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La carta dei principi delle latterie turnarie

  

Mucche al pascolo a Gemona (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Mucche al pascolo a Gemona (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

il centro in periferia

di Maurizio Tondolo 

«Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo», scrive Italo Calvino in Palomar. Con queste parole il grande scrittore italiano mette a fuoco un elemento fondamentale: il legame inscindibile fra formaggi e territorio. Ma affinché un formaggio conservi l’impronta di un territorio servono allevatori consapevoli e orgogliosi del proprio lavoro che producano latte di alta qualità curando l’alimentazione e la salute delle vacche; casari appassionati e tenaci, capaci di trasformare il latte crudo rispettandone le peculiarità che esaltano le proprietà olfattive e organolettiche del formaggio; consumatori attenti e informati sulle qualità e proprietà del prodotto e sulla storia di persone, animali e territori che i formaggi, straordinariamente, ci portano in bocca. 

Premessa indispensabile: se la Latteria turnaria di Campolessi a Gemona del Friuli, per cui da tempo è stato avviato un progetto di sostegno e valorizzazione, è riuscita a conservarsi e a mantenersi attiva, in una fase economico congiunturale di forte crisi che attraversa anche il settore lattiero-caseario, una parte del merito va ascritta all’Ecomuseo che opera nel Gemonese. Di regola l’ecomuseo è una forma museale innovativa che interpreta, conserva e valorizza il patrimonio locale, ovvero il bene collettivo: una ricchezza diffusa che comprende paesaggi, borghi, architetture tradizionali, collezioni minori ma che pure incorpora abitudini gastronomiche, pratiche artigianali antiche, saperi e conoscenze, manifestazioni folcloriche, inclusa una fitta e complessa rete di relazioni, strettamente ancorata al territorio, che lega tutti questi elementi. Si tratta oltretutto di un insieme di beni che funge da ancoraggio per ridefinire e consolidare in modo partecipato il sistema di valori che si addice a una comunità: tante “piccole cose”, il più delle volte poco rilevanti sul piano artistico, ma ognuna dotata di significati in quanto parte di una storia e di un processo. Tutto questo richiede approcci nuovi, metodi interdisciplinari e non dualistici, pratiche e strumenti innovativi, ovvero un’inclinazione olistica che è difficile individuare nei musei tradizionali, il più delle volte poco aperti e dialoganti con il territorio in cui si collocano. 

Allevatrice a Campolessi (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Allevatrice a Campolessi (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

L’Ecomuseo delle Acque è andato oltre: nella sua ultraventennale attività è stato portatore di una nuova idea di sviluppo, attento alla dimensione sociale e ambientale, teso all’analisi del territorio e del contesto locale e ispirato a un approccio integrato delle azioni di cui si è fatto promotore. Sviluppo locale, territorialità e sostenibilità sono le parole chiave che lo identificano. L’Ecomuseo ha favorito l’emergere dell’identità delle comunità locali e l’avvio di processi di sviluppo e valorizzazione economica attraverso la conservazione e la reinterpretazione di particolari aspetti del patrimonio culturale e ambientale. La memoria che mira a recuperare non è tanto un elemento del passato, quanto un legame tra passato, presente e futuro. In tal senso il concetto di identità locale va inteso come valore dinamico in continua ridefinizione, aperto alle sollecitazioni esterne e permeabile al confronto e alle interazioni. Questa identità può risiedere anche in un prodotto della tradizione, come il formaggio delle latterie turnarie, il che comporta: indagare nella memoria storica della comunità, riscoprire pratiche colturali e saperi tecnici che rischiano l’estinzione, intervenire sulla qualità della vita e del paesaggio, sostenere una rete articolata fatta di produttori, trasformatori e consumatori. L’obiettivo è quello di ridare voce e prospettive a un’agricoltura legata alle tradizioni e garantire un nuovo impulso a una microeconomia che valorizzi luoghi, lavori e produzioni di qualità. Nel caso dell’Ecomuseo delle Acque l’area di riferimento è il Campo di Osoppo-Gemona, una pianura alluvionale posta al centro del Friuli. 

