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Evoluzioni e dinamiche dei rituali di quartiere a Malta: 1960-2000

 venerdì santo (Boissevain)

Venerdì Santo (Boissevain)

di    Jeremy Boissevain*

Quando completai il mio primo periodo di ricerca a Malta nel 1961, avevo previsto che la celebrazione dei riti parrocchiali a Malta in futuro avrebbe subito un declino. Mi sbagliavo. Mentre alcuni sono effettivamente tramontati, altri si sono ampliati in maniera esorbitante. Questo studio(1) stabilisce cosa è successo ed esplora perché la mia previsione è fallita.

Nei primi anni ‘60 vi erano buone ragioni per ritenere che la celebrazione competitiva dei santi patroni  avrebbe subìto un declino. Nel corso degli anni ‘50 una pesante emigrazione aveva allontanato una gran parte della manodopera necessaria per organizzare le spettacolari celebrazioni. Il miglioramento dei mezzi di trasporto pubblico consentiva ai giovani di incontrare gli amici a Valletta, invece di trascorrere le loro serate nelle associazioni bandistiche locali suonando musica, preparando fuochi d’artificio o semplicemente bighellonando. Il calcio attirava sempre più i giovani fuori dalle associazioni bandistiche. Ma più di tutto, la crescente attività dei partiti politici richiedeva più attenzione e più risorse. A quel tempo, quando Malta divenne indipendente, sembrò logico che la crescente competizione politica a livello nazionale avrebbe continuato a richiedere attenzione e avrebbe messo in secondo piano la tradizionale rivalità parrocchiale sulla celebrazione dei santi e le processioni della Settimana Santa. Infine, ho pensato che l’entusiasmo per questi spettacoli religiosi sarebbe diminuito come parte della generale ondata di secolarizzazione che stava svuotando le chiese in tutta l’Europa (Boissevain 1965:78-9;1969:90-3). Questo sembrava essere in linea con i risultati di altri scienziati sociali che predicevano, contestualmente alla industrializzazione, la razionalizzazione della produzione, la mobilità, i mass media, le fonti alternative di divertimento che, unitamente alle riforme liturgiche del Concilio Vaticano II, si sarebbero presi lo spazio e il tempo  dei rituali pubblici europei. (2)

 

Durante la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 sembrava che le mie previsioni fossero sul punto di concretizzarsi. Anche se le folle che frequentavano i festeggiamenti dei santi patroni delle parrocchie sembravano essere numerose come sempre, grazie all’afflusso di turisti, le feste erano tuttavia mutate. Un po’ del loro bagliore era andato perduto. La rivalità corrosiva tra il Partito Nazionalista al governo e il rivale Partito Laburista di Malta (MLP), come previsto, era ancora alta e creava tali divisioni tra fazioni nelle associazioni bandistiche da inibire la cooperazione necessaria per celebrare una coinvolgente festa in onore dei santi patroni parrocchiali. Inoltre, molti sostenitori del partito laburista, ancora  contrariati con la Chiesa per il suo interferire con le elezioni del 1962 e del 1966, boicottavano le funzioni della chiesa, incluse le feste. A Kirkop, un piccolo villaggio (1.200 ab.) che celebrava con fervore San Leonardo e San Giuseppe, l’entusiasmo per la festa di San Leonardo, patrono della parrocchia, aveva subìto un tale declino che il parroco dovette assumere un team di uomini di Valletta per portare la pesante statua del Santo in processione nel giorno della sua festa annuale. Così sembrava come se la politica nazionale avesse davvero oscurato l’attività cerimoniale dei quartieri, come avevo predetto che sarebbe accaduto.

