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La morte di Wiki e la sapienza del dr. Righetti. Verso una paideia inimmaginabile

wired_placeholder_dummydi Massimo Canevacci 

1. Parte teorica

Wikipedia è in crisi irreversibile. Invece di cercare un sapere enciclopedico, acceso dalla luce della ragione illuminista, Wiki ha cercato di chiarire concetti o meglio di schiarirli nella loro spezzata indeterminazione. Se gli illuministi ambivano a un sapere politico-culturale condiviso e formativo nel senso pubblico della paideia, i wikis scendono nei singoli lemmi per connetterli a una audience generale e invisibile, anzi da non conoscere.

 Wiki pratica una pedia senza paideia.

All’inizio degli anni ’90 del secolo passato, la diffusione incontrollata di Wikipedia tra studenti, insegnanti e gente comune era vista, almeno da me e i miei acuti collaboratori, come decadenza del duro esercizio del sapere. Invece di formarsi sui libri pesanti e polverosi, anche lo studente di primo anno poteva cliccare (non sfogliare, pratica analogica) su un nome o un concetto e subito veniva fornita informazione asettica come un detergente. Ma all’epoca eravamo ottimisti e fu facile incrociare e far crescere i due livelli, analogico-digitale, nello studio e nelle persone.

Una casuale conoscente mi confessò che era collaboratrice di Wiki e iniziò a raccontare come funzionasse, anzi sosteneva affinità tra noir e wiki. Le tecniche di elaborare un concetto – sosteneva – sono analoghe allo scoprire le tracce di un assassino seriale che si aggira tra gli autori con una difficoltà: questi Wiki-collaboratori non stanno in ufficio come un ingenuo potrebbe immaginare: stanno dappertutto, case, biblioteche, bar, giardinetti, aeroporti e in questi luoghi immaginano la definizione più appropriata di un autore o un concetto, persino per Bartleby, un loro lontano antenato indisciplinato poco conosciuto. Tanto loro sanno che non devono dire la “verità” su struttura, personaggi o qualsiasi altro lemma, per un fatto semplice: i lemmas non saranno mai definitivi, tutti possono cambiarli, non sono parziali ma temporanei: Temporary Anonimous Lemma. Variazione digitale sulle TAZ che avevano influenzato in quegli stessi anni la mejo gioventù dei rave.

md32146043168Ogni lemma deve sembrare parziale come la verità – diceva l’amica – mentre l’assassino dei lemmamuri, mutazione antropologica dei sapienti a tempo, si aggira per ogni dove alla ricerca della sua vittima, il concetto. L’amica occasionale aveva capito che i disastri logico-ambientali che si stavano producendo erano causati dalla wikipedificazione. In alcuni anni, il successo di questo medium tra scrittori, politici, studenti iniziò a discendere per motivi ovvi: come l’apprendista stregone sa bene, il meccanismo ciclo-pedico si era messo in moto decentrando la co-creazione di parole-chiave, quelle che Adorno intitolò nel suo ultimo libro proprio Stichworte. Kritische Modelle. L’Illuminismo voleva schiarire le tenebre dell’irrazionale e del mito espandendo i lumi della ragione occidentale, specie francese; aveva cioè un fine didattico e liberatorio. I grandi illuministi non si accorsero che il mito contro cui lottavano e persino l’irrazionalità epistemologica si annidavano all’interno della stessa forma della loro ratio: la ragione strumentale dell’Occidente si rovescia nel suo contrario proprio perché non capisce che il mito è costitutivo di quella ratio che diventa irrazionalità scatenata.

Questo problema filosofico è ignorato dai fondatori di Wikipedia. Secondo loro, la mission è molto più potente perché globale rispetto all’ingenua enciclopedia: ora non si tratta di coinvolgere le personalità più riconosciute nei rispettivi ambiti del sapere – scienze, filosofia, letteratura, arte ecc.: i “lumi” divengono superflui. Lo spirito aziendale di Wiki non vuole scovare l’erede di un Diderot, che conosceva le aree dei triangoli e dell’amore, lo spirito delle leggi e della letteratura. La stampa è cambiata; la lentezza è un peccato, anzi un vizio che fa perdere i giovani di senno. Wiki sa bene che la velocità nelle relazioni tra scrivere, leggere o citare si basa sul cliccare. Olivetti non si clicca; Apple sì – e si espande nei Wiki da cui è possibile riempire bibliografie, copiare frasi, citazioni, concetti senza che ci sia più bisogno di riflessioni e di citare la fonte, di usare quelle virgolette all’inizio e alla fine di una citazione: tutto lo scibile diventa mio, anzi suo di Wiki.

