Stampa Articolo

“Nel verde incanto”: un film dentro i roccoli e le bressane del Friuli

383371799_614392287547123_61976225879197156_nCIP

di Roberta Tucci 

L’uccellatore ha da farsi egli medesimo uccello

e carpire agli alati ogni atteggiamento.

Amedeo Giacomini, 2001 

Il 7 ottobre 2023, a Montenars (UD), è stato presentato, in prima visione, il film di Michele Trentini Nel verde incanto (2023), prodotto dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, in occasione della quarta edizione del festival “Sguardi sui territori. Antropologia visuale ed ecomusei” che si è tenuto a Udine, Gemona del Friuli, Buja, Montenars, dal 5 all’8 ottobre 2023 (Ecomuseo delle Acque 2023). Il film si colloca al culmine di un’intensa, ininterrotta, attività di ricerca condotta dall’Ecomuseo, dal 2006 a oggi, incentrata sui roccoli di Montenars: strutture vegetali che segnano in modo significativo il paesaggio del piccolo Comune montano adagiato ai piedi delle Prealpi Giulie (Ecomuseo delle Acque 2008).

I roccoli sono impianti utilizzati un tempo per la cattura degli uccelli, a pianta circolare od ovale, perimetrati da un doppio filare arboreo, generalmente di carpini, piantumati con siepi e altri alberi al loro interno, ciascuno dotato di un casello e attrezzato con reti, richiami vivi e molto altro: in passato erano gestiti da roccolatori e uccellatori esperti, sulla base di un sistema particolarmente complesso, acquisito per tradizione orale e sperimentato per tutto il corso delle loro esistenze, quasi una distinta forma di vita (Giacomini 2001).

Il coordinatore dell’Ecomuseo delle Acque, Maurizio Tondolo, ha già richiamato in questa rivista la ricerca condotta sui roccoli, osservando che 

 «nel Comune di Montenars a metà del secolo scorso ce n’erano una cinquantina su selle e crinali lungo una delle rotte migratorie più battute. Solo alcuni sono sopravvissuti sino ai nostri giorni, ben conservati, pregevoli per le dimensioni e il fascino delle forme. Con il progetto “Un futuro per i roccoli di Montenars”, e poi con i molti successivi interventi, l’Ecomuseo ha proposto una riconversione delle uccellande per un uso scientifico, didattico, artistico, sostenendo i proprietari nella manutenzione, puntando ad evidenziare il modo con cui la comunità locale percepisce e attribuisce valore al proprio territorio, partendo dal recupero della sua storia» (Tondolo 2022). 

Le attività portate avanti da allora a oggi dall’Ecomuseo delle Acque, nella consueta modalità partecipativa con cui da sempre esso opera in coerenza con la propria missione, sono state molteplici: dalla raccolta di testimonianze di vita di roccolatori, all’individuazione delle famiglie un tempo attive nelle pratiche di cattura, alla ricerca storico-etnografica condotta in archivi pubblici e privati allo scopo di comprendere il contesto socio-economico del territorio nel secolo scorso (Petrella 2014), al lessico specialistico utilizzato dai roccolatori, espresso in lingua friulana e ricco di toponimi e micro-toponimi locali. È stato avviato un censimento degli impianti ancora integri, o comunque localizzabili nelle aree che un tempo erano agricole o prative, con campi aperti, mentre oggi sono colonizzate dal bosco o comunque modificate in seguito ai vari interventi urbanistici e viari messi in atto nel tempo. Sono stati individuati quattro impianti, il Roccolo del Postino, il Roccolo di Pre Checo, il Roccolo di Manganel e il Roccolo di Spisso, già mantenuti con passione e competenza dalle famiglie dei proprietari, per i quali l’Ecomuseo ha promosso una continua azione di sostegno, di valorizzazione, di riconversione e di ri-uso pubblico. 

«È stato recuperato un sentiero ad anello che collega i quattro roccoli superstiti; nei roccoli vengono ancora oggi condotte le scuole per approfondire materie e argomenti legati al paesaggio; sono stati promossi eventi culturali che utilizzano lo spazio scenico di cui i roccoli dispongono, come reading, letture sceniche, concerti; nei roccoli sono stati organizzati corsi di potatura e manutenzione arborea e “cantieri del paesaggio” aperti al pubblico per la costruzione e il ripristino dei muri in pietra a secco» (Tondolo 2022).
 1.“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti racconta


“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti racconta

Alcune di tali attività avvengono secondo una puntuale periodicità: così le escursioni naturalistiche (“Andar per roccoli”); così i numerosi concerti che si susseguono nella stagione estiva (“Note nei roccoli”), per i quali le aree circolari dei roccoli, circondate da colonne arboree, si prestano particolarmente a disegnare una scena in cui lo spazio resta aperto e consente ai suoni di propagarsi liberi nell’aria.

