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Bambini Universali. Sentieri per l’infanzia dal Pakistan all’Italia

 

Kawai Village, Kaghan Valley (ph. Elena Nicolai)

Kawai Village, Kaghan Valley (ph. Elena Nicolai)

di Elena Nicolai

 «In Pakistan i bambini sono i veri padroni del loro mondo: che sia la strada per andare a scuola, la casa, l’erba, un corso d’acqua o i negozi al fianco del traffico rumoroso e incessante, sono liberi. È una libertà esclusiva dell’infanzia di cui gli adulti non sono partecipi, coinvolge lo spazio e l’organizzazione socio-familiare (Del Gottardo – Nicolai, 2018).

Perché iniziare parlando della libertà dei bimbi pakistani? [1] Per sottolineare un elemento portante della visione dell’infanzia in Pakistan che forse noi, con le nostre cornici culturali irrigidite, probabilmente non citeremmo mai per primo. Ci sono realtà culturali che ci sfuggono perché le crediamo sconfinanti nel già noto, ci affidiamo alle conoscenze pregresse, acquisite o indotte: è l’effetto framing, che condiziona il modo in cui guardiamo, interpretiamo e affrontiamo il reale. Ci illudiamo di conoscere, tanto più spesso quanto ci affidiamo a credenza diffuse, circolanti sui mezzi di comunicazione e che immaginiamo largamente condivise: l’illusione della conoscenza (Sloman – Fernbach, 2018) è una guida cieca che seguiamo con incurante fiducia.

9788832850529_0_424_0_75Nello studio di Sloman e Fernbach quest’illusione viene smascherata con esperimenti semplici come quello di spiegare il funzionamento dello scarico del bagno o di disegnare una bicicletta. Tutti noi usiamo quotidianamente il bagno e la bicicletta è un mezzo largamente visto e utilizzato: eppure non è semplice ricordare tutte le parti di cui si compongono e spiegare cosa accada quando se ne fa uso. Altro esempio semplice è quello delle cerniere: chi non ha qualche capo di vestiario che si chiude con una zip? Ma sapremmo spiegare come funzionano? Allo stesso modo, senza rendercene conto, impieghiamo alcune modalità interpretative stereotipate, non intenzionali, quando entriamo in contatto con realtà culturali differenti da quella che esperiamo come nostra.

A cosa pensiamo, se si parla di infanzia in Pakistan? Sapremmo raccontare qual è la visione del bambino nella società pakistana? Forse crediamo di avere una risposta pronta, se non esaustiva, anche considerando come vicina e nota la popolazione pakistana in Italia. Certo, ciò che esperiamo ha un senso di realtà, ma lo interpretiamo secondo i nostri filtri, universalizziamo l’acquisizione empirica e spesso non sapremmo spiegarla nel dettaglio. Diamo una spiegazione senza avere una conoscenza profonda dell’argomento, un po’ come montiamo in sella ad una bici senza interrogarci su come girino le ruote. Avremmo citata, per prima, la libertà?

Sfruttando l’effetto forse straniante di questa caratteristica, presentata come esordio, proviamo a spiegarla accostandoci all’immagine del bambino nella società pakistana, a tracciare una rotta, dei sentieri, che possano condurre ad una migliore comprensione della visione dell’infanzia anche rispetto alle esigenze della comunità pakistana in Italia.

9788891931016_0_536_0_75L’infanzia, potremmo semplificare rimanendo nel giusto, è un’età della vita; come guardiamo all’infanzia è frutto di riflessioni e orientamenti pedagogici, è uno sguardo socialmente costruito e oggi sappiamo che il bambino è un individuo competente, non semplicemente una persona in crescita, in viaggio verso la sua forma completa e conchiusa di adulto. Riconoscere all’infanzia una sua identità e autonomia rispetto al mondo adulto significa dunque riconoscerle la libertà di esprimere bisogni e priorità che assumono sfumature di senso e implicazioni diverse a seconda del contesto culturale entro cui maturano e si affermano.