Verso la metà degli anni ’70, però, mi resi conto che la mia profezia era fallita. Mentre le celebrazioni di santi minori (non patronali), e dell’Eucaristia, continuarono a subire un declino, le feste di villaggio erano più rumorose, più affollate e vissute con maggior vigore di quanto non avessi mai visto. Le processioni del Venerdì Santo erano anche cresciute notevolmente. Questi eventi, come pure i raduni frequenti e spettacolari dei partiti politici e gli  appassionati incontri di calcio, hanno continuato ad espandersi durante gli anni ’80 e ’90. Malta stava, e sta, celebrando come mai prima (Boissevain 1980:128-29, 1984, 1992b, n/d).

 festa di NAXXAR, 9 SETTEMBRE, 1989 (BOISSEVIAN)

Festa di NAXXAR, 9 SETTEMBRE, 1989 (BOISSEVIAN)

Gli sviluppi a Naxxar, una città di circa 10.000 abitanti in cui ho vissuto nel 1961, illustrano l’escalation generale delle celebrazioni della comunità. Quando tornai a Naxxar nel l987 trovai che, mentre la celebrazione liturgica che si teneva all’interno della chiesa e le processioni religiose della vigilia e del giorno della festa in onore del patrono della parrocchia – la Natività della Madonna – non erano cambiate, i festeggiamenti popolari esterni erano cresciuti in modo straordinario. Ora aveva luogo un aspro, colorato corteo dimostrativo dopo la messa solenne nel giorno della festa (ta’ nofs  in-nhar). Inoltre, la tradizionale esuberante marcia di mezzogiorno lungo la via Santa Lucia che segna la fine del Triduo (la Marcia “della Vigilia della Vigilia”, Lejliet Lejlita) era cresciuta considerevolmente.3 Quattro nuove marce della banda erano state aggiunte ai festeggiamenti. Anche la processione del Venerdì Santo era ampliata. C’erano 130 partecipanti in più rispetto al 1961. Questi includevano 79 nuovi personaggi biblici in costume, una nuova statua di Giuda, dieci ulteriori penitenti mascherati che trascinavano pesanti catene alle caviglie, e una seconda banda in affitto. Il corteo che accompagnava la statua del Cristo risorto era formato da più di 550 persone e aveva una durata di quattro ore e mezzo. La processione che accompagnava la statua del Cristo risorto il mattino di Pasqua era passata da 17 a 130 partecipanti  ora anche in costume.

Inoltre, nel corso degli anni ’80 la festa della piccola cappella del quartiere di Santa Lucia era anch’essa più partecipata e, a sua volta, aveva portato a tensioni tra alcuni organizzatori e il parroco, il quale cercò di neutralizzare la crescente rivalità tra i quartieri limitando le celebrazioni. Nel 1986, gli aderenti della via Santa Lucia erano così adirati per la soppressione da parte del parroco della loro incontrollata marcia alla Vigilia-della-Vigilia, così come per il rifiuto della banda del paese ad accompagnarla perché era diventata “troppo incontrollata”, che decisero di fondare la propria banda.  Entro il 1988 il paese aveva conosciuto la formazione di un secondo gruppo bandistico, collocato in via Santa Lucia, a dire il vero. Tre anni prima, un gruppo nella vicina città di Mosta, rivale di Naxxar, con l’intenzione di espandere la propria festa contro la volontà del parroco, aveva anche costituito un secondo gruppo bandistico. Così per la prima volta la rivalità era aumentata al punto che associazioni bandistiche esistenti si stavano nuovamente spaccando in due, rispecchiando così e incentivando nello stesso tempo il frazionismo intra-parrocchiale. Entro il 2004 la competizione tra le due bande era diventata così feroce che i loro aderenti quasi vennero alle mani durante la festa.

Le celebrazioni liturgiche in onore dei santi patroni in tutte le parrocchie sono rimaste praticamente invariate, tranne per un aspetto. La maggior parte è stata spostata dalla tradizionale collocazione nel calendario liturgico annuale e ora ha luogo nei fine settimana estivi. Questo garantisce condizioni meteo ottimali per salvaguardare le decorazioni di strada sempre più elaborate e costose, l’esibizione dei fuochi d’artificio e la partecipazione dei visitatori locali e –  dal 1970 – dei turisti. Ad esempio, Kirkop ora celebra le feste dei suoi due santi patroni concorrenti, San Leonardo e San Giuseppe, rispettivamente a settembre e a luglio, e non più secondo il calendario liturgico nei mesi di novembre e di marzo.