A coronamento di questa lunga e intensa attività condotta a Montenars, l’Ecomuseo ha ampliato lo sguardo all’intero territorio friulano, realizzando, nel 2018, per conto dell’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale, un censimento, con relativa catalogazione, delle uccellande diffuse nelle province di Udine e Pordenone, tanto i roccoli montani, quanto le bressane di pianura: impianti analoghi, di grande estensione e di perimetro rettangolare. Ne è derivata una Guida alle architetture del verde (Englaro, Tondolo 2019) che rappresenta un unicum nel panorama delle guide pubblicate da enti locali, dedicate al paesaggio e alla natura: a dimostrazione di come una piena consapevolezza del patrimonio diffuso in un determinato territorio sia possibile quando vi siano progetti e realizzazioni strutturali, e non episodici, di messa in evidenza e di messa in valore. L’attività di ricognizione sul campo, condotta sempre in modo ravvicinato, ha inoltre permesso di ampliare e approfondire la conoscenza diretta di numerosi testimoni detentori di saperi e di pratiche connesse all’uccellagione e alla gestione di roccoli e bressane (ex uccellatori, roccolatori, chioccolatori, esperti locali), i quali hanno raccontato, illustrato e documentato una pratica, che nel secolo scorso ha segnato in profondità la società friulana e di cui oggi restano le evidenze vegetali, materiali ed effimere al tempo stesso.

 1.“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti racconta


“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti racconta

Gli interventi riguardanti le uccellande portati avanti dall’Ecomuseo, qui solo succintamente richiamati, hanno dato luogo a un processo ininterrotto di ri-appaesamento degli spazi rurali attraverso un nuovo conferimento di senso a strutture la cui funzione primaria è venuta meno, ma a cui oggi la popolazione attribuisce valore identitario, estetico, di memoria storica e di eredità famigliare e locale. In tal modo il mondo “antico” dei roccolatori e degli uccellatori, tanto distante dalla società odierna da sembrare difficile poterlo comprendere nella sua intima motivazione, se non, forse, attraverso le pagine illuminanti di Amedeo Giacomini (2001), è diventato un elemento della microstoria locale e dunque di un patrimonio culturale collettivo.

Ora questo processo ecomuseale di ricerca e di intervento, coordinato e fortemente voluto da Maurizio Tondolo, ha raggiunto anche un momento di sintesi cinematografica attraverso il bel film di Michele Trentini Nel verde incanto: uno strumento comunicativo in cui le immagini e i suoni restituiscono, con la loro immediatezza e potenza, il sentimento e il movimento che si è venuto a creare intorno a queste strutture vegetali, da parte sia di chi è ancora molto vicino a quel mondo “antico” a cui ho fatto cenno, sia di chi partecipa al processo di valorizzazione e di ri-funzionalizzazione degli impianti con una forte motivazione e una altrettanto forte affezione. Il film restituisce, in questo senso, la pluralità delle voci che hanno costruito – e stanno continuando a costruire – un discorso intorno alle uccellande: un discorso che è alla base dell’azione collettiva di cura di quel territorio da parte della sua popolazione.

3. “Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti pota

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Zanitti pota

Trentini ha realizzato un lungometraggio di 58 minuti, mettendo in atto la sua consolidata modalità e capacità di traduzione e di restituzione di azioni e di espressioni di contesti culturali particolari, vivi sui territori. Si tratta di un metodo di restituzione da lui già sperimentato con il precedente film Latte nostro (Trentini 2019), anch’esso prodotto dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese insieme all’Ecomuseo della Val di Peio (TN) nel 2019, concernente le “latterie turnarie” di Gemona e di Peio e i relativi progetti ecomuseali (successivamente ampliati al Veneto e alla Slovenia). Ambedue i film testimoniano e confermano quanto sosteneva Diego Carpitella a proposito del valore insostituibile del cinema al fine di restituire le realtà di interesse etnografico, proprio perché, «il mezzo cinematografico può dare quelle informazioni che non potrà mai dare né la descrizione letteraria né il rilevamento fotografico» (Carpitella 1977). A partire da questa prospettiva l’Ecomuseo delle Acque ha avviato una produzione di documenti audiovisivi, in cui il patrimonio e il territorio di suo riferimento sono indagati e restituiti secondo il metodo sviluppato dall’antropologia visuale, ritenendo che tale impostazione sia la più adatta a cogliere il senso profondo del rapporto che intercorre fra gli esseri umani e l’ambiente in cui essi vivono e con cui interagiscono. Proprio al fine di richiamare tali questioni e di discuterne insieme ai vari soggetti che operano sui territori, come ecomusei e musei etnografici, l’Ecomuseo delle Acque ha dato vita, nel 2017, al festival “Sguardi sui territori: antropologia visuale ed ecomusei”, che si tiene ogni due anni nel Gemonese (Tucci 2019). 

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile racconta

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile racconta

Il film Nel verde incanto è stato girato interamente nei roccoli di Montenars (UD) e nelle bressane di Basiliano (UD), fra il 2021 e il 2023: è dunque completamente immerso in quegli spazi e già questa appare come una scelta di rilievo del regista. È suddiviso in quattro parti, intervallate da intermezzi musicali; ciascuna parte è dedicata a uno o più protagonisti del mondo dei roccoli e delle bressane della provincia di Udine. Le immagini sono precedute da alcuni cartelli introduttivi, in cui vengono fornite le informazioni di base circa le strutture e il funzionamento dei due tipi di uccellande: temi approfondibili attraverso le fonti ecomuseali (Petrella 2014: 51-79; Tondolo 2019).

