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Il pastore è un guardiano di futuro. Sei riflessioni sul pastoralismo e la salvaguardia dei territori

foto di Mauro Vitale

Piana di Campo Imperatore, Romeo pastore rumeno, 2016 (ph. Mauro Vitale)

il centro in periferia

di Letizia Bindi, Paolo Coppari

La pastorizia – allevamento estensivo a pascolo brado di diverse specie – associa tradizionalmente produzioni di qualità e servizi eco-sistemici, bio-culturali, contribuendo al mantenimento della biodiversità, del paesaggio e riducendo i rischi idrogeologici. Nelle aree interne, montane, insulari il pastore con il suo sistema di saperi e pratiche si costituisce come un custode di territori fragili, aggrediti da crescenti fenomeni di destrutturazione socio-culturale e di abbandono. Accanto a questo, la pastorizia offre una forma sostenibile e autonoma di lavoro e di reddito, contribuendo a tenere vivi e produttivi i territori montani, segnati spesso da forte spopolamento e impoverimento.

La transumanza, a sua volta, è una forma particolare di allevamento e sistema di conoscenza-pratica, essenzialmente basata sullo spostamento stagionale dei pastori insieme ai loro animali alla ricerca di pascoli, dalla montagna alla pianura, dalle regioni interne verso la costa e ritorno. Questo particolare modo di allevare animali definisce contemporaneamente una forma di uso del suolo e un modo di conoscere/definire spazi e paesaggi in molte parti del mondo (europee ed extraeuropee) e coinvolge molte specie animali differenti (pecore, mucche, cavalli, renne, camelidi e così via). Si tratta di una pratica che fornisce non solo cibo e altri prodotti derivati ​​da animali, ma anche una serie di servizi ecosistemici e beni comuni: un profondo mantenimento delle aree locali, una rigenerazione della biodiversità del territorio e delle linee animali allevate e il perdurare di specifiche forme di organizzazione sociale e di gestione delle risorse ambientali che spesso vengono oggi additate come alternativa all’insostenibilità dei sistemi di allevamento industriale.

In molte regioni europee gli studiosi hanno documentato la presenza di popolazioni transumanti fin dall’epoca preromana: queste popolazioni sono responsabili di aver plasmato profondamente il paesaggio agrario europeo e di aver generato una rete di mobilità transregionale e transfrontaliera che è alla base anche dei primissimi scambi tra popolazioni e culture europee (Aime – Allovio – Viazzo 2001; Costello – Svensson 2018). Allo stesso tempo, questa pratica ha dato origine a una potente grammatica degli spazi, con le sue logiche, regole, tempi e interazioni in cui «le impronte (sono) simili alle parole o alla punteggiatura» (Ingold e Vergunst 2008: 9; Palladino 2017; Bindi 2020).

Più recentemente, l’allevamento di ovini, bovini e altri animali è stato trasformato o influenzato da processi di modernizzazione, meccanizzazione e produzione intensiva di latte/carne/lana (Arhem 1984; Aronson 1980; Asad 1970; Ingold 1990; Nori & Scoones 2019; Salzman & Galaty 1990; Schlee 1989; Scoones 1995; Viazzo 1989). Ciò ha generato incertezza, discontinuità e cambiamento nelle pratiche, una diversa forma di trasferimento dei saperi e una vasta trasformazione socio-economica. Tuttavia, in molti Paesi europei la pastorizia estensiva esiste ancora come una forma efficiente di allevamento che plasma in profondità il paesaggio, conserva la biodiversità allevata, tutela l’architettura vernacolare e le strutture sociali tradizionali. Un cruciale senso della convivenza e co-esistenza interspecifica si aggiunge a questo insieme di saperi e pratiche, facendo della tradizionale attività pastorale anche un’opportunità preziosa di riconsiderare la relazione tra cultura e natura, tra uomo e animale.