L’infanzia, in Pakistan, è libera. Ed è un elemento che irrompe nelle nostre cornici culturali, nei nostri preconcetti, aprendo la strada a mondi possibili da esplorare (Sclavi, 2003). La libertà dei bambini e delle bambine pakistane ridefinisce i sentieri che la società e la comunità adulta pensano per l’infanzia; prende strade diverse a seconda del luogo, dello spazio antropologico e sociale entro cui la relazione con i bambini è inter-agita.

Inaugurazione Biblioteca della Scuola (da https://www.facebook.com/TheKaghanMemorialTrustal)

Inaugurazione Nuova Biblioteca della Scuola (da https://www.facebook.com/TheKaghanMemorialTrustal)

È in questo essere liberi nello spazio identitario, relazionale e storico, che possiamo riconoscere per converso il tratto universale dell’infanzia, spesso oramai smarrito nell’omologazione uniformante della globalizzazione. Quasi due sentieri che si disgiungono, queste strade spesso incompiute della tradizione e delle pressioni del mercato globale, in Pakistan coesistono e non di rado si intersecano. Hanno anche diverse ripercussioni nelle comunità pakistane immigrate, ad esempio in Italia, perché di questi sentieri, e ancor più delle tappe e delle mete che prevedono, le comunità immigrate perdono la traccia; questi percorsi vengono, così, ad essere interrotti.

Non conoscere le priorità educative e la visione dell’infanzia nel Paese di origine comporta una ridefinizione a priori del sistema valoriale di riferimento da parte dell’educatore e del docente, non sempre condivisa e in armonia con le esigenze formative delle famiglie e le progettualità pensate per i figli o con il contesto di riferimento.

Possiamo individuare due diversi scenari della geografia sociale e umana del Pakistan. La geografia dello sviluppo è strettamente collegata alla cultura e alla società: lo spazio geografico è un attore sociale e cognitivo, crea mondi possibili, modalità di interazione e di funzionamento delle persone e nelle persone (Vallega, 2004). Soffermiamoci ancora un attimo alla soglia di questo tentativo di definizione, prendendo le mosse da quanto scriveva Pier Paolo Pasolini (Pasolini, 1976: 53):

«È questo illimitato mondo contadino, prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei Paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo (…), l’acculturazione del Centro consumistico ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto alle culture del Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe)».
Inaugurazione Biblioteca della Scuola (da https://www.facebook.com/TheKaghanMemorialTrustal)

Inaugurazione Nuova Biblioteca della Scuola (da https://www.facebook.com/TheKaghanMemorialTrustal)

La terminologia pasoliniana risente di un’impostazione ideologica ormai tra le pieghe della storia ma non per questo meno attuale: se non ha più senso parlare di Terzo Mondo e di Sviluppo (Rist, 2013) o di un unico Centro consumistico (Appadurai, 2010), è invece essenziale soffermarsi su ciò che rimane e resiste del mondo illimitato e universale. Rifacendoci a queste suggestioni e ai concetti di Centro e di mondo illimitato, come proposti da Pasolini, possiamo dire che in Pakistan il mondo illimitato contadino sopravvive ancora, costituendo un contesto di apprendimento precipuo, con specificità culturali in opposizione a quello omologato consumistico e globale dei contesti del Centro, proprio delle grandi metropoli.

È quindi possibile ipotizzare, parlando d’infanzia in Pakistan e nei Paesi in via di sviluppo, due compresenti accezioni pedagogiche di infanzia: quella del bambino illimitato, universale, e quello globalizzato. Nelle campagne e nei villaggi il bambino è dunque illimitatouniversale: condivide modalità di crescita e apprendimento con dinamiche ed imperativi pratici che in tutto il mondo e da sempre hanno contraddistinto il mondo rurale. Il bambino universale è riconosciuto subito come competente e come valido aiuto nella gestione familiare e nell’organizzazione della comunità: apprende più dall’esempio e dalla guida degli adulti nella vita quotidiana che dall’istruzione formale, più dai coetanei e dagli altri bambini giocando e imitando in contesti naturali, che da giochi appositamente a lui destinati. Il bambino che vive a contatto con la natura, e impara a gestirsi e a contribuire al lavoro, travalica confini geografici e il corso dei secoli, ha una disposizione a contribuire, a gestire stimoli situazionali spontanei, ad affrontarli con abilità fisiche e di giudizio.

