Stampa Articolo

Francesco La Grassa, l’ingegnere-architetto del Liberty trapanese

Francesco La Grassa

Francesco La Grassa

di Lina Novara 

Francesco La Grassa (Trapani 1876 – Roma 1952), ingegnere-architetto, è il massimo esponente del liberty trapanese e a lui va il merito di aver introdotto a Trapani quella ventata modernista che investiva l’Europa tra Ottocento e Novecento [1]. Nipote del famoso organaro che fu autore del grandioso organo della chiesa di San Pietro di Trapani, allievo presso l’Università di Palermo di Ernesto Basile, è stato uno dei protagonisti dell’architettura siciliana dei primi anni del Novecento [2].

Svolse la sua attività professionale tra la Sicilia e Roma dove si trasferì nel 1906 – un anno dopo la laurea in Ingegneria civile e il diploma in Architettura, conseguiti a Palermo – per ricoprire il ruolo di ingegnere presso l’Ufficio Tecnico, essendo risultato vincitore di un concorso bandito dal Comune di Roma. Nella capitale progettò diverse abitazioni, il cavalcavia che unisce villa Borghese al Pincio, il piano di Ostia Nuova. Mentre si trovava a Roma non mancava tuttavia di elaborare progetti per la città natale dove, fra il 1919 e il 1927, realizzò le più significative opere della sua attività progettuale indirizzando l’architettura locale verso il modernismo attraverso un linguaggio nuovo, sciolto, raffinato e originale. Fu attivo anche a Ragusa, Noto e in Abruzzo.

Attento alle innovazioni, alla proporzione, al rapporto tra architettura, paesaggio e storia, nel suo percorso professionale si impegnò anche nel campo urbanistico e condusse ricerche sulla tecnica delle costruzioni e sulle arti decorative: studiò inoltre la rappresentazione dei corpi nello spazio con la teoria della “prospettottica” e indagò sui materiali e sui simbolismi della tradizione [3].

Luca Scalvedi, che a La Grassa ha dedicato una monografia basata su documenti del suo archivio privato, lo considera «fra gli allievi di Basile fra i più fedeli e i meno ortodossi nella sofferta concettualizzazione dei problemi espressivi, così come elaborati dal maestro, seguendo percorsi linguistici più eterogenei tanto nella produzione architettonica quanto nel disegno urbano» [4]. La fedeltà a Basile sarà il “marchio” di tutte le opere trapanesi![5]

Casa La Barbera (ph. D. Modica)

Trapani, Casa La Barbera (ph. D. Modica)

Ancora studente, nel 1904 progetta per Alberto La Barbera un edificio sulla via Osorio di Trapani, del quale si conserva il disegno originale del prospetto, approvato l’1 ottobre 1904 [6]. La facciata si sviluppa su un modulo quadrato, suddiviso verticalmente in tre settori da paraste e orizzontalmente segnato da cornici marcapiano. Pur nella semplicità delle linee e nella compattezza del volume, sono evidenti sulla facciata alcuni stilemi ispirati al lessico di Basile e ricorrenti nella progettualità giovanile di La Grassa, come le lunghe paraste che partendo dal basso si innalzano al di sopra del cornicione dell’ultimo piano e superano il colmo del tetto. Altro stilema presente nelle prime opere sono le mostre delle aperture, appena rilevate dalla superficie muraria e formate da una raggiera a cunei, che decorano i balconi del primo e del secondo piano e fanno da ghiera alle finestre del piano terreno. Originale è inoltre la soluzione compositiva della parte finale del prospetto dove volute affrontate, poste superiormente alle aperture del terzo piano, segnano i tre settori e con le sovrastanti cornici orizzontali e verticali creano un gradevole effetto decorativo.

Un gusto più incline al gusto floreale si manifesta nei decori delle inferriate dei balconi e della lunetta del portone di ingresso, oltre che nelle composizioni di gigli sotto l’arco delle finestre del piano terra. Ispirati ancora al linguaggio modernista risultano la sistemazione dell’androne e del vano scala, il portone d’ingresso e la decorazione pittorica di alcuni soffitti nei quali si evidenzia l’intenzione di dilatare lo spazio oltre i confini fisici con artifici prospettici.

