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Ripalimosani. Infanzia di una mappa

Ripalimosani

Ripalimosani

di Katia Ballacchino e Letizia Bindi

Ripalimosani – A Rìpëdu Mesanë, in dialetto – è un comune molisano che oggi conta poco più di tremila abitanti (intorno ai 3100, ufficialmente), anche se molti di questi vivono per buona parte dell’anno fuori dal paese e alcuni, non pochi, anche all’estero. Fortemente segnato, negli ultimi decenni, dalla sfera di attrazione del capoluogo regionale, Campobasso, ha subìto nel tempo un cambiamento urbanistico e demografico importante vedendo, come in molte altre aree interne italiane e in molti comuni molisani, ridursi in modo importante la popolazione locale, contrarsi le attività produttive tradizionali – l’agricoltura, la pastorizia, l’attività de funai e dei gessaioli che furono, un tempo, una caratteristica della composizione socio-antropologica della comunità.

Il nucleo dell’abitato è storicamente accentrato intorno alla piazza della Chiesa madre e del palazzo ducale e alla galleria dei cosiddetti tre archi, ma anche intorno alla tensione di questo nucleo centrale con il polo esterno delle Quercigliole, dove si trova la piccola chiesetta della Madonna della Neve, verso cui si muove la processione cruciale del calendario liturgico della comunità così come il Palio omonimo che caratterizza i festeggiamenti agostani del culto mariano. Più recentemente lo sviluppo urbanistico ha abbandonato questi due poli principali sviluppandosi verso l’area di contatto con la città di Campobasso cui è letteralmente saldata attraverso la zona industriale che per una buona parte insiste sul territorio di Ripalimosani e dove molti abitanti di questo comune finiscono per lavorare e sviluppare la loro socialità e i loro consumi. È una storia comune a tanti altri piccoli comuni delle aree interne molisane, terra di paesi, di piccoli borghi sovente fortemente spopolati che pure conservano un forte nucleo identitario, memorie di lunghissimo corso, preziosi patrimoni materiali e immateriali, ma anche una forte vocazione alla mobilità così come all’incontro e all’accoglienza appresi proprio attraverso l’esperienza radicale e ampiamente condivisa dell’emigrazione e alla presenza antica e altrettanto cruciale del pastoralismo seminomade e della transumanza.

Ripalimosani

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Una mappa di comunità per Ripalimosani

“Infanzia di una mappa” perché in primo luogo vogliamo raccontare la genesi e le ragioni di questo progetto, da dove parte, come si muove, verso cosa si dirige. Vogliamo spiegare in che modo questo progetto incrocia e arricchisce le riflessioni e le esperienze già cumulate negli ultimi due decenni in Italia come altrove sui temi delle mappe di comunità, degli ecomusei e dei repertori partecipati dei patrimoni naturali e culturali di specifici territori e comunità.

Apparse per la prima volta intorno agli inizi degli anni Ottanta in Inghilterra e Regno Unito con il nome di Parish Maps, esse rappresentarono, di fatto, il frutto maturo della corrente scientifica e per certi versi anche politica di Common Ground, un gruppo relativamente esteso di scienziati sociali, esperti di territorio e animatori di comunità interessati ad intercettare tendenze e bisogni delle comunità locali e a facilitare con la propria azione il loro empowerment e la presa di coscienza dei patrimoni condivisi dalla collettività.

In un tempo in cui la conoscenza specifica e profonda dei luoghi e dei territori sembra essere sacrificata a logiche sempre più globali e generalizzanti, in realtà le Mappe di Comunità riportano al cuore dell’azione scientifica, ma anche politica e sociale, un sapere sul territorio fortemente radicato nei confini di un paese, attento però al confronto, ai saperi specifici ricostruiti con puntualità e alla ricostruzione complessa del senso di appartenenza ad un gruppo, ad un luogo, a delle memorie, a dei valori specifici.

Per certi versi si tratta di un approccio che resiste, da un certo momento in poi della storia recente, alla apparente perdita delle specificità culturali, della biodiversità, delle particolari relazioni tra persone e luoghi che si sviluppano in specifici contesti indicando come obiettivo un nuovo senso di partecipazione comunitaria – seppur non comunitarista – e un recupero sapiente e minuto di una qualità del vivere quotidiano più alta e consapevole, perché socializzata, condivisa e meditata.