L’espansione celebrativa ha avuto luogo quasi esclusivamente nel campo degli eventi popolari all’aperto. Dal 1960, ventotto nuovi gruppi bandistici sono stati fondati per festeggiare i santi patroni e la Settimana Santa. Negli anni ’60 le celebrazioni della festa duravano tre giorni. Dal 2004  in tutta Malta si articolano per sette giorni. La quantità e la dimensione dei fuochi d’artificio hanno tenuto il passo. Per riprendere di nuovo Kirkop come esempio, i più grandi petardi negli anni ’60 misuravano mezzo metro di lunghezza e pesavano venti chili (vedi Boissevain 1980:115). Ma per il 2004, due associazioni bandistiche del villaggio stavano assemblando petardi giganteschi, ciascuno di peso compreso tra i cinquanta e i sessanta chili e poco meno di due metri di lunghezza. Inoltre, nello stesso anno, ogni gruppo ha prodotto oltre due  tonnellate di polvere da sparo nera per i fuochi d’artificio (Boissevain n/d).

Petardi giganti-festa di San Giuiseppe

Petardi giganti-festa di San Giuseppe ( Boissevain)

È quindi molto chiaro che le mie previsioni erano state sbagliate. Che cosa era successo? Perchè il declino delle celebrazioni a livello di comunità, che era sembrato, dopo tutto, logico e chiaro a quel tempo, non era continuato? Altrove ho definito i dettagli di alcuni dei fattori che hanno contribuito a quella che è chiaramente una rivitalizzazione di certi rituali calendariali a Malta (Boissevain 1984, 1988, 1992a, n/d). La questione è complessa, e lo spazio a disposizione è limitato. In breve, questo è il sommario.

Dopo l’indipendenza nel 1964, la struttura della vita del villaggio maltese è profondamente cambiata. Nonostante lo sviluppo di alcune feste, altre sono state ridimensionate. Queste includono il Corpus Christi, il Sacro Cuore, San Giuseppe, il primo Venerdì del mese, ecc. Il Partito laburista, al potere dal 1971 al 1987, “nell’interesse della produttività”, ha ridotto il numero delle feste religiose pubbliche da undici a tre. Da qui l’obbligo che tutte le altre feste religiose si celebrassero nel fine settimana. Come conseguenza del tasso di natalità in rapida caduta, il numero delle feste di famiglia per celebrare battesimi, cresime, compleanni e matrimoni è anch’esso diminuito. Per varie ragioni ci furono quindi progressivamente meno occasioni in cui i vicini e i parenti potevano stare insieme per festeggiare.

Una serie di sviluppi legati alla crescente prosperità di Malta ha ulteriormente ridotto il contatto tra vicini. L’ampliamento delle opportunità di lavoro nel settore industriale e del turismo ha fatto sì che la maggior parte degli uomini e delle donne non sposate ora lavorano fuori dai villaggi, diventati comunità dormitorio. Molti hanno anche acquistato appartamenti accanto al mare. La maggior parte delle famiglie possiede almeno un’auto, il che consente ai membri di lasciare il villaggio e rimanerne fuori fino a molto tempo dopo il termine del servizio giornaliero di autobus che si ferma alle ore 22.00.

