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Ripartire dalla povertà per recuperare umanità

copertina

Campo profughi in Libia

di Piero Di Giorgi

Il mondo in cui siamo stati gettati, abbiamo gradualmente imparato a conoscerlo man mano che crescevamo e perdevamo l’innocenza della prima infanzia. L’abbiamo scoperto nelle sue contraddizioni, nella sua doppiezza, nella dialettica degli opposti (bene e male, odio e amore, bontà e cattiveria, dolore e gioia, eros e thanatos, ecc.) ed è stato come la sensazione provata da Adamo ed Eva, quando si scoprirono nudi, scacciati dal paradiso terrestre.

Attraverso, lo studio, la conoscenza della storia, abbiamo ripercorso, da una parte, spaventosi drammi e orrori inconcepibili, come le guerre, violenze di ogni genere e fino alla riduzione in schiavitù delle persone; e altresì abbiamo provato lo stupore di fronte alla creazione di opere straordinarie, alla nascita di civiltà e culture elevate, come quella assiro-babilonese, quella cinese, quella egiziana, quella maja e tante altre. Culture che hanno inventato la matematica, il calcolo infinitesimale, che hanno indagato sull’astronomia e sulla cosmologia. Soprattutto la cultura greca, che ha segnato l’inizio della civiltà occidentale e della filosofia, in particolare, che, alla sua origine, inglobava tutto il sapere, dalle scienze della natura alle scienze umane. Come è noto, si devono ai presocratici Talete, Anassimandro, Anassimene, Leucippo e soprattutto all’allievo di quest’ultimo, Democrito, le prime congetture ragionate sull’origine e la composizione dell’universo e sulla natura dell’uomo. Essi fondarono, nel VI secolo a.C., la prima scuola filosofica a Mileto. Alcune delle idee odierne sulla struttura dello spazio e sulla natura delle cose si riferiscono a concetti da loro introdotti.

Straordinaria e d’indubbia attualità appare l’intuizione di Democrito che, già 25 secoli fa, anticipando le scoperte della fisica quantistica, era pervenuto alla concezione granulare dell’Universo, formato da innumerevoli atomi che si muovono nello spazio e dal cui combinarsi si produce l’infinita varietà di tutte le forme che osserviamo, compresi noi stessi, che  siamo il risultato di questa danza infinita di atomi, il prodotto di una selezione causale e accidentale, avvenuta in un lunghissimo arco di tempo. Successivamente, Aristarco da Samo ebbe la straordinaria intuizione del movimento rotatorio della terra intorno al sole, poi ripreso da Ipazia, verso il 400 dopo Cristo, straordinaria scienziata e filosofa, che aveva messo in discussione la teoria tolemaica e per questo fu vittima dell’intolleranza di fanatici cristiani che la lapidarono.

Quel periodo del quinto-quarto secolo a. C. è stato anche generativo di un mondo socio-politico comunitario e partecipativo e tendente all’umanizzazione progressiva della società. Ma la società, il mondo umano non ha avuto mai un percorso lineare, continuo e progressivo bensì un andamento a fasi alterne, magari un passo indietro e due avanti, se è vero e possibile constatare una freccia del tempo che, dalla vita animale ha portato a una progressiva umanizzazione, dalla vita nomade a quella stanziale, dalla formazione dei villaggi alle città, alle nazioni e a organismi internazionali.

