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Famiglie e dinamiche sociali e culturali in “Midsommar” di Ari Aster

locandinadi Giorgia Castrofilippo

Nell’eclettico panorama cinematografico contemporaneo, poche opere hanno saputo coniugare la narrazione visiva e la profondità di analisi antropologica. Con il film Midsommar, Ari Aster non solo è riuscito nel suo intento, ma è stato in grado di rendere la pellicola distinguibile, oltre che per la sua durata considerevole (148 min e 172 min nella director’s cut), anche per la complessità dei temi umani e culturali che trae dal suo tessuto narrativo.

L’opera si evolve in un’esperienza cinematografica coinvolgente da un punto di vista tanto emotivo (per la presenza di scene gore e sanguinolente, in particolar modo nei rituali) quanto riflessivo, in particolare se si pensa a due aspetti ampiamente discussi in antropologia: il legame di sangue e la famiglia. Mi soffermo sulla raffigurazione di tali concetti all’interno del contesto antropologico proposto da Midsommar, poiché la trama si intreccia con l’analisi delle dinamiche sociali e dei rituali culturali. E qui potrebbero sorgere varie domande: in che modo viene rappresentata nell’opera cinematografica questa tensione tra l’individuo e la comunità che dovrebbe servirgli da appoggio sociale e anche da un appoggio spesso tralasciato, quale quello emotivo?  In che modo si evince la costante ricerca dell’identità della protagonista e della comunità fittizia di Hårga in un contesto di riti ancestrali? E in che modo avviene questa metamorfosi delle relazioni familiari nell’ambito di una cerimonia estiva apparentemente idilliaca?

Partendo dall’inizio, per coloro che potrebbero non essere familiarizzati con il film o conoscerlo solo superficialmente, la trama principale ruota sulle vicende di una giovane donna americana di nome Dani. Quest’ultima è reduce di un grave trauma, avendo perso la sua famiglia a causa del suicidio della sorella affetta da disturbo borderline, evento che ha tragicamente coinvolto entrambi i genitori mentre la protagonista si trovava fuori città. Il nucleo centrale della narrazione coinvolge anche altri giovani statunitensi, nonché studenti di antropologia: Christian, il fidanzato di Dani, Josh, Mark e Pelle, quest’ultimo originario della comune di Hårga. Tutti loro decidono di intraprendere un viaggio verso la menzionata comune, poiché Josh ha l’intenzione di dedicare la sua tesi a tale comunità. Nonostante Dani accetti di unirsi al viaggio con i suoi amici, la sua sfera emotiva rimane ancora fortemente influenzata dal lutto. In lei persiste quel desiderio di trovare conforto e sostegno nel suo fidanzato, ma ciò di cui Dani non è consapevole, tuttavia, è che Christian sta segretamente cercando di porre fine alla loro relazione. La recente perdita subita da Dani crea un vincolo illusorio e costrittivo, intrappolando entrambi in una dinamica relazionale che impedisce a Christian di adempiere al suo ruolo ideale di partner.

da Midsommar, di

da Midsommar, di Ari Aster

Ecco che notiamo sin da subito che Midsommar non è un film che arriva dritto al punto, ma procede «per spinte e scricchiolii» (Deleuze 1998: 42), si svolge in una lentezza tale da sorprendere lo spettatore pian piano pur incuriosendoti sin dall’inizio. In questo viaggio nell’animo umano, Midsommar si configura come un’opera d’arte visiva e concettuale che sfida gli spettatori a confrontarsi con le loro concezioni preconcette di appartenenza e legame familiare. Ari Aster introduce la protagonista in questo contesto, segnalando sin da subito il suo ruolo cruciale all’interno della trama. Il personaggio di Dani e il rapporto che ha con Christian e, successivamente, con la comune svedese, costituiscono un punto di partenza per analizzare un concetto fondamentale degno di un’attenta analisi: la famiglia.

Midsommar e la rispettiva rappresentazione della comune ci spingono innanzitutto a riflettere su quanto possa essere complessa e sfaccettata la nostra concezione di famiglia e appartenenza nella contemporaneità. Il concetto di famiglia è il primo pensiero che sorge spontaneo quando si pensa a un ideale di conforto o di sicurezza. La famiglia è dove si cresce, dove si imparano i valori, il rispetto, l’amore, si veicola la trasmissione di valori culturali, le norme, il supporto emotivo, l’organizzazione economica e la condivisione delle risorse. Dani, perdendo la sorella e i genitori, ha perso tutto, trasformandosi in un’anima errante priva di una direzione precisa, uno scarabocchio in continuo movimento incapace di stabilizzarsi. Si trova in un costante stato di ricerca per quei valori unici che solo la sua famiglia riusciva a conferirle. Ma proprio perché i valori a cui era abituata erano propri della sua famiglia e sono spariti con la loro morte, è estremamente improbabile che questi li possa trovare in un’altra persona, neppure se si tratta del suo ragazzo.

