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Twin beds with bathtub please!

 Rito Ofuro. Primi anni del '900

Rito Ofuro. Primi anni del ’900

di Alessandro Curatolo

Dagli anni 70 del ‘900 il Giappone comincia a vedere nel turismo una grande risorsa economica. Subito dopo le Olimpiadi di Tokyo del 1964, il rafforzamento dello yen e lo scioglimento delle restrizioni in materia di viaggi d’oltremare, l’esperienza di viaggio diventa per un giapponese medio la norma. Milioni di nipponici ogni anno decidono di recarsi in Europa per le vacanze. Le mete più gettonate sono l’Italia, la Francia, la Germania, ma anche il Belgio, l’Inghilterra, la Spagna e in aumento anche i Paesi Scandinavi o dell’Est europeo. Il fascino del vecchio continente li spinge a percorrere migliaia di chilometri per collezionare gli scatti più originali ed esotici.

Il viaggio è meticolosamente programmato e scandito giorno per giorno, ora per ora, dalle compagnie che preparano dei package price in cui è erogato un pacchetto completo comprensivo degli spostamenti, delle guide locali, dei pernottamenti, dell’ingresso ai musei e i ristoranti. L’itinerario è scrupolosamente progettato ad hoc da tour operator specializzati nel settore, dal momento in cui il turista giapponese arriva nel luogo di vacanza fino al momento del ritorno. Nulla è lasciato al caso.

Una delle peculiarità che i tour operator devono tener conto nell’elaborazione di questi pacchetti vacanze è che il turista proveniente dal Giappone richiede di soggiornare in camere con due letti singoli (twin beds) e vasca da bagno. Anche gli honeymooners, e dunque anche qualsiasi altra categoria di turista proveniente dal Giappone, dalla famiglia alla comitiva di studenti, dalla coppia in vacanza al gruppo di business men, esigono una camera con due letti che abbiano la stessa misura e che siano separati tra loro. Questa singolare prerogativa deriva dal fatto che i cittadini giapponesi non sognano su morbidi cuscini e materassi con doghe di legno, bensì sui classici futon: letteralmente “materassi arrotolati” poggiati sui tatami, ovvero la stuoia di paglia di riso rivestita di giunco. Lo si prepara alla sera, prima di andare a dormire e, al mattino, dopo averlo lasciato aerare e averlo battuto col futon tataki (attrezzo giapponese in bamboo simile al battipanni), si arrotola e si ripone negli armadi, per poter riconvertire la stanza ad altri usi.

FOTO1-1Questa esigenza del turista giapponese, e in genere asiatico (i cinesi preferiscono la stessa tipologia di letto: il twin rispetto al king, queen o double), ha fatto sì che molti degli alberghi europei si adeguassero a questo bisogno, progettando camere esclusivamente twin o twinable, ovvero con materassi con cerniera e quindi separabili. La vasca è onnipresente e osannata, un must per le camere da letto d’albergo prenotate per i giapponesi. Oggi, come in passato, la cultura nipponica prevede il rito dell’ofuro: solitamente prima di cena e dopo essersi lavati in doccia, ci s’immerge nella vasca da bagno con acqua molto calda per rilassarsi e purificarsi dalla giornata trascorsa.  Originariamente si utilizzavano delle tinozze di cipresso chiamate hinoki, oggi sostituite da vasche in acrilico. L’acqua della vasca è riutilizzata da tutti i membri della famiglia in una gerarchizzazione sociale ben stabilita: gli ospiti sono invitati a prendere l’ofuro per primi. Dopo di loro la vasca è riservata al maschio più anziano, poi agli altri uomini della famiglia, e infine alle donne.  Molto comuni in Giappone anche i sento: i bagni termali, luoghi prettamente sociali dove il rito dell’acqua purificatrice era inteso come momento di aggregazione e condivisione. Solitamente si dividono in due parti per la differenziazione di sesso.  Negli ultimi anni questa pratica di recarsi al sento è stata via via sostituita dal rito dell’ofuro in casa propria.

Essenziale, per un buon turista giapponese, come accennavamo sopra, è la propensione a collezionare scatti fotografici di ogni tipo: monumenti, oggetti, archi trionfali, ponti, pietanze, siti naturalistici o archeologici che rievochino la cultura europea; una storia urbanistica e architettonica quella europea, che è riconducibile ad una storia romana tanto lontana dai contesti urbanistici nipponici e per questo tanto amata in quanto esotica. Una storia europea idealizzata, stereotipata e commercializzata che è propinata dalle agenzie turistiche in Giappone con brochures e immagini romantiche di una tradizione unica, lontanissima dalla tecnologia asiatica.

foto2Il castello è nell’immaginario collettivo nipponico l’emblema della cultura europea: immagine idealizzata del nobile medioevale che viveva alla corte di Versailles o in qualche palazzo o tenuta nelle campagne inglesi. Il castello di Windsor in Inghilterra o la residenza della regina in Scozia diventano per loro luoghi privilegiati. Anche la cultura giapponese è stata infatti invasa dalla potenza mediatica delle immagini, da stereotipi ideologici che plasmano l’idea di un europeo, ricco, alla moda ed emancipato. L’interesse ai castelli o ai manieri si spiega per il fatto che solo pochissimi giapponesi risiedono in antiche residenze, in quanto la maggior parte delle costruzioni residenziali è di tipo moderno.

