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Violenza e religione

 1986,  Spirito di Assisi

1986,  Nello spirito di Assisi

di Marcello Vigli

Sulla violenza delle religioni si è detto e scritto molto e si continua a discettare; interessante quindi rievocare  e commentare la categorica dichiarazione di papa Francesco quando gli hanno chiesto se esiste una “violenza islamica”. Non esiste come non esiste una violenza cattolica. Al tempo stesso, però, Islamici e Cattolici possono essere violenti e invocare la religione come ispiratrice della loro azione. Lo aveva dichiarato con estrema lucidità nella visita alla Sinagoga del gennaio scorso: «La violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra, quale dono di Dio. Il quinto comandamento del Decalogo dice: ‘Non uccidere’ (Es 20,13)». Ha poi aggiunto : «Ogni essere umano, in quanto creatura di Dio, è nostro fratello, indipendentemente dalla sua origine o dalla sua appartenenza religiosa (…). Né la violenza né la morte avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita».

Sono parole inequivocabili, confermate con i fatti quale la sua partecipazione ad Assisi, il 20 settembre, all’incontro internazionale “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”, organizzato dalla diocesi e dalla Comunità di Sant’Egidio per ricordare il trentennale della storica Giornata di Preghiera per la Pace del 27 ottobre 1986, voluta da Giovanni Paolo II, «nella speranza che lo spirito di Assisi possa portare pace in un mondo segnato da violenza, guerre, divisioni».

Sono, però, in molti a contraddirle e a pensare che la religione «spegne la luce dell’intelletto». e consente di coinvolgere credenti, donne e uomini, in comportamenti violenti e discriminatori: ne sono un esempio recente gli attentati perpetrati da islamici in nome di Allah a Nizza e a Saint-Etienne-du-Rouvray, ma anche  la morte dell’imam bengalese ammazzato tre giorni fa a New York da un assassino cristiano, gli scontri tra indù e musulmani in India, e le persecuzioni delle comunità cristiane ad opera di fondamentalisti indù.

Il papa ha, però, ragione: non si possono prendere queste violenze come simbolo incontrovertibile di guerre di religione in atto. È innegabile, al tempo stesso, che i credenti delle diverse fedi non possono ignorare che il loro dio diventa facilmente una bandiera da far sventolare  nei conflitti ormai endemici nel nostro pianeta, e grande è, quindi, la loro responsabilità se non contribuiscono a proclamare le dovute distinzioni.

Opportuna si configura la forte mobilitazione che ha suscitato l’appello lanciato dal Centro per il culto musulmano francese dopo l’assassinio di Padre Jacques Hamel: «I musulmani vadano a messa domenica mattina per dare ai cattolici un segno di solidarietà». Immediatamente la Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) ha annunciato di condividere l’appello e migliaia di musulmani con i loro iman hanno presenziato alla messa in molte città italiane, come in Francia. Sia fra i cristiani sia fra gli islamici si sono levate voci di dissenso, ma l’approvazione della Cei e il sostegno dell’Ucoi hanno favorito le voci  di consenso così che, dopo l’iniziativa “Musulmani a messa”, si è pensato che ora è il turno dei luoghi di culto islamici. Le comunità arabe chiedono a Papa Francesco di rispondere all’appello Cristiani in moschea per una preghiera interreligiosa l’11 settembre, anniversario dell’attentato alle torri gemelle di New York, che cade un giorno prima della festività islamica dell’Eid.

Non ci sono percorsi omogenei all’interno delle due comunità. Se non bastasse, altri motivi di divisione al loro interno sono emersi nella valutazione della presenza sulle spiagge di diversi paesi di donne musulmane con costumi da bagno che coprono tutto il corpo e la testa: burkini sono stati chiamati. Se ne sono occupati i governi che ne hanno decretato la proibizione in Francia e la tolleranza in Italia. Anche in Germania si è profittato per regolamentare l’uso dello stesso burka che in certe circostanze non potrà più essere indossato. In verità c’è da essere preoccupati del gran parlare che se ne fa e soprattutto se ci si limita a considerarlo uno specifico frutto dell’Islam. Si nasconde così che è, invece, un prodotto della condizione subalterna delle donne in tutti i Paesi e imposta dal prevalere della cultura patriarcale, come è evidente nei numerosi interventi, autorevoli e non, che anche su questo tema si sono registrati nelle sedi radiofoniche e televisive e sui giornali per rispondere all’interrogativo: burkini e bikini possono convivere?