Nel 2013 il formaggio della Latteria turnaria di Campolessi (con quello della Latteria di S. Floreano di Buja, che qualche anno dopo si è arresa trasformandosi in una latteria privata) è diventato Presìdio Slow Food, a tutela dei piccoli allevatori che operano a favore di prodotti di eccezionale qualità. Con l’aggiunta del pan di sorc, altro progetto di filiera che l’Ecomuseo delle Acque ha recuperato e sostenuto riproponendo un prodotto che rischiava di scomparire, il Gemonese è uno dei comprensori con la più alta concentrazione di presìdi della Regione Friuli Venezia Giulia. Ecomuseo e Slow Food con le loro iniziative si sono proposti di preservare il sistema virtuoso che sta alla base del caseificio gemonese valorizzando il formaggio che vi viene prodotto. Le latterie turnarie sono un modello di cooperazione, perché a fronte di un conferimento del latte le cui caratteristiche cambiano a seconda dei mesi, ogni socio dispone di un formaggio da stagionare e vendere direttamente. Gli allevatori sono motivati a produrre latte di qualità, consapevoli che una loro manchevolezza potrebbe ricadere sul prodotto e riguardarli direttamente, a seconda della turnazione della lavorazione. 

La tradizione delle latterie turnarie era un tempo diffusa in tutto l’arco alpino, dal Friuli alla Valle d’Aosta. Il sistema turnario nacque ufficialmente in Friuli nel 1880 con la registrazione dello statuto della latteria di Collina, frazione di Forni Avoltri, sull’esempio di quanto avvenuto poco prima soprattutto nell’Agordino, poi centinaia di altre latterie sorsero un po’ ovunque. Le caratterizzava una modalità di gestione del latte semplice, economica e adatta alla produzione casearia di scala locale tipica del territorio friulano, con numerosi allevatori sparsi in ogni borgata. Il funzionamento della latteria turnaria riproduceva l’antica usanza di mettere insieme il latte di più famiglie perché venisse lavorato collettivamente. Negli archivi storici gemonesi esiste un documento della seconda metà del Settecento che riporta un accordo privato tra alcune famiglie di Osoppo (località prossima a Gemona) per caseificare a turno con i propri attrezzi. Attività, in quel caso, condotta da donne con regole tramandate oralmente, così come il governo della stalla e del bestiame. 

Conferimento del latte al caseificio (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese

Conferimento del latte al caseificio (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Ancora oggi le latterie turnarie si differenziano dalle latterie sociali in quanto non acquistano il latte ma effettuano un servizio di lavorazione per conto dei soci. La settimana è scandita attribuendo ciascuna giornata di lavorazione a un determinato socio in funzione della quantità di latte conferita. Gli allevatori che portano una quantità maggiore di latte hanno diritto a più giornate, stabilite in modo fisso sul calendario settimanale, gli altri le giornate di lavorazione rimanenti. Ogni allevatore ha un libretto dove giornalmente viene annotato il latte conferito e il credito (o il debito) di latte nei confronti della latteria. Il socio proprietario delle forme che gli spettano può decidere se ritirarle, stagionarle nella propria cantina e commercializzarle in proprio o venderle presso lo spaccio della latteria. 

Negli anni Sessanta si contavano in Friuli 652 piccoli caseifici turnari distanti anche solo un paio di chilometri l’uno dall’altro, a Gemona ce n’erano nove. Il terremoto del 1976 ha portato alla chiusura di molte stalle e alla concentrazione degli allevamenti. Le latterie rimaste si sono mantenute ancora per pochi anni e poi hanno iniziato a chiudere per la progressiva scomparsa dei piccoli allevamenti familiari, anche a causa di una politica agroalimentare che ha spinto i produttori a riunirsi o ad aderire a consorzi di grandi dimensioni per ottenere una maggiore penetrazione nel mercato della grande distribuzione. Oggi le latterie turnarie in Friuli si contano sulle dita di una mano, il numero continua a calare di anno in anno poiché i soci diminuiscono, spesso si tratta di anziani con poche vacche in stalla che cessano l’attività. Se i volumi di latte lavorati si riducono eccessivamente non è più economico mantenere la struttura di caseificazione, così la latteria chiude o viene rilevata da privati. 

