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Comunicare l’esperienza subacquea in un museo. Il caso del Museo Nacional de Arqueología Subacuática di Cartagena (Spagna)

Museo di Cartagena

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di  Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

di Antonio Cosseddu 

Il Museo Nacional de Arqueología Subacuática. ARQUA di Cartagena (Murcia, Spagna) è uno dei pochi musei al mondo interamente dedicati all’archeologia subacquea; ma, a differenza di altre istituzioni simili, non si limita a garantire la conservazione, la fruizione e la valorizzazione di alcuni rinvenimenti subacquei. L’ARQUA ha l’obiettivo di diffondere il valore dell’intero patrimonio culturale subacqueo, promuoverne la conoscenza e le attività professionali che operano per favorirne la protezione e la conservazione. Per farlo, come espresso nel primo pannello della sala espositiva, il museo «invita ad immergersi nel Patrimonio Culturale Subacqueo». 

Le scelte architettoniche generano nel visitatore l’idea che la visita sia una sorta di immersione prima ancora che abbia inizio. Una delle pareti esterne del museo è interamente realizzata in cristallo e consente al pubblico di vedere i reperti dall’alto; il piano espositivo è infatti costruito sottoterra in una zona che, fino alla metà dell’Ottocento, era occupata dal mare. La piazza si trasforma così nella superficie del mare e, percorrendo una grande rampa, ha inizio una suggestiva discesa verso i reperti.

La sala espositiva è divisa in tre sezioni: la prima, chiamata “Patrimonio Culturale Subacqueo” e dedicata all’archeologia subacquea in quanto disciplina scientifica, presenta l’idea che preservare il patrimonio culturale sommerso sia un compito che chiunque è chiamato a realizzare. Nelle altre due sezioni, “Mare Hibericum” e “Dal Mare agli Oceani”, il percorso di visita si snoda attraverso ricostruzioni, dispositivi interattivi e grandi vetrine che accompagnano i visitatori dal VII secolo avanti Cristo fino all’età moderna. Alla fine della visita, la risalita attraverso la stessa rampa comunica il ritorno in superficie dopo l’immersione.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di  Cartagena

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Il progetto museografico prosegue nel solco di questa suggestione. Sulla testa dei visitatori, infatti, “galleggiano” le ricostruzioni degli scheletri di una kyrenia greca e di una coca medievale, poste accanto alla grande parete di cristallo della piazza. Si rafforza perciò l’idea che la visita al museo sia una passeggiata su un fondale marino e che, guardando in alto, si veda la superficie del mare su cui veleggiano le due imbarcazioni.

Il centro della scena della sezione “Patrimonio Culturale Subacqueo” è occupato dalla ricostruzione in scala 1:1 della barca fenicia detta Mazarrón II, un piccolo relitto di circa 8 metri rinvenuto completo del suo carico nelle acque di Mazarrón, nella comunità autonoma di Murcia; l’intera parete destra presenta un enorme ledwall che riproduce temi e atmosfere del mondo marino. Questo relitto, immerso in un mare virtuale, è delimitato dalle ricostruzioni di 5 grandi boe dal colore rosso fortemente attrattivo.

Le boe sono in realtà delle postazioni multimediali interattive, meccaniche e digitali, il cui obiettivo è avvicinare il visitatore alle esperienze dell’archeologia subacquea; sono una risposta alla crescente domanda del pubblico attuale di spazi destinati alla conoscenza pratica e sperimentale, capace di creare un’interazione che faccia emergere i contenuti scientifici e storici che l’esposizione vuole comunicare. Per analizzare il funzionamento di questi elementi espositivi e valutarne il grado di attrazione e usabilità, nel 2017 è stata condotta una summative evaluation che, attraverso un’analisi qualitativa (osservazione nascosta) e quantitativa (questionari), ha permesso di definirne punti deboli e punti di forza. I risultati dell’indagine permettono all’ARQUA[1], e ad altri musei ed operatori del settore, di indagare più a fondo le variabili che agiscono nel complesso sistema di relazioni tra il pubblico e i supporti alla visita. 