Burkini e bikini

Burkini e bikini

Nella polemica non è intervenuto il papa che, nel contempo, ha partecipato alla fine di luglio a Cracovia alla Giornata Mondiale della Gioventù, dove si sono ritrovati giovani di tutto il mondo che hanno accolto il messaggio della misericordia con l’impegno di portarlo dappertutto. A questa prospettiva globale ha ispirato questo suo viaggio anche il papa, come ha sottolineato nel caratterizzare la sua presenza nell’ex campo di concentramento tedesco di Auschwitz-Birkenau: «E, infine, anche questo Viaggio aveva l’orizzonte del mondo, un mondo chiamato a rispondere alla sfida di una guerra “a pezzi” che lo sta minacciando. E qui il grande silenzio della visita ad Auschwitz-Birkenau è stato più eloquente di ogni parola. In quel grande silenzio ho pregato per tutte le vittime della violenza e della guerra. Per tutto questo, ringrazio il Signore e la Vergine Maria».

Con lo stesso spirito a Roma si è recato in una struttura della “Comunità Papa Giovanni XXIII” fondata da don Oreste Benzi, che accoglie ex  prostitute, e ha chiesto perdono per tutti quegli uomini che le hanno fatto soffrire: «Chiedo perdono per tutti quei cattolici e credenti che vi hanno sfruttato, abusato e violentato (…). Vivete con speranza e gioia il futuro che vi attende».. Pochi giorni dopo è stata la volta del saluto ai 35 mila medici cardiologi provenienti da 144 Nazioni riuniti a Roma per il più grande Congresso al mondo sulla patologia cardiovascolare, Esc Congress 2016. Il  31 ottobre si recherà a Lund, in Svezia per la commemorazione ecumenica congiunta luterano-cattolica del 500° della Riforma, dando prova del suo particolare modo di intendere l’impegno ecumenico.

Sul piano istituzionale lo scorso 2 agosto ha costituito la Commissione di studio sul ripristino del diaconato femminile già in funzione in epoca apostolica, quando, oltre alle diverse forme di assistenza agli apostoli, le diaconesse dovevano procedere all’unzione corporale delle donne al momento del battesimo: «Esiste nella Chiesa l’ordine delle diaconesse, ma non serve per esercitare le funzioni sacerdotali, né per affidargli qualche compito, ma per la decenza del sesso femminile, al momento del battesimo», testimonia Epifanio di Salamina. Le loro funzioni sono così riassunte: «La diaconessa non benedice e non compie nulla di ciò che fanno i presbiteri e i diaconi, ma vigila le porte e assiste i presbiteri in occasione del battesimo delle donne, per ragioni di decenza». (Costituzione apostolica VIII 28, 6). Forte di questa tradizione, ma ipotizzando funzioni diverse, il papa aveva parlato della introduzione del diaconato femminile nello scorso maggio. Della Commissione fanno parte dodici persone, sei donne e sei uomini provenienti da diverse parti del mondo. A presiederla sarà monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita e segretario della congregazione per la Dottrina della fede.

Il 1° settembre entrerà, invece, in vigore il Pontificio Consiglio per i Laici, il nuovo Dicastero della Curia romana creato da papa Francesco, che avrà competenza: «in quelle materie che sono di pertinenza della Sede Apostolica per la promozione della vita e dell’apostolato dei fedeli laici, per la cura pastorale della famiglia e della sua missione, secondo il disegno di Dio e per la tutela e il sostegno della vita umana». Diviso in tre sezioni (Laici, Famiglia, Vita), sarà retto da un Prefetto  coadiuvato da un Segretario, che potrebbe essere laico, e da tre Sotto-Segretari laici, uno per ogni sezione, e dotato di un congruo numero di Officiali: chierici e laici, uomini e donne, celibi e coniugati, impegnati nei diversi campi di attività e provenienti dalle diverse parti del mondo.

Ecumenismo e promozione del laicato si confermano direttive importanti, nell’esercizio del  pontificato di papa Francesco, che si coniugano con la costante attenzione allo sviluppo dei rapporti con l’ortodossia e all’evolversi dei rapporti fra le “Chiese” cinesi e fra queste e il governo di Pechino e la Santa Sede, nella prospettiva, però, di un rafforzamento della centralità del papato e di un incremento della sua autorità nella Chiesa.