Kaghan Memorial Trust, Partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

Kaghan Memorial Trust, Assistendo alla partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

È il bambino universale del mondo preconsumistico e contadino, che sopravvive anche alla scomparsa della natura nelle periferie urbane, dove però si limitano gli ambienti di gioco e precarizzano le esperienze con la natura: non è raro scorgere bambini tuffarsi nei canali, abbeverare animali alle pozze ormai snaturate dall’inquinamento urbano. Il bambino universale è, dunque, libero.

Nei quartieri residenziali delle grandi città il bambino, invece, è globalizzato: sottoposto agli stessi vincoli di cura e stimoli ambientali degli altri bambini della società globale, partecipa anche delle medesime modalità di crescita e sviluppo emotivo, personale e cognitivo. Il bambino globalizzato non esperisce il mondo circostante con autorevole padronanza come il bambino universale, non si muove nella natura conoscendola nei suoi tranelli e impervietà. Non gioca in strada e non collabora in maniera fattiva alla gestione familiare, non aiuta nelle attività di piccoli negozi o ristoranti. Il suo spazio di bambino lo relega al ruolo passivo e confortante di ‘piccolo’, con l’orizzonte vasto del gioco e del disimpegno, della tv, delle attenzioni e delle premure dei genitori. Paradossalmente, l’istruzione scolastica diviene il suo spazio consegnato di autonomia e il suo compito: un ambiente di socializzazione e apprendimento, sempre disgiunto dalla realtà del suo quotidiano che non integra né può sostituire. La crescita emotiva e l’autonomia pratica si allentano e restringono.

In Pakistan il bambino globalizzato appartiene alle fasce sociali medie ed alte: si distingue dal bambino universale perché ha smarrito la natura e ha dissipato le sue innate competenze; ha accesso ad un’istruzione migliore e più a lungo, nutre aspirazioni protese al futuro e prolunga la sua infanzia nell’adolescenza. Assomiglia di più a noi, lo vediamo. Nelle esigenze con cui la società e la famiglia tracciano il suo percorso di crescita e di apprendimento, nel modo in cui lo spazio economico indica e impone le sue volontà di ingresso del mercato del lavoro (a partire dai primissimi cicli di istruzione), la libertà cede ai passaggi prestabiliti verso la vita adulta.

Kaghan Memorial Trust, Partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

Kaghan Memorial Trust, Assistendo alla partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

È allora importante riflettere anche su questo sfondo socioeconomico della comunità pakistana in Italia, che noi percepiamo lontano, quasi sfocato, ma che è il punto di riferimento implicito per comprendere le modalità di autonarrazione e nell’esplicitazione dei bisogni. Nei contesti sociali dei villaggi e delle periferie pakistane, i bambini e gli adolescenti sono integrati nel tessuto sociale a cui appartengono, entro cui agiscono: le loro identità implicano una storia personale, la presenza di amici, una famiglia, il senso di appartenenza a un luogo, richiedono, come scrive A. Perucca, una «relazione vitale fra persone, in quanto reciprocità di presenza» (Perucca, 1987: 234). Si muovono in una rete di comunità e sono estremamente attivi e capaci di iniziativa; non soffrono il disorientamento e la precarietà della definizione del sé e della propria fisionomia sociale perché hanno appreso con l’ambiente familiare e la comunità loro attorno a convivere e muoversi in contesti difficili. Se nei villaggi il centro rimane quello antico, delle case “patronali”, dei luoghi di culto e del mercato, nelle città si giustappongono i frammenti dei centri storici, delle periferie e dei nonluoghi (Augé, 2009), fiumi di strade in corsa che si infrangono nel traffico.

libretto in urdu, L’amicizia di uno sconosciuto non è amicizia, Bookgroup, Karachi 1992,