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di  Cartagena

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

L’esperienza subacquea attraverso gli interattivi

Le nuove tecnologie hanno trovato terreno fertile per la loro applicazione in ambito museale negli ultimi vent’anni. In principio viste con una certa diffidenza, colpevoli di una presunta banalizzazione o di un’infantilizzazione nella trasmissione dei contenuti, hanno ricevuto favorevole accoglienza quasi esclusivamente nei musei scientifici; oggi, in una società che vede una costante espansione del digitale, le nuove tecnologie sono presenti presso molte istituzioni, compresi i musei d’arte e di storia, al punto che più voci parlano di una vera e propria moda.

Tralasciando in questa sede il loro utilizzo per la comunicazione esterna e focalizzandoci pertanto al ricorso finalizzato alla trasmissione delle tematiche nell’ambito di una visita, possiamo tranquillamente affermare che quasi ogni museo è dotato di audioguide, video e proiezioni, molti hanno almeno una postazione multimediale per l’accesso a nuovi contenuti – con ricostruzioni 3D dei reperti e forme di realtà aumentata o virtuale – e un numero sempre crescente strizza l’occhio alla gamification, utilizzando il gioco come strumento di coinvolgimento. Nella grande categoria delle postazioni multimediali sono compresi anche gli interattivi, che veicolano l’informazione in risposta ad un input dell’utente (interazione device-based) o rispondono a particolari movimenti (interazione gesture-based).

A questi supporti di visita viene chiesto di stimolare l’attenzione dei visitatori e indurli al ragionamento, generando empatia con il tema esposto e permettendo uno sviluppo della conoscenza che vada oltre la sola osservazione del reperto. Tali funzioni possono essere svolte con un diverso grado di complessità, attraverso forme interattive che passano dalla semplice trasmissione di informazioni ad uno scambio più articolato tra uomo e macchina.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Le cinque boe del museo di Cartagena appartengono alla categoria dei device-based, poiché l’interazione nasce e si sviluppa attraverso pulsanti e schermi posti di fronte al visitatore. A loro è affidato il difficile compito di comunicare, in un ambiente asciutto, i temi dell’immersione, delle tecniche di scavo, del recupero e dell’analisi dei reperti nel mondo sommerso. L’obiettivo non è solo far immergere i visitatori nei fondali marini e mostrare come lavorano gli archeologi, ma anche spiegare i principi scientifici che ne regolano le attività. Tutte le boe hanno la stessa struttura; sopra una base emisferica di color rosso-arancio è presente una colonna cilindrica di cristallo piena d’acqua, all’interno della quale avviene il fenomeno. Accanto alle colonne sono presenti i tasti per i comandi e gli schermi che raccontano il fenomeno rappresentato.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

La prima boa, dal titolo “Immergersi è facile” è un interattivo digitale e meccanico sul tema dell’immersione subacquea con, all’interno della colonna d’acqua, un piccolo sub e un fondale marino con un relitto. Il visitatore attiva l’interazione schiacciando un pulsante e dando inizio alla discesa del sub fino al relitto. Quando inizia la risalita lo schermo mostra il confronto tra il tempo trascorso in profondità e le relative tappe di decompressione, invitando il visitatore prima ad attendere i secondi necessari – il tempo scorre ovviamente in modo accelerato – per effettuare le varie tappe, e poi a schiacciare nuovamente il pulsante per proseguire con la risalita in sicurezza.

La seconda boa, dal titolo “Gli oggetti cambiano colore sott’acqua” è un interattivo meccanico che mostra al pubblico il fenomeno del progressivo assorbimento dei colori sott’acqua. All’interno della colonna d’acqua è presente una palla luminosa che, in risposta all’attivazione del visitatore, scende verso la base cambiando progressivamente colore.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

La terza boa, dal titolo “L’aspirapolvere subacqueo”, simula uno scavo subacqueo. La colonna è divisa in due parti, una delle quali contiene nel fondo la riproduzione di sedimento marino dove è presente la bocca dell’aspiratore subacqueo; attraverso il tocco di un pulsante il visitatore attiva l’aspiratore che rimuove il sedimento e lo scarica nell’altra parte della colonna.