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile racconta

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile racconta

Il film è impiantato su una modalità già sperimentata da Trentini in altre sue produzioni, in cui si alternano parti performative, dove i protagonisti sono seguiti nei loro fare tecnici, e parti informative, dove gli stessi raccontano e contestualizzano il loro operare e i loro riferimenti. In realtà anche queste parti “informative” nel film assumono valenza performativa, per via del modo in cui il regista ha gestito i dialoghi con le persone e ha successivamente operato il montaggio dei materiali girati.

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile pota

“Nel Verde incanto”: Bressana di Zamò, C. Nobile pota

Trentini riesce a stabilire con i suoi interlocutori un livello di comunicazione empatica che genera densità e rilassatezza: le sue inquadrature, spesso a mezzo busto, spesso con le persone sedute, restituiscono i volti, gli sguardi e la gestualità delle braccia e delle mani, attentamente focalizzati dalla telecamera. Ciò che questi protagonisti locali dicono consente di comprendere la loro visione: si tratta di persone integrate in un ambiente naturale modellato dall’uomo e che esse stesse contribuiscono a rimodellare di continuo basandosi, consapevolmente o inconsapevolmente, su un’eredità culturale di lunga durata incorporata in modo stabile. Mostrano di avere una visione completa, complessiva, del modello culturale ereditario, rappresentato dalle uccellande: infatti, quando parlano di come essi stessi gestiscono i propri impianti non possono prescindere dal collegare ogni atto, ogni scelta, alle specie degli uccelli che “prima” venivano catturati, alle abitudini e ai gusti dei volatili, ai modi per attrarli, alle stagioni, agli orari, alle circostanze metereologiche, anche se ormai la funzione della cattura è cessata da lungo tempo.

Comprendere a pieno il mondo legato alle pratiche dell’uccellagione non appare facile alla sensibilità odierna; eppure dai protagonisti che ci parlano nel film traspare come essi – e ancor di più i loro predecessori ­– vivano, o abbiano vissuto, in una relazione simbiotica con il mondo animale e vegetale, talmente stretta da dare luogo a una forma di assimilazione. E proprio tale forma di assimilazione è quella che Amedeo Giacomini ha messo in luce («l’uccellatore ha da farsi egli medesimo uccello […]») nel suo trattatello Andar per uccelli, dove si leggono pagine memorabili su quel mondo e sulla sua radicale distanza rispetto alla coeva società urbana e industriale: una distanza che significativamente include la condanna della caccia con il fucile da parte degli uccellatori, i quali «odiano a sangue gli sparatori assassini» (Ivi: 65).

 7. “Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

I protagonisti di questo film ci fanno capire le loro motivazioni, mettendo insieme il forte retaggio del passato, come pure le responsabilità del presente che questi impianti impongono loro di affrontare. Ovviamente, la qualità di queste parti informative-performative in Nel verde incanto si deve anche alla preliminare individuazione dei protagonisti, resa possibile dall’attività di ricerca condotta dall’Ecomuseo di cui ho succintamente riferito. Il film in effetti testimonia il valore insostituibile che assume un documento audiovisivo quando è il derivato di una ricerca etnografica sul campo, condotta dall’interno, in forme partecipative e riflessive e in tempi lunghi, in contesti umani caratterizzati da forti specificità. Una tale impostazione si riflette anche nella struttura del film: le quattro parti, in cui, come ho già detto, il materiale è suddiviso, riflettono i luoghi e le persone che più hanno contribuito al processo di conoscenza delle uccellande in Friuli, ricoprendo un ruolo di mediatori consapevoli fra le loro realtà e l’Ecomuseo. 

7. “Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

La prima parte del film, della durata di 16 minuti, è girata nel Roccolo di Spisso (Rocul di Spisso), a Montenars, il 9 agosto 2021; protagonista Renzo Zanitti. Questo roccolo prende il nome dal suo creatore, Luigi Zanitti, chiamato Spisso per via della sua barba a “pizzo”. È un impianto maestoso, particolarmente esteso: situato sul versante meridionale del monte Cuarnan, si adagia lungo un declivio in forte pendenza, delimitato dal bosco. Ha una «struttura articolata e di notevole impatto, costituita da tre tondi posti a livelli diversi e un lungo corridoio, la cosiddetta passata, che collega il cerchio intermedio a quello inferiore» (Englaro, Tondolo 2019: 78).

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, C. Prosdocimo chioccola

Luigi Zanitti lo ha impiantato nel 1952, spianando il terreno e realizzando l’anello che ora corrisponde a quello centrale; successivamente sono stati realizzati l’anello inferiore e la passata di collegamento fra i due anelli, infine il tondo più elevato e un’ulteriore passata che risaliva il versante. Nel complesso la costruzione dell’impianto ha impegnato Luigi, con tutta la sua famiglia, per vent’anni: un lavoro titanico che è potuto avvenire grazie alla sua appartenenza a una genealogia di grandi roccolatori, di cui egli è stato erede e continuatore attivo. Come spesso ripete Maurizio Tondolo, i roccolatori di Montenars sono stati costruttori del loro paesaggio, proprio nel senso che lo hanno materialmente modellato.

Il figlio di Luigi, Renzo Zanitti, ha raccolto l’eredità familiare con una grande competenza, una forte passione e una solida consapevolezza, dedicandosi totalmente alla manutenzione del Roccolo di Spisso, secondo le modalità acquisite e incorporate per tradizione orale dal padre e aggiungendo le soluzioni che via via gli sono sembrate più adatte, mantenendo in questo processo un totale rispetto per la manualità e l’artigianalità. Nel film lo si vede impegnato nella potatura delle parti più alte dei carpini, con l’ausilio di una scala da giardiniere di legno a tre gambe e delle cesoie dai manici di varie lunghezze, da lui stesso realizzate, per poter raggiungere i rami a tutte le altezze. Lavora con lentezza e accuratezza, installando e disinstallando di continuo la scala in un terreno in forte pendenza, con grande sicurezza e dimestichezza.