Libri per l’infanzia in lingua urdu, Bookgroup, Karachi 1992,

Un libricino in Urdu [2] destinato alla diffusione gratuita nelle scuole racconta una piccola storia morale molto esemplificativa: i bambini di un villaggio si incontrano e vanno a scuola da soli e non accompagnati dai genitori, salutano il “vecchio” del villaggio che, seduto al solito posto sulla strada, fa i suoi lavoretti con calma e osserva la strada. Il vecchio risponde al saluto e avverte di prestare attenzione alle macchine. Sarà lui a scorgere il pericolo e a chiamare aiuto contro un uomo sconosciuto che si avvicina ai bambini offrendo caramelle, ma con malcelate brutte intenzioni, e gli altri adulti lo allontaneranno prontamente: la comunità, nell’incontro generazionale, si prende carico della tutela e della formazione dei bambini, con una compiuta integrazione e una partecipazione periferica legittimata (Wenger, Lave, 1991). Viene descritto, difatti, un bell’esempio di genitorialità diffusa: una dimensione di cura comunitaria che i villaggi, a prescindere dalle differenze socioeconomiche, ancora posseggono e che garantisce la libertà dei bambini.

siLa libertà dei bambini pakistani, però, abbiamo visto che segue sentieri diversi se si giunge nelle grandi città. Con misure e modalità differenti, poveri e benestanti vivono in luoghi altri, come per determinismo geo-economico: la coppia di città gemelle Rawalpindi – Islamabad ne è un esempio, e Bahria Town con la sua veloce espansione concretizza il bisogno di separatezza e di omogeneità socioeconomica delle classi medie e medio alte. L’impressione, anche a Lahore e Karachi, è quella di quartieri tematici: riservati alle forze armate, a compagnie di costruzione, università, e così via. Lo spazio urbano viene tematizzato, integrato a forza nell’economia di mercato e verso l’a-storicità.

Il multiculturalismo si trova così implicato in Pakistan non tanto nella suddivisione etnica quanto, in generale, nel rapporto con le culture diverse quali esse siano: si genera una doppia separatezza o effetto condominio sul piano interno (spazio urbano/rurale; periferie/quartieri residenziali) come su quello dell’interpretazione ideologica delle culture straniere, occidentali e non.

Nell’ampio circuito familiare pakistano, indipendentemente dal dato geografico, i bambini sono spesse volte in numero uguale se non maggiore agli adulti, compongono microcosmi autonomi di relazione tra fasce d’età diverse che con i genitori e i parenti condividono mansioni e ruoli. In questi contesti spontanei di aggregazione e gioco, differentemente che nell’apprendimento formale radicalmente compartimentato, si sviluppa un processo di apprendimento cooperativo in gruppi non omogenei. Ecco che in questi gruppi si ricostituisce quella libertà capacitante che abbiamo definito come denominatore comune dell’infanzia in Pakistan e che, si vede, pertiene non esclusivamente al mondo illimitato: sopravvive nell’assetto famigliare.

Welcome to Annual day, 2014 (ph. Elena Nicolai)

Welcome to Annual Day, 2014 (ph. Elena Nicolai)

La società pakistana in Pakistan non esperisce la frattura morale e l’opposizione generazionale propria dei contesti occidentali; il conflitto non è nella negoziazione dei contenuti etici quanto principalmente della mobilità sociale, e si traduce piuttosto in scelte di emigrazione per motivi economici. In Pakistan la famiglia è a costante e imprescindibile sostegno del singolo: l’isolamento non è elemento sociale endogeno, ma quando si verifica è esito di condizioni di povertà estrema; la dimensione collettiva che limita la solitudine concorre alla formazione del bambino, perché si eliminano per buona misura le incertezze relazionali della crescita.

La struttura familiare può essere indicata come sfondo unificante di un Paese vasto e complesso: ricco di culture ed etnie, di lingue, aree geografiche diverse; percorso da profonde fratture sociali ed economiche, dall’estraneità delle zone rurali agli spazi urbani, ancorato alla tradizione ma sempre più coinvolto nelle forze centrifughe della mondializzazione.

