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Dramma senza fine nel “continente” mediterraneo. Renzi espropria il Parlamento

Papa Francesco a Lampedusa  di Piero Di Giorgi

Giorno dopo giorno barconi fatiscenti, colmi di migranti che sfuggono alla guerra e alla fame, attraversano il Mediterraneo, per approdare in qualche porto siciliano. Orrore nell’orrore, anche tra i disperati si è consumato un massacro di cristiani, che fuggivano dalle persecuzioni, da parte di fondamentalisti musulmani, che li hanno gettati in mare perché pregavano il loro Dio.

Purtroppo, questo mare che Fernand Braudel definì un “continente”, perché contiene «tre comunità culturali, tre civiltà di grande vitalità ed estensione, i cui confini travalicano quelli degli Stati», dove si è svolta gran parte della storia dell’umanità delle origini, si è ormai trasformato in un grande cimitero. In un mondo, teatro drammatico di orrori e di dolore, iene e sciacalli, bande criminali di trafficanti dell’una e dell’altra sponda e  politicanti senza scrupoli speculano sull’infame sorte delle vittime.

Diverse e inutili proposte si avvicendano: da chi vuole fare un blocco navale per affogarli sulle loro coste (dove in Libia?) a chi vuole selezionare coloro che vengono da Siria e Libia e distribuirli tra i 28 Stati europei. Lo chiamano “corridoio umanitario”. In verità, nessuno sa cosa fare o meglio, ipocritamente, si fanno distinzioni di lana caprina all’interno di una catastrofe umanitaria. I migranti provengono non solo dalla Siria e dalla Libia, terreni di guerra, ma vengono anche dallo Yemen, dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Ghana, dal Sudan, dall’Afganistan, Nigeria e altri Paesi dell’Africa, Paesi in cui sono violati tutti i diritti umani. Questi disperati affrontano violenze di ogni genere, rischi di morte, eppure provano ad attraversare il Mediterraneo per inseguire il sogno europeo e una speranza di vita migliore. I governanti europei e del mondo, esecutori dell’economia neoliberista globale sanno benissimo che non si tratta di un’emergenza ma di un fenomeno strutturale e sistemico, dovuto alle spaventose ingiustizie e disuguaglianze che hanno raggiunto ormai livelli disastrosi. Lo aveva capito perfino la Thatcher, nel suo cinismo, che finché si salvaguardavano i due terzi della società, il sistema poteva sopravvivere. Ma adesso è stato intaccato anche quel limite. Sono stati colpiti dal neoliberismo vorace anche il ceto medio impiegatizio, gli artigiani, i piccoli imprenditori, i pensionati anche con discrete pensioni, la maggior parte dei giovani sono disoccupati e le disuguaglianze tra Paesi poveri e ricchi sono sempre più forti. Il problema è a monte e mette in questione l’assetto globale del mondo e tutta la comunità internazionale. La verità è che fa comodo ai governi esecutori delle politiche neoliberiste un’immigrazione illegale e clandestina, da una parte per alimentare il mercato nero del lavoro e abbattere i costi di produzione e, dall’altra, per generare una competizione tra poveri, abbassare i salari e smantellare ulteriormente il sistema di tutele sociali.

L’unica politica seria che dovrebbe fare l’Europa e la comunità internazionale è quella di contribuire a risolvere i problemi degli immigrati nei loro Paesi, in primo luogo non appoggiando, per interessi egoistici occidentali, le oligarchie autoritarie e negatrici di diritti fondamentali  di alcuni Paesi, soprattutto quelli che possiedono risorse e ricchezze come, per esempio la Nigeria. In secondo luogo, attraverso una politica di reciproca cooperazione economica e culturale,  di investimenti di capitali e di impiego di nuove tecnologie. In terzo luogo, occorre una legalizzazione dei flussi migratori e abbattere le frontiere che impediscono la libera circolazione delle persone ma non quella delle merci.  Ed, invece, assistiamo a un’inerzia del’Europa e della comunità internazionale. La domanda è: che ne facciamo di un’Europa che rinuncia ai valori della solidarietà contenuti nella sua Costituzione, in vari Trattati e nelle sentenze della Corte di Strasburgo? La sinistra, che si è sempre caratterizzata per l’uguaglianza, non ha più un’identità e ormai qualcosa di sinistra si avverte soltanto nelle parole di Papa Francesco o di qualche prete come don Ciotti.

La violenza sbarca anche nel tribunale di Milano, dove un uomo varca indisturbato i controlli d’ingresso e può mettersi a sparare come in un Far West, dando un’immagine dell’Italia di estrema vulnerabilità, che fa rizzare i capelli, pensando alla sicurezza dei 20 milioni di persone che visiteranno l’Expo universale di Milano e al pericolo ijadhista. E nella sagra della violenza di questo bimestre, c’è da segnalare anche la tragedia dell’aereo schiantatosi sulle Alpi francesi, che ha fatto 149 morti, compresa un’intera scolaresca. È sempre la legge del denaro e del profitto. Il pilota che, in un primo tempo, aveva nascosto la sua psicopatologia depressiva, l’aveva poi manifestata, ma la direzione dell’azienda aerea, anziché lasciarlo a casa e pagarlo a vuoto, ha preferito lasciargli nelle mani la vita di tante persone.