10. “Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, L. Ermacora e A. Mansutti raccontano

 “Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, L. Ermacora e A. Mansutti raccontano

Seduto al tavolo con cui il suo roccolo oggi è anche attrezzato, Renzo parla con voce piana e intensa: non dice alcuna parola che non abbia senso nel suo discorso. Nel suo sguardo c’è un’intensità che restituisce il sentimento che lo lega a quel luogo. Racconta del roccolo a tutto campo: parla dell’attività che egli stesso vi pratica e che prevede un lavoro continuo di manutenzione; di quella che si praticava in passato; della funzione e della complessità della tecnica che era alla base dell’utilizzo dell’impianto. Racconta del padre Luigi, di come egli avesse concepito di realizzare un’opera così estesa e articolata con la sola forza del lavoro manuale, in un rapporto onesto con la terra e paziente con il tempo, in quel bisogno di continuità che per quegli uomini rappresentava la condizione di vita: oltre che per l’uso funzionale, un roccolo ben fatto e ben tenuto era motivo di soddisfazione e di orgoglio personale, oggetto di apprezzamento da parte degli altri. 

«Mio papà e tutta la famiglia hanno lavorato venti anni per spianare questo roccolo. Mio papà è partito da metà roccolo qua scavando via tutta la montagna, ha lavorato per vent’anni. Ci sono voluti vent’anni per completare tutto il lavoro. Perciò è stata tanta fatica». 

Del padre racconta anche come egli gestisse con cura e con ingegno un roccolo tanto esteso, progettando l’organizzazione del lavoro in modo funzionale, ad esempio per ciò che riguarda le scale, necessarie non solo per la potatura ma anche per recuperare gli uccelli che restavano impigliati nei tratti alti delle reti: 

«C’era la scala che era sempre pronta perché gli uccelli alti bisognava tirarli giù con la scala. Se si catturava un uccello alto, prendi la scala, veloce, tac, giù con la scala: è tutto un lavoro. Dovevano essere veloci ecco. Mio papà aveva fatto sette scale, perché una nella passata sotto, una nel roccolo sotto, una qua, una nel roccolo dietro: cioè non doveva andare a prendere la scala del roccolo dietro per portala qua. Ogni posto aveva la sua scala, aveva la sua attrezzatura. E così tutto era organizzato bene». 
“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, S. Valla e D. Scurati suonano

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Manganel, S. Valla e D. Scurati suonano

Questa testimonianza di Renzo Zanitti ha un particolare valore, perché è stata l’ultima: Renzo infatti è prematuramente scomparso nel marzo del 2023, poco dopo queste riprese, lasciando un vuoto incolmabile non solo per i suoi cari, ma anche per il territorio di Montenars e per lo stesso Ecomuseo, che lo ha sempre considerato un referente insostituibile e un amico prezioso. 

La seconda parte del film, della durata di 13 minuti, è girata nella Bressana di Zamò (Bressane di Passaràt), a Basiliano, il 22 luglio 2022; protagonista Claudio Nobile. La Bressana di Zamò prende il nome da Silvano Zamò, uccellatore e commerciante di uccelli, la cui moglie acquistò l’impianto nel 1973. Ma la sua realizzazione risale al 1964 e si deve all’allora proprietario Ludovico Mattiussi, che si avvalse della consulenza di uccellatori locali esperti: l’impianto è immenso (2700 m2) e particolarmente elaborato, composto da una bressana, tre lunghe passate e due boschetti interni. In passato «l’uccellanda forniva gli uccelli catturati al ristorante “Da Tite” gestito dalla famiglia Mattiussi soprannominata Passaràt» (Englaro, Tondolo 2019: 214).

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Pes suona

“Nel Verde incanto”: Roccolo di Spisso, R. Pes suona

Attualmente la bressana è curata dal suo proprietario, esperto potatore, Claudio Nobile, che la gestisce con dedizione e competenza, essendo stato egli stesso, in passato, coinvolto nell’attività della uccellagione. Nel film Nobile, seduto a un tavolo collocato all’interno dell’impianto, all’ombra degli alberi, ripercorre dettagliatamente tutto il processo che parte dalle migrazioni degli uccelli, all’allestimento dell’uccellanda – per il quale occorre avere, fra l’altro un’approfondita competenza botanica e ornitologica derivate dall’esperienza diretta – sino alla cattura degli uccelli; prosegue descrivendo le successive fasi della vendita degli uccelli, della loro preparazione per un uso alimentare e del modo locale di cucinarli. A proposito del consumo degli uccelli catturati, Claudio Nobile ci tiene a sottolineare che «una volta, al tempo di guerra e anche prima, così si basava l’alimentazione di proteina per la povera gente, perché il cervo, il capriolo erano riservati ai nobili».