La Latteria sociale turnaria di Campolessi si è costituita nel 1908, 120 furono i soci fondatori. Lo stesso anno la società acquistò un terreno lungo la strada Pontebbana, erigendovi nel 1909 il primo caseificio. Fondamentale si rivelò il contribuito, pari a 100 mila lire, che pervenne dall’onorevole Ugo Ancona, originario di Ferrara ma eletto in Parlamento nel mandamento di Gemona. Il primo consiglio di amministrazione si svolse il 15 dicembre 1908, con l’elezione a presidente di Valentino Cargnelutti (ne seguiranno altri 14, sino all’attuale: Sereno Milisso). La latteria, oltre a rivestire un importante ruolo economico, svolse una rilevante funzione sociale. Il sostegno alla comunità si manifestò inizialmente con prestiti di attrezzi, a costi contenuti, a favore degli agricoltori locali. Seguirono, negli anni Venti, l’elargizione di fondi da parte dei soci da destinare all’asilo, la concessione di una parte del terreno di proprietà della latteria ad uso delle “istituzioni parrocchiali”, un contributo economico per la costruzione della chiesa. Il 25 aprile 1962 venne inaugurato il nuovo caseificio, proprio il giorno di S. Marco patrono della borgata. La struttura è stata oggetto alcuni anni fa, grazie a finanziamenti regionali, di un intervento di ristrutturazione e adeguamento che l’ha resa più funzionale e in regola con le norme europee. Attualmente i soci sono 17, residenti a Gemona e nei comuni limitrofi. La latteria lavora una ventina di quintali di latte vaccino al giorno, proveniente da numerose stalle di piccole dimensioni (1-5 vacche) e da pochi allevamenti di medie dimensioni (alcune decine di capi), dove la razza più diffusa è la locale pezzata rossa. Il formaggio prodotto è a latte crudo, ottenuto con lattoinnesto autoprodotto e caglio naturale senza l’utilizzo di fermenti preconfezionati. 

Lavorazione del latte (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Lavorazione del latte (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Un buon latte dipende dalla salute degli animali e dalla loro alimentazione. I bovini sono ruminanti pascolatori che prediligono il foraggio grezzo, per questo gli allevatori della Latteria di Campolessi alimentano le vacche prevalentemente con fieno al quale si aggiungono erba, sfarinati e crusche. Il protocollo, rigidissimo, che i soci hanno sottoscritto esclude l’utilizzo di insilati, prodotti di scarto e farine animali. Questo lavoro di preparazione dell’erba fresca e del foraggio non è remunerativo per gli allevamenti di grandi dimensioni, ecco perché le latterie turnarie sono il nodo prezioso di filiere corte che coinvolgono piccoli allevamenti, adatte a soddisfare le esigenze qualitative del consumatore. Gli allevatori si sono posti il problema del benessere animale e adottano modalità di allevamento estensivo. La decisione di lasciare le vacche libere di pascolare sui prati dell’azienda o di trasferirle in malga nel periodo estivo aiuta gli animali a mantenersi in buona salute. Però tali pratiche aumentano notevolmente i costi aziendali anche perché riducono la produttività delle bovine, per questo un cibo sano e pulito deve essere correttamente remunerato. 

Il formaggio prodotto in latteria turnaria deriva dalla sapiente lavorazione del latte crudo e parzialmente scremato di due mungiture mediante tecniche tramandate negli anni dalle sapienti mani dei casari. L’assenza della pastorizzazione del latte, tecnica usata per le produzioni industriali, evita la “standardizzazione” del prodotto. Un formaggio prodotto con latte crudo è caratterizzato da una spiccata variabilità organolettica dipendente anche dalla carica microbica apportata con il latte, che determina gli aromi e i sapori dei vari formaggi, soprattutto quelli stagionati. Il formaggio di latteria turnaria è già buono a due mesi, con pasta bianca o leggermente paglierina a seconda delle stagioni, leggermente elastica ma fusibile in bocca, con sapore più morbido nei mesi invernali e più saporito in quelli estivi in quanto le bovine vengono alimentate anche con foraggi verdi. Con il tempo, grazie a una lenta e sapiente stagionatura la pasta assume un colorito paglierino più intenso, diventa granulosa e friabile, molto profumata, con un’esaltazione dei sapori: il sapore dolce del formaggio fresco lascia il posto a un gusto lievemente piccante e gradevole. 

