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Una storia comune, una vita non comune

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Enzo Leone

umane dimenticate istorie

di Valeria Presti

Questa è una storia, comune e, al tempo stesso, straordinaria di un medico castelvetranese che viveva e operava in provincia di Bergamo.

Enzo (Vincenzo) Leone nasce a Castelvetrano (prov. Trapani) il 23 Gennaio 1955, secondo di quattro fratelli. Il padre, medico, muore giovane nel 1964 e la madre, farmacista, cresce da sola i figli. Tempi difficili, duri, ma per “fortuna” la farmacia permette alla famiglia una vita più che decorosa. Enzo cresce, studia, ma non è proprio uno scolaro modello e, finito il Liceo Classico, si iscrive alla Facoltà di Medicina presso l’Università di Palermo. Ma, compagnia divertente e goliardica, macchine e gare di regolarità con una Fiat 126-motore Giannini, la musica (suona la batteria per alcuni anni), la fondazione di un’emittente privata insieme ad un gruppo di amici, qualche ragazza, non c’è tempo per lo studio, sebbene diventare medico sia il suo sogno nel cassetto per seguire le orme paterne, di quel padre strappato troppo presto alla vita.

Nel 1978, proprio nei corridoi della radio, comincia a frequentare e corteggiare Valeria Presti. Si conoscono sin dai tempi del Liceo, ma Enzo scopre ora che quella è la ragazza giusta per lui. Lei studia, non perde tempo, è impegnata politicamente nel PCI: è l’esatto opposto di lui! E forse per la strana regola degli opposti che si attraggono, Enzo e Valeria si fidanzano e, nello stesso periodo, lui decide di mettersi a studiare seriamente trasferendosi all’Ateneo di Siena.

Enzo conta sul sostegno di Valeria che lo lascia partire, sebbene questo sia un sacrificio, ma anche una prova, per entrambi. Valeria si laurea nel 1980, per Enzo mancano ancora tanti esami, perciò nel 1982 i due si sposano. Il matrimonio gli giova: Enzo è più sereno, non fa la spola tra Sicilia e Toscana, trova un piatto pronto e i vestiti puliti.

Valeria intanto prepara i concorsi, dà lezioni private e comincia a fare le prime supplenze, mentre la madre di Enzo continua a sostenerlo economicamente per terminare gli studi. Nel frattempo, il 21 marzo 1984, nasce Giacomo e la gioia di questo figlio, bellissimo come un angioletto biondo, diventa per Enzo un’ulteriore spinta a laurearsi. Il traguardo è raggiunto finalmente nel dicembre del 1985. Enzo ottiene una borsa di studio e lavora presso l’istituto di Semeiotica medica di Siena finché arrivano le prime “sostituzioni”.

Nel 1989, per Valeria, l’agognata immissione in ruolo e nello stesso anno, il 28 agosto, nonno Carlo, papà di Valeria, muore per un tumore che se lo porta via in pochi mesi, mentre sta per arrivare il secondogenito: nascerà il 3 gennaio 1990 e si chiamerà Carlo, come il nonno che non ha conosciuto ma al quale un po’ assomiglia.

È un anno decisivo: Valeria è assunta di ruolo a Bergamo, Enzo conquista la titolarità della Guardia medica e il “118” a Sondrio. Lei chiede il trasferimento a Siena nella speranza che anche Enzo possa rientrare in Toscana dove stanno bene, hanno piantato le loro nuove radici e sono nati i due bimbi. Ma il trasferimento di Enzo è un’utopia ed è con immenso dispiacere che la famiglia rifà armi e bagagli, vende la casa, si trasferisce in quel di Bergamo. I due ripartono da capo, ricomprano casa a Zanica grazie a un nuovo mutuo, fanno i conti con un ambiente non tanto accogliente. Tanti i sacrifici, le fatiche, le lotte. Sono i tempi dell’exploit della Lega di Bossi.

Adesso Enzo lavora tanto con la Guardia medica nel distretto di Dalmine, in carcere e alla Sezione Tossicodipendenti, in uno studio dentistico a Chiuduno, e meno male che nonna Lina, la madre di Valeria, trascorre spesso alcuni mesi a Bergamo ed è un aiuto prezioso per i due nipotini. 