Partendo dal presupposto che i luoghi non sono solo un insieme di rilievi geologici o di confini geografici, ma processi di individuazione e definizione di processi che su una certa porzione di territorio si svolgono, le mappe di comunità necessariamente finiscono per travalicare ampiamente la traccia disegnata di un paese o di un’area rurale o protetta interessata dalla mappatura ma, come altri materiali impiegati nel tempo con acume dalla ricerca socio-antropologica e storica – storie orali, produzioni individuali, storie di vita (disegni, immagini, archivi fotografici o audiovisivi e ancora scritture, diari privati, archivi parrocchiali e comunali, memorie familiari, etc.) divengono parte di un processo complesso di definizione e auto-rappresentazione della comunità a sé stessa che è di per sé oggetto cruciale di interesse per l’analisi etnoantropologica.

Nel caso specifico di questa Mappa di Comunità pensata per Ripalimosani vi sono elementi di interesse meritevoli di essere messi in rilievo sia nel processo di costituzione dell’ATS della Scuola di ruralità “Francesco Longano” che nella realizzazione dell’indagine, dei questionari, dei laboratori svolti nelle scuole elementari del paese, delle interviste, dei focus group e della documentazione di alcuni momenti salienti per la vita comunitaria.

L’insieme degli strumenti metodologici prescelti e incrociati per la realizzazione della Mappa sono stati orientati a documentare la percezione del patrimonio locale e del senso di appartenenza alla comunità, la relazione e gli usi del passato elaborati oggi dai ripesi delle diverse generazioni e collocazioni territoriali, dei sistemi di relazione collettiva presenti nello spazio locale. Tutto questo, inoltre, ha cercato di innescare un processo partecipato e condiviso attraverso cui le persone interpellate potessero sentirsi coinvolte in un progetto di riconoscimento, definizione e valorizzazione delle specificità locali di Ripalimosani e chiamate a riflettere e confrontarsi tra loro – ad esempio nel corso dei focus group – sulle modalità possibili di valorizzazione e promozione delle particolarità di questo territorio di straordinario interesse, del paesaggio naturale e culturale ripese e delle memorie che condividono e sulle quali ipotecano il loro futuro.

Il progetto è stato impostato su una metodologia di tipo etnografico, seppur limitata nel tempo, che ha cercato di fornire dati il più possibile rappresentativi delle varie componenti generazionali, sociali e culturali della comunità, nelle sue più diverse espressioni.

Ripalimosani

Ripalimosani

Il campione degli interlocutori è stato individuato nel corso di riunioni congiunte di tutto il gruppo di coordinamento del progetto, cui partecipavano sia studiosi esterni – seppur con differenze nella conoscenza di base della comunità ripese in base alle storie e alla formazione di ciascuno – e di cittadini ripesi a vario titolo coinvolti nel progetto che si sono rivelati delle risorse preziose sia per il loro ruolo nelle istituzioni locali, sia in funzione di una loro acclarata conoscenza di alcune componenti nel processo di mappatura territoriale.

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Da questo spoglio degli elenchi anagrafici si sono isolati diversi gruppi omogenei ora per generazione, ora per appartenenza di quartiere o di associazione, ecc. Questi stessi gruppi sono stati contattati per essere consultati e intervistati nel corso di focus group. Accanto ai quali sono state realizzate una serie di interviste individuali a testimoni privilegiati di categorie specifiche, o rappresentanti di storie particolari del paese.

Sia i focus group che le interviste individuali sono stati video-documentati al fine sia di fornire materiali di supporto per la restituzione di parte delle testimonianze nella mappa, sia per poter analizzare a posteriori e in modo articolato le testimonianze per realizzare un compiuto prodotto scientifico, che ci auspichiamo possa essere di prossima pubblicazione.

Un campione più esteso è stato altresì raggiunto attraverso uno strumento, di certo meno complesso per domande e per articolatezza delle risposte, quale il questionario che è stato somministrato in formato di flyer nel corso di due occasioni pubbliche di tipo commerciale/promozionale come i Mercatini di Natale del 2016, che hanno luogo nel cuore del centro storico e che registrano presenze significative.

Per raggiungere, infine, il target giovanile, prezioso per un progetto con lo sguardo lungo e la vocazione lungimirante come questo, si è pensato di svolgere alcune attività nelle scuole locali attraverso la collaborazione dei docenti che hanno affidato agli studenti compiti, mappe da riempire e disegnare e si sono fornite loro agili macchinette fotografiche usa e getta per stimolare la creazione di ‘personalissime’ gallerie di immagini sul paese, sulle quali poi riflettere.

