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Quando l’antropologo è anche un poeta

9788849876871_0_536_0_75di Orietta Sorgi

L’amore e la morte, temi universali su cui si fonda rispettivamente l’inizio e la fine della vita, sono stati, fin dall’antichità, al centro dell’attività speculativa dell’uomo, fonte d’ispirazione delle arti e delle lettere e in generale di tutto il pensiero umanistico. In particolare l’antropologia culturale si è a lungo interrogata sull’opposizione vita/morte che, irresolubile nella prassi, viene trasposta sul piano del mito a garanzia dell’eternità. Un modo per sfuggire all’inesorabile scorrere del tempo.

Ma è la poesia come ricerca della parola che più di ogni altra espressione ha dato una risposta ai dilemmi cruciali dell’uomo, affidando all’amore quella capacità di andare oltre che lo rende invincibile. Così come Orazio considerava la poesia un monumento più duraturo del bronzo, aere perennius, destinato a sopravvivere a futura memoria.

Eugenio Montale scriveva poesie «perché la vita è troppo corta». Lo ricorda Luigi Lombardi Satriani, uno dei più grandi antropologi italiani recentemente scomparso, in una nota introduttiva a una sua raccolta di versi. E aggiunge: «La poesia dilata il tempo e sconfigge in qualche modo la morte, oltrepassando la sua irrevocabilità e lo fa irrorando su figure care e scomparse, essenziale linfa vitale…»..

In queste parole è racchiuso il progetto di vita dello studioso nel momento in cui affida ai versi il senso ultimo della prospettiva, quella capacità di proiettarsi nel futuro, nella convinzione che solo le parole possono dare un significato all’esistenza, rivestendole di una carica simbolica che la rende universale. Proprio come recita il Vangelo secondo Giovanni nel suo incipit: In principio era il Verbo, il logos, inteso come nume, potenza del sacro in grado di trasformare il caos in cosmos.   

L’intera opera poetica di Lombardi Satriani (1936-2022) viene oggi presentata in un volume edito da Rubettino dal titolo Giochi d’amore. Esercizi di realismo onirico, che ha riunito le quattro raccolte di versi, sotto la cura della moglie Patrizia Mignozzetti Lombardi Satriani. Si tratta di componimenti scritti ad ampio raggio, dagli anni della giovinezza dello studioso fino al termine della sua vita: Nostalgia di futuro. Poesie di amori (1936-2013); Evasione dei giorni (2015); Omnia vincit amor. Poetica dell’amore (2017) e l’ultima inedita Di cirri e primavere.  Sebbene disposti in senso cronologico, gli scritti non seguono un ritmo lineare e diacronico, ma si sviluppano attorno a motivi che ricorrono diffusamente in tutta l’opera, a volte in modo quasi ossessivo.

Il tema dominante è sempre l’amore, inteso come eros, pulsione vitale, l’unica forza in grado di sconfiggere la morte. L’amore è sviscerato in tutte le sue infinite sfaccettature, attrazione fisica verso l’altro sesso, ma anche dolore e struggimento, nostalgia verso qualcosa che non c’è più. Non è tanto l’amore l’antidoto contro lo scorrere inevitabile del tempo, quanto il canto d’amore, la poetica d’amore che attraverso un gioco di parole rende intramontabili sentimenti ed emozioni. Ma il verso evoca anche tutti quei ricordi che pian piano vengono alla luce rendendo il passato ancora vivo nel presente e accendendo una speranza nel futuro.

Il registro espressivo dell’antropologo-poeta è sempre autobiografico e segue un ritmo incalzante e a volte discontinuo, laddove la metrica delle strofe cede il passo alla narrazione in una sorta di poesia-racconto (vedi ad esempio Curriculum vitae). Una lunga storia di vita tradotta in versi, in cui riemerge costantemente la condizione dell’infanzia, già segnata in tenera età dal trauma della morte della madre, a soli ventotto anni, seguita da quella del padre Alfonso, dopo dieci anni.

Lombardi Satriani con lo zio Raffaele, anni 60

Lombardi Satriani con lo zio Raffaele, anni 60

Il piccolo Luigi cresce in un piccolo paese della Calabria con la sorella Concettina, circondati dall’affetto di una famiglia allargata di tradizioni aristocratiche, in quella “casa di sotto” dove i due bambini colmeranno il proprio vuoto grazie alla presenza amorevole degli zii e dei cugini. Fra tutti lo zio paterno, Raffaele Lombardi Satriani, demologo di fama, autore di una Storia delle tradizioni popolari calabresi, resterà sempre una figura fondamentale nella formazione del giovane studioso. Poi il distacco dai luoghi d’origine e l’arrivo in città, a Napoli per motivi di studi, la vocazione antropologica e le prime indagini folkloriche con l’inseparabile amico e collega Mariano Meligrana, le diverse tappe della carriera accademica e l’impegno politico.