Anche se i prodotti della pastorizia estensiva vengono apprezzati in modo crescente per la qualità, il rispetto dell’ambiente, del paesaggio e del benessere animale, per la sostenibilità ambientale ed economica, il comparto è attualmente esposto a una grave perdita di numeri, registra una riduzione cospicua delle aziende e fatica a compiere il cambio generazionale. Per questo è sempre più necessario sostenere il settore, aiutando i pastori nei processi di innovazione tecnologica, nell’organizzazione e ottimizzazione dei processi produttivi, nell’innovazione sociale e la generazione di reddito oltre che a gestire in modo adeguato gli ecosistemi salvaguardando l’identità culturale.

Gli spazi di pastorizia estensiva contemporanei si presentano, in certo modo, come «zone di attrito» (Tsing 2000). Da un lato, infatti, la moderna agroindustria intensiva e la tendenza a una produzione agroalimentare “estrattiva” hanno portato al crescente abbandono e/o uso improprio dei pascoli, dall’altro hanno trasformato radicalmente le condizioni di produzione e le interazioni uomo-animale, tipiche della pastorizia estensiva, le economie morali dell’allevare secondo tradizione e in armonia con gli ambienti e i paesaggi. È sempre più opportuno, pertanto, sensibilizzare le giovani generazioni e le persone che vivono lontane dai territori rurali all’utilità e al valore del pastoralismo estensivo e tradizionale: creare una nuova coscienza professionale, aprire a nuove opportunità nel settore delle filiere agro-alimentari, ma anche valorizzare la pastorizia come modo per conservare e tutelare i paesaggi locali. Al tempo stesso un nuovo sguardo alla pastorizia implica una riflessione sulla crescente multifunzionalità degli allevamenti, ma anche sulla vigilanza e gestione condivisa degli usi civici e delle comunanze, sul recupero dei muretti, dei ristori e degli stazzi presenti lungo i tracciati tratturali. 

Cammini di animali, Colle Cardito, 2019 (ph. Letizia Bindi)

Cammini di animali, Colle Cardito, 2019 (ph. Letizia Bindi)

Un campo di ricerca e di azione multidisciplinare

La pastorizia estensiva si presenta come un campo di ricerca multidisciplinare e multiscalare, tra questioni locali, nazionali e internazionali, un campo posizionato tra criticità passate e presenti, che si dispiegano attraverso processi di frammentazione e ricomposizione in una «zona di impegno scomoda» (Tsing 2004) per l’attivismo ecologico, per la valorizzazione del patrimonio culturale e la promozione turistica nello scenario conflittuale contemporaneo.

L’Italia è uno dei tre Paesi europei (insieme all’Austria e alla Grecia, ma un processo di ampliamento di questa nomina UNESCO è in atto per altri sei Paesi europei: Francia, Spagna, Albania, Romania, Croazia, Lussemburgo) in cui è stata riconosciuta la transumanza come bene alla Lista UNESCO per il patrimonio immateriale. Questa inclusione nella ICH List UNESCO impatta, oggi, in modo rilevante sul pastoralismo, ora inquadrato come patrimonio dell’umanità, trasformandolo in una commodity, un bene di consumo turistico, un brand commerciale, una pratica ‘folkloristica’ profondamente snaturata dalle regole del mercato, dalle certificazioni di qualità, dai disciplinari europei e dalla PAC (Bendix et al. 2012; Grasseni 2011; Bindi, in corso di stampa).

In Europa, il dibattito sulle forme di sinergia tra patrimonio naturale e culturale è incentrato soprattutto sulla conservazione degli habitat e del paesaggio (Magnaghi 2010). La ricerca in questo settore ha messo in luce la pastorizia come pratica bioculturale, all’incontro di saperi e valori tradizionali, paesaggi e biodiversità, un codice consuetudinario connesso a un modo resiliente di guadagnarsi da vivere. Nelle regioni europee e mediterranee caratterizzate storicamente dal pastoralismo estensivo questa pratica ha profondamente influenzato le strutture sociali e i modi di vita, i rapporti di parentela, le rappresentazioni simboliche e gli insediamenti (Delavigne e Roy 2004). Oggi, una certa promozione territoriale fatta di fretta, dall’alto e senza grande attenzione agli elementi di radicamento bioculturale sedimentati nei territori, rischia di cancellare o incrinare questo insieme di saperi e di pratiche.