Wiki è anonima come la sua pedia.

Questo monopolio enciclopedico-digitale, che ha funzionato in un modo perfetto dall’inizio degli anni ’90, col tempo si è trasformato in una miriade di siti che oggi offrono informazioni gratuite e immediate in competizione con Wikipedia. Nelle risposte a una ricerca su un nome usando google, si può scegliere il sito che dà più affidamento, che piace di più o per diversi motivi: in questo diverso modo di avere informazioni, il sito focalizzato su un film o un filosofo può essere di preferibile a Wiki.

Quello che sto cercando di affermare è una prospettiva molto semplice: la proliferazione di informazioni rapide cambia quel tentativo – ingenuo – di Wikipedia di riorganizzare su scala globale le forme anonime del sapere. La resurrezione di una prospettiva enciclopedica, per quanto così diversa e quasi contrastante con l’Enciclopedia illuminista, si dissolve in questa miriade crescente di siti mono e mini-logici per così dire. Ora non si crede più alla possibilità di rifondare il sapere in generale o in circolare, per cui ogni singolo lemma “autorale” si dedica al suo specifico campo di attività, senza connessioni con le inutili totalità. Sono arrivate ChatGPT… e non solo.

statistiche-facebookTutto questo sta causando un ulteriore processo a valanga su competizione e proliferazione di informazioni gratuite e just on time, come recita uno slogan di successo sul nesso produzione-consumo affermatosi col codice a barra, che identifica immediatamente l’identità della merce. Il bar-code diventa il modello diffuso spontaneamente del code digitato. Bar-code e wiki-code sono affini: hanno entrambi il focus sull’identità della merce (Nike o Nietzsche). Se negli anni ’90 ancora era possibile discutere sulle differenze tra wiki ed enciclo, verso una formazione-paideia adeguata al digitale emergente e libertario, ora è risibile. L’ascesa di una molteplicità di social o di siti, che proliferano spesso a livello locale, localistico, speciale, specialistico, sentono informazioni e pettegolezzi mescolati a volte nell’indistinguibilità della fiction. “F for Fake”, disse Orson Welles. Basta fare un esempio praticato da tutti “noi”: se metto su google un nome qualsiasi, tipo Sorrentino o Lanzetta, mi arrivano subito in tempo reale (just-on-time) diversi siti che si affiancano a wiki e spesso sono più dettagliati nelle informazioni che posso ricevere o che si adeguano alla mia ipotesi di ricerca. È quindi finito quel monopolio che aveva Wiki nella “grande” in/formazione, perché questa si moltiplica nei mini-siti digitali per diffondere “piccole” de/formazioni.

Ma ci sono altri elementi che abbassano il potere “formativo” di Wiki: alle origini, un social network come Facebook diffondeva commenti soggettivi, selfies, ricordi, storielle per amici vecchi e nuovi. Poi è iniziato un processo di auto-promozione “professionale”, giornalistico, letterario o accademico (self-ad e selfie); sono aumentate le scritture saggistiche che contraddicevano le iniziali regole implicite del social (brevi e secche), si srotola un mondo parallelo di “formazione” dotta in un mix di pubblico/privato caratteristico dei social. Poi l’ingresso della pubblicità, prima quasi silenziosa e ora normalizzata; infine, si moltiplicano flash auto-prodotti su artisti, pitture, architetture, poesie, cinema, musiche, letterature eccetera. Al montaggio segue lo scivolare (scroll), si incontrano elaborati di autori instancabili e onniscienti, adeguati al just-on-frame. Wikipedia, Facebook, Instagram sono inglobati, ingolfati, autogestiti, – e soprattutto prodotti – da ogni singolo/a che eserciti quel flusso-di-info senza origine, come dio.