Un vissuto evocato costantemente in un andirivieni di ricordi, di flash che si accendono per poi spegnersi e tornare di nuovo, trasfigurato in un linguaggio metaforico che ferma il divenire del tempo e si estende a tutta la condizione esistenziale dell’uomo. In tutti i casi l’antropologia e la poetica dialogano costantemente nell’autore e non sono mai disgiunte, a giudicare dai motivi ricorrenti della sua poetica che coincidono con gli interessi delle sue ricerche: la sacralità della famiglia, perno fondamentale della società tradizionale del Meridione d’Italia; l’attaccamento alle origini e alle antiche radici che ora si proiettano nel figlio Alfonso e nel nipotino Luigi; la ciclicità del tempo e dei ritmi stagionali e la ritualità del tempo festivo, del Natale e delle feste patronali del suo paese d’origine, San Costantino di Briatico.

Vi è uno struggimento che gradualmente cresce con l’approssimarsi della vecchiaia, verso cui non ci si rassegna anzi ci si ribella in un disperato bisogno di vivere, diventando sempre più forte nell’impotenza della malattia e nella malinconica desolazione dei ricoveri ospedalieri.

Un senso profondo di nostalgia che per certi versi ricorda il pessimismo cosmico della poetica leopardiana. Anche se, a dire il vero, il riferimento immediato della poesia di Lombardi Satriani è a Cesare Pavese de La casa in collina e dei Paesi tuoi soprattutto nel rimpianto di un’infanzia trascorsa in campagna in una dimensione quasi mitica destinata a disgregarsi nell’età adulta, quella della ragione e della vita in città in cui lo scrittore di S. Stefano Belbo prenderà coscienza del proprio destino di infelicità e sofferenza fino al tragico epilogo.

La verità è che gli antropologi in Italia, almeno quelli della generazione di Lombardi Satriani, hanno sempre frequentato, corteggiato e dialogato con la letteratura, restando fondamentalmente legati ad una formazione umanistica che ne ha caratterizzato la tradizione di studi, interessi tematici, modelli simbolici e stili di scrittura. Lombardi Satriani ha sempre ribadito la cifra umanistica dell’antropologia, intesa come esercizio di una “ininterrotta autobiografia”, interrogazione esistenziale che declina il linguaggio dell’amore e del dolore in un afflato laicamente religioso. 

Luigi Lombardi Satriani )ph. Gianluca Martini)

Luigi Lombardi Satriani, 2021 (ph. Gianluca Martini)

A conclusione della sua missione l’antropologo-poeta dirà nel corso di un’intervista: «Io scrivo delle poesie, le ho sempre scritte, perché la poesia per me è una delle forme attraverso le quali si possono declinare i sentimenti universali dell’amore, del dolore e della nostalgia. Perché penso che noi non possiamo essere ingabbiati dalle parole ma le parole ci servono per trascendere la nostra realtà, per uscire fuori per poi ritornarvi dentro […] Penso che l’antropologia non sia solo scienza, ma anche arte, letteratura. Considero il fare poesia una capacità di testimoniare una verità ancora più profonda» (intervista di Gianluca Martini, febbraio 2021). Altrove dirà: «Poesia è per me il bisogno di lasciare traccia di me, di come l’amore mi abbia sorretto la vita». Non è un caso infatti che l’ultimo messaggio d’amore sia contenuto nella lirica finale che porta il titolo del celebre romanzo di Leone Tolstoj, “Guerra e pace”, una poesia che ha affidato alla pubblicazione su questa rivista come estremo lascito. Si tratta di un invito rivolto all’umanità, un invito alla pace e alla solidarietà fra i popoli, contro la stupidità e l’inutilità della guerra. Di una «guerra vanitosa [che] impone che si parli di sé, perché nella paura e nella devastazione si celebri il suo più vero trionfo…». Ma l’amore sopraggiunge alla fine come un raggio di luce sulle tenebre della guerra e sul senso di morte e annientamento che questa comporta.

Con questa speranza Lombardi Satriani prende congedo dalla vita, lasciando a noi questo intenso canzoniere unitamente ad un’eredità spirituale che è soprattutto testimonianza di una vita intera vissuta consapevolmente per trasmettere valori universali, nell’impegno di un magistero esercitato fino alla fine dei suoi giorni. 

Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023

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Orietta Sorgi, etnoantropologa, ha lavorato presso il Centro Regionale per il catalogo e la documentazione dei beni culturali, quale responsabile degli archivi sonori, audiovisivi, cartografici e fotogrammetrici. Dal 2003 al 2011 ha insegnato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo nel corso di laurea in Beni Demoetnoantropologici. Tra le sue recenti pubblicazioni la cura dei volumi: Mercati storici siciliani (2006); Sul filo del racconto. Gaspare Canino e Natale Meli nelle collezioni del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino (2011); Gibellina e il Museo delle trame mediterranee (2015); La canzone siciliana a Palermo. Un’identità perduta (2015); Sicilia rurale. Memoria di una terra antica, con Salvatore Silvano Nigro (2017).

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