di Corradino Seddaiu
Con l’ingresso nella Rete dei piccoli paesi anche le occasioni di viaggio si sono trasformate, sia nelle destinazioni sia nelle motivazioni. Pur non amando particolarmente le grandi metropoli spesso mi son ritrovato in balia di queste per godere della presenza di musei e monumenti unici. Da qualche anno spinto, insieme a mia moglie, dalla passione per la ricerca di luoghi simili ma allo stesso tempo diversi da quelli che quotidianamente viviamo abbiamo intrapreso la strada del viaggio-ricerca in qualità di “pellegrini dei piccoli paesi”.
Finalmente arriva il decimo mese dell’anno; quello che permette di godere dei frutti dell’estate e dell’autunno e che anche quest’anno ha consentito di godere a me, col mio anziano padre, dei profumi, dei colori e dei suoni della vendemmia nella piccola vigna sulle colline pennellate di quarzo di Pedra Bianca, piccola frazione di 100 anime nel comune di Padru. Ottobre è il mese preferito per le nostre partenze dopo l’estate chiassosa. Stavolta ritorniamo in Corsica per riassaporare una terra vicina che ci ha offerto sempre tante somiglianze e tante differenze con la nostra isola di Sardegna. Nel bagaglio questa volta abbiamo messo anche qualche itinerario prezioso per la nostra ricerca sui piccoli paesi del Mediterraneo e qualche prezioso contatto gentilmente donato da Alessandra Broccolini e Pietro Clemente che diventano virtualmente i nostri compagni di viaggio in una terra in cui l’interesse cresce con il numero degli arrivi e delle partenze. Così mi ritrovo a sorseggiare di primo mattino un ottimo caffè d’orzo nel bar della piccola stazione marittima di Santa Teresa di Gallura osservando lo splendido dipinto lungo il bancone che rappresenta le due isole non una sopra e una sotto come in tutte le carte geografiche ma una al fianco dell’altra nell’atto di stringersi la mano. Poco fuori il mare e lo sfondo delle alte e bianche falesie di Bonifacio. La Giraglia nel frattempo sta attraccando; pronta immediatamente a ripercorrere i 12 km che la separano dall’Ile de Beauté, non appena avrà ingoiato la nostra autovettura, quella di qualche turista e i numerosi furgoncini dei pendolari sardi che sempre più spesso trovano lavoro nell’isola di sopra.
Cinquanta minuti sul mare stranamente assonnato delle bocche e il porto più meridionale dell’isola, Bonifaziu, come lo chiamano i corsi e come riportato in tutti i cartelli stradali rigorosamente anche in corsu, ci accoglie sotto le fortificazione del Bastion de l’Etendard che racchiude la cittadella, uno scrigno di suoni e profumi di tempi passati. Ma la nostra meta è molto distante; quasi all’estremo opposto, nella parte orientale dell’isola, avremo modo di rivedere Bonifacio alla fine del viaggio sulla strada per il ritorno. Dobbiamo attraversare il dipartimento della Corsica del sud per giungere nella città principale dell’ Haute Corse.
La prima manovra che ormai eseguo nelle visite all’isola è quella di spegnere l’autoradio almeno nel primo giorno per evitare distrazioni e cercare di essere pienamente immerso nella nuova realtà, così da decifrare ogni piccolo suono, ogni parola, ogni nota musicale che faccia capolino nel nostro abitacolo. Dopo circa tre ore intervallate da qualche breve sosta per qualche foto e un pasto corso a base di cannelloni al brocciu in una trattoria di Folelli, una frazione del comune di Penta di Casinca, arriviamo nella seconda città della Corsica e prima meta del nostro pellegrinaggio: Bastia, con i suoi vecchi palazzi, i bar e i ristoranti che si calano sul porto, le due torri della chiesa di San Giovanni che la notte somigliano a due antichi fari che sorvegliano la navigazione dei natanti.
Fondata dai genovesi, Bastia è un posto dove le strade si chiamano carrugghi e i bastiacci alternano il francese al corsu e dove tutti prima che tu possa aprir bocca ti parlano in italiano. Abbiamo un appuntamento a Place Saint-Nicholas, la piazza principale, una immensa spianata attorniata da palme e traboccante di tavolini nella sua parte interna fronte porto. Sorseggiamo la nostra prima Pietra, la birra locale aromatizzata alla castagna al Cafè de la Paix, nell’attesa di poter conversare con la prima delle persone per cui abbiamo deciso di venire in Corsica e cercare di capire attraverso interviste, l’ analisi di alcuni dati a disposizione, la lettura dei quotidiani e alcuni libri pubblicati solo in francese, come sia possibile che due isole simili e così vicine siano in controtendenza su diversi aspetti, e soprattutto comprendere le dinamiche per cui la Sardegna negli ultimi dieci anni abbia perso 32 mila abitanti, dato che equivale all’incirca alla perdita della città di Oristano, mentre un’isola che dista pochi km nello stesso periodo temporale ne abbia guadagnati altrettanti. Una indagine affascinante e velleitaria a causa del poco tempo a disposizione per cui ho preferito rimanere prudente nei miei appunti.
