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Una Chiesa in ricerca

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Il Pranzo di Natale 2016 nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, Roma

di Marcello Vigli 

Prosegue nella Chiesa italiana quel cambiamento promosso dal nuovo Presidente della Cei cardinale Gualtiero Bassetti, già individuato in questa sede nel mese di settembre, in particolare dall’inizio della crisi economica la Cei ha aumentato del 60% gli stanziamenti annuali alle opere sociali: dai 90 milioni di euro del 2009 ai 150 del 2017, ai quali si sommano i 40 milioni per le «esigenze di rilievo nazionale» e gli 85 per «la cooperazione nel Terzo Mondo». 

C’è in questa scelta un cambiamento radicale: meno soldi per le chiese, si investe sull’accoglienza, dalle mense ai dormitori. Lo confermano Giacomo Galeazzi e Andrea Tornielli: «I fondi della Cei vanno in prevalenza alle famiglie (53 progetti per 5 milioni di euro), ai senza dimora (3,2), ai disoccupati (2,2), agli immigrati (1,9), agli ex detenuti (700mila). Alle iniziative anticrisi sono destinati 7,5 milioni, 16,5 ai progetti di sostegno dei bisognosi segnalati dalle diocesi».

Non c’è solo una evidente radicale diversità nei confronti delle urgenze proposte in passato, ma si crea anche in tal modo, un divario, se non un vero conflitto, con gli enti locali italiani, e un contrasto con un’ampia parte della pubblica opinione. A dire il vero, nelle stesse parrocchie tale piena disponibilità incontra forti resistenze fra i fedeli e i vescovi si trovano a fare i conti con l’emergere di tali contrasti talvolta anche aspri.

Per superare queste resistenze interviene il card. Bassetti evidenziando le tante iniziative assistenziali, che nelle diverse diocesi vengono promosse, per ricordare che oggi in Italia, «quasi nulla è più come prima, e che il processo di integrazione richiede, innanzitutto, di fronteggiare, da un punto di vista pastorale e culturale, la diffusione di una ‘cultura della paura’ e il riemergere drammatico della xenofobia». Nella sua prolusione al primo Consiglio episcopale permanente da lui presieduto, ha infatti dichiarato: «Dobbiamo assumere la piena consapevolezza che stiamo vivendo in un mondo profondamente cambiato, in un’Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale», ispirandosi, con ciò alle parole pronunciate dal papa al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze: «Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca». Nella stessa occasione proclama: «lavoro, famiglia, giovani e migranti le priorità per il Paese», e invita i cattolici italiani a non dividersi in “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”, ma ad operare uniti per “rammendare” il tessuto sociale del Paese dove, se quasi nulla è più come prima, «a noi interessa che l’Italia diventi un Paese migliore. Bisogna perciò avere la forza, il coraggio e le idee per rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione».

Non è così ispirato il suo predecessore card. Bagnasco che, nel discorso di presentazione del programma per il nuovo anno pastorale per la sua diocesi di Genova,  afferma: «Il programma di quest’anno verte sulla realtà della Chiesa per conoscerla meglio, per amarla di più, per servirla con generosità, per partecipare umilmente alla sua missione nella storia». Ugualmente diversi sono gli specifici campi pastorali che propone, la “famiglia e la scuola”, per reagire alla «tentazione demoniaca di arrendersi»  alle forze impegnate a scardinare la società dai suoi fondamenti, a condannare il popolo alla confusione e ad emarginare una Chiesa, che, appare chiaro, continua a considerarsi assediata da forze ostili.