Analogamente a Renzo Zanitti, anche Nobile parla con voce piana e nel suo discorso non c’è una parola di troppo: si tratta forse di una modalità comunicativa derivata proprio dall’appartenenza al contesto culturale degli uccellatori esperti, che Giacomini (2001) descrive come persone di poche parole o addirittura di prolungatissimi silenzi. Nel film si vede come Nobile lavori alla potatura e il risultato che via via ottiene nel dare forma alla bressana: una forma curata sin nei minimi particolari, derivata da una funzionalità che, nonostante non sia più attiva, pure continua a confermare il modello di riferimento, segno di una persistenza estetica che diventa anche un marcatore paesaggistico. La sua bressana è davvero bella e monumentale: una cattedrale verde che si eleva sui prati, anch’essi ben curati. L’insieme produce un contesto paesaggistico di grande qualità.

13.Roccolo di Spisso, Montenars (UD), foto di Eugenio Novajra

Roccolo di Spisso, Montenars (UD), ph. Eugenio Novajra

Nobile effettua la potatura con un tagliasiepi, un attrezzo necessario in una struttura di quelle dimensioni. Con l’attrezzo dà forma e ordine alle colonne arboree perimetrali (le spalliere) costituite dai carpini e dalle loro chiome: sotto la sua azione i tronchi, o meglio il fogliame che li avvolge, diventano di sezione quadrata e formano delle entrate a leggero arco, che circondano tutto intorno la bressana, richiamando l’immagine di un tempio. All’interno, sui cespugli e sui rami più bassi effettua una meticolosa potatura a mano, con le cesoie. Ogni scelta è ragionata e determinata da una competenza botanica indirizzata ad attrarre gli uccelli. «I cespugli li faccio a mano, taglio il rametto più grosso, lascio la fogliolina che copra un po’ la ferita del taglio. Bisogna farlo a mano perché altrimenti verrebbe un brutto lavoro». 

Roccolo di Pre Checo, Montenars (UD), foto di Eugenio Novajra

Roccolo di Pre Checo, Montenars (UD), ph. Eugenio Novajra

La terza parte del film, della durata di 16 minuti, è girata nel Roccolo di Manganel (Rocul dal Manganel), a Montenars, il 1° giugno 2023; protagonista Camillo Prosdocimo. Questo roccolo, che si eleva su un piccolo rilievo del versante meridionale del monte Cuarnan, prende il nome dal maresciallo dei carabinieri Giovanni Manganelli, che lo impiantò intorno al 1920 e lo utilizzò fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1963. L’impianto restò attivo sino agli inizi degli anni Novanta. È costituito da due corpi in lieve pendenza, un tondo e una passata in parte danneggiata dalla strada forestale (Englaro, Tondolo 2019: 82-83).

Nel Roccolo di Manganel il chioccolatore Camillo Prosdocimo esegue una sorprendente performance della sua arte di imitare il verso, il canto degli uccelli. Nell’attività dell’uccellagione che veniva praticata in passato mediante il roccolo, il chioccolatore aveva il compito di imitare i suoni dei canti degli uccelli, fungendo da richiamo per i volatili che vi passavano sopra; la sua imitazione, frutto di un’attenta osservazione uditiva e di un’autoformazione che era quasi una vocazione, si aggiungeva ai richiami vivi a cui provvedeva l’uccellatore, dati dagli uccelli in gabbia che venivano collocati nei vari punti dell’impianto durante l’attività. Il chioccolatore non è un semplice imitatore dei versi degli uccelli, ma è una persona che cerca di raggiungere un’assimilazione, una sovrapposizione sonora fra uomo e uccello. Occorreva tempo, pazienza e orecchio, come spiega Camillo Prosdocimo, nel suo linguaggio chiaro e scandito. Anche perché ogni uccello ha il suo canto, come sottolineava l’etnomusicologo ligure Edward Neill, all’inizio degli anni Settanta, avviando una specifica ricerca sul canto degli uccelli: 

«Dal punto di vista acustico, i suoni emessi dagli uccelli non sono gli stessi per tutte le specie; ciò che è già individuabile da un buon orecchio che riesce a distinguere un fringuello da un cardellino o un usignolo da una capinera» (Neill 1975: 13). 
15.Roccolo del Postino, Montenars (UD), foto di Graziano Soravito

Roccolo del Postino, Montenars (UD), ph. Graziano Soravito

Prosdocimo, con tutti i suoi vari fischi e richiami, prevalentemente metallici, esposti sul tavolo, alterna spiegazioni con esecuzioni, nelle quali si vede con chiarezza come il fischio sia solo una componente dello strumentario esecutivo, a cui si aggiungono il cavo orale, le labbra e le mani che, tenute davanti alla bocca, ripiegando le dita in varie posizioni, dirigono e modulano il suono. Egli precisa anche come la scelta dei dispositivi sonori, fischietti, ance, da utilizzare per le varie specie di uccelli, vada fatta sulla base dei suoni che si vuole imitare e che cambiano non solo in base alle specie avicole, ma anche in base alle stagioni, e dunque deriva da una competenza uditiva acquisita mediante un lungo “studio”: 

«Si provava a chiamare l’uccello, provare a vedere se viene, se non viene. È tutta una questione di provare e di vedere se questo uccello veniva attratto dal tuo canto, dal tuo modo di imitarlo, di fare. Stavi qua tutto il giorno, provavi, cantavi, sentivi, vedevi quale fischio era il più funzionale. Perché per noi umani può essere questo fischietto, al nostro orecchio… però non è l’umano, è l’uccello proprio… Se lo facevi venire, lo attiravi, allora capivi che era quello il verso, quello era il canto, il suono che attirava l’uccello». 