L’aumento della ricchezza ha anche portato a un boom immobiliare; la gente ha trascorso buona parte del proprio tempo libero a (ri)costruire e abbellire le proprie case, che sono diventate il più importante status symbol. Anche la televisione, i video e DVD e i divertimenti  su internet trattengono giovani e adulti in casa. Frigoriferi e congelatori consentono grandi quantità di acquisti, riducendo così la necessità di frequenti visite nei negozi del vicinato. I vecchi quartieri si sono disgregati, allorchè le famiglie si sono trasferite in nuove case. Spesso stranieri e ricchi cittadini in cerca di tradizionali “case  storiche” hanno rioccupato le vecchie case, rendendo così possible la gentrificazione dei vecchi quartieri. Infine, la maggior parte delle enoteche e dei bar ha chiuso e i supermercati hanno fatto uscire molti dei piccoli negozi alimentari di quartiere fuori dal mercato. Questo è quello che è successo alla via S. Lucia di Naxxar e in molti altri villaggi (Boissevain 1986, 2000b). Come risultato di queste evoluzioni, gli abitanti non spendono più così tanto tempo nelle strade, nei negozi, nei club e nelle enoteche come facevano nei primi anni Sessanta. Inoltre, una persistente faziosità politica e la rivalità tra gruppi bandistici inibiscono ulteriori contatti tra vicini di casa che sostengono partiti politici differenti.

In breve, dagli anni ’60 c’è stata una grave riduzione dell’interazione tra vicini. La gente spesso ci ha fatto osservare che Naxxar era cambiata. Essa era solita essere un luogo “più amichevole”. Con ciò essi intendevano dire che in passato la gente era solita vedersi di più l’uno con l’altro, comunicare molto di più l’uno con l’altro. A mio avviso, l’aumento delle feste dei santi patroni e della Settimana Santa sono manifestazioni del desiderio di celebrare la comunità. Le persone che sono cresciute insieme in povertà e sono ora separate dalla prosperità intendono attingere, per qualche istante, al senso profondo di ciò che Turner ha chiamato “communitas”: «il confronto diretto, immediato e totale delle identità dell’uomo che tende a far sì che chi lo vive pensi all’umanità come ad una comunità omogenea, non strutturata e libera» (1974:16). Ci riescono facendo qualcosa insieme. Prendono parte alle colorate e solenni processioni della Settimana Santa in costume, partecipate da familiari, vicini di casa, visitatori provenienti da altre parrocchie e, sempre più, da turisti. Interagiscono mentre osservano i fuochi d’artificio, ballano nelle strade, bevono, pregano, esaminano, camminano dietro la banda musicale e ascoltano insieme la musica della banda in piazza. I turisti possono anche partecipare, il che dimostra la loro popolarità tra questi visitatori. Così, per alcuni spesso fugaci momenti, questi eventi, sia solenni che ludici, generano un senso di communitas. Ma proprio perchè tali occasioni rafforzano i legami interiori della comunità, stabiliscono anche i confini e proiettano all’esterno un’immagine di solidarietà e di unità. Le celebrazioni così si strutturano e costruiscono l’identità del gruppo. Segnano anche i confini e generano rivalità, il che, a sua volta, aumenta la pressione ad espandersi per difendere l’onore della comunità. Quindi, c’è stato un crescente interesse a rivitalizzare i rapporti della comunità tramite le celebrazioni. Il turismo, il ritorno degli emigrati, e la riduzione del potere della Chiesa hanno facilitato la loro espansione.

L’aumento della prosperità ha arginato l’emigrazione, e dopo la metà degli anni ’70 ci fu una netta migrazione di ritorno. Questo ha significato che un maggior numero di mani volenterose e una maggiore quantità di denaro divennero disponibili per gli organizzatori delle feste di quartiere. Poichè molti giovani erano disoccupati o sotto-occupati, essi formarono un pool di vigorosa manodopera che fu facilmente mobilitata per progetti che celebravano l’onore della comunità. Tale attività diventava più caustica se provocava l’autorità costituita o era diretta contro un santo o una parrocchia rivale.

