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Un dialogo sui Territori Spezzati

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Poggioreale, Rumori dimenticati (ph. Maria Mastella)

di Giancarlo Macchi Jánica

Nei giorni 24, 25 e 26 maggio del 2018 si è tenuto il convegno Territori Spezzati. Cause e conseguenze della decrescita demografica e dell’abbandono nelle aree interne in Italia dall’Unità ad oggi, organizzato dal Laboratorio di Geografia dell’Università di Siena e dal Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici. L’evento, svoltosi a Siena presso l’auditorium del Santa Chiara Lab e il Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università ha voluto creare un’occasione di discussione e di riflessione interdisciplinare sul tema delle aree interne fragili nell’ambito del territorio italiano. L’obiettivo principale era infatti quello di dar forma a uno spazio nel quale poter elaborare contenuti e strumenti di ricerca utili ad analizzare alcuni dei principali temi collegati al fenomeno dello spopolamento e degli abbandoni delle aree rurali e montane in una prospettiva geo-storica, aperta al contributo collettivo e alla partecipazione di altre discipline come la storia, l’urbanistica, l’economia o la sociologia.

Il convegno è stato dunque un incontro tra studiosi e ricercatori appartenenti alla geografia storica e a tutte quelle discipline che studiano il territorio in un’ottica storica, volta all’utilizzazione politico-sociale dei risultati della ricerca, con lo scopo specifico di comprendere cause e conseguenze della frequenza geografica e dell’intensità territoriale di questo processo. La decrescita e l’abbandono delle aree interne si presentano come un meccanismo che sembra suggerire un futuro difficile e compromesso per l’economia e le comunità dei luoghi interessati. L’idea del confronto è stata anche quella di analizzare in concreto possibili soluzioni mirate soprattutto a progetti concreti di “riterritorializzazione”, sulla base di nuove dinamiche che prevedano utilizzi alternativi delle risorse locali.

La presente sintesi  dà conto del quadro delle idee dominanti che hanno caratterizzato la discussione e parte del dibattito del convegno. Naturalmente è un riassunto generale, peraltro soggettivo, e dunque esprime opinioni e interpretazioni che non necessariamente coincidono con quelle esposte dai partecipanti.

Masseria abbandonata, ph. Daniela D'Andrea

Masseria abbandonata (ph. Daniela D’Andrea)

 L’abbandono

In estrema sintesi, il convegno ha avuto come filo conduttore quello di analizzare lo spopolamento e l’abbandono delle aree interne, facendo enfasi proprio sulle zone geografiche più svantaggiate, come quelle montane. Si tratta di un percorso della lunga durata che inizia con la crisi agraria degli anni ’80 dell’Ottocento e che si fa più grave, fin quasi a generalizzarsi, nell’ultimo dopoguerra, investendo anche quelle aree piano-collinari non interessate dalla crescita urbana e dalle attività extra-agricole. L’abbandono degli spazi agricoli e di altre aree produttive, con lo spopolamento degli insediamenti di riferimento, si presenta oggi come un fenomeno diffuso, che investe buona parte delle comunità delle aree interne del territorio italiano. Come suggerito da Piero Bevilacqua e più recentemente da Fabrizio Barca, diverrà sempre di più una priorità per la nostra società comprendere l’impatto che il declino cronico della popolazione in queste aree ha e ancor più avrà nel futuro del Paese.

Il convegno è stato dunque strutturato su quattro temi generali. In primo luogo, ovviamente, la Crisi demografica e deterritorializzazione: l’impatto dell’abbandono e dello spopolamento sugli equilibri delle aree interne. Ci si è mossi da una riflessione che, a partire dal problema, cercava di mettere in luce le criticità congiunturali generate dalla crisi demografica. La trattazione del grande tema della crisi demografica è stata affiancato dall’analisi concreta delle Realtà e prospettive di ‘riterritorializzazione’: neo-ruralità e rioccupazione dei paesaggi rurali. La discussione intorno a questo argomento ha cercato dunque di evidenziare tutte quelle esperienze in cui gli attori – quali comunità, politici o amministratori – determinassero processi positivi di rilancio delle realtà in crisi. Come verrà detto di seguito, si tratta di due temi che in qualche modo hanno prodotto all’interno della dialettica del convegno due polarità e due interpretazione di un unico processo. A questi due grandi argomenti, occorreva aggiungere quello della Sessione Rischio ambientale e perdita di territorio. Problemi e prospettive (Progetto PRIN) coordinata dal prof. Claudio Cerreti. Si è trattato di una sessione che ha cercato di analizzare la questione del rischio ambientale e antropico in una dimensione geostorica. Infine, il convegno ha visto una quarta sessione caratterizzata dal tema delle Ricostruzioni storiografiche e narrazioni sull’abbandono e lo spopolamento.

