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Le città del mondo

Agrigento (ph. Nino Giaramidaro)

Agrigento (ph. Nino Giaramidaro)

di Nino Giaramidaro

Erano città. Con le strade da città i cieli cittadini belli e tersi e i nugoli di chiacchiericcio sorridente appostati lungo aree strategiche che non si poteva sbagliarle. Era caldo da camicia di cotone con le maniche corte, altri le avevano signorilmente arrotolate lungo tutto l’avambraccio.

Una gara dell’azolo, quell’azzurro che si scioglieva nella pila di pietra dove si piegavano sino al dolore le schiene delle donne. Parole di politica che sfrecciavano senza alcun bersaglio, comode e giocose.    

Casteltermini (ph. Nino Giaramidaro)

Casteltermini (ph. Nino Giaramidaro)

Calatafimi, festa del SS. Crocifisso (ph. Nino Giaramidaro)

Calatafimi, festa del SS. Crocifisso (ph. Nino Giaramidaro)

Ogni tanto passava un uomo con il suo cavallo. Sprovvisto di qualunque curiosità. Andava dritto per la sua polverosa strada preceduto baldanzoso dal quadrupede. Le corse dei cavalli. Erano rilucenti le casacche dei fantini con i pantaloni alla cavallerizza e il frustino che non aveva abbento. Andavano su e giù per quel percorso pieno di balate, si soffermavano dove c’era sabbia e terriccio e tornavano al muro della ferrovia scelto come luogo di partenza. Poi lo sparo che sorprendeva e il galoppo delle giumente. E dei giannetti, i cavalli giovani che avevano più degli altri la probabilità di vincere.

Calatafimi, festa del SS. Crocifisso (ph. Nino Giaramidaro)

Calatafimi, festa del SS. Crocifisso (ph. Nino Giaramidaro)

Leonforte (ph. Nino Giaramidaro)

Leonforte (ph. Nino Giaramidaro)

Vi arrivavo solitario in quelle città del mondo mai viste con una macchina tedesca e una fotocamera giapponese. C’erano le donne di Licata in mezzo alla fanghiglia: scope e grembiuli per combattere quei pantani inestinguibili, pure lungo l’estesa striscia di mare che si era ingrigita e sembrava minacciosa. L’alluvione di Licata. 

Altre città, Joppolo Giancaxio o Lucca Sicula. Non riuscivo a trovare da dove entrare in questi centri: giravo intorno, e nemmeno i radi stanziali erano in grado di indicare la giusta via. Però c’è sempre un angelo che nelle difficoltà ti dà una mano – e a volte più di una. – Trovai persino il sindaco col quale discutere della situazione di Joppolo e delle Cuspidi di Raffadali – dove confezionavano il gelato al formaggio – ma anche delle manifestazioni del Mandorlo in Fiore: cambiate, diventate altre e, «come tutte le cose che si scrivevano – diceva il mio amico poeta Gianni Diecidue – in cielo cancella la pioggia».                                                                         

Burgio, Paola Virgadamo nella fonderia di campane (ph. Nino Giaramidaro)

Burgio, Paola Virgadamo nella fonderia di campane (ph. Nino Giaramidaro)

Lucca, meglio aggiungere subito Sicula perché non sono commensurabili i due agglomerati: 89 mila abitanti contro 1.723. Non ricordo il motivo che mi portò a visitare la piccola Lucca però vi andai. Probabilmente per questioni di politica, ma ricordo senza esitare l’inverecondia del percorso stradale. Trazzere molto disagiate da Calamonaci a Burgio.

Burgio, con il suo castello, il rinomato laboratorio della ceramica, la più antica fonderia di campane – una ottagonale è stata regalata a papa Wojtyla – e il piccolo Museo delle Mummie la cui ultima aggiustatina si deve all’architetto Umberto Di Cristina, rimasto infatuato – raccontava egli stesso – di una delle eleganti imbalsamate.   

Burgio, Museo delle mummie (ph. Nino Giaramidaro)

Burgio, Museo delle mummie (ph. Nino Giaramidaro)

Calatabellotta vista da Enna (ph. Nino Giaramidaro)

Calascibetta vista da Enna (ph. Nino Giaramidaro)

Il percorso non si smarrisce e imbocca strade sempre più scognite per lasciare i Monti Sicani e cercare un varco nell’alta catena degli Erei. Lassù c’è Enna, 931 metri circa, il capoluogo più alto d’Europa; e si sentono già le musiche del Venerdì Santo, il giorno più luttuoso d’Europa – forse – con le processioni che si incrociano lungo gli acciottolati ancora bagnati dalla brina notturna.