La crescita sorprendente del turismo a Malta – da 20.000 nel 1960 a 1,1 milioni nel 2004 – incoraggiò lo sfarzo parrocchiale. Dato che molti turisti cominciarono ad osservare questi eventi pieni di “colore”, il governo (e l’élite anglicizzata che aveva guardato dall’alto in basso queste occasioni) presto si rese conto che le rievocazioni religiose parrocchiali sono una risorsa economica importante. Esse sono anche un importante patrimonio culturale per un nuovo stato-nazione sempre più consapevole e interessato a sviluppare i propri beni. Tutto questo ha dato loro valore aggiunto, e così  ha incoraggiato i loro organizzatori. Il numero di autobus turistici parcheggiati al di fuori di un villaggio presso cui si svolge una celebrazione è ormai diventato un oggetto di rivalità della festa e di prestigio del villaggio. C’è stato quindi un ampio sostegno popolare per un incremento delle celebrazioni comunitarie, essendo la manodopera in grado di attuarle e disposta a farlo a portata di mano e essendo disponibili più fondi per i costumi, le decorazioni di strada, i fuochi d’artificio e gli strumenti musicali. Ma il Vescovo e i suoi parroci generalmente si opponevano a qualsiasi ampliamento di tali feste popolari, per il fatto che esse distoglievano l’attenzione dal contenuto liturgico dei riti a cui erano collegate e dirottavano i fondi da attività parrocchiali più utili. Soprattutto, i parroci si opponevano alla loro espansione perché erano viste come promozione della concorrenza tra le associazioni, tra i quartieri e tra le parrocchie, competizioni che potevano assumere forme estreme, persino violente (Boissevain 1965). Tuttavia, verso la metà degli anni ’70 il potere d’interdizione della Chiesa era diminuito. Per la precedente opposizione al Partito Laburista la Chiesa aveva perso molto rispetto. L’aumento degli standard dei livelli di istruzione aveva ridotto la dipendenza dai sacerdoti come intermediari colti con il governo. Ma più di tutto, il governo laburista implementò una serie di misure specifiche per arginare il potere della Chiesa. Da qui le istruzioni, nel 1976, alla polizia di ignorare la volontà dei parroci per il rilascio di permessi per le decorazioni della festa, le marce della banda e i fuochi d’artificio. La consultazione tra la Chiesa e la polizia era diventata consuetudine sotto l’amministrazione coloniale ed era per decenni servita a limitare alcuni degli eccessi della rivalità parrocchiale.

Per riassumere, dagli anni ’70 c’era stato un crescente desiderio di aumentare le popolari celebrazioni della comunità a Malta, come altrove in Europa (Boissevain 1992). Le risorse umane e finanziarie erano diventate disponibili e il potere della Chiesa per evitare l’escalation delle celebrazioni era stato ridotto. Il risultato  – con il senno di poi, a dire il vero  –  era prevedibile: un brusco aumento negli aspetti pubblici, di costume ed esteriori delle celebrazioni parrocchiali. L’opposizione da parte delle autorità ecclesiali  di fatto  semplicemente ravvivava lo spirito della comunità e compiaceva gli stessi organizzatori, provocando in loro una più palese, attiva e innovativa ribellione. Il moltiplicarsi delle  nuove associazioni bandistiche a Mosta, Naxxar e in tutto il paese sono il risultato di questi processi. Se la gente mi avesse detto nel 1961 che 40 anni dopo ci sarebbe stato un aumento nelle celebrazioni parrocchiali competitive tradizionali, tra cui la creazione di nuove associazioni bandistiche, avrei detto che non avevano alcuna conoscenza della società maltese.

