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Il patrimonio culturale di interesse religioso. Definizioni e riflessioni

San Giovanni d’Acri (Akko) in Israele. Monumentalità interna della moschea El-Jazzar chiamata in arabo “Jama El Basha”. (ph. O. Niglio 2008)

San Giovanni d’Acri (Akko) in Israele. Monumentalità interna della moschea El-Jazzar chiamata in arabo “Jama El Basha” (ph. O. Niglio 2008)

di Olimpia Niglio

La storia da sempre ci insegna che le innumerevoli culture sono caratterizzate da differenti stili e metodi di vita, da diversificati sistemi valoriali e tradizioni antropologiche, nonché da eterogenei metodi di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale religioso. Questa molteplice varietà di paradigmi culturali pone le basi per istituire un dialogo di conoscenza reciproca su quelle che sono le politiche e i valori, non stereotipati, su cui è necessario elaborare delle collegiali riflessioni in relazione anche ai cambiamenti sociali e culturali delle diverse epoche storiche. Sono solo questi alcuni dei punti già annunciati nel 2010 in occasione dell’anno internazionale delle Nazioni Unite per il riavvicinamento delle culture, tematiche che a loro volta si ricollegano agli argomenti affrontati in sede ICCROM nel 2003 in occasione del Forum sulla conservazione del patrimonio religioso vivente.

La domanda, elaborata in occasione del forum internazionale del 2003 era: “in che modo il patrimonio religioso vivente potrebbe differire dal patrimonio culturale in generale?”. In quell’occasione i contributi pervenuti da differenti Paesi e quindi da diversificati ambiti culturali hanno dimostrato che non sempre ci si è trovati concordi nell’individuare delle differenze tra patrimonio religioso e patrimonio culturale, ma piuttosto delle congruenze e delle complicità tanto che oggi parliamo di patrimonio culturale religioso.

Queste importanti esperienze finalizzate a valorizzare la piena consapevolezza e il rispetto delle differenti culture (Convenzione Unesco 2005) ci consentono di poter avanzare delle proposte in merito alla necessità di riflettere su quel rapporto che da sempre viene ad instaurarsi, nell’ambito delle considerazioni connesse al patrimonio, sia in relazione ai suoi diversificati valori nonché ai significati in esso custoditi. Elaborare un percorso di conoscenza sul patrimonio culturale religioso significa, oggi più che mai, porre al centro l’uomo, la sua creatività, gli innumerevoli sincretismi che generano questo patrimonio, la relazione inscindibile tra tangibilità ed intangibilità nonché la consapevolezza che non è possibile distinguere un patrimonio religioso da un patrimonio culturale visto nella sua accezione generale.

In un mondo in cui i dialoghi e gli incontri tra differenti culture sono certamente quotidiani ma non sempre consapevoli, risulta fondamentale comprendere che la natura intrinseca del patrimonio culturale religioso nonché sacro deve avere la opportunità di mettere a confronto le differenti autenticità, i diversi significati della spiritualità, nonché di saper condividere le conoscenze e sulla base di queste poter costruire il mondo sul rispetto reciproco, sulla inclusività e sul dialogo tra le comunità.

 Sincretismi culturali. Madonna con bambino della fine sec. XVI ed altri oggetti di uso religioso, in Giappone durante le missioni gesuitiche ( ph. O. Niglio 2015).

Sincretismi culturali. Madonna con bambino della fine sec. XVI ed altri oggetti di uso religioso, in Giappone durante le missioni gesuitiche (ph. O. Niglio 2015)

La interculturalità propria del patrimonio culturale religioso intende così chiamare a raccolta tutti i saperi ad esso collegati e mettere in dialogo la teologia, con le sue molteplici discipline, le scienze dell’arte e dell’architettura, del territorio e dell’ambiente nonché dell’economia e dei molteplici aspetti culturali che intervengono nei singoli contesti comunitari. Inoltre in un mondo che sta cambiando rapidamente sempre più, questo ricco patrimonio culturale religioso svolge un importante ruolo di «diplomazia culturale» in cui la centralità dell’individuo è fondamentale ed insieme ad esso il risultato del suo operato. È anche questo uno dei messaggi che, ad esempio importanti studi condotti tra Italia e Giappone hanno evidenziato nel riaffermare il valore culturale dei luoghi del “cristianesimo nascosto” nella prefettura di Nagasaki dove molto forte è il dialogo tra elementi ideologici non sempre coinciliabili ma che trovano ampie attuazioni e interessanti “best practices” in progetti di rilevante valore culturale, filosofico e religioso seppure appartenenti a dottrine tra loro spesso molto differenti.