Queste le contraddizioni che condizionano ancora la gerarchia italiana, si ritrovano nelle iniziative di base presenti sia all’interno delle istituzioni, sia in quell’area critica, da sempre emarginata, impegnata nel rinnovamento avviato dal pontificato di papa Bergoglio. Divaricate sono in particolare le linee d’impegno delle associazioni laicali che ne fanno parte: Acli, Azione Cattolica italiana, Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio e la Federazione nazionale Società di San Vincenzo de’ Paoli hanno lanciato un «appello per uscire davvero e tutti dalla crisi», in cui definiscono la lotta alla povertà una “priorità per il Paese”; il movimento ecclesiale Rinascita cristiana è impegnata a insistere sulla urgenza dell’approvazione dello ius soli. Più attente al rinnovamento ecclesiale sono, invece, associazioni e gruppi, pur politicamente impegnati, che sperimentano e promuovono nuove forme per testimoniare il vangelo, come emerge dai temi delle loro iniziative del prossimo autunno: il convegno delle Comunità cristiane di base; la celebrazione dei cinquant’anni di vita dell’agenzia Adista; l’assemblea del movimento Chiesa di tutti chiesa dei poveri; e dal costante impegno del Movimento Noi siamo Chiesa.

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Il Rosario alle frontiere in Polonia, un momento della marcia contro l’islamizzazione

Le contraddizioni rivelate da queste dinamiche condizionano anche la Chiesa nel suo complesso e la stessa gerarchia che pure deve fare i conti con una decisa opposizione interna all’azione di papa Francesco ormai uscita allo scoperto, che non trascura alcun mezzo per ostacolare la sua opera. Un recente esempio è la tensione emersa con la Chiesa polacca, avanguardia del cattolicesimo tradizio- nalista. I suoi vescovi, riuniti nella 33esima Plenaria a Lublino, hanno elaborato un documento sulla cura pastorale per la famiglia, nel quale respingono la possibilità di accostarsi alla comunione per le coppie che vivono more uxorio e anche per i divorziati risposati civilmente, implicitamente contestando, in chiave di rigido tradizionalismo, le timide aperture dell’Amoris laetitia di Bergoglio.

Anche fra i fedeli sono numerose, specie attraverso internet, le manifestazioni di preoccupazione o di aperta avversione nei confronti degli “interventi” di papa Francesco colpevole a detta di molti di favorire uno scisma nella Chiesa. L’opposizione organizzata ha riesumato il caso Orlandi per rilanciare sospetti e denunce; un funzionario dimissionario ha riaperto la polemica sulla gestione delle finanze vaticane; si è imposta la proclamazione di Giovanni XXIII patrono dell’esercito, provocatoria espressione del permanere del temporalismo in ampi settori della Chiesa italiana. Dal campo opposto si continua a considerare insufficiente l’azione dei vescovi contro la pedofilia diffusa fra i preti, implicitamente sminuendo l’impegno di papa Francesco per debellarla.

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Lund, incontro del Papa con i protestanti

Papa Francesco non si lascia, però, distrarre dalla sua azione fatta di concreti atti di governo e di interventi dottrinali nelle più diverse occasioni. Decisa la dissociazione dalla tradizione nel rifiuto esplicito della pena di morte vigente fino al XIX secolo nello Stato pontificio: «Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perse- guita, la dignità personale. È in se stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore». Lo ha solennemente proclamato nel suo discorso per il venticinquennale del Catechismo della Chiesa Cattolica, nell’incontro promosso in Vaticano dal Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione. Nella stessa occasione ha riaffermato che il catechismo va inteso come strumento per ‘custodire’ e ‘proseguire l’azione della Chiesa nel suo compito di operare perché la verità, impressa nell’annuncio del Vangelo da parte di Gesù, possa raggiungere la sua pienezza fino alla fine dei secoli. Si ribadisce così che il Catechismo è l’espressione di un depositum fidei, di una traditio ecclesiae che cresce e matura nel tempo. «La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al ‘deposito della fede’ come qualcosa di statico», scrive il Papa. Cita poi il Concilio Vaticano II riaffermando: «Questa Tradizione progredisce, cresce, tende incessantemente alla verità finché non giungano a compimento le parole di Dio», essendo funzionale al compito di «custodire una verità ricevuta e non fatta dalla Chiesa, così da preservarla dall’eresia come da ogni contaminazione alteratrice; e, nel contempo, di “proseguire” ovvero di sviluppare le potenzialità ancora inespresse e inattuate della Verità e della Parola di Dio, in ascolto e risposta alle res novae e ai segni dei tempi».