La quarta boa ha come titolo “Quando gli oggetti parlano” e indaga i diversi tipi di oggetti che si possono rinvenire sott’acqua. La colonna d’acqua presenta una bottiglia di Coca Cola e un frammento di anfora romana e, alla base, uno schermo digitale interattivo con un quiz che invita il visitatore a ragionare sui due oggetti.

fig-7La quinta e ultima boa della sezione, “Il pallone di sollevamento”, mostra una delle tecniche utilizzate per il recupero degli oggetti dal fondo del mare. Nella colonna d’acqua è presente un globo di sollevamento attaccato ad una cesta con una piccola anfora. Il tocco del pulsante riempie d’aria il globo che, pertanto, porta verso l’alto la cesta con l’anfora all’interno.

L’analisi dei percorsi di visita di questa sezione ha mostrato che le boe influenzano notevolmente le scelte dei visitatori, che le preferiscono ai pannelli e ai video. L’evoluzione del potere di attrazione – ottenuto dal rapporto tra i visitatori che si sono fermati di fronte all’interattivo e il totale dei visitatori dell’indagine – rivela però una diminuzione progressiva del loro utilizzo, che passa da 0,79 del primo (il 79%, quasi 4 visitatori su cinque) a 0,48 dell’ultimo (48%, nemmeno un visitatore su due); tale dato indica che il pubblico non è stato totalmente colpito dalle esperienze proposte.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Anche i questionari di valutazione degli elementi di visita somministrati ai visitatori sembrano darne conferma; le boe hanno ottenuto un punteggio di 5,98/7, che è teoricamente un buon risultato, ma che in realtà le posiziona solo al quarto posto (su un totale di otto tipologie di elementi espositivi indagati) di questa speciale classifica di gradimento. Inoltre, gli interattivi sono stati il secondo elemento più criticato; alcuni li hanno ritenuti troppo semplici e adatti ad un pubblico di bambini, altri hanno lamentato una rappresentazione del fenomeno poco chiara.

Questo quadro dai colori contrastanti è la somma di aspetti decisamente positivi e di altri che, per raggiungere il proprio obiettivo, avrebbero bisogno di alcune modifiche. Tra i fattori che incidono positivamente per la fruizione e la comprensione delle boe vi sono la vicinanza spaziale e la riconoscibilità del design; le postazioni, infatti, sono posizionate attorno al relitto Mazarrón II, quasi a identificarlo all’interno della superficie del mare museale, e sono contraddistinte da identiche forme e colori. L’accessibilità fisica è garantita da altezze adeguate tanto agli adulti che ai bambini, mentre la mancanza di reperti in questa sezione ha permesso di evitare uno dei problemi più frequenti nei musei dotati di interattivi, ovvero la concorrenza tra questi stessi supporti e i reperti esposti, che spesso finiscono in secondo piano.

Scegliendo di affrontare i principi scientifici che stanno alla base delle attività sul campo, il museo ha inoltre diversificato il proprio target, avvicinandosi così anche a quei visitatori che sono più interessati all’ambito tecnico-scientifico rispetto a quello prettamente storico; è notevole, in questo senso, il tentativo di rispondere ad ipotetiche domande che anche il pubblico potrebbe farsi, mettendosi quindi nei panni dei visitatori e rendendoli protagonisti già in fase di allestimento.

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Museo national de Arqueologia Subacuatica Arqua di Cartagena (ph. Antonio Cosseddu)

Passando agli aspetti negativi il più importante è di certo lo scarso livello di interazione generato; il visitatore non ha facoltà di scegliere tra più opzioni, non viene sfidato, ma gli viene solo chiesto di attivare un fenomeno premendo un pulsante e di esserne spettatore passivo, rischiando così possibili sensazioni di frustrazione o noia. L’unica vera eccezione è la boa numero 4 che, infatti, ha fatto registrare un holding power (il rapporto tra il tempo trascorso dai visitatori con l’interattivo e il tempo necessario per utilizzarlo in maniera corretta e completa) elevato, sebbene fosse richiesta una sosta di almeno due minuti.