In antropologia – è noto – il concetto di famiglia è oggetto di ampie ricerche. Cos’è, gerarchicamente parlando, una famiglia? Partendo dalla sua definizione più elementare, può essere innanzitutto definita come un gruppo sociale dentro il quale si stabiliscono legami di parentela, di sangue, adozione o legami coniugali, e che generalmente condivide uno spazio abitativo e risorse. Nella prospettiva teorica della riproduzione di Pierre Bourdieu (1977), la famiglia è concepita come un’istituzione che, alla luce delle dinamiche sociali più ampie, assume un ruolo subordinato all’interno della struttura sociale. La teoria della “riproduzione simbolica” approfondisce ulteriormente questa nozione, sottolineando come la famiglia svolga un ruolo cruciale nel plasmare le prime e spesso impercettibili inclinazioni che in futuro potranno tradursi in scelte pratiche all’interno di sfere di conflitto sociale. In questa prospettiva, la famiglia è considerata un ambiente in cui si avviano e si interiorizzano le prime forme di socializzazione, che in seguito avranno un impatto significativo sulle scelte individuali all’interno di contesti sociali complessi e in lotta tra loro. Ma il concetto di famiglia non è universale, così come non lo è quello di cultura: ciò che costituisce una “famiglia” in una società potrebbe differire in maniera significativa in un’altra.

Spesso, collegato al concetto di famiglia c’è il sangue. Il sangue, secondo Engelke, è «la forma primaria di identità, ed è in base a esso che ogni altro rapporto rientra in una determinata categoria» (Engelke 2018: 132).

«Schneider afferma che […]  i rapporti di sangue assumono una valenza ‘quasi mistica’ nella cultura americana. […] L’aspetto più notevole di questo sistema culturale è la gerarchia delle relazioni biologiche e sociali. La biologia – il sangue – rappresenta sempre la vera realtà, il terreno sul quale si costruiscono gli altri rapporti. […] In questo sistema americano, […] in quello che potremmo definire più in generale la visione moderna, parentela e biologia convergono in un singolo punto. […] È la biologia a stabilire immancabilmente i termini del sistema di parentela» (Engelke 2018: 132). 

61puwburihl-_ac_uf10001000_ql80_Engelke trae la prospettiva teorica sviluppata dall’antropologo David Schneider. Questa citazione sottolinea l’importanza dei legami di sangue nella cultura americana e come tali legami spesso siano considerati fondamentali e quasi mistici nella definizione delle relazioni familiari e sociali. In Midsommar il concetto di famiglia e il suo significato rivestono un ruolo centrale per il personaggio di Dani. Il perché Schneider ricorra al termine “mistico” per descrivere i rapporti di sangue sta nel fatto che la biologia, rappresentata dal concetto di sangue, diventa la base su cui si erigono altre relazioni sociali ed emotive. In questa prospettiva, la gerarchia delle relazioni sia biologiche che sociali si fonde in un punto centrale, dando alla biologia il potere di stabilire in modo inderogabile i fondamenti del sistema di parentela.

Nel film, è possibile interpretare l’importanza attribuita dalla protagonista Dani alla sua famiglia e alle sue relazioni come un riflesso di questa prospettiva culturale. Dani, con le sue esperienze traumatiche e il bisogno di un sostegno emotivo da parte del suo fidanzato Christian, potrebbe percepire il legame di sangue con la sua famiglia come un punto fermo nella sua identità e nel suo sistema di appartenenza. Dopotutto, 

«è utile ribadire qui, per inciso, il principio che le relazioni instaurate con i nostri simili sono strettamente intrecciate con il senso che attribuiamo all’identità e alla sua – non secondaria – attuazione pragmatica nelle varie situazioni in cui incappiamo. […] Le relazioni contano, in ogni campo, soprattutto se si parla di identità, nozione ingannevole!» (Montes 2023). 