Ne sono emerse considerazioni diverse su cosa renda Ripalimosani un luogo più o meno denso di significati e valori e che cosa lo distingua in modo particolare da altri luoghi, più specificamente, ad esempio, dal capoluogo Campobasso al quale pure è così limitrofo geograficamente da confinare e quasi ‘scivolare’ di fatto su di esso in termini di frequentazioni, attività lavorative, relazioni quotidiane, rapporti economici, prossimità territoriale.

La finalità di queste diverse fasi dell’indagine, somministrazione di questionari, interviste e focus group, accanto alla raccolta puntuale di archivi sia bibliografici che audiovisivi di momenti e occasioni salienti del paese è stata affiancata dalla documentazione di alcuni tra i momenti più significativi, soprattutto dal punto di vista patrimoniale, del ciclo di vita locale e intende costituire la base per la realizzazione di una futura mappa web condivisa della comunità, per una ritessitura sottile delle relazioni e delle collaborazioni associative presenti nella collettività locale, per una crescita dell’impegno e della consapevolezza nel prendersi cura del proprio territorio, in quell’aver a cuore comune che è poi la sintesi migliore della stessa percezione di appartenenza ai luoghi e alle comunità.

Ripalimosani

Ripalimosani

Il lavoro con la comunità

La mappa di comunità che abbiamo realizzato a Ripalimosani vuole essere un esperimento partecipato in cui è stato centrale un gruppo di lavoro formatosi ad hoc grazie alla spinta progettuale di Peppe di Fabio, ripese di origine e campobassano da tempo, ma con una passione nei confronti del territorio ripese che ha coinvolto tutti e che ha permesso a ciascuno di lavorare in sintonia e con rigore. Il gruppo di lavoro è stato formato da persone del luogo con diverse professionalità e grande conoscenza del territorio, delle risorse ripesi e della vitalità locale in termini di economia, cultura, storia, politica, etc., amministratori, un esperto di mappe di comunità e due antropologhe dell’Università del Molise, autrici di questo capitolo e più propriamente studiose di processi patrimoniali e partecipativi. È stata proprio la nostra competenza scientifica in termini di etnografie di comunità patrimoniali, di risorse locali, di valorizzazione di processi dal basso, etc. a permetterci di lavorare a questo ambizioso progetto con generosità e vivacità, ricambiata ampiamente dai protagonisti.

Quello che ne è scaturito, ci pare, è in primo luogo uno strumento collettivo con cui gli abitanti di questo paese – come già accaduto in molte altre località italiane e straniere che hanno affrontato questo percorso – hanno avuto l’opportunità di definire e rappresentare il patrimonio condiviso, il paesaggio che conoscono e riconoscono, i saperi che intendono conservare e che strutturano il loro agire quotidiano o almeno fanno parte dell’ossatura della loro memoria condivisa. La Mappa di Comunità, in questo senso, permette – ed ha in un certo senso permesso, ci auguriamo – al paese, alla comunità di prendere coscienza del proprio valore, dei molteplici piani di lettura e interpretazione del proprio territorio e della propria storia recente e passata, lanciando lo sguardo verso futuri possibili.

Ripalimosani – che entrambe conoscevamo bene, perché era stato eletto ormai oltre dieci anni fa in particolare da Letizia Bindi e più sporadicamente da Katia Ballacchino come luogo del ristoro e del riposo dopo le lunghe attività lavorative svolte all’Università del Molise, nella sede della limitrofa Campobasso – ha sempre rappresentato per noi un luogo privilegiato di affezione. Alloggiare spesso al Castello, nel cuore del centro storico, ci ha permesso di “mettere il naso” silenziosamente, di anno in anno, nella sua apparente solitudine invernale e in tutto il fascino che la talora abbondante neve regala, durante i lunghi inverni ripesi.

Ripalimosani, quindi, anche per noi significa e ha significato un luogo emblematico di un Molise che studiamo ogni giorno e nel quale svolgiamo la nostra attività didattica e di ricerca: un luogo che offre paesaggi unici e molta ricchezza nascosta dietro i suoi campanili e castelli. È anche in ragione di questa prossimità non solo intellettuale, ma anche affettiva a Ripalimosani che ci si è volute impegnare in questo progetto. Volevamo rintracciare nella apparentemente silente e dormiente Ripalimosani quella vitalità e quelle risorse che solo gli abitanti, con i loro vissuti e con le loro storie, memorie e progetti possono individuare e, semmai, riattivare.