Oggi, a proposito di corsi e ricorsi, di fasi regressive e progressive, risulta del tutto evidente come la vita quotidiana ci mette di fronte a fenomeni orrendi che credevamo che non potessero più verificarsi. E invece, a conferma che in ciascuno di noi convivono pulsioni erotiche e pulsioni aggressive, Eros e Thanatos, come le ha catalogate Sigmund Freud, ovvero che l’uomo ancora oggi è sapiens e demens, dopo le tante conquiste fatte dai lavoratori con le loro lotte, non solo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è ripreso su larga scala, ma è riapparsa anche la schiavitù. Uomini in carne e ossa vengono venduti come schiavi. E ciò ci deve fare riflettere sul livello di disumanità in cui ci ha catapultato la globalizzazione neoliberista, l’assoluto dominio dell’economia sulla politica, gestito da una superclasse di finanzieri e speculatori, che vuole ridurre l’umanità intera in catene. Sì, proprio così, perché la schiavitù, che non esisteva ai tempi in cui le comunità umane vivevano di caccia e di pesca e di raccolta dei frutti della natura, cominciò a svilupparsi proprio quando si sviluppò un sistema di stratificazioni sociali, dopo la nascita e l’accaparramento della proprietà privata, la quale è anche la causa prima delle guerre. La schiavitù si manifestò anche in Europa durante il medioevo, tramite le guerre ottomane, che catturarono un gran numero di schiavi cristiani. In seguito, intorno al 1600, commercianti soprattutto di Paesi europei si arricchirono attraverso la tratta di schiavi africani, che venivano venduti in America. Ma si può dire che il sistema fondato sulla proprietà privata, oltre agli schiavi ufficiali, aveva ridotto, alla fine del Settecento, i tre quarti della popolazione mondiale in una qualche forma di schiavitù, nota come servitù della gleba. Oggi le due categorie, schiavi venduti all’asta e nuovi servi della gleba, come i raccoglitori di pomodori nelle campagne siciliane, calabresi, pugliesi e tutti gli sfruttati del mondo, compreso il lavoro minorile, sono riemerse dall’inconscio collettivo dove erano state rimosse.

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Popolazioni Herero nei campi di concentramento tedesco in Namibia (1905)i

Razzismo e xenofobia dilagano nel mondo intero e tornano in auge, soprattutto in Europa, simboli tristemente noti come la svastica, si nega l’olocausto e i nefasti e spaventosi lager nazisti. In questa onda anomala di disumanità che sta attraversando l’orizzonte degli eventi, non potevano mancare la tratta e la tortura. Donne, uomini e bambini senza futuro, privati di ogni diritto umano fondamentale, attraversano gironi infernali per inseguire la speranza di una vita degna di essere vissuta. E ci sono altri esseri umani che, inseguendo la logica capitalistica del “first money”, si accaniscono sui primi come se fossero merce da commerciare. No, pardon, che dico? La merce si deve trattare bene altrimenti si deteriora. Invece, questa specie di umani che trafficano le vite rubate dei migranti, scatenano e liberano su di loro tutte le loro frustrazioni, la loro perfidia, la loro violenza, la loro crudeltà.  I referti dei medici italiani a bordo delle navi delle Ong, che fanno i salvataggi in mare sono la testimonianza più forte e la prova della tortura sistematica dei migranti che fuggono dall’Africa in Libia. Profughi in catene, ustionati e denutriti, aggrediti con acido, picchiati con martelli e tubi di gomma, ferri roventi, scariche elettriche, acido sulla pelle sono la quotidianità. Torture, stupri, pestaggi ed elettroshock. Pressoché la totalità delle donne africane, anche se sposate o madri, sono stuprate. Ahimè, ironia della sorte, o della disumanità di chi pronuncia certe parole, c’è chi ha parlato della fine della “pacchia” per i migranti.

I governi europei, a cominciare da quello italiano prima guidato da Paolo Gentiloni e oggi da Giuseppe Conte, due governi e una linea di continuità, non si sono mai posti troppe domande su cosa accada a uomini, donne e bambini rimasti bloccati al di là del mare. I certificati, conformi al protocollo di Istanbul per l’accertamento delle torture, sono stati poi consegnati agli interessati perché possano così documentare la loro domanda di protezione umanitaria. E, se richiesti allo sbarco, sono stati depositati agli Uffici di sanità marittima del ministero della Salute. Il governo italiano è quindi informato.

Il nostro caro Mediterraneo si è trasformato in un cimitero liquido, dove sono seppellite più di 50.000 persone. Davanti al sonno della ragione verso cui si sta avviando ancora una volta l’Europa e il mondo intero, mi stupisco che non si sia attivato nessun tribunale dell’AIA, come si è attivato in altre situazioni di violazione di diritti umani, di stragi e genocidi, come nel caso dei migranti. È possibile che il sonno della ragione abbia pervaso anche tutte le istituzioni nazionali e internazionali, deputate alla salvaguardia dell’umanità?