In un ambiente culturale in cui la biologia è vista come la “vera realtà” e il fondamento delle connessioni umane, l’evoluzione delle dinamiche familiari per Dani ha impatti profondi sulla sua percezione di sé e sulla sua interazione con gli altri personaggi nel film. Attraverso questa analisi dell’importanza della famiglia e alla luce delle prospettive di Schneider, è possibile gettare nuova luce sull’evoluzione della protagonista nel corso del film e sulla complessa interazione tra cultura, famiglia e identità nella sua esperienza.

da Midsommar, di ari

da Midsommar, di Ari Aster

Più avanti nel film, Dani sperimenta sempre di più un senso di appartenenza alla comunità di Hårga, nonostante la mancanza di legami di sangue, e questo avviene anche con il verificarsi di una serie di dinamiche e di fattori culturali ed emotivi. Tutto ciò può essere interpretato alla luce delle riflessioni di Schneider sulla centralità dei legami biologici nella cultura americana. La comunità di Hårga offre una prospettiva del mondo intrisa di unicità e radicata in millenarie tradizioni, una prospettiva che potrebbe risuonare profondamente con il percorso di ricerca di senso e identità intrapreso dalla protagonista. Esemplificazioni rivelatrici emergono nei momenti in cui Dani è convocata nella cucina condivisa, coinvolta attivamente nella preparazione dei pasti del pranzo, nonché nelle occasioni in cui è sollecitata a partecipare a rituali di risonanza ancestrale, quali danze e canti. Tali coinvolgimenti possono armonicamente tessere un legame di connessione profonda con gli altri membri della comunità, un’intima interconnessione che potrebbe affondare le proprie radici nei legami familiari e nei vincoli di sangue. L’idea di appartenenza di Dani a questa comunità è opposta alle dinamiche culturali e sociali sottolineate dalla prospettiva teorica di David Schneider: nonostante l’assenza di vincoli genetici e biologici, emerge chiaramente che ciò che concorre a plasmare questa forma di appartenenza non è altro se non la tessitura quotidiana di esperienze condivise, quale elemento fondante e saldante.

136871-_sy475_In contrasto con l’approccio di Schneider, emerge il lavoro di Carol B. Stuck, il cui studio si concentra sui Flats, una piccola comunità afroamericana situata in una cittadina del Midwest. Stuck dimostra che i legami di parentela biologica, che Schneider considera come cardine fondamentale, non possiedono la medesima centralità all’interno del contesto dei Flats. Come argomenta l’autrice, in ultima analisi, alcune “parentele personali”, radicate in reali relazioni sociali di assistenza e mutuo soccorso, prevalgono sui legami di sangue. Le famiglie dei Flats sono consapevoli che il loro sistema di relazioni interpersonali “accessibili a tutti” (analogo a quello rilevato nella comunità di Hårga), non gode di riconoscimento da parte dello Stato, il quale invece aderisce al paradigma delineato da Schneider. Questo punto di vista ci consente di illuminare il fatto che il modello prospettato da Schneider intende presentare una visione normativa della struttura parentale americana. In tal senso, non solo cerca di spiegare la parentela così come si manifesta, ma, ancor più significativamente, come dovrebbe idealmente presentarsi secondo gli standard statali, l’expertise delle scienze sociali, le autorità morali e simili (Engelke 2018).

Se mettiamo a paragone la comunità dei Flats con la fittizia comunità di Hårga, entrambe sembrano mettere in evidenza l’importanza delle “parentele personali” o delle relazioni interpersonali basate su assistenza reciproca, solidarietà e mutuo soccorso. Nella comune di Hårga, gli abitanti partecipano a rituali collettivi e pratiche che creano legami di vicinanza e sostegno, come evidenziato dalle scene di condivisione delle sofferenze di Dani e dal coinvolgimento da parte della comune di far partecipare Dani attivamente agli eventi. Nella comunità dei Flats, le relazioni sociali di assistenza e supporto sembrano essere altrettanto centrali nella definizione delle relazioni familiari; entrambe le comunità sembrano offrire un senso di appartenenza e partecipazione aperta a tutti i membri e sembrano rappresentare un’alternativa alle strutture di potere e alle norme sociali predominanti.