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Ripalimosani, la Chiesa madre e il Palazzo ducale

Il nostro metodo: gruppo di lavoro, focus group, interviste individuali, video-documentazione

Sollecitare gli abitanti ripesi con la nostra precipua metodologia etnografica – fatta di orientamento qualitativo, attenzione alle persone, agli individui, alle singole storie e alle dinamiche relazionali che caratterizzano un paese –, si è rivelato particolarmente adatto, anche in questo caso, a scovare quel che di Ripalimosani non si vede ad occhio nudo o ad un passaggio fugace.

Il progetto, che ha previsto tempi di ricerca di medio periodo – da novembre 2016 a giugno 2017 – prevedeva la possibilità di organizzare appuntamenti collettivi all’interno dei quali parte del gruppo di lavoro poteva intervenire e partecipare alla somministrazione delle interviste e alla realizzazione dei focus group. Il gruppo di lavoro, che è in larga maggioranza di origine ripese, è stato, tra l’altro, determinante nell’orientare noi antropologhe in ogni processo della costruzione della mappa. Ha contribuito alla individuazione delle persone-risorsa, dei valori locali, delle attività economiche e imprenditoriali, dei luoghi-simbolo, dei preziosi temi di memoria di un luogo che spesso sopravvive solo nella narrazione orale dei singoli abitanti, in maniera trasversale alle diverse generazioni. Si è trattato di un processo partecipato, orientato, sensibilizzato e responsabilizzato fin dalla sua infanzia,  dagli stessi ripesi, in cui noi ci siamo volentieri ritagliate un ruolo di supporto, stimolo riflessivo e direzionamento.

Contravvenendo in parte alla metodologia ‘classica’ della ricerca etnografica, che sovente sceglie strade e direzioni a monte, in base agli interessi dell’idea progettuale che ogni indagine antropologica propone, in questo caso si è adottato, di fatto, un processo inverso: una vera e propria scoperta del luogo e dei significati che ad esso vengono attribuiti localmente a vari livelli, a cui noi ci siamo adeguate gradualmente.

La partecipazione alle molte occasioni di testimonianza e confronto organizzate nel corso dell’indagine è stata numerosa e i risultati davvero interessanti e stimolanti sia per noi che conducevamo l’indagine che, ci sembra, per i cittadini di Ripalimosani che hanno collaborato. Il focus group è, essenzialmente, uno strumento metodologico della ricerca sociale, che può offrire sia utilità pratica che implicazioni etiche. Si tratta di una sorta di intervista collettiva rivolta ad un gruppo omogeneo di persone accomunate da elementi dichiarati fin dal principio. È proprio nell’interazione che si crea tra i partecipanti che si può avviare una riflessione in certi casi anche più avanzata rispetto alla tecnica più classica dell’intervista “faccia a faccia”. I luoghi di svolgimento di ciascun focus group sono stati per lo più luoghi istituzionali, come una delle sale comunali, o alcuni luoghi di ritrovo nel centro storico, come la saletta del circolo nella piazzetta dei Tre Archi o altri luoghi centrali dal punto di vista delle attività sociali, come il Convento dei Celestini che fa anche da punto di riferimento e da approdo delle attività complessive del progetto. Per ciascun focus group si sono individuati dai 4 agli 8 partecipanti, uniti per caratteristiche comuni come età, sesso, ruolo nel territorio, vita associativa, etc. e ciascun momento corale è stato gestito da almeno una delle autrici di questo articolo, assieme a interlocutori chiave locali.

5Luoghi, persone, eventi, pratiche

Si sono soprattutto interrogati gruppi di giovani che appartengono a varie espressioni sociali e culturali della vita ripese, in particolare coloro che organizzano i momenti tradizionali o performativi come il teatro o il palio delle Quercigliole o la Mascherata o altre occasioni collettive di convivialità e divertimento in paese (Oktober Fest, Mercatini di Natale, Love&Peace, Castagnata, ecc.). Al tempo stesso ci si è rivolte anche a gruppi di adulti attivi nella vita ripese o anziani che sono stati fondamentali per ricucire i fili della memoria di un paese che non esiste più in quelle forme, ma attorno ai quali valori le nuove generazioni sono cresciute.