È iniziata l’era della successione alternativa, per così dire. 

Luther Bissett

Luther Bissett

2. Parte empirica

Per affermare l’importanza metodologica della ricerca empirica, qui di seguito farò una selezione qualitativa di due soggettività esemplificative per questo discorso sulla successione della paideia. Ho selezionato due “figure” che estremizzano questo processo nelle rispettive aree: il primo è il genio di Facebook, il secondo è il senso di Instagram. È ipotesi iniziale, cui si possono aggiungere tanti altri selezionati non solo da me.

Dr. Righetti è fondamentale, partecipa di un nome collettivo o connettivo, erede del glorioso Luther Blissett che ha significato un mutamento sul nesso identità-politica-comunicazione. Ora il suo codice identificativo è la foto di Michelangelo Antonioni, maestro del cinema che avvolge tutti i membri. Il dr Righetti si afferma nelle sue analisi sul cinema, di cui è un vero maestro interpretativo, con cognizioni assolute sia tecniche che di contenuto (inquadrature, primi piani, montaggi, sceneggiature, critici, carrellate, sorvolate, contre-plongée, split screen ecc.):

“Ma io sono Righetti, siamo un collettivo”, dice e un altro replica: “Ma non dire cazzate, oramai lo sanno tutti chi sei!”. E lui: “Ma cosa dici, sono anni che alimento questo mistero! La gente si convince che sia tizio, caio, sempronio”, cioè tra Mattia Pascal, Wassily Kandinski ed Elena Ferrante.

La sapienza post-wiki del dr. Righetti si espande nelle classifiche sapienti e giocose, coinvolge dibattiti accesi, affronta Morricone o Taxi Driver, poi, tra l’ironico e l’iniziatico, arrivano gerarchie di carbonare, amatriciane, supplì, cannoli siciliani, deodoranti, quartieri, morali, stigmi, poi tennis maschile, calcio femminile, Martone dissolto, ristoranti a Velletri, stili a Roma Nord tutto raccontato in prose raffinate, dettagliate, eleganti, implacabili, a volte sporcaccione. Righetti non starà mai su un sito tipo wiki, perché è oltre, ha liberato la barriera di semi-professionalità asettiche di “medio” livello. Dr. Righetti favorisce la fuoriuscita scritturale da un modello formativo centralizzato e autoritario; è autonomo, libero, inventa neologismi tipo “un film da youtubbari”; è un Arbasino digitale, un casalingo da Voghera che sta dappertutto e non si adeguerà mai in una forma o formula. Dr. Righetti accade quando e come vuole con la sua scrittura scintillante tra politiche ripensate, avanguardie annoiate, abbuffate raffinate, onniscienze conclamate: scrive per strigliare e stringare i vari saperi e sapori, una gioia degli occhi e del palato. Il dr Righetti è il principale quasi unico digital-dandy di facebook che io conosca. Basta scorrere questa riflessione finale: 

«A una pizzeria ci vai solo se hai il palato fino, solo se hai conoscenza della materia, solo se conosci la storia. Perché appunto, è inutile giudicare Sorrentino se non conosci la grande letteratura, è inutile giudicare ‘The Substance’ se non conosci una mazza della storia dell’horror. Ed è inutile parlare di pizza, supplì e altro se non conosci la storia di XY. Che, in soldoni è uno dei pizzaioli da cui (sicuramente negli ultimi anni) hanno davvero copiato in tanti. Almeno tutti quelli che si vantano di saper fare la ‘pizza contemporanea’. La storia del cinema, come della pizza, va conosciuta. Va conosciuto Iezzi, Bonci, Callegari, Casa. Senza questi dettagli, non si può conoscere nulla: dal cinema, alla letteratura, all’antropologia, alla filosofia teoretica, fino alle trazioni delle macchine agricole» (FB,2/11/2024).

