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La storia, un meraviglioso campo da gioco da raccontare

9788858144497_0_350_0_75di Flavio Soriga 

Non essendo uno storico non posso dire niente sulla qualità scientifica del libro di Luciano Marrocu, devo invece subito confessare che per me, in quanto scrittore di opere di fantasia, rileggerlo è ogni volta un tormento. Dall’epopea nuragica alla conquista romana, dai secoli dei Giudicati a quelli della dominazione spagnola, dai falsi d’Arborea alla perfetta fusione, ogni pagina, ogni capitolo è un continuo sentirmi in colpa per non aver inventato abbastanza storie.

La storia è, per chi di lavoro scrive romanzi, un meraviglioso campo da gioco, un parco divertimenti, un luogo di possibilità infinite. E dunque io leggo le pagine di Marrocu dedicate ai nuragici che convivevano con le città fenicie e trafficavano con esse e mi viene una gran voglia di far vivere e agire sulla pagina un giovane soldato al servizio del re dei nuragici, un saggio dell’assemblea del villaggio preoccupato per la decadenza della civiltà che da tempi immemori fioriva nell’Isola e che si vede minacciata da altre civiltà mediterranee che prima o poi arriveranno in cerca di conquiste. Immagino la vita di un sardo-punico di qualche villaggio interno che a un certo punto vede arrivare ai confini delle terre che da sempre sono state della sua famiglia una guarnigione romana, e la tragedia delle decine di migliaia di giovani come lui che saranno catturati dai conquistatori venuti dalla città eterna e lì trascinati per essere venduti come schiavi. Immagino la corte di Eleonora, a Oristano, e i suoi dotti consiglieri che passano le giornate a scrivere le bozze della Carta de logu, i suoi uomini di legge che ascoltano i testimoni di un omicidio e cercano di capire se l’assassino ha premeditato o meno il crimine per cui si trova sotto giudizio.

La storia con la S maiuscola, si sa, siamo noi questo piatto di grano, e Luciano Marrocu ha regalato ai sardi, con questo volume, un compendio di tutti i fatti e i misfatti e le tragedie e le tribolazioni dei nostri avi. O almeno di quelli più illustri, ché poi ci sono le contadine, le levatrici, i pastori e i signorotti di paese che nei libri di storia non compaiono e di cui non sapremo mai cosa pensavano e per cosa si preoccupavano, quali speranze avevano per sé e per la loro prole. Queste vite, quelle degli ultimi, dei senza terra, dei senza gloria, Luciano Marrocu le ha raccontate nei suoi romanzi, visto che oltre che storico gli è toccata la sorte di essere anche scrittore, romanziere, inventore di mondi. E che Marrocu sia anche questo, romanziere e appassionato di vite inventate ma verosimili, lo si nota anche in questo lungo tomo di storia con la S maiuscola, lo si nota in tutti i suoi saggi storici, in tutte le sue opere scientifiche.

Giulio Angioni e Giacomo Mameli

Giulio Angioni e Giacomo Mameli

E dico questo sapendo che in Italia non è sempre ben visto, lo storico che racconta con grande chiarezza, con efficacia, lasciando lo spazio perché a lato delle azioni dei Grandi di tutti i secoli si possano immaginare le vite dei piccoli uomini e delle piccole donne che di quelle azioni hanno subìto le conseguenze. Ma per me, questa sua dote è quella che più mi rende orgoglioso di essere suo collega e amico.

Luciano Marrocu è stato per me in tutti i miei vent’anni di attività di scrittore, insieme all’antropologo Giulio Angioni, al giornalista Giacomo Mameli, alla linguista Cristina Lavinio, allo storico Manlio Brigaglia, una guida e un punto di riferimento continuo. Sono state e sono, queste persone, con le loro opere e con il loro lavoro, alcune delle più importanti voci del Novecento sardo e dell’inizio del ventunesimo secolo. Hanno illuminato spazi prima inesplorati della nostra storia e della nostra cultura, hanno permesso a generazioni di sardi di capire che non siamo, come sardi, né migliori né peggiori di qualunque altro popolo, e anche che immaginare di racchiudere nel concetto di popolo sardo infinite diverse storie e sensibilità è sempre un po’ un azzardo.

La storia è un grande campo da gioco per chi inventa, ma è anche, quella rigorosa, attenta alle sfumature, libera da obbiettivi politici o ideologici, un grande antidoto a qualunque deriva suprematista o di discriminazione: se i sardi nel corso della storia hanno accolto, come insegna Marrocu in ogni pagina di questo libro, migliaia e migliaia di forestieri arrivati in armi o in pace, per commerciare o per conquistare, per punizione o in cerca di fortuna, questo rende più difficile definire cosa è stata e cosa è oggi l’identità sarda, salvo accettare che essa è qualcosa di profondamente soggettivo e di continuamente cangiante, aperta a infiniti contributi e pronta ad essere continuamente ridefinita. Che è poi quello che cerchiamo di scrivere anche noi scrittori e scrittrici, nel nostro continuo raccontare personaggi e vite mai esistite, per quel poco che serve.  

Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023

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Flavio Soriga, nato a Uta, in provincia di Cagliari, è uno tra i narratori italiani più premiati e apprezzati dell’ultimo decennio. Nel 2000 ha vinto il Premio Italo Calvino con il romanzo Diavoli di Nuraiò; nel 2002 il Premio Grazia Deledda Giovani con il noir Neropioggia. Un suo racconto, “Il Nero”, è presente nell’antologia di scrittori italiani e statunitensi Il lato oscuro. Nel 2003 ha rappresentato l’Italia al progetto Scritture Giovani col racconto Libera i cani; nel 2004, con Giovanni Peresson, ha realizzato lo spettacolo e il cd Meridiani Inquieti. Scrive su quotidiani e periodici, tra i quali “La Nuova Sardegna”, “L’Unità” e la rivista “E” di Emergency. Con Sardinia Blues ha vinto il Premio Mondello, mentre L’amore a Londra e in altri luoghi gli è valso il Premio Piero Chiara. Nel 2010 si cimenta nella narrativa storica con Il cuore dei briganti; è poi la volta di Nuraghe Beach, un inusuale on the road lungo le strade della Sardegna, fino all’ultimo libro Vite. Lives pubblicato nel 2023.

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