Queste premesse sono importanti per cercare di individuare insieme un percorso di conoscenza e di valorizzazione del patrimonio culturale religioso che sia anche sostenibile rispetto ai problemi di conservazione, riconversione funzionale e gestione così come dimostrano i numerosi complessi monumentali che caratterizzano le città di tutto il mondo.

L’esigenza di riconoscere i valori culturali che scaturiscono dall’incontro tra differenti culture è testimoniata anche dalla recente istituzione, lo scorso 7 marzo 2017 a Parigi (Charenton), dell’International Scientific Committee on Places of Religion and Ritual (PRERICO), comitato internazionale ICOMOS fondato per ricercare e fornire supporti specializzati per la conoscenza e la valorizzazione dei Monumenti nonché dei Siti destinati alle funzioni religiose e dei riti sacri, includendo in essi anche quei luoghi di interesse mondiale in cui particolarmente importante è il contributo intangibile. Negli stessi giorni si svolgeva a Verona e Vicenza (9-11 marzo 2017) il primo convegno internazionale “Conoscere, conservare, valorizzare. Il patrimonio culturale religioso” a cura della scrivente e i cui risultati sono stati pubblicati nell’omonima opera in tre volumi edita nell’ottobre dello stesso anno in Roma e presentata a Firenze presso l’Accademia delle arti del disegno nel dicembre 2017 a cura di Franco Cardini, Francesco Gurrieri, Cristina Acidini e Carlo Francini.

2-1Entrambi questi incontri hanno costituito una base importante di riferimento culturale per dare principio ad un percorso maggiormente indirizzato a concentrare gli interessi della comunità internazionale sul tema della valorizzazione e gestione dei complessi monumentali di interesse religioso, indice oggi di attenzioni anche per l’alto contenuto diplomatico in esso custodito a cui è sempre più importante attingere per costruire percorsi di pace e aprire le frontiere al dialogo.

Questo tema ha poi trovato ancora a Firenze, il 15 dicembre 2017 presso l’Opera di Santa Croce, una significativa occasione di confronto che è stata accompagnata dalla costruttiva partecipazione di numerose comunità afferenti a contesti religiosi differenti nonché da studiosi di diverse aree disciplinari. L’incontro fiorentino ha avuto come tema “Firenze e l’eredità culturale del patrimonio religioso. Per uno sviluppo sostenibile della gestione dei complessi monumentali di interesse religioso nel sito Centro Storico di Firenze Patrimonio Mondiale UNESCO” ed ha inteso aprire una riflessione in occasione del XXXV anniversario dell’inserimento del Centro Storico di Firenze nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.

L’incontro è stato caratterizzato da due interventi introduttivi, uno di Carlo Francini sul Piano di Gestione del Centro Storico di Firenze e l’altro della scrivente su La valorizzazione del patrimonio di interesse religioso per una diplomazia culturale internazionale. Tutti i partecipanti sono stati invitati a prendere parte attiva a due tavoli di lavoro rispettivamente dedicati alla Conservazione e alla Gestione e Comunicazione. Il tavolo Conservazione, coordinato dai professori Giorgio Bonsanti e Francesco Gurrieri, è stato finalizzato ad analizzare e condividere buone pratiche nell’organizzazione e gestione dei restauri, nello sviluppo di studi e ricerche multidisciplinari sui complessi di interesse religioso e nonché il tema della ricerca di fondi per la conservazione del patrimonio culturale religioso.

Il tavolo Gestione e Comunicazione, coordinato dai professori Claudio Strinati e Timothy Verdon, ha affrontato la condivisione di buone pratiche nel campo della gestione e formazione del personale, l’organizzazione delle visite ai complessi monumentali, la produzione di materiale informativo (in tutte le sue declinazioni cartacee e digitali) e l’organizzazione di eventi.