A partire dai primi dati registrati da questi lavori di gruppo, proficui e preziosi, si sono seguite alcune piste individuate come centrali per la vita ripese che pur tuttavia non fossero esclusivamente posizionate con uno sguardo solo all’indietro, nostalgico, nei confronti della memoria del passato. Si è, infatti, cercato di avvicinarsi al paese e alla vita della sua comunità e di sollecitare chi con noi era coinvolto in questa attività di definizione e individuazione ad un approccio maturo facendo leva proprio sulla conoscenza e la consapevolezza del passato, capace di aprirsi ad uno sguardo lungo, il più possibile lungimirante, costruttivo e creativo, sulla scia delle voci dei giovani e di coloro che hanno scelto di non lasciare Ripalimosani, evitando quel processo di spopolamento dei paesi che attanaglia gran parte dei piccoli borghi del nostro paese.

A partire dall’individuazione di queste piste, tematiche e caratteristiche che gli stessi abitanti hanno definito, sollecitati dal nostro lavoro intrusivo e interrogativo, si è passati a una fase della ricerca che ha seguito i significati attribuiti dai protagonisti impostando una serie di interviste singole, faccia a faccia, dove il protagonista era un interlocutore, delle volte accompagnato dalla famiglia o da alcune persone care. In questi casi le interviste si sono quasi tutte realizzate nelle case, sottolineando e stimolando la dimensione intima del racconto di sé, oppure nell’ambito delle loro attività commerciali, che potevano essere locate in paese ma soprattutto nella zona industriale che fa da bretella di proficuo collegamento con la vicina Campobasso.

Le interviste, quindi, hanno fin dall’inizio avuto l’obiettivo di approfondire le storie personali, intime o familiari, o imprenditoriali di ripesi di successo o di interlocutori che avevano al contrario scelto Ripalimosani come sede per progettare la loro attività commerciale.

In ogni caso una delle principali caratteristiche che abbiamo potuto registrare – e che in questa sede ci limitiamo esclusivamente a sintetizzare, rimandando ad un prossimo volume scientifico nel quale ragioneremo più nello specifico dei contenuti e delle tracce individuate nella mappatura del territorio ripese – è di certo la grande capacità imprenditoriale nonché l’abnegazione lavorativa che gli stessi ripesi dimostrano di avere. Ciò è dimostrato anche e proprio dalla individuazione delle figure femminili che da sempre sembrano essere state grandi lavoratrici, spesso andando a lavorare come donne di accudimento domestico a Campobasso, mentre i mariti lavoravano la terra a Ripalimosani. In questo senso si rintraccia una retorica molto forte che individua nella donna la principale figura-fulcro della famiglia e in qualche caso coadiuvando persino le attività economiche della casa.

Un-momento-della-Mascherata-di-Ripolimosani

Un momento della Mascherata di Ripolimosani

Le attività, il sistema produttivo, le economie locali, l’emigrazione

I rapporti con Campobasso, tuttavia, sono secolarizzati e strutturati nel tempo, infatti, si può registrare la presenza di molteplici attività imprenditoriali – soprattutto bar e locali –che i ripesi hanno aperto nel vicino Capoluogo. Verrebbe, perciò, da ipotizzare una sorta di resistenza all’ingombrante dimensione urbana da parte della popolazione ripese che sembrerebbe aver strutturato nei confronti del Capoluogo un rapporto di convenienza e sfruttamento positivo, da una parte accogliendo nel territorio ripese attività commerciali di campobassani e dall’altra investendo con le attività e le competenze dei ripesi a Campobasso.

Analogamente potremmo leggere la reazione fiera e positiva che i Ripesi hanno saputo mostrare nei confronti della migrazione verso l’estero. Questa emigrazione, che ha scelto come linea e catena migratoria privilegiata quella verso l’Argentina, ha fatto sì, ad esempio, che la città di Rosario sia oggi abitata da una cospicua comunità di Ripesi – ormai per lo più di seconda e terza generazione che hanno costruito la loro ricchezza svolgendo spesso attività legate alla antica tradizione ripese della panificazione. Una possibile linea di espansione del nostro lavoro di Mappa di Comunità potrebbe essere l’impegno a implementarla,se ce ne sarà l’occasione, attraverso una raccolta di testimonianze di membri di questa comunità di ripesi lontani per comprendere l’immaginario e le memorie che essi conservano del paese originario.