Il tempo di mettere una manciata di tabacco nella cartina che si profila davanti una persona che sembra attendere qualcuno che non conosce fisicamente, guardandosi intorno alla ricerca di un cenno che arriva. Dopo le presentazioni e ringraziamenti per la disponibilità, ho il piacere di condividere con Jean Charles i motivi del nostro incontro e della nostra ricerca. Jean Charles Adami è tante cose, cantante nei Muvrini, gruppo famoso in Corsica e a livello internazionale che vanta collaborazioni fra gli altri anche con Sting, è professore di lingua corsa in un liceo di Bastia, membro di una confraternita a Pianellu, poeta, allevatore e chissà quante altre cose. Ma soprattutto un uomo appassionato della sua terra e di questa possiede una virtù tipica, quella del riserbo.
A poco a poco però il ghiaccio si scioglie e in questo come nei successivi incontri riesco a sperimentare quel congegno misterioso che fa incontrare le persone e le loro rivelazioni e che ti fa sentire grato oltre che fortunato. Non governando bene la lingua francese la nostra conversazione procede in italiano, parlato molto bene da Jean Charles e in corsu, lingua simile al nostro gallurese. I nostri auspici dei paesi che si ripopolano vengono parzialmente smentiti dal nostro interlocutore che ci prefigura un aumento della popolazione nei centri principali e nelle aree periurbane dove è in atto quella che definisce “normalizzazione”, la rottura identitaria dove nessuno sa niente del vicino. L’aumento demografico è dovuto non tanto alle nuove nascite bensì ai trasferimenti soprattutto di pensionati in cerca di sole dal continente. «Più ci si allontana dal centro più si trova la desertificazione umana», dice J.C.
Il suo paese conta 27 abitanti ed è difficile parlare di comunità. Ci racconta in maniera ironica e sconsolata di come ci sia un unico punto di ristoro nel villaggio a cui vende la carne del suo allevamento, e di come, per contribuire a tenerlo aperto vada a mangiare la stessa carne pagandola il doppio. Le sue parole non riescono comunque a nascondere quell’ottimismo di base che lo caratterizzano quando ci svela le sue ricette per la riscossa identitaria dei paesi corsi, auspicando la costruzione di economie differenti che abbiano come primo obbiettivo l’autosufficienza alimentare, la creazione di scuole di educazione popolare contadine e soprattutto la patrimonializzazione del territorio attraverso la riscoperta della cultura che vive e non si osserva ingabbiata in teche.
«Cantiamo in paghjella (canto polifonico profano e liturgico corso iscritto dal 2009 nella Lista del patrimonio immateriale dell’UNESCO) ancora nei matrimoni, per le nuove nascite, ai funerali, nella vita di tutti i giorni». Felici di questa nuova conoscenza poco prima di lasciarlo ai suoi numerosi impegni, si accorge della presenza nel tavolo poco distante di un suo collega, insegnante di filosofia al liceo, con cui ama fare poesia estemporanea, e così dopo averci congedato si rivolge improvvisando in poesia alla controparte la quale prontamente risponde in rima , ma purtroppo presi dalla concitazione del momento non avendo trascritto nulla, oggi non siamo più in grado di ricordare. La scena estemporanea non ha comunque suscitato solo il nostro interesse, ma anche quello di un anziano che probabilmente ascoltava in silenzio poco distante da noi e che mostrava curiosità e piacere per la situazione. Con il tipico riserbo corso chiede a J.C. chi fosse ed è stato bello vedere gli occhi illuminati e colmi di apprezzamento e riconoscimento di questo anziano spettatore nel sentire pronunciare la parola “Adami”.
Nei giorni successivi ci spostiamo da Bastia alla volta della Balagna, una delle regioni della Corsica ricca di ambienti naturali, di spiagge molto frequentate dal turismo e da montagne contornate da piccoli borghi ancora in vita che col tempo sono riusciti a diventare attrattivi e a sottrarre qualche visitatore alle mete del turismo marino limitrofe come Calvi e Ile-Rousse.
Dopo aver visitato Corbara e Sant’Antonino, considerati tra i borghi più belli di Francia e intervistato alcuni dei suoi abitanti, facciamo rotta su Pigna per incontrare Toni Casalonga. Prima di salutarci J.C. Adami, informandosi delle nostre successive tappe, ci disse che Toni era l’artefice della rinascita del borgo o meglio che Toni era Pigna e Pigna era Toni.