Dai costruttori Ferrante riceve nel 1908 l’incarico di progettare la loro Casa Verde, così definita per il colore della facciata e per distinguerla dall’altra dimora degli stessi, poco distante, sempre sulla via Vespri. 

Trapani, Casa Verde (ph. D. Modica)

Trapani, Casa Verde (ph. D. Modica)

I Ferrante durante la loro attività imprenditoriale richiesero a La Grassa diversi progetti per le costruzioni da realizzare e con lui costituirono a Roma una impresa edilizia. I fratelli Gaspare, Giuseppe, Rosario, Salvatore e Santoro Ferrante furono personalità di spicco nell’edilizia trapanese dei primi del ‘900 e a loro si deve la costruzione della maggior parte degli edifici liberty trapanesi: si espressero con un “fare” vivace e aggiornato, grazie ai continui contatti con l’ambiente romano e con la Francia. Essi diffusero sulle facciate un gusto grafico, caratterizzato da un motivo avvolgente le aperture e determinato dal giuoco di due colpi di frusta affrontati, più o meno scattanti e articolati, oltre che da nastri lungo gli stipiti e gli architravi.

La Casa Verde risulta uno dei più vistosi esempi di art nouveau a Trapani per la ricchezza e la varietà della decorazione sulla facciata e mostra una esplicita adesione al modernismo europeo da parte del progettista. Vi si notano inoltre riferimenti ai modi di Ernesto Basile a cui vagamente rimandano i pilastrini che superano il cornicione e le mostre delle aperture. Varia è la scelta delle specie floreali per la creazione di aggraziate composizioni. Tulipani, anemoni, margherite e papaveri, tutti sottoposti ad un processo di stilizzazione, sono disposti a gruppi o singolarmente, mentre i rampicanti e le foglie fanno da riempitivo.

Trapani, Palazzo Montalto (ph. D. Modica)

Trapani, Palazzo Montalto (ph. D. Modica)

La facciata ha maggiore sviluppo in verticale, con il settore mediano aggettante che si eleva al di sopra del cornicione del secondo piano, a mo’ di torretta, includendo una finestra, soluzione questa che l’architetto La Grassa riutilizzerà su palazzo Montalto. Orizzontalmente il prospetto è segnato da cornici marcapiano, ornate da teorie di fiori, che si interrompono per consentire l’inserimento delle aperture, tutte rigorosamente allineate sia in orizzontale che in verticale.

Negli stessi anni, intorno al 1908, l’architetto viene incaricato di apportare delle modifiche al villino dell’onorevole Nunzio Nasi, con l’inserimento di un piano superiore, meno esteso rispetto al preesistente piano terreno, già realizzato su progetto dell’ingegnere Giuseppe Manzo nel 1898: vi inserisce la caratteristica apertura tripartita, usata quasi come una firma nelle sue costruzioni, e progetta anche la scala “alla trapanese” in pietra autoportante, una particolare struttura sospesa, a sviluppo elicoidale e ad unica rampa, i cui gradini sono costituiti da elementi monoblocco [7]

Trapani, Villino Nasi (ph. D. Modica)

Trapani, Villino Nasi (ph. D. Modica)

Trapani, Scala “alla trapanese” di Villino Nasi (Ph. D. Modica)

Trapani, Scala “alla trapanese” di Villino Nasi (Ph. D. Modica)

Il linguaggio di La Grassa va sempre più evolvendosi verso soluzioni meglio articolate nella villa Laura D’Alì del 1909. Malgrado l’attuale stato di conservazione molto precario è ancora possibile coglierne l’essenza liberty che però non è immune da un certo virtuosismo decorativo e dalla lezione basiliana. Il corpo principale della fabbrica ha volume compatto sul quale insistono i vari elementi decorativi, soprattutto floreali, che si inseriscono nelle mostre delle finestre e dei balconi e nel fregio di coronamento. La Grassa opera in questa villa suburbana quella fusione tra struttura e decorazione che è un elemento caratterizzante dell’art nouveau e accosta materiali diversi tra cui il ferro che usa per realizzare la veranda pensile e la scala esterna, per ornare il lezioso portichetto e per proteggere i balconi.

