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Un bilancio pasquale

 copertinadi Marcello Vigli

Una Pasqua ricca di incognite quella vissuta dalla sede apostolica e dalla Chiesa italiana in questo 2018. Il bilancio di cinque anni di pontificato non è certo incoraggiante. Delle difficoltà nei rapporti con il “mondo” si è fatto cenno nel numero precedente di Dialoghi, a quelle interne lo stesso papa Francesco fa riferimento sia nel suo intervento al termine della tradizionale Via pacis (ex crucis!) di questa Pasqua al Palatino di Roma, sia nel discorso per gli auguri prima della benedizione pasquale.  Nel primo, davanti al Colosseo, ha espresso speranza perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continui, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia il suo amore illimitato per l’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di certezza e di verità.

Anche i fatti parlano chiaro a partire dallo stallo nel processo di riforma della Curia da lui avviato subito dopo la sua elezione con l’insediamento della commissione incaricata di formularne un progetto, ispirato al recupero della sua funzione a servizio della Chiesa universale e alla eliminazione della condizione di autoreferenzialità. Il papa, che ha rilanciato la linea delle riforme, sta verificando che è facile proporre il capovolgimento della piramide della Curia romana per ridurla al ruolo di “servizio”, tutt’altro discorso è riuscire a realizzarlo.  Lo scrive Marco Marzano, nel suo libro Chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata (Laterza, 2018): su nessuno dei grandi temi Francesco ha avviato riforme significative, né seminato indizi che facciano pensare ad un loro varo più o meno prossimo. Si tratta delle gradi “riforme” che ci si attende dalla Chiesa: 1) la riforma della Curia romana; 2) il mutamento delle norme etiche sulla vita sessuale e affettiva; 3) l’abolizione del celibato obbligatorio del clero; 4) il cambiamento della condizione delle donne nella Chiesa.

Ancora, al termine della stessa Via Crucis, ha denunciato l’avidità e codardia di tanti dottori della legge e ipocriti, invocando l’aiuto di Dio contro l’arroganza dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare. Il riferimento è alle difficoltà nei rapporti con le burocrazie interne alla Curia per lunga abitudine prudentissime, abituate a scorgere un pericolo in ogni novità. Non cessano, ad esempio, neppure gli intralci frapposti dai conservatori al buon andamento del processo che dovrebbe avviare a soluzione il difficile “dossier” cinese. Resta viva l’opposizione alle sue scelte che ammettono alla comunione eucaristica sia i divorziati risposati, sia i protestanti, confermata nella Declaratio approvata in un convegno, tenuto a Roma il 7 aprile, per riaffermare i punti chiave della dottrina della Chiesa messi in forse proprio dalle innovazioni introdotte da queste scelte, riprendendo le questioni denunciate nei “dubia”, di cui si è detto, sollevati a suo tempo da alcuni cardinali.

1Ci sono intralci anche su questioni ben più modeste come il rifiuto della potente associazione americana Papal Foundation, che ha negato a Francesco una donazione di 25 milioni di dollari per sostenere l’IDI, l’ospedale italiano, travolto da una pessima gestione. Non è stato facile neppure l’esecuzione del mandato di cattura, per possesso di ingente materiale pedopornografico, a carico di monsignor. Carlo Alberto Capella, ex funzionario della Nunziatura di Washington, su proposta del Promotore di Giustizia, il Giudice Istruttore del Tribunale del Vaticano. Il provvedimento è stato, però, eseguito e l’imputato è detenuto in una cella della caserma della Gendarmeria Vaticana. Da ultimo, per qualche giorno ha avuto notevole eco nella stampa lo scandalo provocato dal responsabile della comunicazione papale, Dario Vigano, con il tentativo, per di più fallito, di nascondere il rifiuto del papa emerito Benedetto XVI alla proposta di commentare un testo contenente scritti su papa Bergoglio.

Altri problemi si pongono nell’ambito dell’amministrazione della giustizia in particolare nel tentativo, avviato da papa Francesco, di contrastare il riciclaggio dei capitali e di debellare la piaga della pedofilia, mentre restano vivi gli ostacoli frapposti agli interventi, pur significativi, di riforma del sistema finanziario della Santa Sede. Incentrato sullo Ior, ma parcellizzato in altri centri di potere, non ha ancora raggiunto la condizione di sistema totalmente sotto controllo. L’Istituto per le opere religiose, pur investito in modo consistente dalla riforma finanziaria, che ne ha modificato, in modo significativo, procedure, controlli e funzioni in nome della trasparenza, fatica ad adeguarsi ad un sistema che lo obbliga ad appoggiarsi su altri istituti per operare, per questo ha bisogno di accordi bilaterali con altre banche sparse per il mondo e di intese in campo fiscale, ma anche diplomatico, con governi e Stati dotati di sistemi  impostati sulla scarsa trasparenza per la presenza di governi deboli, di gruppi terroristici criminali o … di scarsi controlli. Tutti gli altri enti, pur in gran parte ridotti e riordinati nell’Apsa non sono ancora pienamente sotto un controllo centralizzato.