foto1Una della pagine più nere della Repubblica è uscita dall’oblio, grazie alla sentenza della Corte di Strasburgo che ha definito “tortura” le violenze inaudite della polizia su persone inermi che si erano rifugiate nella scuola Diaz di Milano. E ciò fu in effetti, evocando scenari sudamericani. Ovviamente si trattò di una minoranza della polizia, che, per fortuna, non è tutta come gli esecutori di quella triste notte. E tuttavia non dovrebbero mai accadere episodi di tal genere, perché nelle scuole di polizia, certamente insegnano i principi della Costituzione e che qualsiasi pubblico dipendente è pagato dal popolo italiano per essere al suo servizio e a sua tutela. La cosa più grave della vicenda, che pesa ancora come un macigno, è che i vertici della polizia ne sono usciti indenni. Ora è ben noto che qualsiasi Stato fonda il suo potere sulla gerarchia, in particolare i regimi. Se io sono un soldato, un impiegato e ricevo un ordine dal mio capo ufficio, sono obbligato a ubbidire o sarò soggetto a sanzione, compreso il licenziamento. A sua volta, il mio capo ha ricevuto un ordine dal suo superiore, che lo ha ricevuto da un altro superiore fino al capo assoluto, nominato dal potere politico. È su questa gerarchia che navigano il potere e le decisioni. Ed è anche perché hanno un’organizzazione gerarchica che le minoranze dominano sulla maggioranza. Nella fattispecie non hanno pagato né i vertici politici né quelli burocratici, né fu nominata alcuna commissione parlamentare. Fatto gravissimo, perché, quando viene lesa la democrazia, bisogna essere intransigenti, mai mostrare debolezza, perché ci sono sempre, dietro le quinte, soggetti che fanno qualche prova generale di regime. Per fortuna ci fu una reazione di massa e milioni d’italiani scesero in piazza a difendere la democrazia.

Per quanto riguarda il Governo, c’è poco da dire se non ribadire quanto abbiamo già scritto. La crisi continua a mordere e a rendere sempre più stentata la vita dei cittadini, perché ci si ostina a non volere operare una redistribuzione dei redditi, a incidere sul bubbone delle disuguaglianze che, come a livello globale, ha prodotto un abbattimento dei redditi anche del ceto medio impiegatizio e dei piccoli imprenditori. La disoccupazione resta un nervo scoperto che priva la maggior parte dei giovani di un diritto fondamentale sul quale si fonda la nostra Costituzione. Siamo stati i primi  a parlare di abolizione delle regioni o comunque di una riforma che le unifichi in quattro cinque macroregioni ed ora se ne comincia a parlare anche in alcune testate nazionali. Abbiamo parlato di 20 piccoli statarelli, con tanti sottogoverni che sono un pozzo senza fondo di sprechi, ruberie e corruzioni. Senza dire degli sprechi di milioni di euro per gettoni e indennità di consiglieri comunali, che sfruttano la delega che hanno ricevuto per risolvere i problemi della loro comunità, per ricavarne privilegi personali. Senza queste riforme, la nostra economia è al palo e cresce di percentuali da prefisso telefonico, mentre la Spagna cresce più di tre volte rispetto a noi.

Mentre dissesto idro-geologico, frane, crollo di ponti e di scuole, offrono l’immagine simbolica più icastica del bel Paese in caduta libera e Renzi non mostra alcuna determinazione nelle scelte economiche e sociali che interessano la maggior parte dei cittadini, tira, invece, dritto con tanto decisionismo per quanto riguarda la legge elettorale, fino a mettere la fiducia. Perché? non si giustifica la fretta, visto che la legge elettorale contiene una clausola di salvaguardia che prevede che non si possa andare a votare prima del 2016. E inoltre, Matteo Renzi non aveva dichiarato che una legge che stabilisce le regole del gioco, che detta le norme generali della rappresentanza si doveva fare con una maggioranza la più ampia possibile? È del tutto evidente che egli vuole regolare i conti con la sua minoranza interna, forzando la mano in maniera grave, tanto da sostituire i leader della minoranza del partito nella commissione affari costituzionali e da imporre il voto di fiducia fino al rischio di una scissione nel suo partito. Siamo in presenza di un atto molto grave, che ha avuto soltanto due precedenti tristemente noti nella storia d’Italia: la legge Acerbo del 1923 e la legge truffa del 1953. La legge elettorale è importante farla ma come ogni altra riforma è importante che sia fatta bene. È possibile che il presidente del consiglio abbia la fiducia, ma sarà una fiducia comunque risicata e con una spaccatura nel suo partito, che non dà certo un’immagine esaltante al Paese. Inoltre, ritengo che tutto ciò avvenga attraverso un vulnus alla Repubblica parlamentare, un esproprio del Parlamento del diritto di ragionare e decidere al meglio le regole della rappresentanza, attraverso un interferenza grave del potere esecutivo sul potere legislativo. Ma forse ci siamo già assuefatti a tutto e non abbiamo più la forza di reagire.

Dialoghi Mediterranei, n.13, maggio 2015

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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti:Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014).

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