Trapani, Villa Laura D’Alì (ph. G. Nifosì)

Trapani, Villa Laura D’Alì (ph. G. Nifosì)

Per qualificare le pareti esterne sceglie come decori varie specie floreali e vi applica nastri e cornici; inserisce fregi, mattonelle di ceramica e vetri colorati. Non dimentica la lezione del suo maestro e, come sempre, lo considera un punto di riferimento: la finestra tripartita del distrutto villino Fassini, i pilastri ad angolo di casa Utveggio o di villino Ida, l’ingresso del Kursal Biondo e di quella che fu l’Esposizione Agricola Regionale del 1902, tutte opere palermitane di Basile, sono elementi che ritornano, reinterpretati da La Grassa, nella villa Laura [8].

Trapani, Villino Ricevuto (ph. G. Nifosì)

Trapani, Villino Ricevuto (ph. G. Nifosì)

Più sciolto nella planimetria e meno bloccato nelle masse è villino Ricevuto (1919) nel quale l’ingegnere-architetto, considerandone la posizione estremamente panoramica e suggestiva, alle falde di Erice, integra struttura e paesaggio con un alternarsi di pieni e vuoti. L’asimmetria della pianta concorre inoltre a creare una disposizione più articolata dei volumi e un gioco di masse. La torretta angolare, a base quadrata, che supera di un piano il cornicione, il corpo di fabbrica ad una sola elevazione, il grande arco tripartito che ingloba un doppio porticato con funzione di pronao in basso e di veranda al primo piano, danno all’insieme un effetto dinamico, non privo di ricercati effetti chiaroscurali. Qui i modi di La Grassa si sciolgono in un libero gioco di spazi aperti e spazi chiusi ed anche la tipica apertura tripartita acquista luce ed ariosità. L’architetto trapanese non dimentica il suo maestro Basile e ne adotta alcune soluzioni come il corpo di fabbrica basso e il gioco delle pareti presenti nel distrutto villino Deliella, o la torretta con cupoletta aggettante di villino Florio.

Trapani, Villino Barresi – Platamone (ph. G. Nifosì)

Trapani, Villino Barresi – Platamone (ph. G. Nifosì)

A quest’ultimo è “direttamente” ispirato un altro villino extraurbano, quello della famiglia Barresi, poi acquistato dai Platamone, che per la posizione panoramica ai piedi del monte Erice, induce ancora una volta La Grassa a creare una integrazione tra paesaggio e struttura. Dal villino palermitano derivano la torretta cilindrica angolare, il tetto ligneo a spioventi posto nel settore mediano, la soluzione dell’angolo a bugnato, la bifora nella torretta a spioventi che imita quella di villa Bordonaro a Palermo. A La Grassa competono invece la composizione della facciata, l’allineamento rigoroso delle finestre, l’aggettare, sia pure minimo del settore mediano, l’innalzarsi di questo al di sopra dell’ultimo piano includendo la bifora, la soluzione a false metope del cornicione, tutti elementi ricorrenti nei suoi progetti. A lui, probabilmente, si devono anche i disegni degli arredi esterni in ferro battuto: i lampioni, il cancello, le inferriate della veranda e del giardino, tutti manufatti di artigiani locali esperti nel lavorare il ferro e nel ricavarne nastri svolazzanti, fiori e foglie.

Trapani, Casina delle Palme veduta esterna (ph. D. Modica)

Trapani, Casina delle Palme veduta esterna (ph. D. Modica)

Il motivo della torretta angolare, ben assimilato da La Grassa, ritorna nella Casina delle Palme, una delle più alte manifestazioni del liberty trapanese: occupa un intero isolato ed è composta da un corpo autonomo, un palcoscenico ed un ampio spazio che li divide. Nata come una sorta di “café chantant”, fu voluta da Antonio Fiorino, un sarto trapanese che, essendo vissuto a Parigi e ricordando i café francesi, pensò di creare a Trapani un locale all’aperto per il tempo libero e lo spettacolo. Nel 1921 il Comune concesse l’area al Fiorino che, tre anni dopo, con Francesco Fontana e Stefano Stabile, chiese che lo spazio assegnato fosse ingrandito per potere costruire un caffè e un teatro. Avuta la concessione nell’ottobre 1927, iniziarono i lavori su un lotto di 1000 mq.