Le latterie turnarie sin dalla loro nascita hanno costituito un punto di incontro tra il produttore e il consumatore. Oggi, dopo anni di oblio, si riparla di filiere corte, chilometro zero, mercati e negozi contadini. La Latteria di Campolessi ha scelto la vendita diretta nei mercati promossi dall’Ecomuseo delle Acque e Slow Food e si è dotata di uno spaccio aziendale dove si soddisfano tutte le richieste dei consumatori. Non solo latte, burro, formaggio e ricotta: oggi la latteria si è adeguata alle nuove esigenze di mercato. Fornisce latte e panna a richiesta e produce anche formaggi molli come lo stracchino e le caciotte; allo spaccio si possono trovare le strisules, i ritagli del formaggio appena tolto dalle fascere e non ancora salato che vengono utilizzati per cucinare il frico, un piatto molto gustoso tipico della cucina friulana. 

Per sostenere la Latteria di Campolessi, l’Ecomuseo delle Acque ha ideato la campagna “Amica mucca”: il consumatore, versando un contributo, “adotta” una bovina allevata nelle aziende a conduzione familiare aderenti all’iniziativa, in cambio può ritirare i prodotti caseari della latteria per un importo corrispondente al versamento effettuato. Altra iniziativa, realizzata in collaborazione con l’Ecomuseo della Val di Peio dove opera l’ultima latteria turnaria del Trentino, è stata la produzione del documentario “Latte nostro” per la regia di Michele Trentini, che attraverso le esperienze friulana e trentina racconta la rinascita di una delle più antiche forme di cooperazione agroalimentare. Allevatori, pastori e casari contribuiscono alla produzione di straordinari formaggi a latte crudo senza utilizzo di fermenti industriali, presìdi Slow Food, sostenuti da due ecomusei che operano sui rispettivi territori per preservare la cultura e le tradizioni. 

Caseificio di Valmorel (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Caseificio di Valmorel (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Ora, su iniziativa dell’Ecomuseo delle Acque, tre latterie turnarie di diverse regioni – Campolessi di Gemona (Friuli), Peio in Val di Sole (Trentino), Valmorel in Val Belluna (Veneto) – hanno deciso di fare rete predisponendo un decalogo in cui riconoscersi e dotandosi di un marchio comune. I valori che le accomunano sono numerosi: dalla qualità del latte all’artigianalità del formaggio, dall’alimentazione naturale delle bovine al benessere animale, dalla conduzione familiare all’economia di relazione. Questi i valori contenuti nella “Carta dei princìpi delle latterie turnarie”: 

1. Turnazione. Le latterie turnarie sono un modello razionale e valoriale di cooperazione. Razionale perché a fronte di un conferimento del latte che cambia a seconda delle stagioni, ogni socio dispone di un formaggio da affinare e vendere direttamente, il che garantisce autonomia al singolo allevatore e variabilità di gusto al consumatore. Ma il modello è anche un raffinato strumento di autocontrollo: ogni allevatore è motivato a produrre latte di qualità, consapevole che una sua manchevolezza potrebbe ricadere sul prodotto di altri ma anche sul suo, a seconda della turnazione della lavorazione. Questa intuizione si dimostra ancora oggi un valido strumento per motivare gli allevatori e garantire ai consumatori prodotti di eccellenza autocontrollati all’origine. 

2. Alimentazione naturale. Un buon latte dipende dalla salute degli animali e dalla loro alimentazione. Gli allevatori che conferiscono il latte a un caseificio turnario alimentano le vacche prevalentemente con foraggi freschi o secchi ai quali si aggiungono sfarinati e crusche. L’integrazione all’erba e al fieno consiste in una miscela di elementi semplici, preferibilmente autoprodotti. Non sono ammessi gli insilati, i fasciati, gli scarti di lavorazione industriale e gli alimenti di origine animale. L’attenzione che gli allevatori pongono nella selezione delle materie prime destinate all’alimentazione delle bovine garantisce un latte di ottima qualità che ben si presta a venire lavorato a crudo e senza aggiunta di additivi. 