Non si può non tornare alle pagine di Giacomini e in particolare alle sue considerazioni circa «l’arte del pivuiccare»: «per praticarla non basta la passione; occorre davvero trasformarsi in uccelli; sentirsi nelle vene, per la lunga frequentazione maturata, la medesima linfa che scorre in quella dei pennuti» (Giacomini 2001: 35).

foto-16Prosdocimo alterna la posizione seduta, al tavolo, con la posizione in piedi, mentre è al centro del roccolo, il corpo in tensione verso l’alto, il capo rivolto al cielo, la testa e il tronco lentamente oscillanti verso destra e verso sinistra: una chiara postura imitativa, resa ancor più esplicita quando, tendendo leggermente le braccia verso l’esterno, con un movimento simmetrico dei polsi protende le mani verso l’alto richiamando esplicitamente il movimento di apertura delle ali. Fa sentire i versi del tordo bottaccio, del merlo, del tordo sassello, dell’usignolo, del fringuello, dello storno. Con evidente piacere fa notare come, mentre lancia i suoi richiami dal roccolo, i corrispondenti uccelli gli rispondano.

Nel racconto epifanico di sé bambino c’è tutta la sua motivazione: «volevo essere un uccello da bambino, volevo proprio immedesimarmi nell’uccello e sentirmi parte, imitandolo, di essere come l’uccello, perché ho sempre detto: non potendo volare, almeno poterli imitare». Prosdocimo ha dato vita a una Scuola di chioccolo, in cui insegna a bambini e adulti trasmettendo i suoi saperi e le sue tecniche. Per rendere più semplice l’apprendimento, ha inventato un sistema di scrittura delle note musicali in versi: 

«Quando insegno il canto degli uccelli, ho tradotto il canto degli uccelli in parole. Faccio tipo uno spartito. Scrivo le note. Le note sono dei versi. I versi sono delle parole, tri tri tri…, sono delle note perché la musica è nata dal canto degli uccelli…, ciu ciu ciu ciu». 

Che la musica sia nata dal canto degli uccelli può sembrare un’affermazione eccessiva, ma non troppo: sappiamo che i suoni della natura, come quelli prodotti dall’acqua, dal vento, dagli animali, e via dicendo, hanno fortemente influenzato le varie forme di musicalità delle culture del mondo, legando la relazione suono umano/suono naturale agli aspetti simbolici e alle mitologie cosmogoniche (vedi, fra i tanti, Lévi-Strauss 1966; Bettini 2008; Ricci 2016; Feld 2021). Il citato etnomusicologo Edward Neill già più di cinquant’anni fa aveva sottolineato come 

 «la necessità sempre più avvertita […] di unire allo studio della musica, quello delle forme sonore naturali, musicalmente strutturate e organizzate, apre oggi nuove prospettive che possono allargare sensibilmente l’attuale concezione estetica della musica» (Neill 1975: 6). 

E aggiungeva che il canto degli uccelli è «un tipo di espressione molto simile a quella musicale» (Ivi: 7), essendo in esso riconoscibile la presenza di intervalli “musicali”, oltre che la variazione: 

 «Tutti gli uccelli cosiddetti canterini, come il fringuello, l’usignolo, la capinera, il beccafico tanto per citare solo alcune delle specie meglio dotate, non ripetono pedissequamente la stessa frase, ma la variano continuamente» (Ivi: 25). 

foto-17Neill ricapitola le molte composizioni di musicisti classici che si sono ispirati al canto degli uccelli e stila un lungo elenco, che include, fra le altre, le Quattro stagioni di Vivaldi, la Sesta Sinfonia di Beethoven, Der Vogel (L’uccello) di Hayden, la Prima e Terza Sinfonia di Mahler, L’uccello di fuoco e Le Rossignol di Stravinskij, Uiraparù di Villa-Lobos, Oiseaux tristes di Ravel, e soprattutto il Catalogue d’Oiseaux di Messiaen (Ivi: 36-45).

La performance del chioccolatore Camillo Prosdocimo, nel film di Trentini, è un documento di grande godibilità, ma anche di eccezionale interesse, perché ci testimonia dello stretto rapporto fra l’uomo e la natura che nei mondi contadini del nostro paese è esistito – e in parte ancora esiste, a volerlo cercare. 

La quarta parte del film, della durata di 11 minuti, è anch’essa girata nel Roccolo di Manganel, a Montenars, il 23 luglio 2022; protagonisti Lucina Ermacora e Antonio Mansutti, Stefano Valla e Daniele Scurati. Lucina Ermacora e Antonio Mansutti gestiscono il Roccolo di Manganel, ereditato per via famigliare. Si tratta di due persone che ricoprono un ruolo importante, sia nella vita della piccola comunità di Montenars e sia nelle attività dell’Ecomuseo delle Acque di cui hanno sposato la missione, coerentemente con il loro modo di vivere e di essere. Antonio è stato Sindaco di Montenars per lungo tempo e ha anche ricoperto la carica di Presidente dell’Ecomuseo delle Acque. Lucina è un’infaticabile e sempre disponibile collaboratrice dell’Ecomuseo ed è anche una custode del cibo: tiene vive pratiche di preparazione locali sia quotidianamente, sia, con grande generosità, negli eventi collettivi. Il loro riconoscersi nei tratti vicini alla natura del territorio in cui risiedono fa di Lucina e di Antonio dei punti di riferimento e dimostra come sia possibile abitare nei piccoli centri montani con consapevolezza, mantenendo uno stile di vita adeguato all’ambiente circostante.