Trapani, Casina delle Palme veduta esterna (ph. D. Modica)

Trapani, Casina delle Palme veduta prospetto interno (ph. D. Modica)

A parte la tipicità del locale, quello che sorprese i trapanesi fu la moderna e disinvolta concezione architettonica della Casina. La vera novità sta infatti nell’armonioso gioco di aperture, nei pieni e nei vuoti che si alternano, nello smussamento degli angoli, nelle gustose torrette e, soprattutto, nella presenza di materiali innovativi. Mattonelle invetriate, ferri battuti, decorazioni floreali e vetri si amalgamano perfettamente con gli elementi architettonici creando un insieme di raffinata eleganza. L’inserimento di ceramica, ferro, vetro fra le strutture degli edifici, è infatti una delle caratteristiche del liberty. I ferri a reticolo, combinandosi in orizzontale e in verticale, diventano anche supporto di lampioni pensili e creano gradevoli e svelte decorazioni. Una pensilina a vetri policromi, tipicamente liberty, proteggeva in passato le aperture del piano terra, come dimostrano alcune foto d’epoca. Nella struttura ad angolo smussato compare la consueta finestra tripartita, rivisitata dal repertorio del Basile. Altra novità è la disposizione delle due strutture che si fronteggiano lungo un asse diagonale. Tra i motivi decorativi sono presenti anche robuste volute stilizzate che qui acquistano nuovo gusto e nuovo significato.

«Nella casina delle Palme – scrive Scalvedi – fra influssi orientalisti e polimatericità, il La Grassa. codificava, invece, un nuovo indirizzo nelle relazioni fra struttura e ornamento, rispettivamente impostate su enfasi del sistema trilitico e aggiornamento dei repertori decorativi a vocazione simbolista» [9]. Poco distanziato dalla Casina è il palcoscenico che con le due torrette laterali richiama ancora una volta il repertorio basiliano, mentre il fregio con la decorazione floreale che mimetizza la funzione di contenitore di lampade, è una reinterpretazione dei fregi greci.

La Casina delle Palme fu per anni, d’estate, il centro della vita mondana trapanese. Poi la guerra e nel 1943 la distruzione! Un giovane ingegnere, Andrea Lipari, nel 1946 ne curò la ricostruzione apportando alcune modifiche all’intero complesso, pur nel rispetto dell’impostazione generale data da La Grassa. Nel 1947 inizia la stagione degli spettacoli e nel corso degli anni ospita compagnie di operette e di balletti e i cantanti più famosi del momento.

Trapani, Palazzo Montalto (ph. D. Modica)

Trapani, Palazzo Montalto (ph. D. Modica)

Altro prestigioso incarico ricevuto dall’ingegnere-architetto fu quello datogli, negli anni ‘20 del Novecento, dal notaio Giacomo Montalto per il progetto di un edificio da destinare a propria dimora. In quel momento La Grassa era un apprezzato professionista e veniva considerato il maggiore esponente del liberty trapanese. Per il notaio ideò un palazzo a tre elevazioni con finestre e balconi rigorosamente allineati sulla facciata tersa ed essenziale, segnata in orizzontale dalle bugne della zoccolatura, dalle modanature che l’attraversano come nastri tesi sulla superficie e dal fregio che fa da cornicione. Nella torretta che si innalza al disopra della cornice dell’ultimo piano inserì la tipica apertura tripartita!

Trapani,Palazzo Montalto, composizione floreale (ph. D. Modica)

Trapani, Palazzo Montalto, composizione floreale (ph. D. Modica)

Ma l’elemento che caratterizza la facciata è la rivisitazione, in termini liberty, del bovindo posto nel settore mediano del primo piano. Si tratta di un particolare tipo di finestra in cui gli infissi e le ante a vetri non sono allineate al muro ma sporgono dalla superficie muraria della facciata essendo collocate in un corpo aggettante che segue, in orizzontale, un percorso ad andamento rettilineo ai lati, concavo-convesso sulla fronte; tuttavia esso è unito all’ambiente interno del quale costituisce parte integrante ed ha le aperture ad altezza superiore rispetto alla quota di calpestio. Questo elemento, insolito nell’architettura trapanese e nel linguaggio di La Grassa, si qualifica inoltre per la presenza di una raffinata composizione floreale a rilievo, fatta di rose e lunghi tralci arricciati che emergono da un aggettante vaso ad alto piede, posto sotto l’apertura mediana del bovindo. 