Le ricerche inerenti implicano una radicale multidisciplinarietà:  il contributo delle scienze sociali, del recupero e della pianificazione del paesaggio, dell’economia rurale e degli studi ambientali per la rivitalizzazione e lo sviluppo sostenibile delle aree interne (De Rossi 2019) che riconosce tali spazi come “systemic margins” (Sassen 2014: 238) in cui le persone sono in grado di sperimentare nuove forme di economia locale, nuove forme di appartenenza e una potenziale nuova economia fondamentale (Yuval-Davis 2006; Mee – Wright 2009; Wright 2014; Barbera et al. 2016).

L’attenzione che da tempo è stata riservata ai tratturi e alle vie di transumanza e alle pratiche del pastoralismo tradizionale non ha impedito, tuttavia, l’abbandono e progressiva destrutturazione e obsolescenze delle antiche infrastrutture di mobilità che per secoli hanno rappresentato l’ossatura delle nostre aree interne nella loro vivace e fitta relazione con le piane e la costa. I tratturi sono divenuti, come molte altre porzioni rilevanti dei territori rurali, bene commerciale, oggetto conteso di concessioni e rimborsi, in molti casi ai limiti dell’uso legale di questi patrimoni ambientali, come è stato rilevato negli ultimi anni da chi si è dedicato in modo specifico all’osservazione del sistema più o meno corretto e ufficiale delle quote pascoli e dai gruppi e associazioni che in diversi luoghi stanno, negli ultimi anni, sperimentando la gestione condivisa degli usi civici e delle comunanze.

Stazzo di Cardito, Fattoria Scialanga, 2020 (ph. Letizia Bindi)

Stazzo di Cardito, Fattoria Scialanga, 2020 (ph. Letizia Bindi)

A differenza di quanto già accaduto da tempo in Francia e in Spagna, l’associazionismo di categoria in Italia ha tardato a strutturarsi e svilupparsi e solo negli ultimi anni si sono costituite associazioni e strutture che dichiaratamente fanno della pastorizia il centro delle loro attività di salvaguardia e valorizzazione, ma anche di advocacy, sostegno, informazione nei confronti degli operatori del settore. Tra queste associazioni (Asso.Na.Pa., Associazione Pastoralismo Alpino, Ruralpini, ecc.) troviamo la Rete APPIA per la Pastorizia che volutamente raccoglie in un’unica realtà associativa operatori del settore, allevatori, pastori transumanti, studiosi, attivisti con la finalità di sostenere e sensibilizzare ai temi del pastoralismo, di supportare gli allevatori e pastori rispetto alle diverse problematiche di carattere pratico, normativo, ambientale: la gestione dei pascoli, la controversa relazione con i grandi predatori, le norme inerenti il pascolamento, la produzione e lavorazione del latte e delle carni, la delicata questione della lana e dell’artigianato ad essa connesso, il crescente interesse turistico verso le pratiche dei pastori, gli ecomusei centrati su aree e pratiche di pascolo e allevamento. La Rete in questo senso si pensa come un soggetto associativo che punta ad assolvere alla funzione di mediatore delle esigenze, urgenze e istanze dinanzi alla complessità contemporanea fatta di politiche agricole comuni (PAC), di protocolli, disciplinari di produzione, normative nazionali ed europee particolarmente stringenti, progetti di sviluppo rurale sostenibile.