Engelke, nell’ottica di sottolineare l’eventuale ruolo secondario o persino marginale dei legami di parentela biologica, fa riferimento agli Iñupiaq, popolazione nativa dell’Alaska, come esemplare paradigmatico:

«Presso gli Iñupiaq, il legame esistente tra genitori, figli e fratelli non è necessariamente solido né crea un forte senso di obblighi o rapporti reciproci assoluti. […] L’adozione è molto diffusa tra questi nativi dell’Alaska: i bambini possono spostarsi da una famiglia all’altra. […] Tutto questo non significa che le varie forme di solidarietà di gruppo non contino; in realtà, esse mantengono intatta la loro importanza, non solo all’interno della famiglia, ma anche, per esempio, tra gli equipaggi delle baleniere. Si tratta dunque di una cultura in cui ha perfettamente senso un’affermazione come ‘una volta era mio cugino’» (Engelke 2018: 139). 

È interessante notare che il concetto di “famiglia”, nella sua accezione secondo la prospettiva euro-americana occidentalizzata, non trova corrispondenza nella lingua iñupiaq, oppure, quantomeno, non è possibile rintracciare un equivalente diretto di tale termine. Ciò deriva dal fatto che gli Iñupiaq stabiliscono i loro legami di parentela in modo intrinseco, non soltanto attraverso l’istituto matrimoniale, ma anche mediante una struttura familiare ancor più basilare. Questi legami vengono “rappresentati”, e quando ciò non avviene, tendono a svanire nell’oblio (Engelke 2018). Proprio come la cultura iñupiaq propone un’alternativa alla prospettiva occidentalista sulla famiglia, la comunità di Hårga presenta una visione divergente rispetto al contesto sociale e culturale occidentale. Tale distinzione si manifesta nel rifiuto dei valori tradizionali e nell’adozione di pratiche e credenze differenti, quali l’adozione collettiva di un bambino da parte di tutti i membri del villaggio e la condivisione degli spazi destinati al riposo notturno.

517v0t4dv8lRaymond Firth, etnologo neozelandese di grande rilievo nel campo dell’antropologia sociale, ha scritto su vari aspetti delle relazioni familiari e della vita quotidiana. Una delle sue opere più note che affronta questo tema è We, the Tikopia: A Sociological Study of Kinship in Primitive Polynesia (1936). In questo lavoro, Firth ha studiato la società dei Tikopia, un popolo delle Isole Salomone, analizzando in dettaglio le strutture di parentela, le dinamiche familiari e l’interazione sociale. Nel suo studio, Firth ha evidenziato come le relazioni familiari siano centrali nella vita quotidiana dei Tikopia e come siano profondamente intrecciate con le altre sfere dell’organizzazione sociale e culturale. Ha esaminato come le relazioni familiari influenzino l’economia, le gerarchie sociali, le pratiche religiose e altri aspetti della vita sociale. I Tikopia, infatti, elaborano ciò che può essere adeguatamente definito come una “teoria indigena”, dove il bambino, nutrito dall’intimità intrinseca dell’ambiente famigliare, sviluppa un legame affettivo unilaterale nei confronti delle figure parentali (Firth 1976: 200). Il rischio che si viene a creare, però, è che vi è la possibilità che i figli sviluppino un attaccamento eccessivo verso i genitori. Per mitigare tale eventualità, i Tikopia adottano ciò che definiscono come “fakasanisani”. Quest’ultimo comporta una serie di gesti, parole, carezze e sussurri attraverso i quali altri membri parentali cercano di deviare l’attenzione dell’infante da tali legami primari, stimolando ulteriori interazioni affettive. In un certo senso, possiamo affermare che tramite il concetto di “fakasanisani”, i Tikopia sottolineano l’importanza di stabilire una sorta di “barriera artificiale”, allo scopo di limitare, contrastare e, in alcuni casi, persino prevenire l’insorgenza di un attaccamento troppo intenso verso i genitori, che potrebbe manifestarsi all’interno del contesto familiare ristretto.

Firth ha inoltre introdotto la distinzione fra tre tipi di parentela: la parentela effettiva, non effettiva e fittizia. In una parentela effettiva, le relazioni di parentela sono basate sulla biologia, cioè i legami di sangue. Le relazioni di parentela effettiva includono quelle tra genitori e figli biologici, fratelli e sorelle condividenti gli stessi genitori biologici e così via. Nelle società in cui la parentela effettiva è centrale, l’importanza delle relazioni familiari è spesso basata sulla genetica e sulla continuità biologica. Inizialmente, Dani non ha legami di parentela effettiva con la comune di Hårga. Non condivide legami di sangue o biologici con i membri della comunità.