Nel 1993 Valeria riceve una telefonata da un’anziana signora di Urgnano che la prega affinché Enzo non perda l’occasione di subentrare come medico di base a un altro che va in pensione. La signora era stata colpita dalla sua professionalità e competenza quando l’aveva visitata durante un turno in Guardia medica.

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Enzo Leone con i familiari

Da quel 1993 Enzo si dedica anima e corpo ai pazienti, li vuole conoscere personalmente e si reca nelle loro abitazioni, lotta contro l’iniziale ostilità dei colleghi fino a diventare massimalista abbandonando le altre occupazioni. Il suo ambulatorio è pieno, il telefono squilla perennemente, spesso pure di notte, perché i pazienti si fidano solo di lui. Così pure quando è in vacanza, in alto mare sulla sua amatissima barca Penny Lane (nome beatlesiano per lui da sempre beatlesiano, ma scelto da Valeria).

Con Penny Lane i due solcano per molte estati il mare, vivono tante avventure (e disavventure), compiono traversate più o meno lunghe ed impegnative (Egadi, Eolie, Pontine, Sardegna, Corsica, Malta) soli e talvolta in compagnia. Per Enzo la vita è una sfida. 

Tante volte è “caduto” e si è dovuto rialzare: un infarto nel 2005, un altro Stent nel 2012, un intervento al fegato nel 2018. Eppure adesso sta bene, è in forma, sempre attivo, impegnato pure in politica (per qualche anno è assessore all’Ambiente al Comune di Urgnano), milita nel sindacato Snami, è membro di alcune commissioni dell’Ordine dei Medici di Bergamo. Valeria, Giacomo e Carlo lo richiamano di frequente “all’ordine” per timore che si stanchi e si affatichi, ma non c’ è nulla da fare!

Però quando Giacomo o Carlo suonano, quando Carlo gioca a calcio, i genitori fanno i salti mortali per non perdere lo spettacolo. I figli hanno le passioni del padre: Giacomo suona alla grande la batteria ed ama le Citroen, Carlo gioca a calcio, tifa Milan, suona il basso ed è psicologo (ha iniziato ad esercitare la professione nell’ambulatorio del papà).

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Enzo Leone con la moglie

Enzo non è di tante parole con i figli e certamente non mancano le divergenze di idee, ma il loro legame è fortissimo, intenso, con qualche nota comica quando, ad esempio, Enzo vuol essere erudito da Carlo sull’uso di PC, tablet, ultimo modello di cellulare. Carlo spiega, ma il padre allievo non apprende.

Arriviamo al 2019. A novembre e dicembre Enzo osserva tra i pazienti delle polmoniti anomale e lo stesso succede a dei suoi colleghi, ma soltanto ai primi di febbraio 2020 si comincia a delineare il quadro della pandemia. Ats non fornisce ai medici mascherine, guanti, dispositivi di protezione, Enzo se li compra per poter lavorare “in sicurezza”. Ai primi di marzo i medici vengono sollecitati a seguire i pazienti telefonicamente, Enzo digrada le visite e riceve in ambulatorio solo su appuntamento.

Valeria lo prega di stare a casa come tanti altri medici: «Non esiste solo il Covid, la gente ha bisogno di essere curata». «Non preoccuparti, sto attento» è la risposta di Enzo.

Il 9 marzo Enzo comincia a mangiare e dormire in isolamento, ad usare esclusivamente un bagno, dicendo che è meglio così per tutelare nonna Lina che si trova in casa con lui e Valeria. Invece avverte qualcosa, ma non vuole allarmare moglie e figli. Soltanto il 13 marzo rimane a casa nel pomeriggio perché ha un po’ di febbre e si sente stanco, mentre la saturazione è abbastanza buona. Ma la domenica mattina, il 15 marzo, Valeria non lo vede affatto bene ed è lui stesso a dirle di contattare l’ospedale. Il 112 ed il 118 non rispondono. Fuori c’è un silenzio tombale, le case sembrano disabitate, neppure i cani abbaiano. Valeria chiama il chirurgo della Clinica Gavazzeni che ha operato sia lei che Enzo ed è ormai un caro amico, quindi accompagna lei stessa Enzo, seduto sul sedile posteriore dell’auto. Entrambi hanno la mascherina, Valeria anche i guanti ed ha aperto un po’ il finestrino. Alle 11.30 del 15 marzo 2020 Valeria saluta Enzo facendogli coraggio. Non lo rivedrà mai più.