In Francia e Spagna da tempo esistono aree riservate e Case della Transumanza che si costituiscono come centri di documentazione sul pastoralismo, ma anche sulla conservazione e valorizzazione della biodiversità allevata (riproduzione e salvaguardia di linee ovine, caprine, bovine in declino) e delle pratiche di custodia dei pascoli e dei tracciati di transumanza e della loro storia. In Italia esiste un’esperienza ecomuseale specificamente dedicata a questo a Pontebernardo, nel Cuneese, che è centrata sulla pastorizia estensiva tra la Valle Stura e la piana de la Crau nell’area di competenza, non a caso, de la Maison de la Transhumance. Analogamente, in area appenninica centro-meridionale, si sviluppano cammini e centri di interpretazione territoriale come l’Ecomuseo Itinerari Frentani che da qualche anno sta ricomponendo il tracciato tratturale e le sue storie attraverso un sistema di cammini condivisi e di approfondimento animati da un gruppo di cultori delle memorie e delle storie locali (Belliggiano – Bindi – Ievoli 2021).

Sempre in Francia e in Spagna sono attive da alcuni anni delle Scuole di Pastorizia che si propongono la finalità di formare nuove generazioni di pastori e allevatori capaci, avvertiti e in armonia con l’ambiente circostante. Partendo da una certa tendenza alla pastorizia di ritorno nelle giovani generazioni, le Scuole sono pensate per fornire informazioni pratiche e prospettiche, quadri normativi, strumenti di innovazione, consapevolezza del valore patrimoniale e il potenziale turistico delle attività allevatoriali. Anche in Italia, da circa un anno, si sta affinando l’offerta formativa della Scuola Nazionale di Pastorizia (SNAP) che prende spunto dalle esperienze europee già menzionate fornendo informazioni pratiche e riflessioni di sfondo, sollecitazioni culturali e prospettive di sviluppo. L’offerta formativa di SNAP, gestita in modo congiunto da Rete APPIA, CREA, Riabitare l’Italia, Agenform, Università degli Studi di Torino e Fondazione Vismara, sarà articolata in diversi moduli e risponderà a diversi obiettivi e attori del territorio. Contestualmente proprio in questi mesi, un analogo esperimento di Scuola di Pastorizia si sta avviando in Sardegna nel quadro di un progetto regionale, che ambisce però a una fruizione di carattere nazionale, finanziato da un GAL.

Si sono, inoltre, diffuse alcune esperienze di rivitalizzazione del settore della pastorizia estensiva in aree segnate da particolare fragilità, come, in particolar modo le aree appenniniche segnate dai terremoti del 2009 e più recentemente del 2016 e 2017. Alcune comunità laziali, abruzzesi, marchigiane e umbre hanno pensato che la pastorizia e quello che ad essa si connetteva potesse rappresentare un volano di rigenerazione territoriale. Si stanno sviluppando, così, dei gruppi e collettivi impegnati nella salvaguardia e rivitalizzazione delle attività connesse all’allevare, alla caseificazione secondo tecniche tradizionali, alla ripresa della produzione di lana di pecore autoctone e con colorazioni naturali e una serie di proposte di cammini (CAI, Associazioni locali, Cammino delle Terre Mutate, Tratturo Coast to Coast, Cammino del tratturo lungo le linee di transumanza dall’Appennino alla Puglia, ma anche in area alpina le attività di ricerca e i podcast dedicati (Beh!) alla pastorizia del Gruppo ‘Montagne in Movimento’).

A un livello ancora più ampio di valorizzazione e sensibilizzazione negli ultimi anni la FAO ha deciso di aprire un Hub interamente dedicato all’ascolto e l’interlocuzione con le associazioni e soggetti impegnati nella tutela, difesa e supporto dei pastori delle diverse aree del pianeta (Pastoralist Knowledge Hub della FAO, https://www.fao.org/pastoralist-knowledge-hub/what-we-do/who-we-are/en/), così come si è costituito il board internazionale che a livello globale sta cercando di strutturare e dare sostanza a una rete di cooperazione e pressione coesa e sostenibile per richiedere alle Nazioni Unite che il 2026 sia dedicato alla salvaguardia e tutela dei Pascoli e del Pastoralimo (IYRP 2026, International Year for Rangeland and Pastoralism, https://iyrp.info ). 