Sulla facciata, fra gli elementi architettonici, si notano inoltre ferri battuti, decorazioni floreali e vetri! I ferri assolvono la funzione di ringhiere nei balconi e in tratti del parapetto del terrazzo: sono presenti anche nel settore superiore del portone in legno dove, fra linee curve e volute, formano anche la lettera M, iniziale del cognome Montalto, ripetuta quattro volte! Il fregio sull’ultimo piano, i vetri colorati nelle parti alte delle ante delle aperture, le mensole che reggono le lastre dei balconi sono inoltre elementi che si alternano tra gusto liberty e déco.

Se nel complesso, a parte il bovindo, la facciata principale rivela ancora qualche retaggio di rigide simmetrie nella collocazione delle aperture, o di eclettiche soluzioni del secolo precedente nel pesante basamento bugnato, tuttavia lateralmente, nel prospetto sulla via Giudecca, la presenza di un’ariosa terrazza crea una piacevole articolazione delle masse. Nel vano d’ingresso epigrafi in latino inviano a chi entra messaggi specifici sull’edificio e riportano una massima di Cicerone che, nell’intenzione del proprietario, supponeva la condivisione. Sopra l’architrave si legge FRANCESCO LA GRASSA FECIT A.D. MCMXXV e l’anno di ristrutturazione A. D. MMVII. Sulla parete laterale, all’interno di un riquadro, la massima NON DOMO DOMINUS SED DOMINO DOMUS indica che non è la casa che deve conferire decoro al padrone ma il padrone alla casa. Frontalmente alla precedente un’altra iscrizione così recita: DOMUS IN AMPLIOREM FORMAM INEUNTE EXTRUCTA (Casa costruita in una forma più ampia all’inizio [del secolo]).

Una scala a più rampe conduce ai piani superiori, protetta da una ringhiera in ferro battuto, nella quale è ripetuta la lettera M, iniziale del cognome Montalto. Nell’appartamento del primo piano, dai pavimenti alle pareti e fino ai soffitti, si sviluppa una esuberante ricchezza di colori e di decori che vanno dal liberty al déco. Particolare è la pavimentazione con le “cementine”, una tipologia di piastrelle a base di impasto di cemento colorato, molto utilizzata nei primi del Novecento, che qui dà vita a gradevoli combinazioni grazie all’accostamento di decori e colori vari.

Trapani, Palazzo delle poste (ph. D. Modica)

Trapani, Palazzo delle poste (ph. D. Modica)

Nel 1921 La Grassa, nel momento in cui stava per concludere la sua esperienza lavorativa a Roma, essendo stato nominato progettista di edifici di Stato dal Ministero dei Lavori pubblici redige il progetto del palazzo delle “Poste” di Trapani, su incarico diretto della divisione siciliana del Provveditorato alle Opere Pubbliche. La prima pietra venne posta il 10 luglio 1923 alla presenza del Ministro delle Poste e Telegrafi Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, giunto a Trapani appositamente per la cerimonia della posa, cui seguì un banchetto al teatro Garibaldi. I lavori iniziarono nel 1924 e si protrassero fino al 1927, data posta sulla facciata; il costo complessivo dell’opera ammontò a 2.800.000 lire. Nello stesso anno vi furono trasferiti gli uffici postali, già ospitati nell’ex chiesa e convento di San Rocco, in via Turretta.

Ubicato su un intero isolato, con facciata sull’odierna piazza Vittorio Veneto, il palazzo postale fu edificato su un lotto trapezoidale di terreno prospiciente l’ampio spazio urbano dell’ex Piazza Cavour, venutosi a creare in seguito alla demolizione delle antiche mura urbiche, e di fronte il robusto edificio fatto costruire alla fine del secolo XIX dal senatore del Regno, Giuseppe d’Alì. La Grassa concepì il palazzo delle “Poste” come un corpo architettonico a tre elevazioni, molto sviluppato in larghezza; per la facciata che fa da quinta scenica alla piazza sul lato sud, adottò una composizione simmetrica, intelaiandola tramite una teoria di lesene che sostengono archi incassati a sesto acuto e inserendo le aperture in rigoroso allineamento.