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Corte agricola veneta (ph. Maria Chiara Betta)

I temi del dibattito

Complessivamente il convegno ha ricevuto 61 proposte di relazione. Si tratta di una indicazione chiara della rilevanza che questa tematica ha in questo momento per la ricerca scientifica nel nostro Paese. Infatti, anche questo evento si può inserire in una serie di convegni che, sotto vari aspetti, hanno letto e affrontato il tema della marginalità nel nostro Paese.

Uno dei due punti che sono emersi con grande forza durante gli incontri è quello della grande differenziazione del problema a livello geografico. Area interna, abbandono o ruralità rappresentano contenuti molto distinti a seconda dell’area geografica nella quale si manifesti il fenomeno. Anche in ambito regionale, gli insediamenti coinvolti in processi di abbandono presentano caratteristiche assai differenti. Questa eterogeneità ha messo in luce le difficoltà nell’identificare sia i tratti caratteristici del fenomeno sia indicatori demografici utili a qualificare una zona come area interna fragile. Infatti, la nozione, così come presentata dal documento di Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), fa riferimento all’idea di disponibilità di servizi e distanza dai medesimi. Si tratta certamente, dal punto di vista statistico, di una soluzione valida che però non evidenzia un meccanismo capace di decodificare e descrivere in modo soddisfacente le caratteristiche generali di un territorio. In questo senso, molti interventi hanno sottolineato i limiti e l’insufficienza di indicatori e parametri della SNAI.

In generale, e volendo costruire un sunto generale di quanto emerso, possiamo dire che esiste sempre un territorio e una realtà più sfortunata della propria. In modo aneddotico, posso confermare di avere avuto la possibilità di confrontarmi con relatori che hanno evidenziato come la mia area di studio fosse meno “sfortunata” della loro e con altri che presentavano casi di studio che ho percepito ben più “fortunati” del mio. La marginalità si presenta all’interno del territorio italiano come un fenomeno che copre un vasto spettro di caratteristiche e gradi. Un’area marginale non è tanto definita da condizioni specifiche, ma anche e soprattutto dalle caratteristiche generali del contesto geografico in cui essa è inserita.

L’altro punto evidentemente rilevabile durante il dialogo del convegno è stata la differenza di opinioni sulle condizioni e le prospettive future del processo. In estrema sintesi, sono emerse due posizioni contrapposte. Da una parte gli studiosi che hanno espresso pessimismo sulla reversibilità dei processi di abbandono e hanno definito questi ultimi come condizioni degenerative. Altre prospettive invece vedono la possibilità di una ripresa concreta della vitalità delle comunità, basata soprattutto su tre fattori: storia ed elementi identitari, cultura e turismo.

Importante è stata dunque la pluralità di punti di osservazione ma anche la pluralità di interpretazioni dei mutamenti un corso. La caratteristica essenziale è la molteplicità di parole chiave che caratterizzano oggi il dibattito sulle aree interne. Le aree interne rappresentano un contenitore o un nome – forse – troppo ampio di concetti e idee molto diverse.

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Monopoli,  Palazzo Palmieri (ph. Maria Rosa Venere)

Come suggerito sopra, alcuni contributi hanno evidenziato la necessità di approfondire la dimensione storica di queste comunità. I processi di abbandono non sono recenti. Tutt’altro. Si presentano come un processo storico della lunga durata. Proprio per questo motivo appare essenziale confrontarsi con le fonti storiche, storico-demografiche e storico-cartografiche di questi territori. Ricostruire la storia di tali comunità significa innanzitutto recuperare elementi essenziali dell’identità dei luoghi.

Un altro elemento emerso è quello della storia del consumo del suolo. Lo spazio agrario ha subìto forti trasformazioni che, sotto diversi aspetti, richiedono una contestualizzazione storica. In più occasioni sono stati presentati dati che in alcune aree del territorio evidenziano la progressiva scomparsa dei pascoli e delle terre coltivate così come, simmetricamente, il progressivo incremento dei boschi. Si tratta sfortunatamente di boschi caratterizzati dalla progressiva scomparsa della biodiversità. Sono argomenti che hanno offerto l’occasione di illustrare diversi meccanismi che portano a un ambientalismo falsato e forzato.

Il settore primario resta sostanzialmente la vocazione identitaria di queste comunità. Il dibattito ha insistito dunque sulla necessità di decodificare la storia dei processi di trasformazione che le interessano. Più volte si è insistito sul fatto della compatibilità di queste economie fragili nell’era di una “contemporaneità avanzata” caratterizzata da una finanza mondiale che procede al ritmo di operazioni di borsa gestita tramite intelligenza artificiale. La trasformazione della società e dell’economia ne risente direttamente. Un caso emblematico è quello delle comunità alpine che erano storicamente sussistite grazie alle attività di contrabbando. La fine di attività informali come questa determinano la fine stessa delle fonti primarie e perfino identitarie della comunità.