Provincia di Pescara, la pastora di Sala Vecchia, 2016 (ph. Mauro Vitale)

Provincia di Pescara, la pastora di Sala Vecchia, 2016 (ph. Mauro Vitale)

La proposta formativa

Abbiamo già rilevato come la pastorizia estensiva costituisca un campo di ricerca di straordinaria ricchezza e vitalità: esso, infatti, può avvalersi dei contributi di molte discipline, può mettere in relazione dimensioni spaziali e temporali differenti, così come una pluralità di ambiti formativi. E, soprattutto, è in grado di attivare, in virtù di queste sue caratteristiche, sinergie interessanti e inedite. È quanto è successo con la progettazione del corso di formazione “Il pastore è un guardiano di futuro”, nato da una sorta di triangolazione virtuosa: gli studi, le riflessioni e le ricerche sul pastoralismo si sono incontrati con le iniziative dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Macerata e con l’offerta formativa dell’Istituto Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Macerata. Subito dopo i terremoti del 2016 e dell’inverno 2017, l’Istituto Storico ha iniziato ad operare nelle terre appenniniche con i “Cantieri Mobili di Storia”, un progetto itinerante tra passato e presente nei paesi del dopo-sisma caratterizzato da alcuni obiettivi di fondo: lavorare insieme con le comunità perché non perdano l’identità e la propria storia;  conoscere quello che i sociologi chiamano “il capitale territoriale”, vale a dire le competenze presenti in queste zone, frutto di processi  secolari di formazione e sedimentazione. Nel corso dei numerosi incontri con le comunità appenniniche, il passato dei centri colpiti dal sisma, le tradizioni e i saperi territoriali sono stati lo spunto per discutere su nuove esperienze di imprenditoria e di sviluppo sostenibile, ancorate alle antiche radici e alle competenze presenti nel territorio, ma non ancora sufficientemente conosciute e valorizzate.

L’idea di un corso sulla pastorizia non si sarebbe comunque concretizzata senza l’apporto dell’Istituto Agrario che lo ha inserito nella propria offerta formativa, per aprire il curricolo scolastico ad una comprensione più ampia della complessità culturale e socio-economica del sistema montagna. L’Istituto scolastico è ubicato in un’area geografica contornata dai Monti Sibillini, ed è quindi sensibile nel cogliere tutte le occasioni di riflessione che possano favorire la costruzione di una “cittadinanza ambientale”, orientando le giovani generazioni a guardare agli Appennini come un possibile modello di economia sostenibile e a riscoprirne il valore culturale così come le potenzialità socio-economiche. La scuola, inoltre, nella sua lunga storia di oltre 150 anni, ha mantenuto la vocazione alla sperimentazione; non a caso sono state condotte in passato esperienze esplorative di ricerca sul fenomeno della transumanza. Gli studenti hanno avuto modo negli anni scorsi  di incontrare  esponenti della vecchia e della nuova generazione di pastori nel circondario dei Sibillini; hanno intervistato, osservato e percorso sentieri in montagna per ascoltare storie di vita con l’intento di rilevare le trasformazioni avvenute nell’alimentazione, nelle tradizioni, nei costumi e nel tessuto sociale di piccole comunità; di cogliere gli apporti e le conseguenze determinate dalle innovazioni e di valutare al tempo stesso le cause che nel corso degli anni hanno causato l’abbandono di alcune aree e il depauperamento dei territori.

