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Uomini chimici nell’avvenire

 Roy Batty di Blad  Rrunner

Roy Batty di Blade Runner

di Nino Giaramidaro

Vivranno senza un fratello, soli, forse in grandi orfanotrofi lindi, muniti di balie e nutrici. In camerate senza odore di cipolla. Sopporteranno le malattie senza conforto, fra camici bianchi, azzurri, verdi di uomini e donne travisate e professionali. E gioie solitarie, indicibili, fra sconosciuti uguali a se stessi: forse occhi azzurri, anche i giapponesi biondi e con gli occhi dritti, e l’Africa nera imbiancata da un ribonucleico di plastica. Tutti figli del profetico dottor Mengele.

Scrivo impigliato nella penombra di Borges, dalla tristezza da lui rubata al tempo, con gli inutili tentativi di scrutare quell’abisso fatto di dimenticanze, speranze insostenibili, angosce illimitate, senza il conforto di una sola certezza, anche piccola. Nella delicata penombra della cecità, il poeta sogna il concavo silenzio dei cortili, l’ozio dei gelsomini, il tenue fruscio dell’acqua.

Centocinquanta scienziati di tutto il mondo si sono riuniti clandestini alla Harvard Medical School – rigagnolo dove finiscono molte scorie della illustre università di Harvard, nella puritana Boston – per studiare il modo di fabbricare il genoma umano sintetico e far nascere uomini “senza genitori”. E, alla fine dell’incontro, sono stati “invitati” a tacere. Anche il New York Times, che ha pubblicato la notizia, si chiede da chi. Il progetto non ha al momento finanziamenti, sebbene alcune aziende e fondazioni abbiano manifestato interesse, mentre la richiesta di fondi verrà avanzata anche al Governo federale americano.

Persone che non hanno tempo da dedicare ai gelsomini, che forse non li conoscono, con quei loro rami pieni di contagi, frequentati da mantidi anche non religiose, chiassosi grilli, cicale perditempo e lenti e rilucenti scarabei. Sopra i muri offesi dal salino e da venti scomparsi nelle città, che si disperdono contro i primi grattacieli.

Ve lo immaginate un geco sulle pareti di vetrocamere quotidianamente disinfettate? Il geco giuntoci come epigono immortale dei lari, penati, patruneddi di casa. La casa della quale non ci sarà più bisogno per crescere.

I Cavalieri dell’Apocalisse del trans umano sono stanchi di esseri umani difettosi, che continuano a nascere con il peccato originale, carichi di tare, mentre quelli sintetici non avranno colpe tramandate, saranno esenti dalle miserie del parto con dolore, seppure anestetizzato.

E forse proveranno sentimenti che non sapranno a chi dedicare né come soffrirli. Oppure no, non ne avranno, come era stato previsto per gli androidi di Blade Runner. Questi martinitt della scienza, con anima regolarmente protocollata – basterà un codice a barre -  riusciranno a rimanere al di là del bene e del male invece di mostrare la stessa struggente, umana debolezza di Roy Batty che prima di estinguersi –   perché la vita che gli diedero aveva una scadenza – riesce a salvare il suo mancato assassino e persecutore?

Pris e il suo anagrafe in Blade Runne2

Pris e il suo anagrafe in Blade Runne2

A chi somiglieranno? Forse non ci sarà anima viva che se lo chiederà. Avranno la faccia delle nuvole che cambiano forma e profilo secondo il vento, oppure – seguendo ancora parole ed emozioni di Erri De Luca – si approprieranno delle sembianze di Satàn, l’accusatore, che non somiglia ma si trasforma in chiunque per portare scompiglio? Uno, diecimila, centomila sui quali non ci sarà alcun nuovo Lombroso a formulare le sue ulteriori accuse perché volto e figura saranno ripetibili oltre qualunque numero, senza che il passato, la storia, possa scalfire la purezza del loro soffio vitale, non più emanato da un Dio vecchissimo e mal ridotto dagli umani, bensì dai nuovi dèi, candidi e non appesantiti dall’aureola. Capaci di una perfezione più cogente di quella Trina, smarrita e incapace di dare una data e un’ora alle forbici di Atropo, misureranno la vita con un infallibile orologio atomico e, forse, con una elettronica Lachesi, decideranno imprese, amori, destini non incrociati ma rettilinei nel fluire verso il pezzetto di futuro convenuto.

