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Dal fronte greco-macedone, la marcia inarrestabile di un popolo

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

di Eugenio Grosso

Ho sempre creduto che per essere una voce affidabile, un fotografo o un giornalista avesse il dovere di essere al di sopra delle parti, riportare fedelmente i fatti e lasciare l’interpretazione a chi legge o a chi guarda. Documentare, certificare, testimoniare, senza parteggiare, sostenere opinioni o appoggiare tesi. Oggi le mie convinzioni sono cambiate.

Alla luce dei troppi fatti di razzismo e intolleranza che si susseguono sempre più ravvicinati nel tempo e tanto più gravi perché da gesti inconsulti di individui isolati si sono trasformati in pratica istituzionale, credo che la risposta di chi ha il privilegio di poter far sentire la propria voce (o il proprio “punto di vista”) debba essere chiara, inequivocabile.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Da Lodi a Riace passando per Macerata e per tutti gli episodi che non guadagnano le luci della ribalta il nostro Paese, l’Italia, si sta trasformando a una velocità preoccupante nella peggiore parte di se stesso. Invece che accogliere, pur gestendo, un flusso di esseri umani che si sposta e si continuerà a spostare da una parte all’altra del mondo è iniziata una guerra contro lo straniero, contro l’indigente, contro chiunque possa turbare la superficiale tranquillità del nostro orticello.

Trovare nemici esterni, del resto, è una pratica antica, incoraggiare la rabbia, fomentare l’odio verso chi ha meno di noi, è diventata una prassi che ha avuto effetti devastanti e con i quali, ahimè, sembra non abbiamo ancora fatto i conti. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è, dal mio punto di vista, né più né meno, che la rinascita del fascismo.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Per questo motivo credo fermamente che prendere posizione apertamente sia diventato necessario, fondamentale, per non pentirsi domani di non aver fatto nulla restando a guardare, per di pù dietro una macchina fotografica. Manifestare il dissenso nei confronti di una serie di misure che si rivelano per ciò che sono, un piano architettato a tavolino per distruggere modelli di convivenza di successo, così a Lodi come a Riace.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Noi che siamo al centro del Mediterraneo, per storia e per attitudine siamo l’esempio vivente che le politiche di questo governo sono miopi e anacronistiche oltre che disgustose e immorali. Se è vero che la Sicilia deve il suo patrimonio culturale senza eguali a tutti i popoli che l’hanno abitata nel corso dei secoli, quanto più poveri saremmo oggi se questi incontri non ci fossero stati?

Il motivo per cui ho scelto di fare questo lavoro, il fotogiornalista, sta nella possibilità di vivere ogni giorno realtà diverse, incontrare uomini con storie, idee e desideri differenti dai miei e che mai avrei potuto immaginare se non grazie all’esperienza  che mi ha offerto la loro semplice presenza.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

È proprio vero che tutti gli sconosciuti, tutti gli ‘stranieri’ in cui m’imbatto mi arricchiscono con le loro diversità, mi permettono di accedere a mondi che altrimenti non potrei né conoscere né visitare.

The Long March

Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Ho seguito le rotte dei migranti dai Balcani fino al nord Europa dove quotidianamente fiumi di persone si infrangono contro le recinzioni erette dai nostri governi. Partendo dal confine greco-macedone, nel villaggio di Gevgelija, ho assistito al passaggio di migliaia di persone. Gruppi composti di famiglie allargate o ragazzi, poco più che adolescenti, quotidianamente percorrevano tratti d’Europa a loro sconosciuti alla ricerca di una vita migliore, di un ricongiungimento, di un ricominciamento, di una speranza o solo per avere salva la vita. Molti non sapevano dove si trovassero, a che Stato appartenesse il suolo su cui piantavano i piedi e cosa li aspettasse dopo. Le informazioni erano la merce più preziosa durante quei giorni torridi d’agosto.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Non erano la frutta e le sigarette vendute a prezzi stratosferici da chi ha ampiamente lucrato sulla disperazione di queste persone, né l’acqua e i panini distribuiti dai volontari locali che nell’ombra e senza i mezzi delle agenzie internazionali hanno aiutato chi attraversava la loro terra. Sapere quale polizia li aspettava pochi metri più in là, che strada prendere per non essere rispediti indietro, a che ora sarebbe stato possibile partire, che fila fare per ottenere i documenti validi per continuare il viaggio, questo era veramente importante.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Famiglie separate nel marasma della traversata come un nuovo popolo ebraico costretto a vagare nel deserto senza però nessuna guida, nessun intervento divino ad alleviare le loro sofferenze o in cui confidare.