Wiki scompare nel passato dopo aver letto Righetti: qui si inventa una forma aforistica digitale a carattere sincretico, dove si mescolano argomenti, stili di scrittura, posizioni radicali con raffinato disincanto. Poi a Palermo assaggia:

«cannoli preparati con un dettaglio che fa impressione. Semplicemente commuoventi. Ingredienti freschissimi, leggeri. Ricotta perfetta, più grezza di quella che trovi in giro. Niente zucchero, giusto qualche goccia di cioccolata. La cialda? La migliore dell’universo» (FB, 5/8/25). 

jfdkytdComplementare nella diversità seleziono Antonio Lavecchia68, professore universitario alla Federico II di Napoli, con questa identità solida e pubblicizzata, è un follower diverso dalle figure note per la stampa. Il suo compito didattico è di presentare più volte al giorno immagini della storia dell’arte europea, a volte anche asiatica. La sua professionalità si basa su pitture meno note accanto a quelle notissime e sempre dentro dettagli minuziosi, le dita di Euclide dipinte da de Ribeira, dettagli anagrafici e interpretativi; moltissimo Bosch in ogni dettaglio, l’estrazione della “pietra della follia”, fino alle polimorfe attività sessuali nei vari giardini deliziosi; a fianco scivola Giorgione con San Giovanni Battista in contemplazione mistica, poi Frida bella e sofferente. Inoltre si spinge nelle pitture pompeiane, infinite e sontuose, tra allacciamenti sensuali e incontri mitologici; si espande nel cinema con Parthenope vestita di gioielli e in testa la tiara; poi citazioni di libri tipo I Ching. Lotto e Vermeer e Magritte. Quindi si evince che non è più una “storia dell’arte” così come si è abituati a seguire, in senso storico e comparato, ma un flusso continuo e infinito che è inutile numerare per la quantità e qualità delle citazioni. Questo è il senso determinante di Instagram: è la grammatica o il gramma dell’istante che significa formazione o autocitazione indiretta. La didattica è copiare, illustrare, citare…

I due esempi citati sono: un campione inarrivabile di Facebook (dr. Righetti e la sua coorte estesa) e un docente eccentrico di Instagram (prof. Lavecchia); il primo di derivazione avanguardia controculturale o meglio eXtrema, raffinato e scanzonato, reduce dei movimenti politici dal ’77 in poi, inesauribile nelle espansioni ben oltre il viso martoriato dalla malattia di Antonioni. Si muove tra la mitica “tabaccaia” e la passione per Bela Balazs. Il secondo è simmetrico alle inesauribili configurazioni di pitture, nei dettagli minuti, estensioni libresche o filmiche ma al centro sempre l’arte, quella con la “A” maiuscola, che si vede scrollando, si ammira per 15’’e si passa subito oltre nei frammenti temporali just-on-frame.

In questi due brevi test-case si misura la crisi irrisolvibile di una tendenza alla globalità dei saperi; Wiki si intoppa, rosica per le battute profonde del dr Righetti o le immagini mitiche riprodotte da Lavecchia. Se ancora esiste la possibilità della formazione come paideia, la mia parziale conclusione riflette un risultato evidente: la morte di wiki generalistica, l’emergere di personalità geniali, la proliferazione localistica e istantanea di flyer digitali che si leggono, vedono, ascoltano e si passa al successivo. Su questo scenario trans-mutante si accende AI e ChatGPT: da qui inizia un’altra storia oltre le wiki e le enciclo, verso una paideia inimmaginabile che sfida ogni sapere conchiuso o forse lo rinchiude. Per me, solo il dr. Righetti sembra oscillare tra Voltaire e Sade.

Facebookari, ancora uno sforzo! 

Dialoghi Mediterranei, n. 75, settembre 2025

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Massimo Canevacci, docente di Antropologia Culturale presso l’Università di Roma “La Sapienza”, come Visiting Professor è stato invitato in diverse università europee, a Tokyo (Giappone), Nanjing (China). Dal 2010 al 2017, è stato Professor Visitante in Brasile: lorianôpolis (UFSC), Rio de Janeiro (UERJ), São Paulo (ECA/USP – Instituto de Estudos Avançados IEA/USP). Tra i suoi libri: La Linea di Polvere. Meltemi, Milano, 2017; Meta-feticismo, Roma, Manifesto Libri, 2022; Stupore Indigeno, Napoli, Mar dei Sargassi, 2023; Cittadinanza Transitiva, Milano, Meltemi, 2024.

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