Seguono giorni interminabili nel silenzio assoluto interrotto dalle sirene delle ambulanze, dalla voce e dalle notizie drammatiche della TV, in attesa di una telefonata rassicurante dall’ospedale. Si susseguono, tra Valeria ed Enzo, numerosi messaggi e telefonate, spesso lui è sfiduciato, il decorso della malattia è ambiguo, miglioramenti e peggioramenti si alternano. Finché il 20 marzo, nel pomeriggio, Enzo scrive a Valeria di avvisare tutti che sta meglio. E lei invia tanti messaggi, risponde a molte telefonate, si sente quasi sollevata, crede che fra qualche giorno tutto finirà. Il giorno dopo è il compleanno di Giacomo: gli auguri del papà non arrivano, ma tutti pensano che Enzo sia stanco, affaticato dal Cpap. Arriva la sera, tutto tace. Buon segno, oppure…?

Venti minuti dopo la mezzanotte, l’amico medico comunica a Valeria che hanno intubato Enzo. La notte è interminabile, un vero incubo. Pensieri, immagini, ricordi, implorazioni fanno compagnia a Valeria insieme a caffè e sigarette. Sua madre dorme, Giacomo e Carlo sono nelle loro case, non vuole allarmarli, domani andrà meglio. Enzo ce l’ha sempre fatta, pure stavolta ne uscirà.

Domenica 22 marzo, ore 11,25, squilla il telefono. È il medico amico: «Enzo ci ha lasciato. Sono stato con lui fino all’ultimo».

Incredula, distrutta, incapace di piangere, pietrificata, Valeria deve dirlo ai figli. Come, con quali parole, a chi per primo? Come reagiranno, ciascuno solo nella propria casa? Come lo dirà a nonna Lina, per Enzo non suocera ma madre? Valeria ce la fa, ma non ricorda come e cosa ha detto, che cosa ha fatto in quei momenti.

Subito la notizia vola, si diffonde sui social, rimbalza ovunque. I pazienti scrivono a Giacomo e Carlo, piangono, si disperano. Non è possibile, anche loro si sentono orfani, privati di un sostegno fondamentale. Invece è tutto vero, è successo in modo assurdo, surreale, senza visite in ospedale, senza un abbraccio, senza una parola di conforto, senza l’ultimo saluto, senza esequie. Niente.

Dolore e silenzio, isolamento e sofferenza. Questo è il Covid19, questa la tragedia che troppe famiglie, tra cui la nostra, hanno avuto in sorte. Un flagello di Dio e tanti errori umani, tante inadempienze, tanti ritardi e sottovalutazione hanno reso la pandemia ancora più aggressiva e perniciosa. Soprattutto in Lombardia, specialmente nella prima ondata. 

agenzia_fo_68719055Enzo Leone, il ragazzo che studiava poco, venuto al Nord per lavorare e realizzarsi, è stato il medico di famiglia che ha sempre anteposto la salute dei suoi assistiti ad ogni cosa. È diventato un medico missionario, perché la professione per lui era una vera missione: no, non è retorica ma una constatazione fondata sui fatti. Perciò sono moltissimi a ricordarlo con affetto e grande stima. Era un medico d’altri tempi, come non se ne trovano oggi.

Enzo diceva sempre che i fiori si portano ai morti e non amava donarli. Quindi, dopo la cremazione, Valeria, Giacomo e Carlo hanno voluto che le ceneri venissero affidate a loro. L’urna in cui Enzo riposa ricorda il tamburo di una batteria, lo strumento che Enzo suonava da ragazzo.

Il suo epitaffio recita: «Buon viaggio, marinaio… Saremo sempre il tuo porto. Torna quando vuoi».  

Dialoghi Mediterranei, n. 49, maggio 2021
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Valeria Presti, nata e cresciuta a Castelvetrano, docente in pensione di discipline umanistiche negli Istituti di scuola media superiore del Nord, vedova del medico di base Enzo Leone con cui è stata legata in matrimonio dal luglio del 1982.

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