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La rivista come campo elettromagnetico. L’esperienza de “Il Pensiero Storico”

riviste-slide2di Danilo Breschi 

La storia della mia direzione, di com’è nata e di come si sta svolgendo, credo possa fornire qualche insegnamento generale e senz’altro alcuni spunti di riflessione utili al dibattito su natura e ruolo delle riviste in questo terzo decennio del terzo millennio.

Un allora giovane studente universitario presso l’Ateneo catanese, Antonio Messina, fondava nel 2016 una rivista digitale, recante appunto il titolo di «Il Pensiero Storico». Nel costituire un comitato scientifico si rivolse a vari docenti universitari e, tra questi, contattò anche il sottoscritto. Il primo insegnamento che si può ricavare è il seguente: tra tutti i docenti, nomi anche illustri del panorama nazionale e internazionale delle scienze storiche e filosofiche, l’unico che si impegnò a fornire un aiuto concreto al giovane imprenditore culturale fu appunto chi scrive. Questo per dire che spesso il corpo docente universitario non accoglie con la dovuta attenzione iniziative intellettuali di giovani aspiranti studiosi, comunque appassionati e convinti che la forma-rivista possa ancora oggi essere strumento ideale per la promozione e diffusione di contenuti culturali tra le nuove generazioni.

In tal senso va segnalato, en passant, di come l’introduzione di Internet abbia favorito il pullulare di iniziative di questo tipo, ovviamente di livello diseguale, ma proprio l’approssimazione e il pressapochismo di non poche di esse è dovuto anche, se non soprattutto, alla mancanza di guide più mature, e dunque culturalmente formate e qualificate, impegnate ad accompagnare il processo di crescita di esperienze sicuramente lodevoli per l’entusiasmo che quasi sempre le ha generate.

Due anni dopo la fondazione della rivista online il giovane studente universitario, nel frattempo laureatosi in una triennale e iscrittosi alla magistrale di Scienze Politiche, riceve dall’editore Aracne l’offerta di pubblicazione di una versione cartacea del «Pensiero Storico», che ha poi preso forma semestrale. Forte dell’impegno manifestato e profuso nel biennio precedente, viene proposto a me di assumere la direzione scientifica della rivista. Per la direzione responsabile, invece, non essendo io giornalista pubblicista, mi sono rivolto ad un amico, Luciano Lanna. Questa è una delle condizioni per le quali accetto, anche se inizialmente dubbioso e titubante, poiché si trattava di un’esperienza interamente nuova per me, che pur già scrivevo e collaboravo a riviste da venticinque anni esatti, anche in veste di redattore e correttore di bozze, ma mai con ruolo direttivo.

800px-vitoria-university-library-food-science-journals-4489Ben presto, però, l’intenzione di dare ulteriore mano ad un giovane fiducioso nel ruolo della cultura in questi tempi aridi e distratti nonché la possibilità di dare forma alle mille idee e curiosità intellettuali che da sempre animano la mia ricerca, mi hanno spinto non solo ad accettare, ma anche ad immergermi in un lavoro che si è fatto di anno in anno viepiù indefesso. Sono infatti passati ormai cinque anni esatti dall’assunzione della direzione del «Pensiero Storico» e questo periodo mi consente di trarre un bilancio non irrilevante, credo, proprio rispetto ai temi sollevati nel dibattito opportunamente promosso da «Dialoghi Mediterranei».

Partiamo dalla questione dell’eventuale capacità di autonomia di una rivista. Su questo piano, grazie all’intesa e fiducia di fondo che anima il rapporto tra fondatore, divenuto caporedattore, e direttore scientifico, siamo stati capaci non solo di crescere sul piano della qualità così come della quantità di lettori, sia del cartaceo sia del sito web, nel frattempo interamente riconfigurato, ma anche di conquistarci una piena indipendenza, direi quasi autarchia, visto che la rivista si auto-produce e auto-finanzia. Nel momento, infatti, in cui l’editore ci ha chiesto un impegno economico che non potevamo sostenere e che, soprattutto, non garantiva affatto quella qualità che cercavamo, abbiamo deciso di dar vita ad un’associazione culturale autofinanziata che potesse costituire anche una piccolissima casa editrice con cui stampare la versione cartacea.