I due, seduti intorno a uno dei tavoli da picnic con cui hanno allestito il loro roccolo per accogliere visitatori e pubblico, affrontano la questione del ri-uso di questi impianti: un ri-uso che viene visto come la condizione per la sopravvivenza delle uccellande e anche come una ri-funzionalizzazione che oggi può rendere attraenti questi luoghi. Alla cultura e soprattutto alla musica Lucina e Antonio hanno destinato il Roccolo di Manganel, che non manca mai di essere una delle sedi della rassegna musicale “Note nei roccoli”: una forma di valorizzazione e di ri-utilizzo che per loro significa conferire nuova vita a una struttura di affezione, intimamente legata alla loro famiglia, così come a quel territorio e alla sua storia.

foto-18«Si può portare anche qualcosa di nuovo nei roccoli», dice Lucina, notando che per i concerti della rassegna vengano sempre scelte musiche legate a territori rurali, prevalentemente montani, distanti della dimensione urbana e per tale motivo particolarmente adatte a venire eseguite in questi “teatri” verdi. «L’Ecomuseo sceglie delle musiche, dei musicisti, che rappresentano la poesia del roccolo» e pertanto sentire queste musiche in un roccolo «è tutto un altro tipo di piacere». Durante i concerti e gli altri incontri culturali Lucina e Antonio consegnano ai partecipanti un volantino in cui spiegano «la costruzione e il perché di questo roccolo», la sua importanza e anche «la difficoltà nel mantenere queste strutture che noi consideriamo, anche con l’Ecomuseo, dei veri e propri monumenti».

Le testimonianze di Lucina e Antonio sono intervallate, nel film, dal concerto pomeridiano del duo Stefano Valla & Daniele Scurati, in programma il 23 luglio 2022. Valla & Scurati sono un duo che ha costruito una sua specifica espressività riprendendo la tradizione del piffero (un oboe popolare) e della fisarmonica propria dall’area cosiddetta delle Quattro Province, una zona montana dell’Appennino ligure situata al confine fra Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna. I due musicisti ripropongono un repertorio tradizionale di danze in uno stile che è stato possibile conoscere grazie alla ricerca etnomusicologica avvenuta negli anni Settanta; oggi sono riconosciuti come dei virtuosi di questo stile. Il film si chiude sull’esecuzione di una frizzante polca, eseguita dal duo, che riempie il roccolo di suoni e si dissolve sui titoli di coda.

Gli interventi musicali che fungono da separatori delle quattro parti sono estratti dal “Concerto in memoria di Renzo Zanitti”, eseguito al violoncello da Riccardo Pes nel Roccolo di Spisso, il 27 agosto 2023. Si è trattato di un concerto particolare perché dedicato alla memoria del roccolatore, venuto a mancare pochi mesi prima. Pes esegue il suo Prelude # 1 e il suo arrangiamento del canto tradizionale catalano The songs of the birds, in esecuzioni particolarmente ispirate, riprese in video da Ersilia Tondolo: un intenso, lungo lamento per il roccolatore scomparso ha accompagnato un momento di forte emozione della comunità di Montenars.

foto-19Il film dunque è interamente percorso da suoni: suoni di strumenti musicali, suoni di fischietti, suoni di ance, suoni di uccelli, veri o imitati, suoni di cesoie, suoni di tagliasiepe. Nuovi paesaggi sonori, in continuità e in discontinuità con i vecchi, vanno a ri-occupare gli spazi delimitati dalle colonne arboree delle uccellande, conferendo un odierno senso a queste strutture e al tempo stesso mantenendo, proprio mediante il suono, una densa relazione con l’uso passato. Certo per noi oggi è difficile immaginare quanto queste uccellande dovessero essere piene di suoni, simultanei, alternati, intrecciati, così come di grandi silenzi, quando erano in funzione. Forse solo la lettura dell’Andar per uccelli di Amedeo Giacomini – che più volte ho necessariamente richiamato così ricco di suoni nella sua scrittura, ci può restituire una lontana impronta di tanta complessità sonora. Ma il lamento al violoncello di Pes, i richiami del chioccolatore che voleva essere un uccello, l’allegria delle polche e delle mazurche di Valla & Scurati indicano una via per una ri-funzionalizzazione che ricrei un appaesamento. E questo è ciò che sta realmente avvenendo e di cui il film di Trentini ci restituisce una sintesi significativa ed efficace.