L’importanza dell’assetto e dell’ordine famigliare si ripropone anche nelle comunità pakistane immigrate ma, qui, la libertà sembra arrestarsi: come di fronte ad una diga è bloccata dallo scarto dei sistemi valoriali e dagli ordini simbolici di riferimento del contesto italiano. Come scrive G. Mantovani: «L’assenza di un’appropriata trasmissione culturale non produce indipendenza e libertà, ma disorientamento, ostilità, rabbia» (Mantovani, 1998: 19). Dove la libertà è arginata, inizia la conflittualità nella trasmissione culturale, il confronto spesso cruento che impongono modalità di negoziazione oppositiva e non adattiva al contesto, più evidenti nell’età dell’adolescenza e adulta.

L’istruzione e le aspettative delle famiglie rispetto al percorso di studi dei figli appaiono cruciali: per questo sarebbe auspicabile una maggiore e migliore conoscenza del sistema educativo pakistano, nelle sue differenze dovute a problemi di accesso (fisico, ma anche economico); conoscere la politica linguistica che sottende alla stesura del curricolo così come le differenze tra il sistema delle katchi e le scuole private, rispetto anche a quelle pubbliche, consentirebbe di ricongiungere il sentiero pensato per l’infanzia dalla società e dalla politica pakistane a quelli tracciati in Italia.

Conoscere, dunque, e non illuderci di sapere. Ci sono in Pakistan esempi di strategie educative bottom-up che mirano a valorizzare le specificità e peculiarità della local wisdom dei contesti più fragili, innestando il sapere tradizionale nei circuiti educativi internazionali altrimenti riservati solo alle élite.

Kaghan Memorial Trust, Partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

Kaghan Memorial Trust, Lancio nella partita di cricket (ph. Elena Nicolai)

Un esempio virtuoso di collaborazione tra associazioni locali pakistane ed educatori internazionali, in un’ottica di sostenibilità dell’iniziativa e della sua prosecuzione autonoma, è rappresentato da KMS (Del Gottardo-Nicolai, 2019): il progetto Kaghan Memorial School, avviato nella valle Kaghan provincia del KPK nel gennaio del 2006 (a seguito del terribile terremoto che colpì la regione nel 2005), offre da più di quindici anni istruzione gratuita e ha tra gli obiettivi principali la parità d’accesso e la continuità scolastica delle bambine e delle ragazze. Creato e gestito da un Charity Trust, il Kaghan Memorial Trust [3], nel piccolo paese montano di Kawai, in una zona remota e molto povera, il progetto educativo ha ricevuto nel corso degli anni il sostegno di istituzioni e fondazioni nazionali e internazionali, che garantiscono con donazioni la continuità delle attività didattiche totalmente gratuite per le famiglie bisognose, e hanno permesso l’ampliamento delle strutture, con la costruzione della middle school per le ragazze e, in altro edificio separato, quella per i ragazzi.

La scuola si è avvalsa in una prima fase di personale docente internazionale per la formazione delle insegnanti e per la strutturazione della didattica e del curricolo a partire dalla scuola dell’infanzia e dalla scuola primaria, per coprire poi ogni nuovo anno le classi successive, fino a quando il corpo docente composto da donne (ma, per la middle school maschile, uomini) della comunità ha raggiunto l’autonomia necessaria per gestire direttamente le attività in loco e sono invece continuati i corsi di aggiornamento e di formazione professionale annuali a Islamabad. L’obiettivo della scuola è ad oggi fornire un’istruzione di qualità, totalmente gratuita, a bambine e bambini poveri della valle e dei paesi limitrofi, che altrimenti non avrebbero accesso a un’adeguata formazione.

1breviariopakistanoUn altro successo di KMS è quello di aver potuto ipotizzare piste e percorsi educativi per incoraggiare le potenzialità delle bambine, delle ragazze e delle insegnanti per portarle a transitare dalla passività alla creatività intellettuale, dall’essere oggetti di enunciazione a divenire soggetti creanti sapere. Lavorando e valorizzando la professionalità delle insegnanti innanzitutto, si è portato sempre più all’attenzione delle famiglie il tema dell’istruzione delle bambine, svincolandolo progressivamente dalla questione del matrimonio e, fornendo l’istruzione senza alcun costo a fronte di situazioni di povertà o bambini orfani, le famiglie meno abbienti hanno visto risolto il problema se far studiare le figlie o sostentarle.