Fra i segni nuovi papa Bergoglio riconosce l’imporsi del femminismo, come emerge da un suo intervento in un recente convegno di donne a Roma che prende formalmente atto che c’è stata sull’argomento una rivoluzione che ha prodotto una piena uguaglianza delle donne con gli uomini che va oltre le pari opportunità o il riconoscimento reciproco. Questa alleanza è chiamata «a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società»: donne e uomini portano la responsabilità del mondo in politica, nella cultura, nel lavoro e nell’economia. Si tratta di una proposta radicale che suona critica al femminismo della parità – «non si tratta di pari opportunità o di riconoscimento reciproco» – e che invita la Chiesa cattolica a riconoscere onestamente i suoi ritardi e le sue mancanze. Con questo intervento il papa indica l’alternativa in termini chiarissimi: «Un nuovo inizio dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza».

L’altro tema all’attenzione di papa Francesco continua ad essere il rapporto con i protestanti, evidente nella scelta di tornare il prossimo 31 ottobre a Lund, già visitata nel viaggio in Svezia nel febbraio scorso, per partecipare alla cerimonia congiunta luterano-cattolica che commemorerà il 500° anniversario della nascita del protestantesimo. Non ha trascurato di essere presente alla FAO con un suo intervento per richiamare all’impegno contro la fame, alla salvaguardia del clima e a un patto globale per i migranti. Degli stessi temi parlerà nell’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi convocata a Roma per il mese di ottobre 2019 e dedicata alla Pan-Amazzonia, investita dalla crisi climatica, per indicare nuovi cammini di presenza, di prossimità e vicinanza con la gente; oltre che per l’evangelizzazione propriamente detta.

3Questo modo nuovo di sedere sulla “cattedra di Pietro” suscita sempre più interesse fra i non cattolici e frequenti sono i commenti positivi di intellettuali “laici”, pur notoriamente atei e anticlericali, sul suo operato. Fra questi sono significativi quelli pubblicati sul Manifesto, che vanno ad aggiungersi agli articoli entusiasti da tempo scritti da Eugenio Scalfari per La Repubblica. Per di più questi interventi hanno avuto un seguito in un volume, recentemente pubblicato dalla stessa casa editrice del giornale, intitolato: Discorsi ai movimenti popolari. Papa Francesco. Terra casa lavoro, che raccoglie i discorsi pronunciati dal papa a Roma e in Sud America tra il 2014 e il 2016 davanti ad una platea dei movimenti sociali di tutto il mondo. Il loro contenuto offre una visione dei problemi più urgenti del momento che giustifica chi lo ha definito “rivoluzionario”. Bartolomeo Patriarca ecumenico di Costantinopoli, amico e ammiratore di papa Francesco, corregge: «Il mondo secolare ama parlare di “rivoluzioneˮ, ma noi preferiamo usare la parola “radicaleˮ, perché il suo significato etimologico rimanda al ritorno alle radici o all’essenza del Vangelo. Non c’è niente di più radicale di un Dio che crea il mondo per amore; non c’è niente di più radicale di un Dio che si è fatto carne; non c’è niente di più radicale di un Dio che si identifica con i più vulnerabili; non c’è niente di più radicale di un Dio che giudica l’essere umano dal suo dare acqua agli assetati e cibo agli affamati. Ogni cristiano, e quindi ogni ministro ordinato, è chiamato a ricordare e a mettere in atto queste verità radicali. Papa Francesco ce lo ricorda. In questo senso possiamo certamente definirlo radicale».    

Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017 

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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).

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