Nella proiezione del film al Centro polifunzionale di Montenars, affollatissima e applauditissima, nei volti emozionati delle persone che vi hanno assistito, si è potuto percepire il valore di ciò che una piccola struttura come l’Ecomuseo delle Acque ha progettato e portato avanti, con tenacia, convinzione e visione, in tempi lunghi e non senza difficoltà, con l’obiettivo di attivare conoscenza e sentimento su un patrimonio culturale e paesaggistico di grande rilievo, la cui sopravvivenza è in funzione dell’interesse che se ne è creato e che si continuerà a tenere vivo. Il film di Michele Trentini, che verrà pubblicato e distribuito dall’Ecomuseo sotto forma di DVD-book, rappresenta un contributo insostituibile in questo percorso, perché restituisce, con la forza della cinematografia, l’intensità e la motivazione di persone che, nell’attribuire valore al proprio territorio, sanno dove guardare e come guardare. 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
Riferimenti bibliografici/filmografici 
Bettini M., 2008. Voci. Antropologia sonora del mondo antico, Torino, Einaudi.
Carpitella D., 1977. “Informazione e ricerca nel film etnografico italiano (1950-1976)”, in Bollettino dell’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica, Di­cembre 1977: 20-32.
Ecomuseo delle Acque, 2008. Un futuro per i roccoli di Montenars, 2008, Comune di Montenars [https://www.ecomuseodelleacque.it/ecomuseo/wp-content/uploads/2017/02/ROCCOLI-01-compresso.pdf].
Ecomuseo delle Acque, 2023. Sguardi sui territori: antropologia visuale ed ecomusei, Catalogo del festival, IV edizione (5-8 ottobre 2023), Ecomuseo delle Acque del Gemonese, Gemona [https://www.ecomuseodelleacque.it/ecomuseo/wp-content/uploads/2023/10/catalogo-festival-2023-x-web.pdf].
Englaro M., Tondolo M. (a cura di), 2019. La verde attrazione. Guida alle architetture del verde: uccellande storiche in Friuli, Roma, Gangemi.
Feld S., 2021. Il mondo sonoro dei Bosavi. Espressioni musicali, legami sociali e natura nella foresta pluviale della Papua Nuova Guinea, Palermo, Edizioni Museo Pasqualino; con film allegato Voci della foresta pluviale, di S. Feld, D. Leonard, J. Ra Richards, 69’.
Giacomini A., 2001. Andar per uccelli, Treviso, Santi Quaranta (edizione originale: Con il vischio 1969, Con le reti 1990).
Lévi-Strauss C., 1966. Il crudo e il cotto, Milano, Il Saggiatore.
Neill E., 1975. Musica, tecnica ed estetica nel canto degli uccelli, Padova, Zanibon.
Petrella A., 2014. I roccoli di Montenars. Storie di uomini, donne, alberi e uccelli, Gemona del Friuli, Edizioni Ecomuseo delle Acque.
Ricci A., 2016. Il secondo senso. Per un’antropologia dell’ascolto, Milano, FrancoAngeli.
Scheuermeier P., 1980. Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza, Milano, Longanesi, vol. II: 313, foto 475-476.
Tondolo M., 2019. L’antica pratica di catturare gli uccelli, in Englaro, Tondolo 2019: 31-39.
Tondolo M., 2022. “L’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, un’agenzia per lo sviluppo sostenibile del territorio”, in Dialoghi Mediterranei, 54 [https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/lecomuseo-delle-acque-del-gemonese-unagenzia-per-lo-sviluppo-sostenibile-del-territorio/].
Trentini M., 2019. Latte nostro: 1. La Latteria Turnaria di Campolessi, 2. Il Caseificio Turnario di Peio, Ecomuseo delle Acque del Gemonese, Ecomuseo della Val di Peio, Trotzdem Film, 57’ + 54’; con volume allegato Latte nostro. Caseifici in direzione ostinata e contraria, a cura di M. Varotto, Sommacampagna (VR), Cierre edizioni.
Trentini M., 2023. Nel verde incanto, Ecomuseo delle Acque del Gemonese, Trotzdem Film, 65’; riprese: Montenars (UD), Basiliano (UD); musiche: R. Pes, S. Valla, D. Scurati; ricerca e coordinamento del progetto: M. Tondolo.
Tucci R., 2019. “Sguardi sui territori. Antropologia visuale ed ecomusei”, in Voci, XVI: 350-352.
 __________________________________________________________________________________
Roberta Tucci, docente della Scuola di Specializzazione in Beni demoetnoantropologici di “Sapienza” Università di Roma, ha effettuato ricerche di interesse etnomusicologico ed etno-oganologico in Calabria e in altre regioni centro-meridionali. Si è occupata di catalogazione dei beni culturali demoetnoantropologici presso il Centro Regionale di Documentazione della Regione Lazio e presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero della Cultura. Dal 2016 è membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Patrimoni culturali locali, pratiche partecipative ed ecomusei: qualche riflessione, in Nuovi modelli di sviluppo comunitario per gli Ecomusei in Italia, a cura di A. Saccoccio, Quaderni dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino, Roma, Edizioni Avanguardia 21, 2018; Le voci, le opere e le cose. La catalogazione dei beni culturali demoetnoantropologici, 2018); Le voci, le opere e le cose. La catalogazione dei beni culturali demoetnoantropologici, Roma, ICCD, 2018; I beni culturali etnografici nella Commissione Franceschini: una presenza marginale, in “Il capitale culturale”, 23, 2021; Dietro il film Calabria: zampogna/chitarra battente di Diego Carpitella, in Sounding Frame, a cura di A. Cosentino, R. Di Mauro e G. Giordano, Palermo, Edizioni Museo Pasqualino, 2021; La mappa di comunità della Parrocchia di S. Maria Maddalena a Montenars, in “Dialoghi Mediterranei”, 59, 2023.

______________________________________________________________

 

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Immagini. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>