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Nel bacio la storia dell’uomo, dall’animale al digitale

15336163_5379613di Orietta Sorgi

Può il bacio considerarsi un semplice contatto labiale fra due persone attratte fisicamente l’uno dall’altro? O è piuttosto un universale culturale, presente nella maggior parte del mondo o comunque conosciuto in quasi tutte le società? E se è così, quali sono le ragioni della sua larga diffusione in ogni tempo e luogo dell’umanità, dalla preistoria all’era digitale?

Se lo chiedono Elisabetta Moro e Marino Niola nel loro ultimo contributo dal titolo Baciarsi (Einaudi 2021).  Con una premessa in apertura: il bacio non è solo un gesto naturale, è molto di più e appartiene all’ordine della cultura. Anzi sotto un’unica definizione si nascondono infiniti significati, talora opposti e discordanti: dal bacio di passione, preliminare dell’atto sessuale, al bacio per affetto, dei genitori ai figli o fra i familiari, dal bacio di rispetto a quello strumentale e politico, fino al bacio dell’odio e del tradimento, reso noto dalla figura di Giuda nel Vangelo.

Il bacio è dunque un significante fluttuante, secondo Lèvi-Strauss, dotato di una straordinaria potenzialità semantica di cui si dà rassegna in questo volume, attraverso la presenza ricorrente nel cinema e nella letteratura, nelle arti figurative e nella cibernetica. 

In apertura vi è un primo sguardo sul regno animale, nel tentativo di individuare con Desmond Morris un possibile antenato del bacio. Proprio nel passaggio dalla natura alla cultura, potrebbe trovarsi la spiegazione, secondo cui il bacio sarebbe una variante nei primati del gesto primordiale della nutrizione, in cui la madre trasferisce il cibo sminuzzato dalla sua bocca a quella dei propri cuccioli. Probabilmente quello strofinìo già presente come risposta al bisogno biologico di sopravvivenza, avrebbe finito col creare una fonte rassicurante di piacere anche in assenza del passaggio del cibo.  

Su questi argomenti Freud, padre della psicanalisi, ha sviluppato la sua teoria dell’eros come istinto di vita, che si manifesta già nell’atto del neonato di succhiare il latte dal seno materno. In questo primo contatto orale con la madre vi è il modello di ogni relazione affettiva e la suzione diviene appagamento primario dei sensi, nutrimento del fisico, ma anche dello spirito.  

172005857-4a3303f5-ac89-4ab2-bf85-7100af51bdf8La bocca è inoltre l’unica parte del corpo che non si può baciare e comporta la presenza dell’altro, se non si vuole incorrere, come Narciso, nella cocente delusione di baciare la propria immagine riflessa allo specchio. L’eros esprime dunque il bisogno vitale di socialità e di relazione con gli altri. Fin qui gli psicanalisti.

Ma c’è di più, secondo i nostri Autori, e lo dimostra l’infinita gamma di sfumature con cui il bacio è stato celebrato dall’antichità ai giorni nostri. Già i Romani avevano intuito la pluralità di significati del sostantivo, distinguendo due diverse accezioni della lingua latina: osculum da os oris, letteralmente boccuccia, nel senso di manifestazione d’affetto fra parenti e amici; e savium per indicare un contatto labiale passionale, legato alla sfera del piacere. Più tardi il termine omnicomprensivo del basium ha unificato i primi due, così come per i Greci il sostantivo filema indicava sia l’amicizia che la passione amorosa.

Certo è che il mondo latino aveva ben chiaro le potenzialità eversive del bacio, soprattutto quelle legate alla sfera sentimentale, come recita Catullo nella sua insaziabile richiesta all’amata Lesbia: dammi mille baci, poi cento, poi ancora mille, poi altri cento…O l’Ovidio nell’Ars Amandi.