Obiettivo generale dell’incontro è stato certamente l’approfondimento e la diffusione di piani e metodologie che dovranno contribuire a perfezionare pratiche di gestione adottate dalle istituzioni coinvolte, tutti temi che saranno sintetizzati nella redazione di un primo documento volto a integrare e a mettere in risalto la particolarità del patrimonio di interesse culturale religioso per la futura revisione anche del Piano di Gestione del Centro Storico di Firenze, quale best practice da mettere a confronto anche per altre realtà sia nazionali che internazionali.

Alla base di tutte le interessanti comunicazioni presentate nei singoli tavoli di discussione è emerso un dato molto significativo, ossia quello di definire, a livello internazionale, cosa si intende quando parliamo di patrimonio culturale religioso, un tema che trova riscontri anche in diversi contributi pubblicati nel numero speciale di “Cartaditalia”, dedicato all’Anno Europeo del Patrimonio 2018, promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e edito nel novembre 2017.

Firenze. Opera di Santa Croce “Firenze e l’eredità culturale del patrimonio religioso” 15 dicembre 2017 (ph. O. Niglio, 2017).

Firenze. Opera di Santa Croce “Firenze e l’eredità culturale del patrimonio religioso” , 15 dicembre 2017 (ph. O. Niglio, 2017)

Cosa definiamo “bene culturale” in ambito religioso?

Rispondere alla domanda inerente il significato di bene culturale per la Chiesa non significa solo guardarsi al proprio interno e quindi pensare ad una definizione strettamente connessa al perimetro del nostro territorio nazionale, ma implica necessariamente un lungo lavoro di ricerca e di riflessione a livello internazionale in grado di poter chiarire il contenuto, non solo nelle differenti legislazioni ma principalmente nelle differenti culture religiose, dei termini “patrimonio” e “beni culturali”. Ciò che reputiamo essere scontato tale non è e lo dimostrano le tante ricerche svolte in questi ultimi anni tra Occidente ed Oriente alcune delle quali coordinate dalla scrivente.

In realtà non è possibile dare una definizione generalizzata al concetto di “patrimonio” e di “bene culturale” e lo dimostrano proprio i diversificati approcci e paradigmi di riferimento metodologico ed operativo che non è assolutamente possibile generalizzare o rinchiudere all’interno di una normativa internazionale valida per tutti. Ne sono testimonianza proprio i cantieri di restauro dei complessi di interesse religioso osservati in differenti contesti geografici e culturali del mondo. Tuttavia, in questo specifico testo restringendo il settore culturale di riferimento, ci limiteremo a dare qualche chiarimento soprattutto per cosa si intende nella cultura cattolica e di diritto canonico con il termine “bene culturale” (Bucci, 2012).

La nozione di bene culturale di interesse religioso, a tutt’oggi, non trova chiari riferimenti se non delle disposizioni in materia di opere di interesse storico-artistico. Nel codice del 1917 [Can. 1497 CIC del 1917] si apprende: «Dicuntur sacra, quae consecratione vel benedictione ad divinum cultum destinata sunt; pretiosa, quibus notabilis valor sit, artis vel historiae vel materiae causa» [Si dicono sacre quelle cose che sono destinate al culto divino, mediante dedicazione o benedizione; preziose quelle cose a cui è attribuito notevole valore artistico, storico o materiale]. Inoltre solo nel codice del 1983 [Can. 1283 CIC del 1983] con riferimento al Titolo II sull’amministrazione dei beni si legge:

«Prima che gli amministratori inizino il loro incarico: […] 2) sia accuratamente redatto un dettagliato inventario, che essi devono sottoscrivere, dei beni immobili, dei beni mobili sia preziosi sia comunque riguardanti i beni culturali, e delle altre cose, con la loro descrizione e la stima, e sia rivisto dopo la redazione».