Non mancano nella concezione generale del prospetto riferimenti al passato, in particolare nelle colonne “composite” e negli archi di tipo islamico, che La Grassa riesce ad amalgamare con un lessico più moderno e orientato verso il liberty palermitano. Se convenzionale risulta il pronao con pilastri agli angoli e colonne binate nella parte mediana, appaiono invece più inclini alle tendenze basiliane i pilastrini che si innalzano al di sopra del parapetto che fa da coronamento; i due timpani centinati fanno poi tornare alla mente gli stessi elementi dello stabilimento balneare di Mondello, progettato da Basile.

Trapani, Palazzo delle “Poste”, particolare (ph. D. Modica)

Trapani, Palazzo delle “Poste”, particolare (ph. D. Modica)

La Grassa non indulge molto nella decorazione ma lascia alla stessa superficie muraria il compito di creare contrasti chiaroscurali tramite le modulazioni degli archi e le aperture tripartite, sua caratteristica “firma”. Nella scelta dei dettagli decorativi tralascia il repertorio floreale e, adeguandosi alla destinazione dell’edificio a POSTE E TELEGRAFI, come riportato nei due timpani, utilizza dei simboli postali: telefoni, telegrafi, buste ceralaccate, campanelli, isolanti, fili e persino simboli del Codice Morse vengono riprodotti sulla facciata o nelle inferriate e, raggruppati in ricercate composizioni, disposti in fila sotto il cornicione. Su ognuno dei timpani inserisce poi quello che è stato uno dei loghi delle Poste, ossia due grandi ali spiegate, qui formate da finte piume ricciute e volute affrontate.

Più prettamente orientato verso il linguaggio modernista – o liberty come in Italia venne definito – risulta invece l’interno dove linee sinuose percorrono pareti, soffitti, arredi lignei, vetri ed inferriate, con una varietà di soluzioni proprie dell’art nouveau. Splendido il velario in vetro policromo, realizzato con la lavorazione a gran fuoco e montato a mosaico con struttura in piombo dal palermitano Pietro Bevilacqua, artista prediletto e collaboratore di Ernesto Basile che lo chiamò a Roma per creare il grande velario dalle vivaci cromie dell’aula di Montecitorio, da lui progettata.

Trapani, Interno del Palazzo delle Poste (ph. D. Modica)

Trapani, Interno del Palazzo delle Poste (ph. D. Modica)

Particolarmente interessante la sistemazione della sala per il pubblico delle “Poste” trapanesi, di forma semicircolare e coperta dal velario, nella quale gli sportelli, radialmente disposti, con i vetri policromi e le strutture in ferro, bene si abbinano a tutto il contesto liberty. Originale anche la grande scala dai gradini in massello di pietra a sbalzo, protetta da una inferriata in ferro battuto, ornata con simboliche buste. Né vanno sottovalutati i decori dei soffitti alla cui esecuzione partecipò anche uno dei più noti pittori del liberty palermitano, Salvatore Gregorietti, collaboratore di La Grassa e artista capace di abbellire soffitti e pareti con fraseggi grafici di respiro europeo, abbinandoli a figurazioni di tradizione siciliana. Per l’originalità dell’apparato decorativo del palazzo delle “Poste”, per l’uso di vari materiali e per l’applicazione di teorie simboliste, La Grassa nel 1926 venne premiato alla Mostra internazionale di architettura di Torino.

Trapani,Progetto della facciata di Casa Di Vita (archivio Novara)

Trapani, Progetto della facciata di Casa Di Vita (archivio Novara)

Un edificio che non viene annoverato nel catalogo delle opere dell’ingegnere-architetto è la Casa Di Vita in Corso Vittorio Emanuele, il cui disegno inedito della facciata viene qui per la prima volta pubblicato [10]. Osservando il prospetto odierno si notano soltanto delle volute e qualche decoro che vagamente richiama il gusto floreale. In realtà La Grassa aveva ideato una facciata più sontuosa e slanciata con un robusto cornicione che includeva nella parte mediana un timpano triangolare come si vede nel progetto originario che riporta la seguente didascalia: “Casa d’abitazione Cav. Giuseppe di Vita Corso Vittorio Emanuele Trapani. Prospetto principale 1/50 Ing. Arch. Francesco La Grassa”.