Per arrivare a Pigna ci si inerpica in una strada tortuosa e stretta ma, come spesso accade, le strade più brutte da percorrere sono anche le più belle. Si attraversa il borgo di Corbara con la sua piccola bottega di “fruits et legumes” che vende i prodotti degli orti vicini e qualche km più avanti si incontra il maestoso convento di Corbara, il più grande di tutta la Corsica secondo quanto riportato dalle guide, costruito nel 1430 sul monte che domina l’area fino al mare. Subito dopo appare il borgo in pietra di Pigna che pare sospeso e che dall’esterno potrebbe sembrare uno dei tanti posti dell’entroterra della Corsica destinati all’oblìo.
Arriviamo con largo anticipo all’appuntamento per poter scoprire il luogo con calma. Subito dopo la chiesa, stranamente posta all’inizio del borgo, si apre alla nostra vista un dedalo di stradine strette di acciottolato, scalinate, passaggi curati puntellati di abitazioni dai balconi fioriti. Ogni angolo nasconde una bottega o un atelier dove artigiani e artisti di tutte le età lavorano, discutono, oziano seduti al sole o all’ombra a seconda della stagione, sorseggiano una bevanda, un caffè o fumano tabacco, insomma vivono nel borgo e il borgo. Lungo il percorso ci imbattiamo in botteghe deliziose, ognuna con a guardia dell’ingresso il proprio gatto, e numerosi scorci panoramici dove si può ammirare una vista unica sulla costa.
Fra i vari atelier la nostra attenzione viene attirata da uno in particolare che lavora il vetro, all’interno una piccola Murano dove i colori e le forme si fanno apprezzare e rendono il viaggiatore desideroso di portare con sé almeno un pezzetto di quel mondo. Poco più avanti c’è anche “A Casarella”, che merita di essere menzionata per il suo spazio, semplice terrazza acciottolata all’aperto con piccoli tavoli in legno e le sedie caserecce che raccontano la convivialità dei cortili di paese, i gatti che sonnecchiano, i fiori e i rampicanti che la circondano e un panorama mozzafiato sul golfo. In attesa del nostro rendez-vous approfittiamo anche della gentilezza della proprietaria, delle sue tapas corse con prodotti da agricoltura biologica degli orti vicini e così prendiamo atto di come un posto così piccolo possa essere a misura d’uomo senza stravolgere i suoi tempi e i suoi spazi e riesca contemporaneamente a venire incontro ai visitatori.
Dopo pranzo abbiamo appuntamento con Toni alla “Casa Musicale, un caffè-ristorante scavato nelle antiche case di Pigna. Non nascondiamo l’emozione di questo importante incontro. Toni è un pittore, uno scultore ma sopratutto è un pensatore della contemporaneità. Figura emblematica di “Riacquistu”, un movimento culturale che fu pioniere della riconquista culturale e del rinnovamento artistico della Corsica e ideatore della nuova Pigna, dove con alcuni amici artigiani fonda una cooperativa “La Corsicada” che distribuisce i prodotti in tutta l’isola attivandosi per contrastare il massiccio spopolamento del borgo che oggi è in grado di richiamare sempre più artisti e visitatori. Pigna è diventata così un vero e proprio atelier a cielo aperto, dove chiunque voglia esprimere la sua arte è benvenuto.
Anche Toni è felice, per nostra fortuna, di poter conversare con noi in corsu e non in francese, ma ci avvisa che non tutti i vocaboli, specie quelli della modernità, possono essere tradotti facilmente. Anche a Toni poniamo la stessa domanda che abbiamo fatto a tutti i nostri intervistati nell’isola, e anche lui ci conferma che la Corsica non sta vivendo un boom di nascite ma come già riscontrato in alcuni dati apparsi anche in Italia, si tratta di un apporto esterno, soprattutto di francesi del continente, racconta Toni con sorriso ironico, che apprezzano il clima dell’isola.
Nell’intervista con Toni Casalonga è impossibile, oltre che poco desiderabile attenersi all’elenco di domande precedentemente preparato, utile per creare freddi campioni statistici, così tutto con normalità diviene conversazione, dove il sapere e l’intatta curiosità reciproca per le storie, per le persone, per i luoghi prende il sopravento. Toni risponde con tono calmo e convinto alle nostre preoccupazioni per lo spopolamento in Sardegna. Con mio stupore in una epoca dove tanti studiosi, associazioni, comunità si adoperano per trovare qualche soluzione al fine di contrastare questa corsa verso lo svuotamento di intere aree, Toni sostiene che sia necessario aspettare e soprattutto accettare l’ora del vuoto, della morte. Afferma poi che solo dopo questo lutto si potrà prendere coscienza del valore, e le persone che lo faranno non saranno spesso quelle natie ma coloro che riconosceranno questo valore e lo trasformeranno. «Dove c’è perdita di valore non c’ è azione».