Quest’ossessione nel fotografare minuziosamente ogni parte del viaggio è probabilmente da ricondurre a diversi fattori. Prima di tutto va precisato che il turista giapponese in giro per l’Europa spesso soggiorna una sola notte in ogni capitale. Il tour solitamente prevede un solo giorno per ogni destinazione: Londra, Parigi, Bruges, Roma, Venezia, Firenze. Lo scopo di collezionare le foto è proprio quello di custodire, catturare e rivivere l’esperienza di viaggio comodamente a casa, dopo il ritorno in patria. Foto da esibire come prova del “viaggio straordinario”, souvenir che diventano “doni” da mostrare ad amici e parenti. Se la meta è Firenze, la foto al ristorante con la bistecca alla fiorentina diventa qualcosa di imprescindibile per il giapponese.  Molti pacchetti prevedono la permanenza in albergo con la classica bistecca toscana per cena, che può  paradossalmente non essere consumata, dal momento che il piatto tipico tradizionale è richiesto solo ed esclusivamente per lo scatto fotografico e i ristoratori, ormai scaltriti, preparano delle mini bistecche per l’occasione per evitare inutili sprechi.

Altro elemento essenziale nella lista di “cose da fare in viaggio per l’Europa per un bravo giapponese” è l’acquisto di un prodotto firmato di alta moda: la borsa griffata è l’emblema della teenager giapponese in gita a Londra, rappresenta il raggiungimento di uno status symbol, l’immedesimarsi in un’immagine plastica costruita ad hoc dai mass media. Preventivamente il rito prevede il selfie in vetrina con l’oggetto bramato, spesso e volentieri davanti ai magazzini Harrods, nel caso londinese. Il tanto ambito oggetto viene dunque acquistato e ostentato alle amiche in rientro in patria. Dopo il selfie con la borsa griffata è ora di prendere il bus da Londra a Parigi o in qualche altra cittadina del sud della Francia, dove le foto con la Tour Eiffel o altri monumenti classicheggianti riempiono le memorie delle macchine fotografiche.

foto 3È pur vero che il Giappone sta vivendo una “modernizzazione” o per meglio dire, gli effetti della globalizzazione: l’uso di internet e la nascita di siti specializzati in viaggi o di forum inerenti alle esperienze all’estero, hanno fatto sì che il giovane giapponese riesca meglio ad  accettare le abitudini europee durante il soggiorno in Europa. Se prima il twin bed era una richiesta inderogabile, adesso molte coppie dai venti ai trent’anni accettano di alloggiare in stanze d’albergo con letto doppio. Il fatto è dovuto forse alla europeizzazione o occidentalizzazione che gli asiatici, anche se in minor misura, stanno comunque vivendo. Molto noti i casi in cui i teenager asiatici si sottopongono a decine di interventi di chirurgia estetica per modificare i loro tratti somatici, affinché assomiglino quanto più possibile all’ideale di “europeo con occhi grandi”.

Il viaggio in Europa di un giapponese, al di là di esigenze assolutamente comprensibili dovuti ad una diversa cultura del corpo, del cibo, del contatto tra uomo e donna, dell’igiene personale, appare agli occhi di un antropologo italiano, come una distorsione dell’immagine culturale europea (ri)creata da brochure turistiche al fine di commercializzare prodotti spesso anche molto costosi o souvenir in generale. Sarebbe interessante ovviamente indagare più approfonditamente con interviste in loco, su come queste immagini stereotipate siano create a scopi turistici e promozionali e su come agiscano le aziende turistiche a tal scopo. Sarebbe anche interessante riuscire a conoscere il loro punto di vista, capire la reale visione che loro hanno di noi, le immagini della loro auto-rappresentazione, in un gioco di specchi e riflessi che potrebbero rinviarsi all’infinito da una cultura a un’altra o da un modello sociale a un altro. Non consiste proprio in questo, in fondo, lo studio antropologico? È guardarsi allo specchio, è osservare l’altro, forse per riuscire meglio a capire noi stessi. Conoscere per riconoscerci.

Dialoghi Mediterranei, n.14, luglio 2015
Riferimenti bibliografici
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A. Simonicca, Antropologia del turismo, Strategie di ricerca e contesti etnografici, Carocci, Roma, 1997.

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Alessandro Curatolo, giovane laureato in Beni Demoetnoantropologici e in Antropologia culturale ed Etnologia presso l’Università degli Studi di Palermo con una tesi sull’origine rituale del matrimonio indiano e iraniano. Nel 2010 ha collaborato con Vittorio Sgarbi e la sua Fondazione alla realizzazione del Museo della Mafia “Leonardo Sciascia” a Salemi. Nel 2012 ha curato i cataloghi di Demetz e Notari per la mostra organizzata nell’ambito del “Festival dei Due Mondi di Spoleto”. Trasferitosi a Londra nel 2013, attualmente collabora con i Musei di Greenwich.

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