HARVARD TOPS RANKINGS

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Nelle madri-incubatrici non ci saranno futuri Diotallevi, Trovato, Spiritosanto, Deodato e nemmeno Esposito perché i trovatelli, pure quelli della ruota, una madre e un padre lo avevano avuto e venivano affidati al creatore dopo l’abbandono. Quale nome dare a queste creature chimiche, senza grembo di madre, senza un padre da maledire nel futuro? Una nomenclatura a loro ispirata irromperà nelle anagrafi, lontana dai patronimici, dai derivati di arti e mestieri, di luoghi di provenienza, di estro impiegatizio. Nomi e cognomi moderni, facili quali quelli degli immigrati che spesso cambiano i loro Muhammad e Ibrahim in Enzo e Giuseppe.

Ma un figlio “nascerà nascerà, di colpo la tua vita cambierà – cantava Toto Cutugno – l’aiuterai nel suo confuso cammino, ma non potrai cambiare il suo destino”. Perché non sarà proibito – spero – a questi uomini nuovi  l’antico crescete e moltiplicatevi. E l’albero genealogico ricomincerà il suo inesorabile destino.

Cosa potranno contro di esso le alte e arroganti menti? Perché non vorranno creare iloti privi di diritti umani, buoni per lavori da schiavi e per le irrinunciabili guerre; non hanno commesse per la fabbricazione di personale a basso costo, ubbidiente, alimentato economicamente, votato a funerali senza accompagnatori, e sepolture senza un sasso che distingua le proprie dalle infinite ossa che in terra e in mare semina morte.

Entro il 2030 – data conclusiva degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile – 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno per cause prevalentemente prevenibili, 167 milioni di bambini vivranno in povertà, 750 milioni di donne si saranno sposate da bambine e oltre 60 milioni di bambini in età da scuola primaria saranno esclusi dalla scuola. Allarme lanciato dall’Unicef nel suo rapporto annuale.

3.Non interessa questa terribile profezia. Nessuna grande mente, risulta, abbia raccolto l’Sos. Attualmente, un bambino nato in Sierra Leone ha 30 volte più probabilità di morire prima dei 5 anni rispetto a un bambino nato nel Regno Unito. Nell’Africa subsahariana le donne corrono un rischio di mortalità materna nel corso della loro vita pari a 1 su 36, mentre negli Stati ad alto reddito tale rischio è 1 su 3.300. Effetti collaterali della struggle for life. Gli umani “senza genitori” potranno supplire a tali perdite con una spesa minore a quella che occorre per eliminare questi stermini dei quali nessuno raccoglie la colpa.

Un universo di interrogativi nel tremolante cielo bigio delle coscienze, popolato di paradisi perduti e inferni guadagnati, il Dulcamara con l’elisir della bontà che precipita in un buco nero.

Quando il sapere dimentica il contatto con la vita – sostiene Francesco – diventa sterile; il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita. Perché la scienza, che dovrebbe aiutarci a vivere meglio, viene così spesso presa dal risvolto sciagurato? Questi dei putativi sono illuminati da Esculapio o da Mengele?

Più che un’opera sotto il crisma dell’umana compassione appare un dispiegarsi della violenza: definitiva, oltre la quale c’è l’infinito. Più feroce di quella delle bombe guidata dalla bramosia di potere, al di là del bene e del male, nella cecità etica di chi baratta ricchezza e gloria con il nostro immortale Faust. Violenza, come ha detto Sartre, che comunque travestita rimane sempre rifiuto dell’avvenire. La conquista  di un Graal che ha perduto tutta la santità.

Dialoghi Mediterranei, n.21, settembre 2016
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Nino Giaramidaro, giornalista prima a L’Ora poi al Giornale di Sicilia – nel quale, per oltre dieci anni, ha fatto il capocronista, ha scritto i corsivi e curato le terze pagine – è anche un attento fotografo documentarista. Ha pubblicato diversi libri fotografici ed è responsabile della Galleria visuale della Libreria del Mare di Palermo. Recentemente ha esposto una selezione delle sue fotografie degli anni sessanta in una mostra dal titolo “Alla rinfusa”.

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Una risposta a Uomini chimici nell’avvenire

  1. Rosanna bertuglia scrive:

    Anche questa volta la scrittura delicata di Nino Giaramidaro ti prende per mano accompagnandoti tra i sentieri morbidi e melanconici dell’anima e con la stessa curiosità di un bambino con l’occhio attaccato al foro complice di un caleidoscopio riesci a vedere forme e colori che altrimenti oseresti soltanto immaginare.

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