La parentela non effettiva riguarda invece le relazioni familiari che, sebbene non siano basate su legami biologici diretti, vengono comunque considerate parte del sistema di parentela. Ad esempio, adozioni, matrimoni e altre forme di legami familiari che coinvolgono persone non biologicamente imparentate possono rientrare in questa categoria. Le relazioni di parentela non effettiva possono avere un ruolo significativo nella struttura sociale e nelle reti di supporto in molte società. Durante il corso del film di Aster, anche gli altri personaggi sono coinvolti in dinamiche relazionali e rituali che implicano legami di parentela non effettiva: per esempio, il suo fidanzato Christian è invitato a partecipare a un rituale di procreazione con una donna della comunità. Questa pratica è parte della visione collettiva della fertilità e della procreazione nella comune, ma coinvolge attivamente un membro esterno (Christian).

da Midsommar

da Midsommar, di Ari Aster

Infine, il concetto di parentela fittizia si riferisce a legami di parentela che vengono creati, riconosciuti o manipolati per ragioni sociali, culturali o rituali, piuttosto che per legami biologici effettivi. In altre parole, la parentela fittizia è basata sulla percezione e sul riconoscimento sociale, piuttosto che sulla biologia. Questo può includere, per esempio, ruoli come padrino o madrina in alcune tradizioni religiose, o ruoli sociali che coinvolgono legami simbolici tra individui che non sono biologicamente imparentati. La relazione di Dani con la comune di Hårga potrebbe essere interpretata come una forma di parentela fittizia. Nonostante la mancanza di legami biologici o matrimoniali diretti, Dani è coinvolta in attività rituali e culturali che le conferiscono un senso di appartenenza e partecipazione alla comunità. Il suo coinvolgimento nei rituali, la partecipazione agli eventi e il suo ruolo nelle attività sociali della comune creano un legame simbolico e sociale che si avvicina alla parentela fittizia.

Coerentemente alla sua definizione di cultura, ovvero un sistema di simboli che le persone utilizzano per dare significato al mondo e per organizzare le loro esperienze, Lévi-Strauss sostiene che la famiglia non è semplicemente un aspetto naturale, bensì principalmente un risultato della società e della cultura, un’entità artificiale, quasi un’invenzione sociale. Di conseguenza, le sue dinamiche e le sue evoluzioni sono intimamente intrecciate con quelle della società in cui esiste, e le sue caratteristiche strutturali e relazionali subiscono variazioni nel corso del tempo e in contesti diversi.

61lhdyydccl-_ac_uf10001000_ql80_Ne Le strutture elementari della parentela rileva che la parentela è basata sull’alleanza tra due famiglie che viene a crearsi per via della proibizione dell’incesto, e questo porta una donna di un determinato gruppo sociale a sposare un uomo appartenente a un altro gruppo sociale. L’approccio di Lévi-Strauss ha contribuito a svelare come tali matrimoni interscambiabili creino legami sociali, alleanze e strutture di parentela che vanno oltre i singoli individui. La sua analisi ha enfatizzato l’importanza della struttura nella formazione della famiglia e delle relazioni di parentela, portando avanti la visione che i concetti culturali e sociali non debbano essere visti solo come oggetti isolati, ma come parti di un sistema più ampio. Un esempio di ciò emerge nella comune di Hårga, dove le donne, una volta raggiunta la maturità, intraprendono ciò che potremmo chiamare un “pellegrinaggio”, sebbene in realtà questa parola non renda pienamente l’idea. In effetti, esse partono con l’obiettivo di trovare un compagno e ritornano al villaggio in stato di gravidanza. Dopotutto, nella comune di Hårga, data la limitata popolazione, ci si preoccupa del fatto che se tutti gli abitanti si accoppiassero tra di loro, potrebbe verificarsi il rischio di relazioni incestuose e delle conseguenze associate. Tuttavia, all’interno del film vi è un personaggio di nome Ruben, un giovane ragazzo disabile frutto di incesto, il quale non ci è dato sapere che storia abbia alle spalle. Ruben è rappresentato come un oracolo o una sorta di veggente all’interno della comunità. La sua disabilità è vista come una connessione spirituale con il divino, e solo grazie a essa non è offuscato dalla razionalità a cui sono “vincolati” tutti gli altri. Il suo compito consiste nella realizzazione di dipinti astratti e agli anziani sacerdoti spetta la loro interpretazione.