Il corso che proponiamo è composto di 6 incontri, dedicato ai diversi temi e domande del pastoralismo, che sappia articolare le questioni e le domande, le narrative e le informazioni pratiche nei diversi territori. Al tempo stesso si è pensato di promuovere una riflessione articolata in diversi appuntamenti per formare e informare sui temi sopra delineati, capace di intrecciarsi con la più generale riflessione sul valore culturale e patrimoniale della pastorizia e delle attività agrarie per le comunità della dorsale appenninica, sulla riarticolazione del rapporto tra piane e montagna, tra costa e interno del Paese. L’idea centrale è quella di far crescere la partecipazione degli studenti e dei docenti partecipanti ai processi di rivitalizzazione e patrimonializzazione della pastorizia estensiva e mettere in sicurezza il sistema di trasmissione dei saperi e la consapevolezza del valore di questa attività per le comunità di pratica locali. In questo senso l’offerta formativa pensata si candida a essere ripetibile e adattabile anche ad altre realtà formative, in territori diversi: una proposta di PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) potenzialmente estendibile ad altri contesti che si trasformi in un’occasione di lettura e interpretazione trasversale, multidisciplinare, responsabile della società rurale circostante attraverso l’analisi delle diverse implicazioni del pastoralismo sull’ambiente, le comunità, le politiche, le economie e la cultura.

Il primo incontro –Paesaggi, storie e patrimoni bio-culturali del pastoralismo – prevede una sorta di introduzione alla salvaguardia del pastoralismo, come patrimonio paesaggistico, di biodiversità, di saperi e pratiche. I processi di destrutturazione del settore, le frizioni della modernità, le trasformazioni e il recente processo di patrimonializzazione sia in termini di salvaguardia delle infrastrutture paesaggistiche e viarie che di tutela dei saperi e delle pratiche: le trasformazioni e ambivalenze della tarda modernità vengono lette attraverso la lente del pastoralismo. Verranno restituite le esperienze di nuovi pastori, casari, camminatori e appassionati di montagna, transumanze e cammini; le reti nazionali e internazionali di valorizzazione e tutela del comparto (APPIA, Anno Internazionale dei pascoli e del pastoralismo delle Nazioni Unite, Scuola Nazionale di Pastorizia, Ecomusei della Pastorizia e rigenerazione territoriale). Oltre a una introduzione della Dirigente dell’Istituto Agrario che ha dato avvio a questa proposta didattica, Maria Antonella Angerilli e di Paolo Coppari, ideatore insieme con Letizia bindi del Corso di formazione, già presidente dell’Istituto Storico di Macerata, coordinatore dei Cantieri Mobili di Storia e del gruppo di lavoro su Paesaggi/Passaggi tra costa e montagna.

pastoralismonuovoVi saranno due contributi: della stessa curatrice del corso, Letizia Bindi, antropologa, docente di Discipline Demoetnoantropologiche presso l’Università degli Studi del Molise, Direttrice del Centro di Ricerca BIOCULT e membro del Board Internazionale dell’IYRP 2026, del Pastoralist Knowledge Hub della FAO, del Direttivo della Rete APPIA per la Pastorizia e del Consiglio Scientifico della SNAP. L’altro contributo sarà di Marco Giovagnoli, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro e di Storia e cultura dell’Alimentazione presso l’Università di Camerino.

Un secondo incontro sarà dedicato ai SERVIZI ECO-SISTEMICI E RAPPORTI COL TERRITORIO. La pastorizia non è solo una forma di produzione di materie preziose per la filiera agroalimentare e di derivati utili alle attività artigianali (lana, pelli, ecc.). Nella pratica della pastorizia estensiva si conserva una forma di cura e vigilanza sui territori che si costituisce come insieme di attività preziose per la buona conservazione dell’ambiente e per una consapevolezza delle urgenze e frizioni ambientali determinate dai cambiamenti della contemporaneità. Sempre più spesso si vuole riconoscere alla pastorizia una valenza di cura e monitoraggio che potrebbe anche corrispondere a sostegni e compensazioni per i rischi connessi al cambiamento climatico o alla relazione tra produzioni, parchi, protezione delle specie animali anche quelle di grandi predatori.