Da quanto appena detto è facile e immediato ricavare una seconda lezione: grazie agli strumenti offerti dai nuovi media è possibile stampare e diffondere riviste anche partendo da minime risorse finanziare. Occorrono ovviamente volontà e, anche qui, impegno del corpo docente universitario che si muova in una direzione meno vincolata rispetto alle strette e chiuse logiche accademiche. Il bello è che poi, nati con tali modalità, siamo stati in grado nell’arco di tre anni di conseguire il riconoscimento dell’ANVUR quale rivista scientifica nelle aree 11 e 14 del CUN, ossia per le Scienze storiche, filosofiche pedagogiche e psicologiche, così come per le Scienze politiche e sociali. Riconoscimento dato sia alla versione cartacea sia a quella digitale. Anche questa è una lezione che rende l’esperienza del «Pensiero Storico» sicuramente un modello da esportare e seguire.

Altro obiettivo che ho perseguito con tenacia e grosso modo raggiunto in pianta stabile è stato quello di dar vita ad una rivista che sappia muoversi sia nel mondo accademico, soprattutto con la versione cartacea, sia nel più ampio dibattito politico-culturale nazionale e, possibilmente, internazionale, grazie in particolare al sito web. Per far questo ho da tempo compreso che occorre riannodare fili spezzati, o forse meglio, mai tessuti, tra mondo universitario e mondo scolastico, tra professori universitari e professori di scuola. Università e scuola non si parlano e questo è un male profondo dei nostri tempi su un piano che è non solo di divulgazione e promozione culturale. Un professore universitario che avesse avuto e continuasse a coltivare esperienze didattiche almeno nelle scuole secondarie di secondo grado migliorerebbe senz’altro la propria capacità di trasmissione del sapere, così come un docente di scuola, stimolato dal rapporto costante con il mondo universitario, troverebbe linfa vitale per non dismettere quegli studi e quella ricerca, talora anche di livello dottorale, che ne hanno contraddistinto la prima parte della vita professionale.

«Il Pensiero Storico» si muove in questa direzione di dialogo e confronto tra scuola e università, al punto tale che, sfruttando l’agilità e duttilità di una versione digitale della rivista, ospita anche giovanissimi studenti liceali che mostrino passione e propensione alla lettura e alla scrittura. Il talent scouting fa parte integrante della missione che ci siamo assegnati come redazione. La recensione, questa forma di scrittura sempre più trascurata e bistrattata dal mondo delle riviste, viene invece da noi oltremodo valorizzata. Si tratta, al contrario, di un esercizio insostituibile per maturare conoscenze scientifiche e capacità di scrittura, tenuto anche conto che non ci limitiamo alle novità editoriali, ma favoriamo la rilettura e il ripensamento di testi del passato, siano divenuti classici o meno nel loro ambito disciplinare di riferimento.

Alla recensione affianchiamo, sempre grazie alle peculiarità offerte da una versione web, commenti sull’attualità, in particolare su quel mondo della scuola a cui abbiamo ritenuto fondamentale dedicare un’apposita rubrica di approfondimento, intitolata non a caso “Pensare la scuola”. Qui si sostanzia quel dialogo università-scuola a cui facevo poco prima riferimento. In tal modo, inoltre, «Il Pensiero Storico» recupera quell’antica e nobile tradizione della rivista “militante”, non perché politicamente, tanto meno partiticamente, schierata, ma in quanto impegnata a fornire strumenti di lettura e interpretazione critica del tempo presente alla luce delle lezioni, storiografiche e filosofiche, del passato. Proprio il pensiero critico risulta oggi latitare anche negli ambienti universitari, sempre più soffocati da una burocrazia ministeriale autoreferenziale e da quel conformismo ideologico che favorisce la riduzione dell’educazione a formazione immediatamente professionalizzante secondo le sempre cangianti esigenze del mercato. Anche a queste lacune e storture dilaganti cerchiamo di compensare con le nostre piccole forze.