Perché la mia previsione era stata così imprecisa? La semplice risposta, in parte corretta, era che io non avevo previsto la velocità e la complessità dei cambiamenti che si sarebbero diffusi a Malta. Come ho già annotato, questi includevano il formidabile afflusso turistico, la fine dell’emigrazione, la crescita della ricchezza materiale, il boom immobiliare, la dura repressione politica tra il 1971 e il 1987 e il senso di – oserei dire – alienazione che questi sviluppi generarono. Ho anche sottovalutato lo slancio culturale dell’attaccamento dei maltesi alla loro religione e alle forme della sua ostentazione. Questo errore è curioso, perché molto esplicitamente avevo collegato la prevalenza dei riti religiosi pubblici negli anni ’60 a qualcosa che un visitatore straniero aveva osservato più di un secolo prima (Boissevain 1965: 56). Vale a dire, l’usanza «contractée dès l’enfance de chercher au sein des cérémonies religieuses un délassement, que les autres peuples trouvent dans les spectacles et les réjouissances publiques» (Miège 1840:168).

La ricerca mi ha successivamente dimostrato che l’espansione della festa e delle celebrazioni del Venerdì Santo è di lunga data e, soprattutto dall’inizio del XIX secolo, era stata in rapida crescita (Cassar Pullicino 1956, 1976). Gli sviluppi dalla metà degli anni ’70 semplicemente continuarono questo modello. Visto in prospettiva storica, il declino che ho registrato ed estrapolato era una interruzione temporanea in una tendenza a lungo termine. In breve, mentre avevo forse la legittima giustificazione di non essere in grado di prevedere gli sviluppi sociali che hanno avuto luogo dopo l’indipendenza, non avevo nessuna scusa per non aver posto gli sviluppi che ho osservato in un contesto storico più adeguato. La mia attenzione al presente emergente mi ha portato a trascurare il passato (cfr. Elias 1978:160). Questa negligenza è stata in parte una deformazione professionale degli antropologi della mia generazione –  specialmente di quelli formati in Gran Bretagna. Siamo stati educati a concentrarci sul presente e sul passato immediato. In parte è da ricondurre all’arroganza dei ricercatori sul campo, i quali credono che gli eventi accaduti durante il breve periodo che loro sono lì ad osservare siano di grande importanza. Ho avuto la fortuna, rara per la maggior parte degli antropologi, di essere in grado di tornare spesso sul campo in un periodo di 45 anni. Questo mi ha permesso non solo di correggere me stesso, ma anche di prendere coscienza della relatività delle tendenze “osservate” durante un breve periodo di ricerca. Mi ha anche fornito una lezione concreta sull’importanza di una prospettiva a lungo termine, fondata sul tempo storico.

Dialoghi Mediterranei, n.5, gennaio 2014
(traduzione  a cura di Giuseppa Ripa)
NOTE

       1 Questo è uno studio aggiornato e abbreviato di Boissevain 1992:138-54 e pubblicato in Boissevain (2006a.)

       2 Una selezione più o meno casuale da molti autori: Le Bras (1955: 480-8l); Stacey (l960: 72-73); Gluckman (l962: 26-38); Caro Baroja (l965:l58-59); Boissevain l965: 78-79); Christian (l972:42-43, l8l-82);  Silverman (l975: l68-77); Turner and Turner (l978: 206-7).

       3 Questi spettacolari eventi ludici che sono importanti per la solidarietà e l’identità del gruppo bandistico del villaggio non sono sulla mappa turistica come formulato dalla Autorità del Turismo di Malta o dalle varie agenzie turistiche locali. Essi sono in effetti eventi “insider only”. Per ulteriori approfondimenti su questi nascosti rituali “insider only” cfr. Boissevain 2000 a.

Riferimenti bibliografici

Boissevain, Jeremy

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Turner, V. and  V.Turner

                   l978     Image and Pilgrimage in Christian Culture. Oxford: Basil Blackwell.

* Jeremy Boissevain (nato nel 1928) è professore emerito di Antropologia Sociale presso la Scuola di Amsterdam per Social Science Research. Ha successivamente insegnato presso le Università di Montreal, Sussex, Malta, New York, Massachusetts, la Columbia University e l’Università Jagellonica di Cracovia.

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