Nel 1988 il Santo Padre Giovanni Paolo II scriveva che «Il patrimonio culturale di interesse religioso è al servizio della missione della Chiesa: esso indica tutte quelle opere d’arte che aiutano l’anima a ricercare Dio e possono essere forme di ascesi e di catechesi». Era stato proprio Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica Pastor bonus a dare avvio all’istituzione di una commissione che avesse il compito di presiedere alla tutela del patrimonio storico e artistico di tutta la Chiesa, istituzione che nel 1993 fu denominata “Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa”, attiva fino a tutto il 2012 quando papa Benedetto XVI la unificò al Pontificio Consiglio della Cultura. Il professore Salvatore Settis, in occasione dell’anniversario per il ventennale della Commissione nel 2008, in un interessante contributo dal titolo “I beni culturali della Chiesa nella cultura contemporanea”, così si è espresso:

«Officium curae patrimonii historiae et artis totius Ecclesiae praeesse, questa la funzione della Commissione, che opera nell’ambito della Santa Sede: funzione senza precedenti nella propria estensione, che non va intesa in senso territoriale, bensì culturale e religioso. Perciò la Commissione auditorium praebet alle Chiese particolari, ai vescovi e ai loro organismi. Ad essa spetta infine, ed è dichiarazione di grande momento, “impegnarsi perché il Popolo di Dio diventi sempre più consapevole dell’importanza e della necessità di conservare il patrimonio storico e artistico della Chiesa”».

Emerge quindi il ruolo della Chiesa a difesa del patrimonio di interesse culturale e gli articoli 100 e 101 della Costituzione apostolica Pastor bonus definiscono alcuni fondamentali concetti.

Articolo 100
Appartengono a questo patrimonio in primo luogo tutte le opere di qualsiasi arte del passato, che dovranno essere custodite e conservate con la massima diligenza. Quelle poi, il cui uso specifico sia venuto meno, siano convenientemente esposte in visione nei musei della Chiesa o in altri luoghi.
Articolo 101
§ 1. Tra i beni storici hanno particolare importanza tutti i documenti e strumenti giuridici, che riguardano ed attestano la vita e la cura pastorale, nonché i diritti e le obbligazioni delle diocesi, delle parrocchie, delle chiese e delle altre persone giuridiche, istituite nella Chiesa.
§ 2. Questo patrimonio storico, sia conservato negli archivi come anche nelle biblioteche, che devono dappertutto essere affidati a personale competente, affinché tali testimonianze non vadano perdute.

Così la Costituzione apostolica del 1988, per la prima volta, dichiara un forte interesse per i beni ecclesiastici (AA.VV. 1995), ma siamo ancora lontani da quel concetto di interesse collettivo che era stato già ben delineato nel 1964 dall’onorevole Francesco Franceschini che per primo definì il bene culturale (nella sua generalità) quale “testimonianza materiale avente valore di civiltà” e che andrebbe oggi riletto in chiave contemporanea intravedendo proprio nel termine “civiltà” quella volontà di mettere al centro l’uomo e quindi il ruolo diplomatico del bene culturale, ruolo che sempre più ricopre proprio il bene di interesse religioso. Interessi per quest’ultimo sono stati poi manifestati nel Codice Urbani del 2004 all’art.9 e poi ripreso nel 2005 nell’Intesa tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il presidente della Conferenza Episcopale Italiana relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche (Madonna, 2007).

Intanto, essendoci qui riferiti principalmente ai dettami della Chiesa Cattolica, è corretto anche annotare che soprattutto in Italia, seppure la tipologia dei beni culturali religiosi è analoga a quella definita dalle legislazioni statali civili, questo però implica che l’ottica attraverso la quale questi vanno analizzati deve essere sempre connessa alla pratica religiosa, quale attestazione della vita di fede propria della comunità e quindi culturale. Ancora una volta proprio Giovanni Paolo II (Allocuzione 12 ottobre 1995), affermava che i beni culturali di interesse religioso sono quelli «posti al servizio della missione della Chiesa» ossia espressione della vita liturgica della carità cristiana. Tuttavia a partire dal 1988 la dottrina sui beni culturali ecclesiastici ha certamente ricevuto un forte impulso sia attraverso i discorsi papali quanto attraverso numerosi documenti a cui ancora oggi ci si riferisce con riferimento all’antica Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, poi Pontificio Consiglio della Cultura.

Abbazia Praglia, monastero benedettino nel comune di Teolo e in prossimità di Abano Terme, Padova (ph. O. Niglio, 2016).