Un altro fattore che limita l’utilizzo delle boe è la mancanza di una comunicazione semplice e diretta, non pienamente garantita dalle informazioni veicolate dagli schermi digitali che spiegano i fenomeni indagati; i pubblici museali notoriamente non passano molto tempo a leggere le istruzioni e preferiscono procedere per tentativi. Tale fenomeno si è manifestato soprattutto nella boa numero 1, dove il pubblico è invitato ad aspettare il tempo necessario per lo svolgimento delle soste di decompressione prima di procedere con la risalita; ma quasi nessuno ha raccolto questo invito.

Inoltre, è possibile che l’uniformità del design da sola non sia sufficiente a rendere chiara la relazione tra questi supporti; una scelta comunicativa differente avrebbe reso il visitatore consapevole di iniziare un percorso attraverso i fenomeni scientifici che stanno alla base di uno scavo subacqueo e ne avrebbe quindi aumentato la comprensione e l’impegno.

Un ultimo aspetto che dovrebbe essere rafforzato è il contesto relazionale; molti visitatori scelgono di andare al museo in gruppo, facendo della visita prima di tutto un’esperienza sociale. Le boe dell’ARQUA però possono essere utilizzate da una sola persona per volta; in questo modo uno è protagonista e tutti gli altri devono accontentarsi di essere spettatori. A questa carenza si potrebbe ovviare ricreando all’interno del museo il rapporto che si instaura tra compagni di immersione; le tante attività svolte assieme (la vestizione, il controllo dell’attrezzatura, l’utilizzo dei segnali di comunicazione in acqua, le modalità di svolgimento delle pratiche subacquee e più in generale il costante controllo reciproco) si prestano perfettamente alla programmazione di attività interattive di gruppo.

D’altronde, se per questioni di sicurezza e diletto è meglio effettuare un’immersione insieme ad un compagno di cui si abbia fiducia, allo stesso modo è preferibile condividere una visita al museo, sfruttando quell’acceleratore cognitivo dato dalla partecipazione a nuove esperienze di gruppo.

Per comunicare al proprio pubblico l’esperienza e le emozioni di un’immersione subacquea, pur rimanendo all’interno delle sale di un museo, l’ARQUA si affida a precise scelte architettoniche e ad un’ampia gamma di modalità comunicative in cui giocano un ruolo centrale i supporti interattivi. Questi strumenti, presenti nei musei ormai da molti anni, continuano ad evolversi e moltiplicarsi, perché consentono al pubblico di partecipare attivamente al processo di conoscenza che si sviluppa durante la visita.

Rinunciando ad utilizzare ogni spazio della sala a disposizione per esporre gli oggetti della propria collezione – scelta dolorosa per molti curatori – l’ARQUA dimostra di aver superato la vecchia concezione di museo object-centered, il cui fine principale è catalogare gli oggetti per preservarli; il museo spagnolo è nato con l’intenzione di essere discourse-centered e di porre al centro del suo progetto museologico la narrazione. Questo tipo di approccio consente di superare quella barriera dovuta allo sforzo intellettuale necessario per recepire e codificare i reperti esposti. Gli interattivi dedicati alle esperienze subacquee inoltre consentono di superare un altro tabù comune a molti musei artistici, storici e archeologici, ovvero la possibilità di intercettare gli interessi del visitatore trasmettendogli nozioni che possono avere applicazioni pratiche.

L’indagine condotta mostra però che nel caso degli interattivi è necessario fare ancora un passo avanti per condividere l’autorità del museo con il visitatore, permettendogli, con il gioco, con la facoltà di fare scelte autonome e con una più ampia fruizione sociale, di determinare l’esito dell’esperienza e di condividerla con il proprio gruppo di visita. 

Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2023
Note
[1] Un riassunto esaustivo della ricerca effettuata è stato pubblicato nell’ottavo numero della rivista “European Journal of Post-Classical Archaeologies” ed è disponibile al link http://www.postclassical.it/PCA_Vol.8_files/PCA%208_Cosseddu.pdf

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Antonio Cosseddu, archeologo di formazione, specializzato in ambito subacqueo, opera da vent’anni presso istituti museali, case editrici e soprintendenze, oscillando tra tutela e valorizzazione.Al centro dei suoi interessi vi è la promozione di dinamiche di ascolto e coinvolgimento delle comunità, attraverso un dialogo libero da elitarismi e finalizzato al riconoscimento dei valori del patrimonio culturale.

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