Spannatura nel caseificio di Valmorel,(ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Spannatura nel caseificio di Valmorel,(ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

3. Benessere animale. Gli allevatori che fanno parte delle latterie turnarie adottano, per antica prassi, un sistema di allevamento rispettoso della fisiologia e del benessere degli animali. Lasciare le vacche libere di pascolare sui prati dell’azienda o trasferirle in malga nel periodo estivo, oltre ad aiutare gli animali a conservare una buona salute, assicura prodotti di elevata qualità. Si tratta di scelte che aumentano notevolmente i costi aziendali perché riducono la produttività delle bovine ma ne allungano la vita, per questo un cibo sano e pulito deve essere correttamente remunerato e valorizzato. Inoltre un allevamento estensivo tutela il territorio, dando la possibilità a visitatori e consumatori di godere della bellezza degli animali al pascolo e di cogliere gli elementi distintivi dell’azienda e dell’ambiente circostante. 

4. Latte di qualità. L’alimentazione naturale e la cura delle bovine permettono agli allevatori di controllare con più facilità la qualità del latte, garantendo sicurezza a questo alimento prezioso per la salute umana. Nelle stalle tradizionali gli animali hanno tutti un nome e vengono accuditi con grande dedizione. Ma queste attenzioni sono possibili solo con un numero di capi nella stalla che sia funzionale alle persone che si dedicano a loro. Le conoscenze, i gesti e i saperi degli anziani allevatori sono preziosi come i libri di una biblioteca. In alcune aziende giovani allevatori stanno ripercorrendo le tappe dei loro genitori che hanno mantenuto in attività la stalla talvolta più per passione che per necessità, consapevoli che i loro sacrifici erano il prezzo da pagare per tramandare modello e tradizione. 

Giovane casaro del caseificio di Peio (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Giovane casaro del caseificio di Peio (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

5. Formaggio artigianale. Le latterie turnarie producono alimenti di alta qualità gustativa e nutrizionale, strettamente ancorati al territorio e alle tradizioni locali, ottenuti da filiere e pratiche sostenibili. Il formaggio che vi viene prodotto deriva dalla lavorazione del latte crudo fresco di due munte mediante tecniche e conoscenze tramandate nel tempo, con l’aggiunta di fermenti lattici autoprodotti e caglio di provenienza naturale. La peculiarità del formaggio di turnaria è quella di essere unico e irripetibile, diverso da territorio a territorio, da latteria a latteria nonostante i caseifici un tempo si trovassero a breve distanza: la sua spiccata variabilità organolettica dipende dalle stagioni, dal clima, dal tipo di foraggio, dall’ambiente, dalla carica microbica apportata con il latte e dall’abilità dei maestri casari acquisita con il lavoro e l’esperienza. 

6. Biodiversità e paesaggio. Coltivare foraggi non soltanto garantisce un’ottima alimentazione per produrre buon latte, ma pure costituisce un fattore importante per conservare la naturalità e la qualità dei luoghi. La campagna coltivata con il metodo della rotazione, praticata dai piccoli allevamenti familiari, protegge la fertilità dei suoli e genera biodiversità, elemento imprescindibile che assicura la vita a numerose specie selvatiche e contribuisce a rendere bello e armonioso il paesaggio. E un paesaggio bello garantisce benessere agli abitanti che vivono quei luoghi ed è motivo di richiamo per un turismo diverso, più sano e sostenibile, valorizzando il territorio e favorendo l’economia locale. 

Malga Sleme in Slovenia (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

Malga Sleme in Slovenia (ph. Graziano Soravito per Ecomuseo delle Acque del Gemonese)

7. Conduzione familiare. Le aziende zootecniche di piccole e medie dimensioni, proprie della filiera lattiero-casearia di una turnaria, sono in grado di creare economie che vanno oltre le entrate derivanti dalla vendita dei prodotti: diversificando le produzioni e offrendo servizi, vengono messe a frutto capacità professionali e attitudini di persone che sono accomunate da legami di parentela. Queste aziende valorizzano aspirazioni e passioni di chi si dedica all’allevamento, alla ristorazione, all’educazione, alla promozione culturale e all’integrazione sociale. Più un produttore è legato al suo territorio, più ampia è la sua capacità di interpretare le esigenze di consumatori e visitatori e maggiore è la sua gratificazione anche economica. 