Fin dalle prime classi della scuola dell’infanzia si è promossa l’equa presenza di bambini e bambine garantendo un numero pari di posti, e le famiglie delle comunità montane sono state coinvolte nel percorso di formazione non solo degli alunni, ma anche delle insegnanti: procedendo su questo doppio binario, sono stati immediatamente percepibili i progressi sia nella sensibilizzazione rispetto alla professionalità e al lavoro femminile, sia rispetto alla necessità dell’istruzione superiore delle ragazze perché possano poi, col loro lavoro, contribuire alla crescita e al benessere della famiglia e della comunità intera.

Ho potuto partecipare, nell’anno scolastico 2013/2014, unica italiana in un ristretto gruppo di esperti internazionali, alle attività della scuola come docente e formatrice, vivendo un anno nel campus: lì ho ridefinito la mia idea di libertà, spesso seguendo con lo sguardo i passi dei bimbi tra le alte vette delle montagne. Disegnavano sentieri impervi ma giocosi, senza differenze di genere o rigide stereotipie situazionali: poi, da adulti, non sarebbe più stato così spontaneo, così possibile. Per questo, e nei sorrisi che ricordo, so che erano bambini liberi.

Dialoghi Mediterranei, n. 56, luglio 2022 
Note
[1] Per le argomentazioni presentate in questo articolo si rimanda al recente studio Del Gottardo E.- Nicolai E., Breviario pakistano. Mappe interculturali e prospettive pedagogiche, Progedit, Bari 2021, di cui si ripropongono in questa sede, rivisitati, ampi stralci.
[2] Traduzione del titolo dall’Urdu: L’amicizia di uno sconosciuto non è amicizia, Bookgroup, Karachi 1992, www.bookgroup.org.pk
[3] www.kmt.org.pk 
Riferimenti bibliografici
Appadurai A., Modernity at large. Cultural dimensions of globalization, Public Worlds Series, Minneapolis London 2010.
Augé M., Nonluoghi, Eléuthera Milano 2009.
Del Gottardo E. – Nicolai E., Passaggio in Pakistan. L’immagine del bambino tra pressioni culturali e globalizzazione, in Questioni di Pedagogia Sociale, Giapeto Editore, Napoli 2018.
Del Gottardo E. – Nicolai E., Visione dell’infanzia e identità di genere in un Paese giovane, multietnico, migrante, in Pedagogia e vita 77 (2019/1): 232-246.
Del Gottardo E.- Nicolai E., Breviario pakistano. Mappe interculturali e prospettive pedagogiche, Progedit, Bari 2021.
Mantovani G., L’elefante invisibile, Giunti, Firenze 1998.
Pasolini P., Scritti corsari, Garzanti, Milano 1976.
Perucca A., Genesi e sviluppo della relazione educativa, La Scuola, Brescia 1987.
Rist G., Le développement. Histoire d’une croyance occidentale, Les Presses de Sciences Po, coll. «Monde et sociétés» Paris, 2013
Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Mondadori, Milano 2003.
Sloman S., Fernbach P., L’illusione della conoscenza. Perché non pensiamo mai da soli, Raffaello Cortina Editore, Milano 2018.
Vallega A., Geografia Umana. Teoria e prassi, Le Monnier, Firenze 2004.
Wenger E., Lave J., Situated Learning. Legitimate Peripheral Participation, Cambridge University Press, Cambridge 1991.

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Elena Nicolai, Dottoressa di Ricerca in Italianistica presso l’Università di Padova e Dottoressa di Ricerca in Filologia Classica con una tesi sulla tradizione manoscritta e le traduzioni arabe e latine dell’Almagesto, ha poi frequentato il Master Immigrazione dell’Università di Ca’ Foscari. Ha pluriennale esperienza nell’ambito della Cooperazione Educativa Internazionale in vari Paesi tra cui Pakistan, Togo, India, Tunisia; recentemente ha iniziato a lavorare come consulente presso la sede AICS Somalia. Collabora con l’Università degli Studi Internazionali di Roma nell’ambito della pedagogia interculturale ed è per il secondo anno membro della Commissione per il Corso di Specializzazione al Sostegno (UNINT).

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