A questo incontro prenderanno parte Luca Battaglini, Docente di Scienze Animali presso l’Università degli Studi di Torino che svilupperà in modo particolare i temi della sostenibilità e dimensione etica dei sistemi produttivi negli allevamenti, con particolare riguardo agli allevamenti estensivi e pastorali in aree montane e alla loro biodiversità, al paesaggio culturale zootecnico e ai servizi ecosistemi connessi. Ne saranno relatori Antonello Franca, Ricercatore del CNR Sardegna, esperto di pastoralismo e sistemi di allevamento nelle loro frizioni e ambivalenze e membro del progetto dell’European Research Council, Pastres e Paride D’Ottavio, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche.

Un terzo incontro sarà centrato intorno a Pastorizia e agricoltura sostenibili, montagna e pianura, vie d’erba e tutela del patrimonio pastorale. Il pastoralismo estensivo ha plasmato storicamente il paesaggio rurale europeo e italiano in particolar modo, intessendo una relazione fitta e variegata tra aree interne del Paese e coste/pianure, tra aree a bassa intensità demografica e col tempo sempre più spopolate e aree urbane produttive e progressivamente sempre più industrializzate. La pastorizia estensiva ha rappresentato a lungo uno degli elementi cardine di questa fitta rete di rapporti e scambi: economici e socio-culturali. Al tempo stesso questa relazione può essere oggi riletta e ripensata secondo una nuova idea di aree interne o fragili e aree popolose e produttive, incrinando le logiche estrattive ed egemoniche che hanno in passato segnato la progressiva obsolescenza delle pratiche tradizionali di pastoralismo e che oggi invece tornano a suggerire forme più sostenibili di convivenza e di rispetto. Interverranno al seminario Augusto Ciuffetti, storico, docente di storia economica e sociale presso l’Università Politecnica delle Marche, esperto di storia dell’Appennino e delle relazioni tra aree montane dell’Appennino e aree costiere e urbane della pianura, di reti e relazioni storiche tra componenti e dimensioni culturali diverse del territorio centrale e interno del Paese. Insieme a lui sarà relatore di questo incontro, Marco Moroni, già docente di Storia economica alla Politecnica delle Marche; tra degli ideatori dei Cantieri Mobili, estensore di diversi saggi su queste tematiche oltre che sugli Appennini.

Il quarto incontro sarà centrato su Biodiversitá, saperi zootecnici, relazione interspecifica, benessere animale. La pastorizia ha nei secoli garantito la conservazione di numerose specie e varianti genetiche e specifiche razze e ha visto avanzare in modo importante i saperi e le pratiche che hanno permesso di produrre materie prime di qualità, di plasmare le specie animali così come il paesaggio. Dall’altro il pastoralismo tradizionale ha garantito prodotti alimentari di alta qualità, sostenibili, più salubri, garantendo un minor impatto ambientale e una migliore qualità di vita degli animali rispetto agli standard dell’allevamento sedentario e intensivo che riduce gli animali a pura merce. Ne saranno relatori Fabio Pilla, docente di Zootecnia Generale e Miglioramento genetico presso l’Università degli Studi del Molise, esperto di filiere ovine merinos, di allevamento ovino e bovino transumante e Alessandro Rossetti, Biologo del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Il quinto seminario mira ad approfondire le Politiche e i diritti della pastorizia attraverso l’analisi della gestione e governance dei tracciati di pastorizia e dei pascoli, la loro messa a valore attraverso il sistema delle quote PAC, la delicata questione delle comunanze e degli usi civici. Sempre più spesso i terreni pastorali sono al centro di pratiche ambivalenti quando non esplicitamente illegali e i numerosi casi raccolti nei territori montani e pastorali da studiosi e giornalisti attenti al tema lo dimostra con grande evidenza. Per questo parteciperanno a questo seminario: Lina Calandra, docente di Geografia presso l’Università degli Studi de L’Aquila, esperta di conflittualità ambientale e dinamiche territoriali criminogene e Giannandrea Mencini, giornalista, autore di Pascoli di carta (2021), centrato sulle molte controversie e cause giudiziarie inerenti usi e abusi dei pascoli in tutto il territorio italiano.