Enna, Processione del Venerdì Santo (ph. Nino Giaramidaro)

Enna, Processione del Venerdì Santo (ph. Nino Giaramidaro)

Sono tante, salgono dai quartieri e oramai fanno mescolare contadini ennesi turisti con i pellegrini che giungono da tante città, siciliane e non. Le due grandi manifestazioni sacre si svolgono a Enna e Caltanissetta, entrambe città del mondo ispanico per secoli omologo al mondo italico.

Andavo a zonzo fra parole sconosciute e strade con asfalto avaro, chiedevo per avere delle risposte congrue ma mi dovevo accontentare di oracoli da anteprima Tom Tom. Nessuno sa nulla della propria terra; solo zaffate di respiro affumato dalla brace dell’Alfa. Ero giunto ad Avola e mi meritavo un riposo da tavolino con granita di caffè.                       

Pantalica (ph. Nino Giaramidaro)

Pantalica (ph. Nino Giaramidaro)

Scicli (ph. Nino Giaramidaro)

Scicli (ph. Nino Giaramidaro)

Spaccaforno. Ora si chiama Ispica ma questa città del mondo spesso impappinava. La memoria dell’antico “patronimico” non era del tutto obliata pure se le Cave erano intitolate ad Ispica. Vi sono oratori rupestri, eremi monastici e tante necropoli. Ci troviamo in uno dei siti più complicati della Sicilia, e svicoliamo lesti lungo le vanelle di Rosolini guardandola dall’alto.

Porto Empedocle, Statua del commissario Montalbano (ph. Nino Giaramidaro)

Porto Empedocle, Statua del commissario Montalbano (ph. Nino Giaramidaro)

Sciacca, castello incantato (ph. Nino Giaramidaro)S

Sciacca, castello incantato (ph. Nino Giaramidaro)S

Per evitare di cadere in mare facciamo una rapida risalita sino a Vigata, alias Porto Empedocle dove sul viale principale c’è una statua del commissario Montalbano, probabilmente come la voleva Camilleri ma che non è piaciuta ai cinematografari.

Le città del mondo si confondono con i loro protagonisti, è come se prendessero le apparenze gli uni delle altre. Volti che sembrano fatti di calcina si rivelano dolci e comunicativi sotto quelle coppole senza colori, tenebrose e quasi da regolamento.                 

Continuo una rincorsa verso sopra, cioè verso strade e paesi più conosciuti. Passo dall’archeologico di Agrigento e mi soffermo in mezzo alle figure del Giardino Incantato: teste esogene che si raggruppano e si impilano l’una dietro l’altra nei vortici del giardino.

Agrigento, Museo Archeologico (ph. Nino Giaramidaro)

Agrigento, Museo Archeologico (ph. Nino Giaramidaro)

Sciacca, castello incantato (ph. Nino Giaramidaro)

Sciacca, castello incantato (ph. Nino Giaramidaro)

Mazara (ph. Nino Giaramidaro)

Mazara (ph. Nino Giaramidaro)

Agrigento (ph. Nino Giaramidaro)

Selinunte (ph. Nino Giaramidaro)

Selinunte e il suo parco senza presenze umane, zeppo di metope e peristili, tutto diruto e silenzioso. Mazara del Vallo, in confidenza Mazara, paese di mare di naufragi fortune e sventure, orgogliosa dei suoi alberi maestri che una volta si poteva fotografarli così.

Dialoghi Mediterranei, n. 67, maggio 2024

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Nino Giaramidaro, giornalista prima a L’Ora poi al Giornale di Sicilia – nel quale, per oltre dieci anni, ha fatto il capocronista, ha scritto i corsivi e curato le terze pagine – è anche un attento fotografo documentarista. Ha pubblicato diversi libri fotografici ed è responsabile della Galleria visuale della Libreria del Mare di Palermo. In occasione dell’anniversario del terremoto del 1968 nel Belice, ha esposto una selezione delle sue fotografie scattate allora nei paesi distrutti.

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