Abbazia Praglia, monastero benedettino nel comune di Teolo e in prossimità di Abano Terme, Padova (ph. O. Niglio, 2016)

Conclusioni

Già alla fine del XX secolo un gruppo di studiosi italiani sotto la direzione del Centro Studi sugli enti ecclesiastici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (CESEN) aveva dato avvio ad una importante ricerca, in ambito nazionale, con il fine di mettere a fuoco la vasta ed articolata questione inerente la gestione del patrimonio di interesse religioso e sue implicazioni con le istituzioni civili (AA.VV, 1995). I risultati ovviamente hanno evidenziato la forte gerarchizzazione nella gestione di questo patrimonio, ben sottolineata anche dall’Intesa del 2005 tra il MIBACT e la CEI. Questo tema ovviamente riguarda l’Italia dove le difficoltà di conservazione e gestione sono chiaramente emerse anche nell’incontro di Firenze del 15 dicembre 2017, in cui le diversificate tematiche esposte e le problematiche discusse hanno proprio evidenziato la necessità di metodi e criteri operativi più organici e soprattutto più rispondenti alle esigenze di una realtà contemporanea che incombe sul futuro di questo patrimonio di interesse religioso, non sempre lasciando intravedere rosee prospettive.

Si delinea infatti la necessità sempre più urgente di un proficuo e costruttivo confronto sul tema a livello internazionale, non per omologare le azioni da intraprendere ma piuttosto per conoscere e valutare quanto proposto anche in altri ambiti culturali per la conservazione e valorizzazione del patrimonio di interesse religioso e sulla base di queste conoscenze e buone pratiche dar vita a programmi e progetti concreti di gestione e valorizzazione nel rispetto delle rispettive culture e finalità. Per raggiungere questo fine tuttavia sarà fondamentale, soprattutto in ambito occidentale, il dialogo tra mondo ecclesiastico e laico, un dialogo che deve strutturarsi in modo da analizzare nuove ed interessanti prospettive senza rinunciare ai valori fondanti propri di questa straordinaria eredità culturale sia materiale che intangibile. È solo partendo dalla conoscenza e quindi dalla formazione sia di personale laico che ecclesiastico, interessati ad essere custodi attivi di questo patrimonio religioso, che possiamo auspicare e sperare in un interessante futuro.

Certamente un esempio straordinario, con riferimento al territorio italiano, è costituito dall’Abbazia di Praglia presso Padova dove da secoli la regola dell’ “ora ed labora” non solo ha garantito un rapporto equilibrato tra preghiera e lavoro ma allo stesso tempo ha promosso una eccellente corrispondenza tra conservazione e valorizzazione del bene culturale ereditato, senza rinunciare alla regola benedettina. È quanto avviene principalmente anche nei complessi monastici propri della cultura orientale. Ma questa è tutta un’altra storia che speriamo di poter approfondire in un progetto più ampio e di interesse scientifico internazionale.

Dialoghi Mediterranei, n.29, gennaio 2018
Riferimenti bibliografici
AA.VV. (1995), Beni culturali di interesse religioso, a cura di G. Feliciani, Il Mulino, Bologna
AA. VV. (2017), Cartaditalia, 2018 Anno Europeo del Patrimonio Culturale, Istituto Italiano di Cultura, Bruxelles
A. Bucci (2012), La vicenda giuridica dei beni ecclesiastici della Chiesa, Volturnina Edizioni, Cerro al Volturno.
M. Madonna, a cura di (2007), Patrimonio culturale di interesse religioso in Italia. La tutela dopo l’intesa del 26 gennaio 2005, Marcianum Press, Venezia
O. Niglio, a cura di (2017), Conoscere, conservare, valorizzare. Il patrimonio culturale religioso, Aracne Editrice, Roma.
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Olimpia Niglio, architetto, PhD e Post PhD in Conservazione dei Beni Architettonici, è docente titolare di Storia e Restauro dell’Architettura comparata all’Universidad de Bogotá Jorge Tadeo Lozano (Colombia). È Follower researcher presso la Kyoto University, Graduate School of Human and Environmental Studies in Giappone. Dal 2016 in qualità di docente incaricato svolge i corsi Architettura sacra e valorizzazione presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Maria di Monte Berico” della Pontificia Facoltà Teologica Marianum con sede in Vicenza, Italia.

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