 Papa Francesco e Santiago Perez de Camino, membro del Pontificio Consiglio per i Laici

Papa Francesco e Santiago Perez de Camino, membro del Pontificio Consiglio per i Laici

Nei suoi rapporti con la politica, continua a non mostrare interesse per il prossimo referendum italiano e ad evitare interventi nella politica nazionale, al contrario del passato. Il pontefice non tollera, infatti, che cardinali, vescovi e preti si immischino nei fatti temporali della politica nazionale, sostenendo che i laici «non hanno bisogno di indicazioni politiche». Questo non ha impedito la creazione di tavoli bilaterali con il governo italiano, sia per l’organizzazione del Giubileo della Misericordia per il quale questo ha stanziato poco più di 150 milioni di euro, sia per la sicurezza di Piazza San Pietro. Renzi, a sua volta,  poco o nulla è interessato a quello che accade in Vaticano; ne ha, però,  sfruttato la neutralità per varare la legge sulle unioni civili e omosessuali, che nessun governo era mai riuscito ad approvare, per la quale si è, invece, scontrato, duramente con la Conferenza episcopale italiana, ricavandone  pessimi rapporti con il suo capo Angelo Bagnasco. Il papa non trascura, invece, di interloquire sui rapporti con gli Stati come ha fatto in Polonia parlandone a porte chiuse con i vescovi e incontrando, in Vaticano, dopo l’omicidio di Rouen, il Presidente francese Hollande nonostante il contenzioso aperto con il rifiuto della Santa Sede di accreditare l’ambasciatore gay da lui già  nominato.

Questa gestione del papato da parte  di Francesco continua a suscitare  perplessità fra i cattolici tradizionalisti e  un’opposizione sempre più aperta in Curia. Gli interventi di riforma nella Curia romana e nei rapporti con l’episcopato a livello mondiale generano resistenze sempre più dichiarate che si sommano alle reazioni negative alle innovazioni nell’ambito della pastorale familiare, specie se attingono a questioni dottrinali,  e nell’atteggiamento verso gli omosessuali.

Nel  libro del giornalista di Avvenire, Nello Scavo i nemici di Francesco, pubblicato lo scorso ottobre  se ne fa un’analisi precisa e dettagliata, citando  coloro che si oppongono a Papa Francesco, dentro e fuori le mura del Vaticano, negli ambienti curiali come nei centri di potere internazionali.  Anche in Italia sono molti i vescovi e i gruppi che si oppongono alle sue novità, nel contempo, però, qualcosa sta cambiando nella gestione delle diocesi italiane,  quasi ottanta, rette da vescovi nominati dal nuovo papa. Positivo è, inoltre, un primo bilancio dell’Anno Santo della Misericordia anche nella sua forma decentrata inventata dal Francesco, il Pontefice più “antiromano” della storia, che ha, però, rimesso Roma al centro del mondo, pur senza contrapporsi frontalmente alla secolarizzazione.

Unioni civili

Unioni civili

Questa secolarizzazione avanza infatti seppure a fatica anche in Italia dove si cominciano a celebrare le Unioni civili, essendo stati varati i regolamenti necessari, dopo l’approvazione della legge: la prima che ha unito a Torino Gianni e Franco, 79 e 82 anni, è stata celebrata dalla neo sindaco Appendino. Anche nella cattolicissima Bergamo se n’è celebrata un’altra senza suscitare reazioni negative. Neppure ce ne sono state per la conclusione del primo “processo più breve” per la dichiarazione di nullità del matrimonio celebrato nella diocesi di Bologna. Perplessità sta suscitando, invece, il diffondersi dell’utero in affitto e non mancano episodi a testimonianza di vecchie incrostazioni di clericalismo mafioso.

Durante la festa dedicata a San Rocco a Valenzano, in provincia di Bari, è stata lanciata una mongolfiera sponsorizzata dal clan della famiglia Buscemi, considerata contigua al clan mafioso Parisi-Stramaglia, con la scritta Famiglia Buscemi. Viva san Michele, viva san Rocco. La Curia barese ha condannato l’atto blasfemo senza che anche altri lo facessero; i carabinieri e la Dda, dopo i primi accertamenti, non hanno potuto, invece, considerarlo reato penalmente perseguibile. Al contrario un deputato del Pd ha dichiarato di volere sottoporre il caso alla Commissione parlamentare Antimafia «per valutare l’opportunità di prevedere nuove misure che possano corresponsabilizzare i comitati feste patronali a svolgere una funzione attiva e collaborativa per prevenire il reiterarsi di tali episodi».

In verità c’è da interrogarsi sulla religiosità di questo Paese dove negli stessi giorni si sono tenuti due importanti, seppure diversi, appuntamenti: a Rimini l’annuale Meeting di Comunione e Liberazione e a Torre Pellice il tradizionale Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. Entrambi aperti con un saluto del Presidente dalla Repubblica e con la benedizione del papa, rappresentano la fine di un’epoca di contrapposizioni, che invece l’episodio di Bari rivela ancora aperta.

Forse anche per questo si può condividere l’interrogativo che si pone Enzo Bianchi: «Quando leggo che noi cristiani siamo due miliardi anziché gioire sono sconvolto: con tanti cristiani il mondo non dovrebbe essere migliore?».

Dialoghi Mediterranei, n.21, settembre 2016

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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).

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