-2022

Negli anni 2000, lo sguardo critico sulla realtà contemporanea porta ancora una volta Irma Blank ad intraprendere una nuova strada nella ricerca di una lingua universale, lingua senza messaggio. «Lo sviluppo tecnologico ha cambiato la nostra esistenza – scrive – Le distanze si sono ridotte, le lingue e le abitudini hanno perso parte del loro peso, il virus della standardizzazione generale si è diffuso». L’artista ricorre allora ad una nuova ‘scrittura’ che si concretizza negli Scritti Globali (2000-2016).

La nuova scelta formale è adottata per la prima volta nel 2001 con il libro d’artista Hdjt Ljr e consiste nell’uso di un alfabeto ridotto a sole otto consonanti – c, d, h, j, l, m, r, t – e la j che, quasi una semi-vocale, rende il testo pronunciabile. Le pagine che ne derivano si possono dunque ‘leggere’, i segni possono essere articolati ma non decodificati e il testo si pone, come sempre in Blank, programmaticamente aperto, libero di vivere al di fuori di qualsiasi codice predefinito.

I suoi ultimi lavori sono ancora una volta esplicita espressione del rapporto per lei sempre strettissimo tra arte ed esperienza soggettiva di vita. Colpita, nel 2017, dalla paralisi del lato destro del corpo, Irma non rinuncia al gesto creativo e alla materialità della scrittura e comincia ad operare con la mano sinistra. È lei stessa a parlarne: 

«Di recente c’è stato un evento personale che mi ha segnato, una malattia che non mi consente più di camminare. Come sempre succede c’è prima una mancanza, una sofferenza, e da lì nasce il gesto creativo. Ora io vivo un rapporto molto diverso con quello che faccio: prima di questo blocco io sono sempre andata dall’interno verso l’esterno, pensavo sempre allo strumento mano per andare verso gli altri. Ora io penso al piede, alla terra, allo spazio da percorrere. Da un anno e mezzo chiamo tutti i miei nuovi lavori Gehen, Second Life (Andare, Seconda vita): e vede, in questi lavori io mi muovo di nuovo, vivo l’andare». 
Gehen, second Life n. 17, 2018

Gehen, second Life n. 17, 2018

Sono opere su carta lucida presentate come pagine singole o doppie in cui l’artista disegna con pennarelli blu, neri e rossi nuove ‘righe’ orizzontali di ‘testo’ di uguale lunghezza e disposte una dietro l’altra ad una certa distanza che varia da opera a opera. È l’ultima fase di una costante ricognizione sulle diverse possibilità di rapportare l’arte alla vita, di «cogliere il ritmo, il respiro del mondo» esclusivamente attraverso una scrittura, paradossalmente senza parole ma profondamente radicata nel corpo, e attraverso un segno prelinguistico cui l’artista ha restituito autonomia: i capisaldi su cui si è basato il discorso poetico di Irma Blank. 

Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023

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Mariella Pasinati, già insegnante di storia dell’arte, è impegnata nella ricerca e nella pratica pedagogica ed è presidente della Biblioteca delle Donne e centro di consulenza legale UDIPALERMO onlus.  Autrice di saggi di storia e critica d’arte sull’opera di artiste contemporanee, ha anche curato: Insegnare la libertà a scuola. Rendere impensabile la violenza maschile sulle donne (Carocci, 2017); Riletture (Ila Palma, 1999); Parole di libertà (Ila Palma, 1992).

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