8. Economia di relazione. Le latterie turnarie sostengono un’economia di relazione che consente di stabilire forme di solidarietà concreta tra produttori e consumatori, l’equità e la trasparenza del prezzo sono parte integrante di questo rapporto. La conoscenza del produttore, la certezza di acquistare un prodotto della tradizione, la fiducia che si crea tra chi produce e chi consuma fanno della vendita diretta un’ottima occasione per trovare sul mercato alimenti di qualità che spesso, paradossalmente, hanno costi inferiori rispetto a prodotti di grandi marche acquistabili sui banchi della grande distribuzione. Ci sono latterie turnarie che scelgono la vendita nei mercati contadini, altre che hanno aperto uno spaccio nel caseificio dove soddisfano le esigenze dei clienti, altre dove prevale ancora la vendita diretta presso le singole aziende conferitrici. 

9. Sovranità alimentare. Le latterie turnarie favoriscono la sovranità alimentare, producendo alimenti sani, ottenuti con metodi sostenibili, culturalmente appropriati, al servizio della comunità locale e sulla base di un’attività che un tempo avveniva in ogni piccolo borgo. La filiera che ne deriva si basa sull’autocontrollo produttivo e sulle reali necessità alimentari del territorio dove le latterie prestano il loro servizio. I caseifici turnari rafforzano le produzioni tradizionali attraverso i circuiti locali e incentivano l’alleanza tra allevatore e consumatore per un cibo che corrisponde all’interesse collettivo. 

10. Cooperazione. La condivisione di buone pratiche e conoscenze, di risorse e progetti, di aspettative e visioni tra i caseifici turnari punta a garantire un futuro per un modello di cooperazione tra produttori che rischia di scomparire ma che ancora oggi presenta notevoli potenzialità. Le latterie turnarie, “resistenti” per definizione, rappresentano una scelta strategica per favorire l’economia locale, promuovere la produzione di alimenti di qualità, garantire la gestione sostenibile dell’agroecosistema, consentire l’acquisto di prodotti a costi sostenibili, perché l’accesso a un cibo quotidiano “buono, pulito e giusto” è un diritto di tutti. 

Mostra sulle latterie turnarie allestita nel 2022 a Peio (ph.i Graziano Soravito)

Mostra sulle latterie turnarie allestita nel 2022 a Peio (ph.i Graziano Soravito)

Le latterie aderenti alla Carta dei princìpi si incontrano periodicamente per discutere dei loro problemi, confrontarsi su aspetti quali la promozione, i controlli, la gestione sanitaria delle aziende e dei caseifici. Oltre a coordinare il tavolo di lavoro, per valorizzare tutti assieme un modello che, nonostante i tempi difficili, ha buone prospettive per confermarsi, l’Ecomuseo delle Acque ha documentato le varie realtà realizzando una mostra che il fotografo Graziano Soravito ha dedicato ai casari, agli allevatori e ai malgari delle tre latterie turnarie. Questo lavoro di  documentazione si è poi allargato a un microsistema cooperativo per la lavorazione del latte presente negli alpeggi sloveni del versante meridionale del Monte Nero, dove il Centro di ricerca dell’Accademia slovena delle scienze e delle arti (ZRC SAZU), il principale istituto di ricerca sloveno, sta realizzando per conto dell’Ecomuseo uno studio per definire storia, estensione e carichi attuali delle malghe che adottano un modello di caseificazione comunitaria, con molti punti in comune con la realtà delle latterie turnarie. 

L’atteggiamento con il quale l’Ecomuseo sostiene le latterie turnarie non è nostalgico e romantico ma intende dimostrare che le microeconomie possono costituire un forte motore di sviluppo per l’intero territorio. La vera sfida che viene portata avanti è tutta incentrata sulla qualità, perché promuovere e valorizzare il formaggio di questi piccoli caseifici anche a partire dal prezzo di vendita può aiutare ad arginare la chiusura definitiva del sistema antico che sta alla base del prodotto. 

Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023 

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Maurizio Tondolo, coordinatore dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese e direttore del Centro di Educazione Ambientale “Mulino Cocconi”. Per l’editore Utopie Concrete ha curato recentemente l’edizione italiana del libro L’ecomuseo singolare e plurale di Hugues de Varine.

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