Il convegno ha offerto degli spunti molto interessanti collegati alla metodologia delle ricerche sulle aree interne. Se, da una parte, molti contributi hanno posto l’accento sull’utilità dell’utilizzo delle unità amministrative comunali per la definizione di indicatori e misurazioni, nel corso del dialogo è emersa la necessità di elaborare molte delle analisi quantitative con sezioni subcomunali. Vi sono infatti realtà dove una parte del territorio del comune è in crisi mentre altre parti no. Andare oltre il limite amministrativo comunale diventa un problema metodologico serio, anche perché non sempre vi sono informazioni a livello di sezioni di censimento.

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Ex cartiera Briosco (ph. Angelo Novara)

Altri contributi sono stati indirizzati ad affrontare tematiche collegate ai quadri giuridici e istituzionali; la Convenzione Europea del Paesaggio e la Convenzione di Faro sono stati quelli più citati. In particolare è stato analizzata da più interventi la necessità di affrontare il problema partendo dall’idea di “luogo”, inteso come lo spazio all’interno del quale si manifesta un processo sociale complesso. Analizzare dunque la crisi del luogo richiede la decodifica e distinzione delle cause e dei sintomi della stessa. In molti casi il luogo cessa di esistere perché completamente abbandonato; ma si conserva intatta la sua memoria, i suoi valori e la sua identità. Al contrario, vi sono luoghi rioccupati, ma dei quali si è persa l’identità. Dunque si insiste sul problema della differenza tra comunità e insediamento.

Due posizioni contrastanti sono emerse anche in relazione al turismo. Molti contributi hanno rappresentato il turismo come una possibilità concreta di rafforzamento e miglioramento delle condizioni delle aree rurali interne. Altre posizioni hanno enfatizzato come in realtà il turismo costituisca un elemento insufficiente per la ripresa delle comunità rurali svantaggiate. Più interventi hanno evidenziato la trasformazione del tessuto dei servizi. Vi sono aree e paesi della penisola dove è più semplice sedersi al tavolo di un ristorante che fare la spesa. Nelle aree interne caratterizzate dalla presenza di attrazioni turistiche è sempre più facile dare vita ad attività commerciali direttamente collegate al turismo e sempre meno alla popolazione residente. Si tratta di esercizi caratterizzati dalla stagionalità; perciò non funzionali al rafforzamento dell’economia locale.

Un altro punto degno di nota della discussione è stato quello relativo alla reale ripresa demografica. Alcuni studi presentati durante il convegno hanno messo in luce come vi siano aree colpite da calamità naturali, come l’Abruzzo, dove vi è una apparente ripresa della popolazione: si tratta di processi demografici direttamente connessi con le attività di ricostruzione degli insediamenti e delle infrastrutture. Ma la domanda da porsi è su ciò che succederà dopo la ricostruzione. Parallelamente, altri interventi hanno messo in luce il ruolo sempre più crescente dell’immigrazione dall’estero nei processi di ripresa demografica. Le ricerche hanno documentato però come tale ripresa sia falsa, dato che non si tratta di una immigrazione stabile. Riguarda infatti prevalentemente gruppi che perseguono opportunità lavorative. Siamo di fronte a processi demografici fortemente condizionati dal mercato del lavoro. Il punto è dunque quale sia la tenuta demografica di questi centri.

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Ex manicomio di Mombello, Limbrate (ph. Marco Rota)

 Il concorso fotografico

Parallelamente al convegno si è svolto un concorso fotografico. Abbiamo visto complessivamente la partecipazione di 105 candidati i cui lavori hanno costruito una affascinante e suggestiva collezione di fotografie. Il concorso intendeva mettere in luce anche il tema della marginalità in senso più ampio, dando spazio anche alla geografia dell’abbandono. I giurati del concorso sono stati Luca Deravignone, Arturo Gallia e Luca Bertinotti, tutti e tre fotografi impegnati a vario titolo su tali argomenti. Le immagini dei candidati al concorso sono state proiettate per lunghi intervalli all’apertura, durante i dibattiti e a chiusura dei lavori e gli spettatori hanno potuto ammirare generosità, creatività e capacità di narrare attraverso la fotografia il fenomeno dell’abbandono e della marginalità. È possibile accedere all’intera collezione dei lavori nella galleria al seguente indirizzo: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1818292095130217.1073741830.1509577986001631&type=1&l=2bd5f1d6bd

La giuria ha scelto tre fotografie sulla base di elementi tecnici e artistici, ma soprattutto per la capacità dello scatto di narrare il processo di abbandono, contestualizzandolo da un punto di vista geografico, ovvero evocando storia, sentimenti, emozioni e sensazioni del «luogo». Il risultato del concorso è stato il seguente:

Primo posto. Maria Mastella, «Rumori dimenticati»

Secondo posto. Daniela D’Andrea, «Masseria abbandonata»

Terzo posto. Maria Chiara Betta, «Corte agricola veneta»

Dialoghi Mediterranei, n.33, settembre 2018
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Giancarlo Macchi Janica, ricercatore e docente aggregato di Geografia presso l’Università di Siena, è autore di diversi studi. Cartografo e senior GIS analist, si occupa di demografia e di storia della geografia della popolazione. Si interessa anche di intelligenza artificiale e di archeologia medioevale.

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