The Long March

Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Ho trovato interessante fotografare i frammenti dei documenti temporanei che rilasciati dalle autorità greche erano abbandonati e strappati dai migranti ai confini con la Macedonia, dal momento che diventavano immediatamente inutili: è noto che la Grecia non riconosce lo Stato confinante a causa di una diatriba a proposito del nome Macedonia.

Ho avvertito in quel momento il drammatico contrasto tra l’importanza vitale che i documenti hanno nel permettere o negare libertà di movimento e l’inutilità degli stessi quando per ragioni politiche si riducono ad essere semplici e vani pezzi di carta.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Ricordo i visi di chi ho fotografato e le storie che mi sono state raccontate da chi si fermava per una chiacchiera e per riprendere il fiato. Ricordo una donna con un bambino che trascinava delle borse nella sabbia delle campagne sul confine e che mi chiese di darle una mano. Ricordo un uomo siriano, regolarmente residente in Germania, che aveva dovuto affrontare la traversata in mare dalla Turchia e proseguire attraverso l’Europa ammassato su carri come bestiame, per poter portare con sè la moglie che aveva lasciato in Siria e non era riuscita ad ottenere il loro certificato di matrimonio a causa della guerra.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Ricordo un giovane afghano che –  avevo scoperto – aveva vissuto gli anni del liceo a Londra, vivendo a pochi isolati da casa mia. Ci eravamo ritrovati sporchi di terra e di sudore insieme nello stesso punto geografico ma in due realtà opposte: io cittadino, lui clandestino. Avevo provato vergogna mentre mi disegnava a memoria il tragitto da casa a scuola e snocciolava i nomi delle vie e delle piazze che aveva attraversato, come me, prima che il suo visto scadesse.

In questo mondo di dolore ho trovato anche una quantità di speranza che non immaginavo potesse esistere.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Oggi la nostra società ha preferito avere paura di quei mondi, a prescindere. Ha deciso di incolpare gli abitanti di quei Paesi che non conosce delle proprie difficoltà sprofondando in una miseria che nessuna somma di denaro potrà mai cancellare. La rabbia, l’odio e la paura dello sconosciuto che vedo crescere intorno a noi tutti sono sentimenti che non ho mai trovato tra chi in fuga o obbligato a combattere per sopravvivere affronta invece le difficoltà con energia positiva.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Pur tra mille ostacoli, carichi di dolori e patimenti, questa massa umana che noi osteggiamo con la furia di cani rabbiosi ci è superiore nei fatti. Consapevole di trovarsi sempre sull’orlo del baratro, con scarse possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita, la maggior parte dell’umanità, quella a cui oggi il nostro governo ha dichiarato guerra aperta, non si arrende a perire.

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Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Non si arrendono i migranti che percorrono a piedi o con mezzi di fortuna chilometri su terre che non conoscono e in mari che tentano di ingoiarli. Non si arrendono le minoranze perseguitate del Medio Oriente: gli Yazidi, macellati dai mujaheddin dello Stato Islamico e i Cristiani, scappati dalle proprie case e chiese usate come latrine dal gruppo di terroristi. Non si arrendono i curdi iracheni che sono sopravvissuti al genocidio perpetrato da Saddam Hussein e oggi, tra mille difficoltà e voltafaccia da parte della comunità internazionale, governano una regione autonoma che è un’oasi sicura in un mare di violenza.

The Long March

Fronte greco-macedone, 2015 (ph. E. Grosso)

Non si arrendono tutte le persone che sono arrivate in Italia con poco o niente e che, quotidianamente, combattono per garantire, se non a se stessi, una vita migliore ai propri figli. Questa umanità oggi diventata il bersaglio della nostra frustrazione, delle nostre piccolezze, non si arrende e non si arrenderà perché non ha altra scelta.

Noi invece una scelta dobbiamo farla perché restare indifferenti non salverà le nostre coscienze.

 Dialoghi Mediterranei, n.34, novembre 2018
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Eugenio Grosso, fotogiornalista italiano che si occupa di temi sociali e di conflitto. Nel 2015 ha realizzato diversi servizi nei Balcani e in Nord Europa seguendo le rotte dei migranti attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e infine Francia. Tra il 2016 e il 2017 ha vissuto in Iraq durante la campagna per liberare la città di Mosul dall’occupazione di ISIS. A Novembre 2018 pubblicherà un libro fotografico sulla sua esperienza di quel periodo.
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