Trapani, Piano di avanzamento dei fabbricati su viale Regina Elena (da L. Scalvedi)

Trapani, Piano di avanzamento dei fabbricati su viale Regina Elena (da L. Scalvedi)

Ancora per Trapani progettò Casa Brigiano in via Rocco Solina, Casa Triolo in via Fardella, alcune cappelle private nel cimitero comunale e un piano di avanzamento dei fabbricati su viale Regina Elena, mai realizzato [11]. Fu suo, nel 1921, il progetto originario della chiesa del Sacro Cuore con annessi edifici, in via Fardella, un’opera grandiosa non realizzata che avrebbe avuto una cupola alta 60 metri [12]; fu costruita la sola cripta, poi abbattuta negli anni ‘70 del secolo scorso per dare posto ad un moderno edificio di culto. 

Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023 
Note
[1] Per il liberty trapanese si veda: L. Novara, M. A. Spadaro, Il Liberty a Trapani, Trapani 1990. 
[2] Per la biografia e le opere di Francesco La Grassa si vedano gli scritti di Luca Scalvedi: La concezione simbolista dell’abitare nell’opera di Francesco La Grassa, architetto e ingegnere trapanese (1876-1952), Roma 2002; «La Grassa Francesco» in Dizionario Biografico degli Italiani, LXIII, Roma 2004: 80-81; Francesco La Grassa: architettura e urbanistica fra Roma e la Sicilia nella prima metà del novecento, Roma 2005; Architettura e urbanistica negli anni trenta a Noto, Rosolini 2007. 
[3] F. La Grassa, Prospettottica, nuova rappresentazione prospettica su di un piano dell’effetto ottico dei corpi dell’intero spazio visivo … in Giornale del genio civile, fascicolo 7-̊8 ̊- luglio-agosto 1947; L. Scalvedi, La casa delle quattro torri e l’albero della vita. Architettura e simbolismo a Roma agli inizi del Novecento, in: Aa.Vv, Arte e architettura liberty in Sicilia, Palermo 2009: 356-362. 
[4] L. Scalvedi, Francesco La Grassa…, cit.: 75. 
[5] Per tutti gli edifici trapanesi di La Grassa, citati in questo testo si veda: L. Novara, Album del liberty, in Il Liberty a Trapani…, cit.: 46-84. 
[6] Il Liberty a Trapani (cit.: 64) contiene il disegno inedito del prospetto di Casa La Barbera, ivi pubblicato per la prima volta, poi ricopiato da altri autori. 
[7]  F. Scibilia, Le scale “alla trapanese” nell’opera dell’architetto Francesco La Grassa, in Giuseppe Antista e Maria Mercedes Bares, Le scale in pietra a vista nel Mediterraneo, Palermo 2013: 117-128. 
[8] Cfr. A.M. Ingria, M. Riccobono, M.A. Spadaro, Ernesto Basile e il liberty a Palermo, Palermo 1987; D. Maniscalco, Ernesto Basile. Atlante delle Opere palermitane 1878-1932, Palermo 2022.
[9] L. Scalvedi, «La Grassa Francesco» in Dizionario … cit.: 80. 
[10] Il disegno si trova oggi esposto presso lo stesso edificio. 
[11] Il disegno è tratto da: L. Scalvedi, Francesco La Grassa…, cit. 
[12] Il progetto originario è pubblicato in: F. Auci, La vecchia chiesa del Sacro Cuore di Gesù (‘a chiesa nova), Trapani 2002. 

________________________________________________________ 

Lina Novara, laureata in Lettere Classiche, già docente di Storia dell’Arte, si è sempre dedicata all’attività di studio e di ricerca sul patrimonio artistico e culturale siciliano, impegnandosi nell’opera di divulgazione, promozione e salvaguardia. È autrice di volumi, saggi e articoli riguardanti la Storia dell’arte e il collezionismo in Sicilia; ha curato il coordinamento scientifico di pubblicazioni e mostre ed è intervenuta con relazioni e comunicazioni in numerosi seminari e convegni. Ha collaborato con la Provincia Regionale di Trapani, come esperto esterno, per la stesura di testi e la promozione delle risorse culturali e turistiche del territorio. Dal 2009 presiede l’Associazione Amici del Museo Pepoli della quale è socio fondatore.

______________________________________________________________

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Città, Cultura. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>