Eppure, sono convinto che in un futuro non lontano, gli orrori che si stanno perpetrando oggi saranno condannati e ricordati come quelli dei nazisti e dei tanti eccidi, da quello dei Balcani a quelli del Ruanda tra Hutu e Tutsi, a quelli del Cile di Pinochet o dei desaparecidos argentini. Descrivere gli orrori del mondo in cui viviamo non può essere condensato nello spazio di un articolo. Cosa ne sarà di quei bambini scheletriti che ci vengono presentati dalla televisione, che vivono nell’indigenza totale, a cui manca sia il nutrimento del corpo che della mente?  E che ne sarà dei miliardi di persone che son privati del lavoro e diritti fondamentali come l’istruzione, l’educazione, il diritto a un tetto, alla salute? La risposta a questa domanda l’aveva data già Francklin Roosevelt allorché aveva detto che «gli uomini bisognosi non sono uomini liberi. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature».

Che dire, per esempio, delle pratiche religiose dei tre monoteismi, ridotte a rituali esteriori, disancorate e svuotate dei significati e contenuti: del messaggio evangelico per la maggior parte dei cristiani; ebrei e musulmani che si combattono tra loro, gli ebrei che privano di diritti umani fondamentali i loro conterranei palestinesi; musulmani che, in nome di Dio, compiono stragi e seminano terrore sia nelle città occidentali che tra i musulmani. E che dire dell’insipienza umana che ha ridotto la terra in cui vive in sofferenza grave a causa di un modello di produzione e di consumi senza fine, che invia segnali inquietanti di un mondo capovolto anche a livello meteorologico oltre che a livello sociale, economico e politico. È ora che la ragione esca dal sonno e cominci anche a sognare, perché se il sonno della ragione produce mostri, una ragione senza sogni produce altrettante mostruosità.

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Genocidio nel Mediterraneo

Se è vero che l’uomo è sapiens e demens è anche vero che il nostro comportamento non è iscritto nel nostro DNA. Gli studi di genetica e di antropologia hanno mostrato che non è così. La nostra personalità e la nostra identità solo in minima parte dipendono dall’eredità biologica e in gran parte dipendono dall’ambiente in cui siamo casualmente nati, dalla famiglia, dalla scuola che abbiamo frequentato, dalla cultura del Paese dove siamo cresciuti, dagli incontri e dalle relazioni che abbiamo avuto, dai libri che abbiamo letto e dalle molteplici esperienze che abbiamo scelto di fare. Freud ha affermato che le linee guida della nostra vita, le mappe emotive e cognitive per orientarci nel mondo si formano nei primi sei anni di vita, le neuroscienze, oggi, dimezzano questo tempo. Ciò ci deve fare riflettere sull’importanza cruciale e sulle responsabilità delle persone che si occupano dei bambini nei loro primi anni. Da loro dipendono la conquista della fiducia o sfiducia, dell’autonomia o della dipendenza, dell’identità forte o debole da parte delle future generazioni. Quando gli educatori capiranno che il futuro dei popoli è nelle loro mani e comprenderanno il significato dei diritti dei cittadini, in primo luogo quello di cittadinanza, quando realizzeranno che la scuola ha fallito nei suoi compiti fondamentali di educare al pensiero critico e divergente, forse potremo sperare in un futuro di cittadini più liberi ed uguali.

Bisogna ricostruire la morale pubblica e l‘etica privata partendo dalla povertà e dalla sobrietà. Come scriveva Marx, «Più il mondo delle cose aumenta in valore, più il mondo degli uomini si svalorizza». E bisogna riflettere profondamente e interiorizzare consapevolmente il comandamento «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te», che non è solamente un comandamento religioso ma anche laico, fatto proprio dalla rivoluzione francese. Forse, tutti dovremmo infine meditare sulla massima di Terenzio, homo sum, humani nihil a me alienum puto (Sono uomo, niente di umano ritengo a me estraneo). Seneca, riprendendo la massima di Terenzio, riteneva che essa dovesse guidare ciascuno di noi che intende comportarsi secondo le leggi dell’umanità.

Dialoghi Mediterranei, n. 38, luglio 2019
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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014); Siamo tutti politici (2018).

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