La Sardegna sta perdendo residenti ma questo, dice, non vi deve preoccupare. La Corsica, ci racconta, nell’800 aveva circa 400 mila abitanti, agli inizi del Novecento era crollata a 150 mila, praticamente disabitata, ora secondo l’ultimo censimento ci sono 335 mila residenti. «Non deve esserci il frettoloso bisogno assoluto di riempire il vuoto, questo avverrà quando ne verrà riscoperto il valore». In silenzio ascoltiamo senza introdurre ulteriori domande, e dopo una lunga pausa di riflessione ci introduce un detto corso “U mortu allarga u biu” consegnandocelo come invito alla riflessione sul lutto che migliora i vivi.
Infine prima di congedarci visti i suoi numerosi impegni ci invita a seguirlo all’interno del suo atelier poco distante dove a breve dovrà incontrare altre persone. All’interno è difficile conversare senza essere rapiti dalle forme e dai colori che lo abitano. Arriviamo a parlare dell’attualità, è nostro interesse sapere qualcosa su quella che è stata la prima pagina del Corse-Matin, dei principali notiziari televisivi e radiofonici corsi ovvero il movimento indipendentista denominato Fronte di liberazione nazionale corso FLNC che si ripresenta ad un giornalista in una conferenza stampa clandestina dopo tanti anni. Toni ritiene che ci possono essere diversi modi per rispondere al centralismo esasperato dello Stato francese e alla sua pressione sul territorio. Una è quella dell’ FLNC, ma la più efficace a suo parere è quella che percorre l’integrazione, quella adottata a Pigna e che auspica si possa adottare anche in altri paesi. Preferisce rispondere con le comunità di destino dove si cerca di creare sintonia tra chi vive il luogo da sempre e chi arriva da fuori, attraverso l’ottimismo dell’azione e mettendo da parte il pessimismo dell’intelligenza.
Pigna e tanti paesi della Corsica visitati in questo breve soggiorno, non si raccontano attraverso nostalgiche immagini del passato, del «si stava meglio quando si stava peggio», esprimono al contrario la volontà di essere luoghi di resistenza ai grandi processi di omologazione attraverso quella gentrificazione, attivata da nuovi soggetti: sono artisti che aprono nuovi atelier, ristoratori che offrono piatti nuovi e che rivisitano la tradizione con rinnovata attenzione alla qualità, alla provenienza dei cibi, musicisti che costruiscono case della musica e auditorium che diventano sede di tournée di artisti anche stranieri, sono giovani e non che inventano tradizioni e forme culturali che attirano visitatori e contribuiscono a contrastare lo spopolamento. Se a volte è vero che tutto il mondo è paese, può essere vero che ogni paese offre delle peculiarità che le rendono unico in questo mondo.
Toni che nel suo telefono ci aveva inizialmente registrati “amici di Pietro” ci deve lasciare per un altro rendez-vous, ma ci invita a rimanere, contando di liberarsi a breve; ha particolare piacere, ci dice, di raccontare e rivivere i momenti in cui fu organizzata in un teatro “una sfida” in poesia fra antropologi e poeti corsi “chiamma è rispondi” a quanto pare molto interessante ed esilarante.
Ma Bonifaziu dista tre ore, in Corsica le strade non si misurano in km ma in ore a causa della tortuosità di alcune. La nostra settimana di permanenza è ormai agli sgoccioli quindi salutiamo nostro malgrado, promettendo di incontrarci a breve a Pigna o in Sardegna e con il gradito augurio in corsu di Toni «speru successu a li vostri impresi».
A prestu.
Dialoghi Mediterranei, n. 40, novembre 2019
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Corradino Seddaiu, nato a Sassari, laureato in Sociologia a La Sapienza di Roma con una tesi dal titolo “Paesaggi culturali. L’esempio dei Saltos de Joss nella Sardegna nord orientale”, è Presidente dell’Associazione culturale Realtà Virtuose, che opera nel nord Sardegna, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e la valorizzazione dei piccoli borghi con un’attenzione particolare alle tematiche ambientali e sociali locali orientate verso il cambiamento dei paradigmi in agricoltura e nel turismo. Attualmente collabora con sociologi della musica e tecnici del suono per la realizzazione di una mappa sonora dei territori (fiumi, risorgive, borghi abbandonati, chiese, botteghe artigiane) al fine di creare un archivio sonoro a disposizione della collettività e di artisti che ne vogliano rielaborare i suoni e i rumori dando vita a musica e forme d’arte.
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