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Ercolano, affresco, Un fauno bacia una baccante (Museo Archeologico di Napoli)

Ma c’è anche un altro tipo di bacio, presente nei poemi omerici, scaturito dal pathos del vecchio re di Troia, Priamo, che si inchina al cospetto di Achille, abbracciando e baciando le sue ginocchia, mentre implora il cadavere del figlio Ettore. L’Odissea e anche l’Eneide, finiscono col trascurare di fatto la componente passionale del bacio: nel primo non si fa menzione delle effusioni coniugali di Penelope e Ulisse, al suo ritorno a Itaca. Nell’Eneide, Virgilio si sofferma sull’amore paterno dell’eroe verso il figlioletto Ascanio, nascondendo i suoi sentimenti per Didone. Molto più esplicito è invece Dante Alighieri nei suoi versi: in quel «la bocca mi baciò tutto tremante», rivela la forza di un sentimento irresistibile, fuori controllo, dei due amanti, Paolo e Francesca, condannati a vagare nel girone dei lussuriosi dell’Inferno. La funzione trasgressiva del bacio che irrompe per scardinare le regole e capovolgere l’ordine esistente è ricorrente anche nel teatro shakespeariano, sia nell’amore proibito e contrastato di Romeo e Giulietta, che nella folle e cieca gelosia di Otello per Desdemona.

Ma c’è anche il bacio strumentale e politico che è quello che ha ispirato la vicenda del 1784 in Inghilterra, quando un’aristocratica, sostenitrice del partito dei Whig, regala i suoi baci in cambio dell’appoggio elettorale. Così nelle Metamorfosi di Apuleio, Venere, per ritrovare la fanciulla che ha rapito il cuore del figlio Cupido, offre septem savia suavia, sette dolci baci, a chi darà notizie. O come Lisistrata di Aristofane che trasforma i suoi baci in strumenti per ottenere la pace. Più tardi e soprattutto nel Romanticismo il bacio diviene un vero e proprio topos letterario in una connotazione sempre più sensuale e seduttiva, quello delle femmes fatales, tema ripreso dal positivismo che esalterà il bacio vampiresco delle donne sui loro amanti.

Nella favolistica indoeuropea, il tema del bacio che trasforma ritorna con insistenza: dal Principe ranocchio che riconquista le sue sembianze umane grazie al bacio di una principessa, alla Bella e la bestia, fino a Rosaspina, nota come la bella addormentata del bosco, che si risveglia con un bacio, così come Biancaneve, caduta in un letargo mortifero, dopo il morso alla mela avvelenata offerto dalla strega.

In definitiva, e qui i due autori continuano con altri esempi – dal bacio del perdono paterno al figliol prodigo, a quello cristiano di pace e fratellanza fino a quello satanico – l’ingresso nel mondo della scrittura è davvero precoce, mentre mostra per pudore un certo ritardo nel linguaggio visivo. Una delle prime raffigurazioni è quella del 1531, opera del Correggio dal titolo Giove e Io, ora al Museo di Vienna: un soggetto mitologico che raffigura il re dell’Olimpo avvolto in una nuvola, mentre l’amante voluttuosamente gli si accosta per baciarlo. Così, passando per Bernini e Rubens, nel Settecento il bacio viene finalmente legittimato come nell’Amore e Psiche di Antonio Canova.

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Francesco Hayez, Il bacio, 1859

Ma l’immagine simbolo del bacio romantico è quella immortalata nel famosissimo dipinto di Francesco Hayez che si trova alla Pinacoteca di Brera a Milano, o a quello, altrettanto emozionante di Auguste Rodin del 1882 che richiama la stessa attrazione fatale di Paolo e Francesca o di Lancillotto e Ginevra.

Nel Novecento il bacio raggiunge una sua autonomia stilistica nel Compleanno di Marc Chagall dove l’artista è raffigurato con la moglie nell’atto di sollevarsi da terra attirati dal cielo, mentre raggiunge le labbra dell’amata. Nelle opere cubiste di Picasso, ma anche nel dipinto di Klimt, i due corpi si fondono l’un l’altro a tal punto che diviene difficile distinguerli. Inquietante è invece la lettura surreale di Magritte che mostra i due amanti nell’atto di baciarsi sotto un panno bianco che avvolge le loro teste.