Tali difficoltà, però, non distraggono papa Francesco dall’attenzione ai drammi che si stanno vivendo nel mondo, come rivela il riferimento alla crisi siriana e al conflitto nello Yemen con cui ha introdotto l’urbi et orbi della Pasqua alla loggia della basilica di San Pietro. O ai più modesti problemi dei funzionari laici negli uffici vaticani costretti a contestare la loro condizione di perenne precarietà ai quali ha garantito: «Non voglio lavoro in nero in Vaticano». Resta uguale la sua riprovazione per il capitalismo sfrenato degli ultimi decenni che «ha ulteriormente dilatato il fossato che separa i più ricchi dai più poveri, generando nuove precarietà e schiavitù», come si legge nella prefazione al libro Potere e denaro, a cura di Michele Zanzucchi, che raccoglie gli scritti del papa sull’economia.

Non minori sono le difficoltà che la gerarchia incontra in Italia dove le recenti elezioni hanno provocato un radicale mutamento nei rapporti di forza fra i partiti e, nell’immediato, notevoli complicazioni nella formazione del governo. Il presidente della Cei ha mostrato piena consapevolezza della situazione, dichiarando: «Per ripartire dobbiamo ritrovare una visione ampia, grande, condivisa; un progetto-Paese che, dalla risposta al bisogno immediato, consenta di elevarsi al piano di una cultura solidale. Su questo fronte come Chiesa ci siamo. Ci riconosciamo nella tradizione democratica del nostro Paese e sentiamo la responsabilità di contribuire a mantenerlo unito».

2L’assenza di una formazione politica ispirata ai valori cristiani –  tale non può essere considerato il partito di Salvini che ostenta la corona del rosario nel comizio sulla piazza del Duomo a Milano – aumenta il valore delle dichiarazioni dei vescovi, concordi nelle tesi sostenute da monsignor Galantino segretario della Cei, che ha affermato: «Non so se è voto di protesta o di esigenza di nuovo, sta di fatto che le persone hanno votato così. È importante che chi governi, quale che sia la formazione, è importante che abbiano un occhio ma anche il cuore e la testa rivolti ai bisogni che hanno dato loro consenso».

Certo è, invece, che non spetta ai vescovi riorganizzare i laici perché ritrovino visibilità politica e presenza in Parlamento, e che grande è la necessità di investire maggiore impegno nella loro formazione. Non rinunciano, però, ad intervenire sui problemi della scuola, come emerge dal dossier “Alternanza scuola-lavoro. La comunità cristiana a servizio della scuola”, pubblicato sul sito dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei e dagli accordi o protocolli d’intesa stipulati con gli uffici scolastici ai diversi livelli per offrire occasioni di impiego all’interno di tale alternanza. Si tratta di facoltà teologiche, istituti di scienze religiose, biblioteche, musei diocesani; enti del patrimonio artistico; giornali diocesani e mezzi di comunicazione vari (radio, tv, siti web), cinema-teatri. Ma anche istituzioni educative e del tempo libero quali asili nido, scuole paritarie dell’infanzia, primarie, medie e superiori; oratori e centri giovanili. Infine ambiti di volontariato e servizio alla persona come cura degli anziani, opere di carità a disagiati ed emarginati, servizi alla famiglia e ai giovani, servizi ai migranti, turismo, attività sportive.

Questo presenzialismo, che mal si accorda con la valutazione negativa, diffusa fra gli studenti e non solo, in merito a questa novità introdotta dalla riforma della scuola del governo Renzi, è in contrasto con la diminuzione del numero dei cattolici in Italia: i credenti militanti sono il 10 per cento, chi non fa vita religiosa collettiva è il 15-20 per cento, in tutto uno scarso 30 per cento. L’alta partecipazione ai matrimoni religiosi o alle prime comunioni non significa molto. Gli uni e le altre sono sostanzialmente riti di passaggio, celebrati per tradizione etnico-culturale, mentre i matrimoni in municipio in Italia sono in percentuale in costante crescita. Questa accelerata secolarizzazione della società italiana, però, si tradurrà in affermazione della laicità al suo interno solo se la scuola, gli intellettuali e le forze politiche s’impegneranno a promuoverne i valori.

A questo impegno sembra sottrarsi, invece, il Presidente francese Emmanuel Macron, chiamato da Libération “Fra’ Emmanuel” che, in un suo discorso davanti all’episcopato cattolico francese, ha lanciato l’appello a “riparare” il legame “deteriorato” tra la Chiesa e lo Stato, riaccendendo il dibattito sul ruolo del culto religioso nella società francese innestato sulle radici cristiane dell’Europa, sulle quali chiarisce: «Non sono queste le radici che ci interessano, perché potrebbero anche essere morte. Ciò che conta è la linfa. E sono convinto che la linfa cattolica debba ancora e sempre contribuire alla vita della nostra nazione».

In verità Macron si riferisce al ruolo che i cattolici svolgono e devono svolgere al servizio della dignità dell’uomo con buona pace della “laicité”.

Dialoghi Mediterranei, n.31, maggio 2018

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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).

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