Si sono volute anche registrare storie di vita personale di migrazione e ritorno o vissuti legati ad un secolo di storia del paese, che narrano di un centro storico vivo dal punto di vista artigianale soprattutto dedicato ai funari, attività fondamentale nel passato ripese, e alla memoria della lavorazione della terra, che oggi è abbastanza in disuso, o ancora le memorie legate alla tessitura, attività tradizionale che le donne svolgevano nelle abitazioni e che costruiva un paesaggio sonoro nelle vie del centro storico legato all’uso intensivo del telaio che proveniva dagli usci delle case e si mischiava all’odore di pulito che le case gestite dalle donne emanavano e emanano ancora, a detta della maggior parte degli intervistati, data la loro proverbiale accuratezza nella pulizia domestica che, ad esempio, le faceva preferire a quelle provenienti dagli altri paesi, per le mansioni di governante e donna di servizio nelle case dei benestanti sia del paese sia di Campobasso.

Le attività imprenditoriali o del terzo settore registrate sono di diverso tipo: panifici, fabbriche di cioccolato, ristorazione, lavorazione di tartufo, vendita all’ingrosso di materiali informatici, editoria, pastifici, mangimifici, forme artigianali di liuteria, attività di intrattenimento e musica, forme di associazionismo teatrale, artigianato artistico legato alle icone bizantine, gestione di centri per migranti e di centri per anziani, scuole di musica di alto livello, anche in proficua relazione con il vicino Conservatorio campobassano, gruppi musicali e festival incentrati sull’uso dello strumento mandolinistico, tradizione preziosa che caratterizza fortemente la storia locale, etc.

Si delinea una componente di attività di bar che animano il centro storico, ma che non sembrano spostarsi mai su attività culturali dedicate ai giovani. Solo l’estate ripese sembra essere vitale grazie alle performance teatrali messe in scena dai gruppi storici o nuovi e dal palio delle Quercigliole che ad agosto richiama turisti e migranti e che divide il paese in gruppi, per via della formazione delle contrade legate ai cavalli in gara.

Si è cercato altresì di lavorare con i testimoni locali sulla tradizione culinaria locale e sulla memoria della pastorizia tradizionale lungo la porzione ripese del tratturo (Contrada S. Stefano) che oggi viene utilizzata quasi esclusivamente per il passaggio della moderna transumanza di mucche organizzata dalla famiglia Colantuono tra Frosolone e la Puglia e che, come da tradizione, passa e sosta a Ripalimosani risalendo in maggio dal Gargano. Il passaggio della transumanza per l’area del Santuario delle Quercigliole è stata, tra l’altro,documentata durante la ricerca.

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Processione della Madonna della neve, Ripalimosani

Il sistema festivo e cerimoniale

Si è già detto, a più riprese, dell’importanza rivestita soprattutto un tempo, ma per certi versi anche oggi, dal Palio delle Quercigliole del 12 Agosto per la comunità ripese, che si struttura oltreché intorno al pellegrinaggio che porta in processione la statua della Madonna della Neve verso il paese e poi la riconduce al Santuario dove normalmente è custodita, anche di una competizione tra cavalli abbinati ad altrettante contrade del paese.

Accanto al Palio delle Quercigliole notevole rilievo rivestivano un tempo, e in parte ancor oggi rivestono, la processione del Venerdì Santo, sicuramente messa un po’ in ombra dalla più spettacolare e nota Processione cantata della vicina Campobasso e i festeggiamenti in onore del Santo Patrono, il 29 settembre, San Michele Arcangelo.

Tuttavia la tradizione che più anima il paese, soprattutto nei periodi invernali, sembra essere la Mascherata: una performance teatrale popolare ogni anno originale, organizzata da gruppi di giovani che dalla mattina della domenica di carnevale fino alla sera percorrono i vari rioni riproponendo lo stesso spettacolo in ciascuna zona del paese, fino al compimento finale dell’opera teatrale nel teatro in cui riceve l’abbraccio collettivo di una grande rappresentanza della comunità locale e, negli ultimi anni, di un crescente numero di visitatori esterni, provenienti dagli altri paesi circostanti e da Campobasso.