L’incesto è stato oggetto di analisi approfondita da parte del sociologo contemporaneo Ian Robertson. Quest’ultimo ha cercato di offrire spiegazioni per comprendere la pervasività culturale di questo tabù. Un punto centrale riguarda la tradizione tribale di offrire i propri figli ad altre comunità, con l’intento di allargare legami sociali e creare alleanze per la protezione. Questa pratica ha portato all’istituzione del matrimonio combinato da parte dei genitori, un fenomeno che si è diffuso nel corso dei millenni in diverse culture. Questa decisione aveva altresì l’obiettivo di evitare la confusione dei ruoli all’interno delle famiglie, causata dai legami tra parenti prossimi, e di prevenire il problema della rivalità sessuale tra membri della stessa discendenza. Secondo l’analisi di Robertson, quindi, l’origine e la persistenza del tabù dell’incesto hanno contribuito alla sopravvivenza della famiglia e della società nel corso del tempo.

mv5botu5mdg3ogitzwq1ny00zgvmltg2ytutmzbkyzq1ywiwzjlhxkeyxkfqcgdeqxvyntazmty4mda-_v1_Tornando al tema della famiglia, anche nel suo primo lungometraggio Hereditary, Ari Aster inizia il film con un lutto che colpisce la famiglia. La nonna della famiglia scompare, lasciando in eredità all’unica figlia il compito di gestire i suoi affari oscuri (la madre era a capo di una setta satanica che aveva come fine ultimo l’evocazione di un demone, con il rispettivo sacrificio di uno dei due nipoti). Hereditary ci illustra una famiglia in gran parte assente. La madre, Annie, interpretata da Toni Collette ha un’attenzione per il benessere dei figli così limitata che addirittura permette alla tredicenne disabile Charlie di partecipare a una festa al liceo con il fratello maggiore, sebbene questo porterà la ragazzina ad avere uno shock anafilattico e morire tragicamente nel tragitto di ritorno. Per placare il suo lutto, Annie cerca conforto in una setta, inconsapevole che essa è proprio la stessa setta a cui capo vi era sua madre defunta. Dani e Annie sono involontariamente due facce della stessa medaglia: entrambe cercano i valori, la sicurezza, il conforto che solo una famiglia (o, in questo caso, un’idea di famiglia) può dare.

s-l1600La famiglia che Dani cerca con disperazione si rivelerà presente in chi mai avrebbe immaginato: all’interno della comunità di Hårga. Dani fa ingresso tra i membri di Hårga. Il ruolo di questa comunità si fa più evidente rispetto a quanto visto in Hereditary, poiché emerge senza veli. Dani “cuce insieme” le sue storie e le sue sofferenze con la comune, che a sua volta le accoglie, intesse le proprie nel telaio di Dani, perché «cucire insieme delle storie è al tempo stesso un’attività generatrice di senso […]. Ascoltare con attenzione le storie significa prendere sul serio la soggettività locale; ripeterle, porta a concentrarsi sul ricordo» (Feld 2021: 14)

Dopotutto, la comune di Hårga è una comune proprio perché essa condivide ogni aspetto: cibo, casa, l’allevamento dei figli, il dolore (fisico ed emotivo), il lutto, la felicità e la rabbia. C’è forse una dimostrazione più evidente di empatia di questa? Dopotutto «l’instaurazione di un rapporto più stretto tra memoria e sensi può essere utile per capire un’altra cultura» (Montes 2017). Per gli abitanti di Hårga il peso del dolore è mitigato poiché è condiviso da tutti. Proprio grazie a questa comunità, Dani riesce a trovare una forma di conforto.

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
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Giorgia Castrofilippo, ha frequentato la SSML Centro Masterly per interpreti e traduttori, consolidando ulteriormente le sue competenze linguistiche e interculturali. È laureata in Lingue e Letterature: Interculturalità e Didattica, con una specializzazione in antropologia visiva e cinematografica. Contemporaneamente ai suoi studi, Giorgia coltiva una passione per gli uccelli che l’ha spinta a intraprendere, in parallelo, la carriera di guida naturalistica e assistente veterinaria presso un centro specializzato. La sua passione ha altresì arricchito la sua formazione antropologica, fornendole una prospettiva privilegiata sui rapporti instaurati tra gli animali e gli esseri umani, ambito nel quale sta portando avanti una ricerca, con una particolare attenzione riservata agli uccelli e alla loro cura. Questa indagine le consente di integrare la sua formazione accademica con una prospettiva scientifica e empirica.

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