Per concludere il percorso di sei appuntamenti, l’ultimo incontro sarà centrato sulla Multifunzionalitá delle aziende e turismo legato alla pastorizia. Si tratterà di turismo sostenibile e cammini lungo i tracciati di pastorizia, rigenerazione e rivitalizzazione delle filiere agroalimentari e di valorizzazione culturale e turistica in aree di tratturo o di alpeggio. Un particolare focus sarà dedicato agli ecomusei come una delle forme di sviluppo neo-endogeno nei territori caratterizzati dal pastoralismo. Il relatore di questo incontro sarà Angelo Belliggiano, docente di Economia agraria presso l’Università degli Studi del Molise, Presidente del Corso di studi in Scienze e Tecnologie Agrarie e Forestali, esperto di sviluppo rurale sostenibile, neo-endogeno, di filiere lattiero-casearie, di turismo rurale e rigenerazione territoriale delle aree fragili. L’intero percorso formativo verrà quindi commentato e concluso da Annalisa Cegna, direttrice scientifica dell’Istituto Storico di Macerata, da Grazia Di Petta, responsabile della formazione dell’I.I.S. Garibaldi di Macerata e dagli stessi curatori dell’intero percorso, Letizia Bindi e Paolo Coppari.

La pastorizia rappresenta l’occasione e il campo politico in cui comprendere criticamente le nuove retoriche e le rappresentazioni della ruralità nonché i nuovi processi decisionali sullo sviluppo locale. Il campo pastorale rimodulato e narrato diventa lo scenario in cui emergono con chiarezza le frizioni di un mercato agroalimentare sempre più competitivo e le diverse politiche di sviluppo locale. 

Dialoghi Mediterranei, n. 54, marzo 2022
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Letizia Bindi, docente di discipline demoetnoantropologiche e direttore del Centro di ricerca ‘BIOCULT’ presso lo stesso Ateneo molisano. Presidente dell’Associazione “DiCultHer – FARO Molise” per la piena attuazione della Convenzione di Faro nel territorio regionale molisano. Si occupa di storia delle discipline demoetnoantropologiche, di rapporto tra culture locali e immagini della Nazione nella storia italiana recente e sulla relazione più recente tra rappresentazione del patrimonio bio-culturale e le forme di espressione digitale. Su un fronte più strettamente etnografico ha studiato negli scorsi anni i percorsi di integrazione dei migranti, alcuni sistemi festivi e cerimoniali, la relazione uomo-animale nelle pratiche culturali delle comunità rurali e pastorali, la transumanza dinanzi alle sfide della tarda modernità e della patrimonializzazione UNESCO. Visiting Professor in varie Università europee, coordina alcuni progetti internazionali sui temi dello sviluppo territoriale sostenibile e i patrimoni bio-culturali (EARTH – Erasmus + CBHE Project con Università Europee e LatinoAmericane) e il Progetto ‘TraPP (Trashumancia y Pastoralismo como elementos del Patrimonio Bio-Cultural) in collaborazione con le Università della Patagonia argentina.
Paolo Coppari, già docente di Lettere presso la Scuola Secondaria di I grado, è autore di pubblicazioni di didattica della storia, ha svolto attività di insegnamento presso la Scuola Interuniversitaria di Specializzazione all’Insegnamento Secondario dell’Università di Macerata e collabora da anni con Clio ’92, Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia. Nel 2008 è stato tra i fondatori della rete regionale “Le Marche fanno Storie” che ha coordinato nei suoi sette anni di attività, con la realizzazione di corsi di formazione nell’ambito dell’insegnamento della storia e dell’educazione alla cittadinanza, la promozione di esperienze di innovazione didattica e l’organizzazione di convegni ed eventi regionali.  Dal 2016 al 2019 ha ricoperto la carica di presidente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea “M. Morbiducci” di Macerata per il quale segue e coordina i “Cantieri Mobili di Storia” nei paesi del doposisma: un progetto itinerante nell’entroterra maceratese.

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