Con la fotografia e la pop art si inaugura l’epoca della riproducibilità tecnica del bacio, a partire dagli esempi più celebri di Alfred Eisenstaed e di Robert Doisneau: il primo ritrae un marine che bacia un’infermiera, simbolo dell’esultanza per la fine della guerra, in quanto scattata nel 1945, all’indomani della vittoria sul Giappone; il secondo, considerato il più famoso bacio della storia della fotografia, vede i due protagonisti baciarsi davanti al Municipio di Parigi, immagine simbolo di una città libera e senza pregiudizi. Nel 1963 Andy Warhol realizza Kiss, un montaggio di poco meno di un’ora in cui tredici coppie, etero, omo, multietniche si baciano senza sosta, mentre nei fumetti di Roy Lichtenstein si rappresenta il bacio di una donna in lacrime, forse per gioia o per disperazione. È del 2004 infine, l’opera dello stencil graffiti Banksy contro l’omofobia dal titolo Kissing Coppers, che coglie due poliziotti londinesi nell’atto provocatorio di baciarsi pubblicamente.  

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Humphrey Bogart e Ingrid Bergman in Casablanca

Ma ciò che ha reso veramente popolare il bacio è la settima arte: ed è per questo che Giuseppe Tornatore nel finale di Nuovo cinema paradiso fa scorrere una serie interminabile di baci sotto lo sguardo del protagonista, celebrati dalla storia del cinema. Ricordiamo solo i più importanti, rinviando alle considerazioni del libro: dal bacio di Humphrey Bogart e Ingrid Bergman in Casablanca alla sua replica con Woody Allen e Diane Keaton in Provaci ancora Sam. Dal bacio vampiresco di Dracula in Nosferatu a quello seduttivo di Liz Taylor in Cleopatra. Dal bacio felliniano di Mastroianni e Anita Eckberg ne La dolce vita al bacio di E.T. fra gli alieni. Per concludere con i baci gay in Brokeback Mountain di Ang Lee e in Chiamami col tuo nome di Guadagnino o quelli lesbo delle Sorelle Macaluso di Emma Dante.

Ancora una volta il linguaggio visivo vuole esprimere l’infinita varietà dei significati del bacio, dal trasporto all’angoscia, dal rapimento allo scoraggiamento, dalla trasgressione al consenso, dalla propaganda al tabù. Ma il dato sorprendente e colmo di prospettive per il futuro è quello che viene annunciato dai due autori nelle conclusioni e riguarda le trasformazioni di effusioni e sentimenti nell’era del web. Lo sviluppo delle nuove tecnologie potrebbe addirittura far crollare la distanza fra materiale e immateriale, fra sensuale e digitale. Vi sono progetti in corso negli Stati Uniti che propongono di monitorare con un elettroencefalografo gli effetti del bacio sul nostro cervello, creando un flusso di stimoli che viene poi tradotto in immagini e suoni per dare a tutti la possibilità di vivere una full immersion nel bacio degli altri. Si aprono così scenari talvolta inquietanti, che consentiranno di godere degli effetti sensoriali del bacio anche in remoto. Si mandano baci veri via internet, attraverso le videochiamate, rese possibili dalle funzioni dello smartphone.  

Quali conseguenze – ci si chiede ora con qualche preoccupazione – potranno determinarsi sulla struttura e sulla forma dei sentimenti, attraverso la trasformazione delle sensazioni fisiche del bacio in file digitali e la creazione di memorie e banche dati per replicare l’esperienza nel tempo e rinnovare l’istante irripetibile?  Si potrebbero lasciare baci in eredità – sono parole degli autori – con un ricordo vivo, palpitante, l’impulso vivente di un contatto in absentia.

Grazie alle estensioni digitali che spostano i confini del corpo, il bacio smette di essere “qui ed ora”, ma è per sempre. Un’ulteriore esasperazione di un fenomeno già avvertito nelle nuove generazioni digitali: nelle loro esperienze sentimenti e affetti vengono sempre più condivisi in chiave telematica.

Dialoghi Mediterranei, n. 50, luglio 2021

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Orietta Sorgi, etnoantropologa, ha lavorato presso il Centro Regionale per il catalogo e la documentazione dei beni culturali, quale responsabile degli archivi sonori, audiovisivi, cartografici e fotogrammetrici. Dal 2003 al 2011 ha insegnato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo nel corso di laurea in Beni Demoetnoantropologici. Tra le sue recenti pubblicazioni la cura dei volumi: Mercati storici siciliani (2006); Sul filo del racconto. Gaspare Canino e Natale Meli nelle collezioni del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino (2011); Gibellina e il Museo delle trame mediterranee (2015); La canzone siciliana a Palermo. Un’identità perduta (2015); Sicilia rurale. Memoria di una terra antica, con Salvatore Silvano Nigro (2017).

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