Blank brochure or magazine 3D illustration on grey for your design.«Il Pensiero Storico», per come l’ho pensata, voluta e realizzata, è una rivista che coniuga la serietà e il rigore metodologico con la necessità di rivitalizzare un dibattito culturale arenatosi negli specialismi di una sterile erudizione. Lo studio e la ricerca devono alimentare il confronto civico e civile, devono riaprire le porte sbarrate e far risuonare le sorde pareti di dipartimenti universitari che rischiano di diventare ostaggio di regolamenti ministeriali e logiche aziendali, oppure cassa di risonanza dei conformismi ideologici di chi scimmiotta le mode e tendenze del momento, quasi sempre provenienti da oltreoceano con qualche anno di ritardo.

La rete consente dunque di scavalcare diversi confini e barriere, compresa quella tra periferia e centro, per cui un’iniziativa editoriale come «Il Pensiero Storico» può esistere e prosperare grazie ad una redazione sparsa sull’intero territorio nazionale e collegata dai moderni sistemi di telecomunicazione. Poi il web resta sicuramente una piazza affollatissima, caotica, in cui risulta assai difficile far distinguere il suono magari melodico e raffinato della propria “orchestra” dal rumore assordante di una rete in cui si accumula e sovrappone di tutto e di più. La mia esperienza di direttore conferma che un modo per evitare di essere risucchiati dal gorgo omologante della rete è quello di perseverare nello stile comunicativo in cui si crede.

Il segreto di un’esperienza culturale, come di qualsiasi altro tipo, nell’odierna società del consumismo effimero e dell’ipervelocità digitale, è durare e persistere nell’essere e nel fare quel che si è e quel che si fa, restando ovviamente in ascolto di ciò che di vitale e altrettanto qualitativo circola intorno a noi. Solo in tal modo è possibile non affogare nel gorgo del web e, al tempo stesso, migliorarsi. In altre parole, solo in tal modo è possibile trasferire quel che Leonardo Sciascia chiamava «il colloquiare che significava esperienza e urbanità», possibile proprio grazie alla presenza e circolazione delle riviste. Ovviamente, non è solo la loro fine o crisi ad aver causato la perdita «della “urbanità”» e «la negazione di quella disposizione dialogica aperta all’ascolto, alla tolleranza, al riconoscimento e al rispetto reciproco», di cui parlava lo scrittore siciliano. Molteplici sono le cause, ma è certo che il loro contributo resta prezioso e adoperarsi per ripristinarlo e alimentarlo è tra i compiti che ci siamo dati come «Pensiero Storico». 

In conclusione, credo che chiunque abbia avviato o stia appropinquandosi ad avviare un’iniziativa editoriale e culturale complessa ed avvincente com’è una rivista debba apprezzare anzitutto natura e significato della testimonianza. Con la persistenza e la perseveranza nel portare avanti la forma-rivista, mescolando tradizione e innovazione, ossia cartaceo e digitale, si propagano come onde elettromagnetiche, ossia per una doppia vibrazione, del campo elettrico e di quello magnetico. Le riviste devono essere questi due campi. La nostra versione cartacea, tradizionale, e quella digitale (con relativa pagina su Facebook), ipermoderna, costituiscono esattamente questi due campi. Perciò trasmissione sia interna sia esterna.     

Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023 

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Danilo Breschi, professore associato di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT). è direttore scientifico de «Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee» (IPS Edizioni). Tra i suoi libri: Quale democrazia per la Repubblica? Culture politiche nell’Italia della transizione 1943-1946 (2020); Yukio Mishima. Enigma in cinque atti (2020); La globalizzazione imprevidente (con Z. Ciuffoletti e E. Tabasso; 2021); Ciò che è vivo e ciò che è morto del Dio cristiano (con F. Felice; 2021); Sfide a sinistra. Storie di vincenti e perdenti nell’Italia del Novecento (con Z. Ciuffoletti; 2023). Ha curato edizioni dell’Utopia di Moro (2018), della Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij (2020) e un’antologia critica di scritti giornalistici di Ugo Spirito (L’avvenire della globalizzazione; 2022).

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