La documentazione video e fotografica dei momenti tradizionali più salienti è stata per noi utile per provare a condividere assieme alla comunità la partecipazione giovanile alla vita ripese, il gran numero dei partecipanti e il loro entusiasmo che sfida il freddo spesso pungente e lo spopolamento dovuto al pendolarismo per ragioni di lavoro e di studio.

Utili a comporre la storia di Ripalimosani sono state anche alcune figure di riferimento della vita ripese che ci hanno accompagnato durante i molti incontri e percorsi della ricerca. Questi interlocutori per decenni hanno reso viva Ripa grazie al loro lavoro di insegnanti, alla organizzazione della scrittura di un giornale mensile che resiste al tempo o delle attività teatrali e musicali e sono diventati in qualche modo testimoni chiave del progetto: sono quelle che nella restituzione finale della mappa di comunità e dei suoi molti ambiti di approfondimento definiremo le ‘voci guida’, assieme alle quali narriamo questo progetto.

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Ripalimosani, palio della Madonna della neve

Il sistema dei luoghi di memoria

Il cuore del progetto, tuttavia, è stato indubbiamente far riconoscere i luoghi di affezione e memoria sia ai piccoli che agli anziani, ripercorrendo le storie attraverso i luoghi di gioco o di vita sociale durante tutto l’anno: attraverso il confronto, la sollecitazione delle interviste, la somministrazione di questionari in paese e nelle scuole, di temi, di mappe e persino di macchinette fotografiche usa e getta con la finalità complessiva di concorrere a restituire un quadro sfaccettato e vivace della comunità nella sua articolatezza e complessità.

Nel volume scientifico che intendiamo realizzare nel prossimo futuro, nel quadro delle attività di implementazione del progetto, ma già in diversi articoli di questa prima pubblicazione dell’Infanzia di una mappa, tenteremo di tracciare piste e dati, sui quali meriterà di ragionare tutti insieme, progettando con creatività e partecipazione corale il futuro di un paese dalle caratteristiche e potenzialità straordinarie, quale è Ripalimosani.

Un progetto ambizioso e sperimentale, che tutti noi ci auguriamo da infante cresca e diventi presto adulto o almeno adolescente: una mappa cartacea e virtuale sulla quale poter visionare materiali e documenti, nell’ottica di sollecitare e avviare ulteriori studi, aprire nuovi archivi e biblioteche, musei e centri di socialità locale.

L’idea che abbiamo cercato di veicolare e praticare assieme ai cittadini di Ripalimosani è quella di una mappa aperta, processuale, dinamica che in questa fase è solo inaugurale e cartacea ma che nella sua prossima e più completa versione web intende essere ‘partecipabile e partecipata’ anche nel futuro, da parte di quanti riterranno opportuno chiosarla e implementarla concorrendo così a definire, in modo sempre più aderente e ricco, il valore della comunità a sé stessa, ma anche a farlo aprire verso l’esterno, vicino o lontano che sia.

Ciò che questo percorso ci ha restituito sin qui è la traccia dell’identità e della cultura di un luogo periferico e dalla cifra rurale, ma anche profondamente urbano, stretto intorno al suo campanile che domina il borgo, guarda i centri urbani adiacenti e investe su se stesso e suoi propri abitanti, rischiando e costruendo un futuro che possa essere, davvero, un bene comune consapevole e aperto.

Dialoghi Mediterranei, n. 34, novembre 2018
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Katia Ballacchino, docente di Etnografia visiva presso l’Università degli Studi del Molise e assegnista di ricerca delle Università della Basilicata. I suoi interessi di ricerca sono orientati sullo studio delle feste, del patrimonio culturale immateriale, delle politiche delle identità, dei processi di patrimonializzazione, delle mappe di comunità e del territorio. Su questi temi ha pubblicato numerosi contributi scientifici nazionali e internazionali,
Letizia Bindi, docente di discipline demoetnoantropologiche e direttore del Centro di ricerca ‘BIOCULT’ presso lo stesso Ateneo molisano. Si occupa di storia delle discipline demoetnoantropologiche, di rapporto tra culture locali e immagini della Nazione nella storia italiana recente, mentre su un fronte più strettamente etnografico ha studiato negli scorsi anni i percorsi di integrazione dei migranti e le strategie di mediazione interculturale con particolare riferimento alle seconde generazioni. Ha svolto numerose ricerche sulla mediazione culturale in Italia attraverso l’analisi di specifici contesti di applicazione dei servizi. È autrice di numerosi studi.
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